Su Ecoscienza 3/2021, la rivista di Arpae Emilia-Romagna, un approfondimento sulla misurazione della sostenibilità e gli indici integrati.
Il perseguimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 richiede azioni intersettoriali e strumenti utili alla valutazione integrata delle politiche nazionali, regionali, locali oltre che ...
Una visione strategica per il futuro è la chiave per politiche di prevenzione, sviluppo e promozione del benessere. Questo è l'argomento principale del nuovo numero della rivista Ecoscienza, Arpae Emilia-Romagna
Al centro del nuovo numero della rivista di Arpae Emilia-Romagna un ampio servizio di approfondimento sul progetto Rias e sui temi di ambiente e salute in Italia. Molto vari e prestigiosi i contributi. Tra questi si segnalano l’editoriale di Francesco Forastiere che analizza l’attuale situazione delineando le prospettive e le prossime sfide ambientali e l’articolo di Paolo Vineis sull’integrazione di politiche di prevenzione delle malattie e ambientali. In questo numero parliamo anche di buone pratiche di prevenzione contro le zanzare.
Altre novità nelle rubriche Legislazione news, Osservatorio ecoreati, Libri.
L’evoluzione della normativa ambientale è un approfondimento nel numero 5/2020 della rivista Ecoscienza.
Gli scavi ci raccontano di una storia - Friuli Venezia Giulia - Siti inquinati - foto di Laura Schiozzi
La rivista Ecoscienza, edita da Arpae, per i suoi 10 anni, propone un approfondimento sulla normativa ambientale. Il diritto dell’ambiente è uno strumento fondamentale per la tutela ambientale. Deve tenere conto sia della regolazione che del controllo, con un orientamento che privilegi gli strumenti di prevenzione per evitare che gli illeciti vengano commessi. Un focus particolare sulle numerose modifiche al testo unico dell’ambiente, Dlgs n. 152/2006 e la legge sugli ecoreati.
Leggi gli articoli La prevenzione al centro del diritto per l’ambiente Giuseppe Battarino, magistrato collaboratore della Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo illecito dei rifiuti e illeciti ambientali
Mercoledì 28 ottobre 2020, dalle ore 10 alle 13, si terrà il convegno online “Impatto e misurazione degli odori. Valutazione, monitoraggio e buone pratiche”.
Il disturbo olfattivo è uno dei più sentiti e rilevanti aspetti negativi di impatto ambientale: può interferire con lo stato di benessere e diventa spesso elemento di conflitto tra cittadini e attività produttive. L’assenza di parametri normativi definiti univocamente, insieme alla soggettività della percezione e alle difficili modalità per determinare gli odori nell’ambiente, rende problematica la caratterizzazione del disagio percepito e, di conseguenza, l’attività degli organi di vigilanza.
Il convegno intende fare il punto delle conoscenze sugli effetti sanitari legati alla molestia olfattiva e promuovere un confronto sugli aspetti tecnici legati al monitoraggio, anche attraverso esperienze di coinvolgimento dei cittadini.
Il webinar sarà accessibile online su piattaforma Zoom, previa iscrizione. Iscrizione al convegno
Nel servizio pubblicato su Ecoscienza 3/2020, un approfondimento sulla pandemia Covid-19 e la relazione ambiente-salute.
“Vivere bene, entro i limiti del pianeta“: questo è il titolo del settimo Programma di azione europeo, varato a fine 2013 e in vigore ancora per pochi mesi. Proprio nell’ultimo anno del suo periodo di applicazione, la pandemia di Covid-19 ci ha costretti a interrogarci, con urgenza e apprensione, sia su cosa significhi “vivere bene”, sia su quali siano i “limiti del pianeta”. La connessione tra salute, benessere e ambiente è diventata, se possibile, ancora più importante in questo anno così drammatico.
Cura e contenimento sono state (e sono tuttora) le priorità nell’emergenza, conoscenza e prevenzione sono diventate condizioni imprescindibili per affrontare il futuro.
In questo servizio di Ecoscienza presentiamo gli studi e i progetti più rilevanti messi in campo in Italia sulla relazione tra Covid-19 e ambiente, ospitiamo numerose riflessioni e proposte relative al periodo che stiamo vivendo e alla fase di “ripartenza”, diamo conto dei primi risultati dell’analisi dell’impatto della pandemia e delle misure per il suo contenimento sull’ambiente.
Ne emerge un quadro molto articolato, che mostra la necessità di un approccio trasversale, che tenga conto del contributo di molteplici competenze.
Gli articoli pubblicati
Lezioni e interrogativi dall’esperienza Covid-19Carla Ancona1, Andrea Ranzi2, Francesco Forastiere3 1. Dipartimento di epidemiologia Ssr Lazio, Asl Roma1 2. Arpae Emilia-Romagna 3. Irib-Cnr Palermo e co-direttore di Epidemiologia&Prevenzione
La Pandemia e l’agenda di ambiente e salute Francesca Racioppi1, Marco Martuzzi2 1. Responsabile Centro europeo ambiente e salute, Organizzazione mondiale della sanità (Who-Oms), Bonn, Germani 2. Responsabile Centro ambiente e salute Asia-Pacifico, Organizzazione mondiale della sanità (Who-Oms), Seul, Repubblica di Corea
Inquinamento e Covid-19, il progetto EpicovairIvano Iavarone1, Carla Ancona2, Antonino Bella3, Giorgio Cattani4, Patrizio Pezzotti3, Andrea Ranzi5 1. Dipartimento Ambiente e salute, Istituto superiore di sanità 2. Dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio, Asl Roma, coordinatrice della Rete italiana ambiente e salute (Rias) 3. Dipartimento Malattie infettive, Istituto superiore di sanità 4. Dipartimento per la valutazione, i controlli e la sostenibilità ambientale, Ispra 5. Arpae Emilia-Romagna
Pulvirus, per capire i legami tra Covid-19 e inquinamentoGabriele Zanini1, Stefania Marcheggiani2, Laura Mancini3, Alfredo Pini4 1. Enea, responsabile divisione Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali, dipartimento Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali 2. Istituto superiore di sanità, ricercatrice reparto Ecosistemi e salute, dipartimento Ambiente e salute 3. Istituto superiore di sanità, direttrice reparto Ecosistemi e salute, dipartimento Ambiente e salute 4. Ispra, responsabile Servizio di supporto tecnico alla Direzione generale
Potenziare le strategie di prevenzione per le acque Luca Lucentini1, Lucia Bonadonna1, Giuseppina La Rosa1, Giuseppe Bortone2, Tania Tellini3 1. Istituto superiore di sanità, Reparto di qualità dell’acqua e salute 2. Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), coordinatore area “Ambiente e Salute” 3. Utilitalia, coordinatrice attività del settore Acqua
Reflui e monitoraggio epidemiologico Giuseppina La Rosa1, Giusy Bonanno Ferraro1, Marcello Iaconelli1, Pamela Mancini1, Carolina Veneri1, Lucia Bonadonna1, Luca Lucentini1, Elisabetta Suffredini2 Istituto superiore di sanità 1. Dipartimento ambiente e salute 2. Dipartimento di sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria
Gli effetti del lockdown sull’inquinamento luminoso Andrea Bertolo1, Renata Binotto1, Sergio Ortolani2, Stefano Cavazzani2, Pietro Fiorentin3 1. Osservatorio regionale inquinamento luminoso, Arpa Veneto 2. Dipartimento di Fisica e astronomia, Università di Padova 3. Dipartimento di Ingegneria industriale, Università di Padova
“Sono passati solo pochi mesi, ma abbiamo invertito le parole; rischiamo di sacrificare decenni di impegno ambientale in poche settimane. Plastic free era il mantra pre-coronavirus; ora la plastica è tornata prepotente, colonizzando bar, ristoranti , supermercati e negozi come mai nella storia.
Un cambio di paradigma allarmante, in una retorica buonista e di sostenibilità ambientale che poi finanzia i monopattini elettrici come se fossero l’evoluzione naturale della mobilità urbana e non una simpatica modalità di una piccola nicchia di giovani in forma e che probabilmente non si muoverebbero comunque in automobile; il panico che è stato diffuso nel paese ha distrutto decenni di retorica, di incentivi e di investimenti miliardari nel trasporto pubblico, abbandonato per paura di un contagio ormai remoto, ma che influenzerà i comportamenti dei cittadini per anni.
In questo contesto impazzito la priorità è una sola; combattere il virus, senza pensare alle conseguenze, senza capire che igienizzare tutto e rendere il mondo un ambiente asettico è follia e la migliore premessa per una caduta della salubrità pubblica e per il ritorno di malattie probabilmente peggiori del coronavirus stesso.
I detergenti e i disinfettanti rappresentano una tra le fonti principali d’inquinamento per le acque dei fiumi e dei laghi, e di conseguenza dei nostri mari. Senza entrare nel caso spagnolo dove una disinfestazione di una spiaggia ha fatto strage di tutti gli esseri viventi che stavano tranquilli senza dar fastidio a nessuno, nessuno solleva il problema.
Ci si deve disinfettare le mani ovunque, si devono indossare guanti e mascherina, i negozianti e ristoratori sono tenuti a disinfettare tutto ogni volta che un cliente lascia il posto a un altro. Miliardi di guanti e miliardi di mascherine; cominciano già a uscire le prime immagini di spiagge invase da mascherine o dell’uccellino rimasto strangolato dai lacci della stessa.
Il sapere comune, prima ancora della scienza, sembra in questa fase storica andato a farsi benedire. È sapere comune che disinfettarsi in continuazione la pelle la danneggia, ma il buon senso non basta più, dobbiamo sanificare tutto in continuazione, senza renderci conto che le migliaia di tonnellate di queste sostanze da qualche parte finiscono, con il rischio di ritrovarci tra poco un ecosistema ulteriormente degradato da cui poi salterà fuori il prossimo virus che, infastidito e importunato da una umanità incapace di vedere oltre il proprio naso, si sentirà giustamente in diritto e in dovere di segnalare la sua presenza a chi pensa di essere il padrone del pianeta e che invece è un minuscola percentuale di tutto ciò che vive da molto più tempo e che sopravviverà anche dopo di noi.
Dalle antiche medicine orientali, dimenticate nell’ossessione consumista moderna, possiamo prendere l’insegnamento della centralità della prevenzione. Un approccio olistico, dove un ambiente sano è la premessa fondamentale di una buona salute è completamente dimenticato: bisogna curare il sintomo, evitare il contatto con qualsiasi agente potenzialmente patogeno. Non serve a niente segnalare che così facendo creiamo generazioni malate, incapaci di sviluppare un sistema immunitario in grado di far fronte naturalmente alla stragrande maggioranza dei problemi di salute che ci troviamo ad affrontare nella nostra vita.
Domina invece un’ossessione per un track record sanitario scandito da numeri, parametri, indicatori, e conseguenti terapie per tutti i cittadini. E’ un approccio diverso, un approccio che invece di investire nella prevenzione reale, creando una popolazione più sana in un ambiente più sano, preferisce medicalizzare tutto, rendendo la vita sempre più asettica e innaturale. Allontanarci dalla natura ci sta portando a catastrofi, ma le catastrofi sembrano sempre lontane, in altri tempi e in altri luoghi, com’era per il virus fino a pochi mesi fa.
La storia non insegna, purtroppo. Il rilancio sta gettando le basi per diventare un nuovo disastro ambientale, la Cina è già tornata a livelli di inquinamento superiori al pre-virus, il mondo si accinge a ricominciare come prima, peggio di prima, con le mani disinfettate, in guanti di plastica.”
fonte: https://www.snpambiente.it
#RifiutiZeroUmbria - #DONA IL #TUO 5 X 1000 A CRURZ - Cod.Fis. 94157660542
Il controllo dei pesticidi nelle acque e la valutazione dei risultati delle analisi dovrebbero adottare un approccio anche qualitativo, che tenga in considerazione le specificità territoriali e le acquisizioni più aggiornate in termini di rischio. È essenziale anche il confronto con il livello internazionale. L'articolo in Ecoscienza 5/2018.
I Rapporti nazionali sui pesticidi nelle acque del Sistema nazionale di protezione dell’ambiente (Snpa) presentano un numero di dati, provenienti dai monitoraggi e dalle analisi del sistema delle Agenzie di tutto rilievo e rappresentano un contributo considerevole alla conoscenza del problema della presenza di sostanze attive nelle acque da origine agricola.
Ora lo sforzo deve essere indirizzato a rendere sempre più omogeneo l’approccio di indagine attuato sul territorio nazionale, dal momento che a oggi sussistono ancora importanti differenze che spesso non rendono i dati immediatamente comparabili per le diverse aree del paese.
Verso un Rapporto pesticidi 4.0
L’approccio integrato che il Snpa sta facendo proprio è quello che dovrà guidare le attività future di analisi e di rendicontazione. Una rete di laboratori accreditati è la base di partenza (prevista anche dalla legge istitutiva del Sistema) da cui non si potrà prescindere. La sfida, poi, è sicuramente relativa alla quantità dei punti di monitoraggio e delle sostanze ricercate (identificando una lista delle principali sostanze che ogni realtà territoriale dovrà obbligatoriamente ricercare), ma anche alla qualità del dato, per cui il Sistema dovrà individuare criteri specifici per territorio e definire priorità che possano essere ricavate da diversi elementi da tenere in considerazione (dati di vendita, pressioni esistenti, potenziale pericolo e persistenza delle sostanze nell’ambiente, frequenza di rilevamento, ecotossicità, fattibilità analitica ecc.), con un’analisi previsionale delle principali criticità attese. Solo partendo dalla conoscenza diretta del territorio e dei problemi ambientali locali, infatti, è possibile attuare una corretta politica di prevenzione e protezione dell’ambiente.
La restituzione dei dati analitici, ad esempio, deve tenere conto della tipologia di acquifero in cui viene riscontrata la presenza delle sostanze ricercate e dei potenziali utilizzi dello stesso acquifero. In Emilia-Romagna, leggendo i dati quantitativi presenti nel Rapporto 2018, emerge un aumento dell’utilizzo di prodotti fitosanitari nell’ultimo triennio (8,2 kg per ettaro nell’ultimo anno di rilevazione). Un dato in controtendenza rispetto all’aumento della superficie agricola a produzione integrata (13% della superficie agricola utilizzata, Sau) e a produzione biologica (15% della Sau, vedi anche l’articolo a pag. 16); va considerato, in tutta evidenza, che il solo dato quantitativo non tiene conto delle tipologie fitoiatriche dei prodotti utilizzati e della loro tossicità. È necessario integrare l’approccio relativo alla rilevazione della presenza di fitofarmaci con il concetto di rischio, proprio della tossicologia ambientale, per tenere nella giusta considerazio nel’effettivo impatto della presenza delle sostanze sulla salute e sull’ambiente.
Per un monitoraggio più efficace e più rispondente all’esigenza di avere un quadro completo dello stato ambientale, inoltre, è opportuno incrociare i dati dei controlli con le informazioni e le descrizioni delle azioni e delle misure messe in campo dai Piani di sviluppo rurale, che forniscono una base di conoscenza essenziale a questo scopo. A questo proposito, sono già state avviate attività con l’obiettivo, anche tramite misure volontarie, di arrivare alla sostituzione delle sostanze attive più critiche con altre che si degradino più rapidamente o alla riduzione del loro utilizzo… Leggi l’articolo integrale in Ecoscienza 5/2018
Autore: Giuseppe Bortone, direttore generale Arpae Emilia-Romagna Snpa
Un numero di Ecoscienza dedicato all’economia circolare, un cambiamento epocale ineludibile. Il redazionale di apertura e l’indice degli articoli pubblicati.
Il modello di economia lineare, che dalle materie prime realizza prodotti che una volta consumati producono rifiuti, non è più sostenibile – oggi usiamo una volta e mezzo le risorse che il pianeta è in grado di rigenerare – e si è rivelato una della principali cause di inquinamento ambientale.
Invertire la rotta è possibile e, soprattutto, ineludibile. Le risorse limitate, la crescita demografica, la richiesta crescente di materie prime, spesso importate da paesi politicamente instabili, impongono il passaggio all’economia circolare. Con le nuove norme approvate lo scorso aprile dal Parlamento europeo, che gli stati membri dovranno recepire entro due anni, la Ue investe questa direzione. Ogni anno, nell’Unione si generano complessivamente 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti (circa 5 tonnellate pro capite), il 10% dei quali è costituito da rifiuti urbani. E dai rifiuti urbani prendono l’avvio le direttive per il cambiamento che Strasburgo ha approvato a larga maggioranza.
Per raggiungere l’ambizioso traguardo di ridurre, da un lato, la richiesta di risorse e, dall’altro, l’immissione di gas serra e la generazione di rifiuti, occorre “chiudere il cerchio”: con un quadro legislativo univoco e condiviso, il vecchio continente, povero di materie prime ma ricco di competenze e tecnologie, intende sostituire al modello “usa e getta” il principio “riusiamo/ripariamo”, in grado di tradurre i costi della transizione in vantaggi ambientali ed economici immediati e futuri.
Le innovazioni produttive richieste dall’ecodesign estendono il ciclo di vita dei prodotti, richiedono nuove competenze e aumentano la competitività delle imprese; il riuso e il riciclo consentono di convertire in materia prima di un prodotto lo scarto di un altro; l’ottimizzazione nell’uso delle risorse riduce i costi e le emissioni di CO2: grandi sfide e altrettanto grandi opportunità di innovazione e crescita. Vai al redazionale su Ecoscienza >
La trasformazione
dell’economia, da lineare a circolare, permetterà di recuperare immensi
capitali che oggi diventano rifiuti. Il nuovo modello potrebbe avere un
impatto positivo su Pil e occupazione e l’Italia può ambire a un ruolo
da leader. Il flusso di materia in ingresso nel sistema è immenso: solo nel 2010, oltre 65 miliardi di tonnellate di nuovi materiali sono entrati nell’economia. Nel 2020, in uno scenario business as usual,
si prevede di raggiungere il tetto degli 82 miliardi. Risorse che,
naturalmente, non sono distribuite egualmente tra stati e che quindi
sono contese, vista la crescente domanda di materia risultante dalla
crescita demografica globale (9 miliardi nel 2050) e dall’ingresso nella
classe media dei consumatori di sempre più persone (saranno oltre 5
miliardi entro la fine del decennio). Ci sarà materia per tutti?
A scuola, ancora qualche anno fa, le maestre, per illustrare il dilemma
della scarsità di materia nel mondo, impiegavano una spiegazione
malthusiana classica: cosa succederebbe se tutti i cinesi usassero la
carta igienica? Nel giro di un anno non ci sarebbero più foreste.
L’assunto è teoricamente corretto, eppure stiamo andando in quella direzione.
Da una quindicina d’anni siamo entrati in una fase dell’Antropocene
di rinnovata scarsità di materie prime. Serve quindi rispondere alla
seguente domanda: quali processi dobbiamo trasformare per creare un
mondo dove tutti possono sfruttare il benessere offerto dalle tecnologie
e dai saperi, superando i limiti imposti dall’economia lineare? Si
calcola che ogni anno si generano 1,3 miliardi di tonnellate di rifiuti solidi urbani (Msw, municipal solid waste), ovvero una media 1,2 kg di rifiuto al giorno pro-capite.
Secondo stime della Banca Mondiale, nel report What a Waste. A global review of MSW, nel 2025 queste cifre potrebbero aumentare fino a 1,42 kg di rifiuto pro capite, per oltre 2,2 miliardi di tonnellate l’anno.
Solo in Italia si genererebbero oltre 65 milioni di tonnellate di rifiuti urbani
annui. Oggi siamo a circa 55 (di cui 13 vanno nella differenziata). Ma il rifiuto
potrebbe essere molto di più. Secondo la International Solid Waste Association (Iswa), in realtà, le statistiche non sono accurate. Una fonte di Iswa ha dichiarato
che “non sappiamo con nessuna certezza quanto rifiuto esattamente disponibile esiste nel mondo”. Un mare di materia potenziale, che a livello volumetrico corrisponde a più di 7.000 volte l’Empire State Building, con un valore monetario incalcolabile e sconosciuto.
Semplicemente, non esiste ancora una metrica reale per valutare questo
immenso capitale. E non c’è solo il rifiuto…