Nel report “Plastica-una storia infinita”, il WWF avverte: l'impatto della plastica non si limita agli oceani. La sua presenza a è evidente anche nei depositi terrestri e nelle perturbazioni atmosferiche.
Un avvertimento inquietante, quello lanciato dal WWF nella seconda tranche del report “Plastica, una storia infinita”. Oltre che negli oceani, dove la plastica è presente nel 70%-90% dei rifiuti in mare, residui di questo invadentissimo materiale sono stati ritrovati persino nelle rocce, nelle quali sono diventati un immancabile elemento stratigrafico, distintivo della nostra epoca geologica: l'Antropocene. Quale testimonianza della nostra attuale presenza, i futuri abitanti della Terra potranno dunque riscontrare tracce di materiali plastici nei sedimenti.
Plastica ovunque
Nel rapporto, lanciato nell'ambito della campagna GenerAzioneMare, si fa riferimento in particolare a un recente studio, che dimostra come i processi geologici abbiano iniziato a incorporare in rocce litoranee la plastica finita in mare. Ciò significa che nei depositi terresti e nei depositi sedimentari marini, tanto di acque profonde che poco profonde, si rilevano materiali plastici. Ma non è tutto. Stando a quanto rilevato dalla recente analisi “Sta piovendo plastica”, mirata a rintracciare un eventuale inquinamento da azoto nella zona delle Montagne Rocciose, oltre il 90% dei campioni prelevati di acqua piovana contengono microfibre di plastica. Le tracce si trovano nelle cime oltre i 3000 metri di altezza, a riprova del fatto che le perturbazioni atmosferiche sono in grado di trasportare gli inquinanti ovunque, anche in aree potenzialmente incontaminate.
Non si tratta, purtroppo, di un fenomeno isolato. Abbondano, infatti, ricerche che hanno riscontrato grandi quantità di particelle plastiche nelle precipitazioni: sui Pirenei francesi, sulle Alpi svizzere e persino nell'Artico, dimostrando come esse vengano veicolate anche dalla neve. Le elevate concentrazioni -a dispetto della bassa densità di popolazione che abita alcune delle zone esaminate- attesta come le microplastiche vengano trasportate a lunga distanza, attraverso le correnti atmosferiche e oceaniche.
L'appello del WWF
A fronte dei nuovi dati acquisiti, la problematica relativa all'inquinamento da plastica- già flagello ambientale fra i più gravi- diventa ancora più pressante. Per limitarne l'impatto, il WWF non cessa di portare avanti un’azione di pressione sui Governi. L'obiettivo è che venga raggiunto un accordo globale vincolante e severo, che individui norme e impegni concreti per arrestare l'immissione di nuova plastica nell'ecosistema Mondo. Tante le iniziative, rivolte anche alla cittadinanza: da azioni di informazione e sensibilizzazione al Tour Spiagge Plastic Free di WWF Italia, volto a ripulire i litorali della penisola dai rifiuti plastici. I prossimi appuntamenti internazionali, a partire da settembre, dovranno riprendere le azioni verso un modello plastic free, momentaneamente sospese a causa dell’emergenza Covid-19.
Intanto, la petizione globale- promossa dall'organizzazione- ha già raggiunto oltre un milione e 760 mila cittadini. “Diciamo basta alla plastica che soffoca i nostri oceani, danneggiando noi e la natura che ci circonda. I Paesi delle Nazioni Unite devono stipulare un Accordo globale che ponga fine alla dispersione di plastica in natura entro il 2030” si legge nell'appello del WWF. “Per anni questo problema è stato ignorato. Oggi, abbiamo urgente bisogno che le Nazioni Unite stringano un Accordo per porre fine alla dispersione di plastica in mare entro il 2030. Tutti i Paesi sono responsabili di questa emergenza ambientale e ciascuno deve essere parte della soluzione.#StopPlasticPollution”.
Mentre città e intere comunità di tutto il mondo vengono colpite da siccità estreme, inondazioni ed emergenze idriche crescenti, il WWF e l’Anheuser-Busch InBev (AB InBev) hanno pubblicato un rapporto che evidenzia il ruolo centrale di fiumi in buona salute per l’adattamento al cambiamento climatico e nel costruire società, economie ed ecosistemi più resilienti agli impatti del caos climatico. Le politiche di adattamento sono assolutamente urgenti e indispensabili tanto quanto quelle di mitigazione (vale a dire tese all’azzeramento delle emissioni di CO2 e altri gas serra) per far fronte al cambiamento già in atto.
Presentato a New York alla vigilia del rapporto sull’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile sul Clima, elaborato dall’ High Level Political Forum delle Nazioni Unite, Cambiamento Climatico e Acqua: Perché il ruolo dei fiumi è vitale per l’adattamento climatico delinea come il cambiamento climatico esacerberà le attuali crisi idriche del pianeta. Alterando il corso naturale dei fiumi, il cambiamento climatico comprometterà l’accesso alle risorse idriche, la produzione alimentare, la biodiversità con particolar riferimento alla pesca d’acqua dolce, la produzione di energia e molte operazioni commerciali, contribuendo a favorire le migrazioni di massa. Inoltre, il cambiamento climatico aumenterà la pressione sulle popolazioni di pesci di acqua dolce, che si sono ridotte in media dell’83% dal 1970 ad oggi. Ma il rapporto mostra anche come un impegno collettivo per un miglior governo delle risorse d’acqua dolce, in particolare attraverso il ripristino dei sistemi naturali, può ridurre più efficacemente le conseguenze dei cambiamenti climatici.
“Tutti sanno che gli effetti del cambiamento climatico si manifesteranno principalmente nelle nostre comunità, città e imprese attraverso l’acqua, eppure la salvaguardia dei fiumi e delle zone umide di tutto il mondo – ciò che garantisce la vita in acqua dolce – non è ancora una priorità a livello globale” ha dichiarato Stuart Orr, Responsabile WWF Programma Freshwater. “Abbiamo già osservato siccità estreme dal Cile al Chennai in India, e inondazioni storiche dal Midwest americano al Mozambico, e il peggio deve ancora venire. Ma possiamo diventare più resilienti agli impatti climatici se i governi e le aziende si impegneranno in politiche, pratiche e investimenti sull’acqua riconoscendo il pieno valore di sistemi sani d’acqua dolce”, ha aggiunto Orr.
Il rapporto spiega nel dettaglio come il cambiamento climatico abbia un impatto sugli ecosistemi di acqua dolce, cambiando quantità, qualità e tempistica degli approvvigionamenti d’acqua, tra cui variazioni nei pattern di precipitazioni e scioglimento del manto nevoso. Oltre a temperature e stagioni impazzite, questi cambiamenti avranno un impatto enorme sulla sicurezza alimentare, poiché i fiumi irrigano al momento 190 milioni di ettari – circa un quarto della produzione alimentare mondiale. Ecosistemi di acqua dolce sani sono cruciali anche per la sopravvivenza delle specie ittiche di acqua dolce, che forniscono le proteine vitali per centinaia di milioni di persone a rischio.
Le siccità, le inondazioni e la trasformazione dei corsi d’acqua a seguito del cambiamento climatico colpiranno, inoltre, la produzione di elettricità, perché servono approvvigionamenti idrici sicuri per il raffreddamento delle centrali e per alimentare gli impianti idroelettrici esistenti. fonte: https://www.greencity.it/