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Tetti verdi fotovoltaici, un connubio vincente per il solare domestico

 

Un nuovo studio indaga gli effetti dei tetti verdi sul rendimento energetico dell’impianto fotovoltaico quantificandolo anche in base alla tecnologia utilizzata.

Come unire la lotta climatica urbana alle esigenze della ...

Come il fotovoltaico integrato negli edifici può alimentare l’Italia

Massimo Mazzer (Cnr-Imem) e David Moser (EURAC Research) spiegano su Nature come sostenere l’espansione dell’energia solare senza ricorrere ad ulteriore consumo di suolo. Dai tetti italiani una produzione potenziale di oltre 200 TWh l’anno



La parola d’ordine per accelerare la rivoluzione ecologica senza aumentare l’impatto sull’ambiente? Fotovoltaico integrato negli edifici e nelle infrastrutture.

L’energia solare ha un posto di primo piano nelle strategie nazionali di decarbonizzazione. Eppure, il contributo che il comparto può fornire al mix energetico del futuro è spesso sottostimato. Parte del problema sta nello sviluppo tecnologico, molto più rapido rispetto le valutazioni politiche sul tema. I miglioramenti nell’efficienza e nella resa di celle e moduli avanzano quasi quotidianamente; e già oggi la tecnologia fotovoltaica rappresenta una delle opzioni più economiche per la nuova produzione elettrica su scala utility, in diverse aree del mondo.

Ma come sfruttare al massimo una risorsa così vantaggiosa senza sottrarre nuovo terreno? A rispondere è la la lettera pubblicata in questi giorni su Nature, da Massimo Mazzer (Cnr-Imem), referente italiano nell’Implementation Working Group sul Fotovoltaico del SET Plan Europeo, e David Moser, Responsabile R&D sul Fotovoltaico di EURAC Research. Nell’articolo “Come l’energia solare può alimentare l’Italia senza consumare più suolo (nature.com)“ i due autori vanno diritto al punto. E rimarcano le potenzialità italiane del fotovoltaico integrato negli edifici, definendolo come “la più efficace alternativa al consumo di suolo”.

D’altra parte, l’urbanizzazione si è conquistata una buona quota di terreno. Perché allora non sfruttare superfici già costruite? Precedenti stime valutavano per i tetti italiani un potenziale di produzione fotovoltaica di circa 120 GWp. Dati bastati su un’efficienza del modulo del 15%. Con la tecnologia commerciale attuale (efficienza al 22%) tale potenziale sale automaticamente. “Sulla base di questi dati, i moduli commerciali attualmente disponibili […] genererebbero 200 TWh di elettricità all’anno“, scrivono Mazzer e Moser. Un valore doppio rispetto all’obiettivo nazionale per il fotovoltaico 2030. “Con moduli efficienti al 30%, il potenziale raggiungerebbe 275 TWh/a. Anche le facciate possono contribuire significativamente […] si stima che edifici residenziali e uffici potrebbero integrare impianti fotovoltaici su un totale di almeno 160 km² di superficie di facciate, e contribuire alla generazione di 15-25 TWh/a di elettricità (a seconda della tecnologia fotovoltaica usata)”.

La pubblicazione fa parte di un’iniziativa intrapresa a livello nazionale già a partire dal 2017, con la costituzione di specifici gruppi di lavoro misti, composti esperti del mondo della ricerca e industriale. L’obiettivo? Definire il contributo italiano all’Implementation Plan del SET Plan Europeo. Un lavoro che ha prodotto risultati molto importanti sul piano del possibile rilancio di tutta la filiera industriale del fotovoltaico (compresa la parte alta) di importanza strategica per l’Italia e l’UE.

La lettera dedicata al fotovoltaico integrato negli edifici, spiega il CNR, “rappresenta una ulteriore voce dibattito pubblico, rappresentativa di coloro che hanno contribuito alla scrittura del Piano Strategico, per chiarire quanto ampie, diversificate e convenienti siano le potenzialità del fotovoltaico integrato nelle infrastrutture esistenti (a partire dagli edifici) nel nostro Paese”.

fonte: www.rinnovabili.it



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Fotovoltaico e agricoltura: la fantasia al potere non funziona, meglio fatti e dati

Le dichiarazioni sul FV del ministro dell'Agricoltura Patuanelli sono scoraggianti. Solare e coltivazioni devono e possono convivere, come mostrano vari esempi.




Nel 1968 molti auspicavano che la fantasia andasse al potere. Fra gli slogan di maggiore successo ce n’era uno che diceva: “La fantasia distruggerà il potere e una risata vi seppellirà!”.

A mezzo secolo di distanza, la fantasia di populismi vari non ha distrutto il potere, lo ha anzi rivestito, sotto diversi colori e in diversi paesi, e a seppellirci rischia di essere non una risata, ma le fantasie stesse di chi fa scarso ricorso ai fatti, alla scienza e ai dati, da cui devono scaturire le azioni necessarie per attenuare i mutamenti climatici.

È un po’ questa la situazione in cui si trova l’Italia in questa fase, con un neo-ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli, ex ministro dello Sviluppo economico, apparentemente incline a dare più peso alle suggestioni ideologiche che non alle evidenze empiriche e scientifiche.

Patuanelli si è infatti recentemente detto sostanzialmente contrario alla convivenza di agricoltura e fotovoltaico.

“Credo che si debba abbandonare il percorso del fotovoltaico a terra che incide troppo sulla produzione agricola”, ha detto durante un recente convegno organizzato da Legambiente.

“Attraverso il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, ndr), si stanno studiando soluzioni per gli impianti fotovoltaici sospesi, al di sotto dei quali è possibile coltivare alcune colture che traggano anche beneficio dall’ombra portata dagli impianti. Ma è una tecnologia ancora molto onerosa e che bisogna sviluppare”, ha aggiunto.

Tale orientamento di Patuanelli è in contraddizione con la necessità di rafforzare il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), recentemente sottolineata anche dallo stesso ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, come raccontato in un precedente articolo.

Il contributo che l’agricoltura come settore può dare da questo punto di vista è legato “all’istituzione delle coperture e alla realizzazione di impianti fotovoltaici sulle coperture degli stabilimenti che ci sono”, e dunque non a terra, ha detto l’ex titolare del MiSE.

Tale visione non trova giustificazione né nella realtà produttiva ed economica, né nei principi teorici e tecnici che presiedono al dispiegamento del fotovoltaico in agricoltura e sui terreni agricoli.

Tanto per fare un paio di esempi, in Francia, una serra fotovoltaica ha prodotto contestualmente 3,1 GWh di energia e 4 tonnellate per ettaro di asparagi. Si tratta di una serra solare costruita dallo sviluppatore francese Tenergie nel 2017, nel sud del paese, con una potenza installata di 2,1 MW.

“Quattro anni dopo la messa in funzione di questa serra di 33.000 m², il nostro feedback è positivo, con una resa di quattro tonnellate/ettaro per questo primo anno di coltivazione di asparagi verdi della Provenza, dopo un periodo di coltivazione diversificata, tra cui zucchine, rape, [e] patate dolci durante i primi tre anni e una produzione di 3,1 GWh di elettricità verde, che è l’equivalente del consumo di 700 famiglie, escluso il riscaldamento”, ha scritto in una relazione la società, secondo cui, nel 2022, la resa agricola dovrebbe aumentare a nove tonnellate per ettaro.

Tra i vantaggi di questo concetto di serra, l’installazione di moduli fotovoltaici permette di ridurre l’ombra proiettata sul terreno (36% contro 52% per una serra tradizionale).

La luce viene sfruttata meglio grazie all’uso di policarbonato filtrante e diffondente, migliorando così l’uniformità della luce sul terreno. La ventilazione basata su un sistema di apertura del tetto, accoppiato a un’apertura motorizzata su tutto il lato, controllata in base al clima interno e alle condizioni meteorologiche esterne, permettono un controllo accurato del clima.

Tornando in Italia, l’azienda energetica tedesca Steag vuole costruire tre impianti fotovoltaici per un totale di 244 MW in diversi uliveti della Puglia. Si tratta di progetti agrovoltaici non incentivati che mirano a vendere elettricità attraverso accordi privati di compravendita, i cosiddetti “Power purchase agreement” (PPA). La distanza tra i filari dell’uliveto e l’impianto fotovoltaico è stata concepita sia per evitare l’ombra che per consentire il passaggio dei macchinari necessari per la coltivazione degli ulivi.

La sfida principale nella costruzione di questo tipo di progetti agrovoltaici sarà mantenere la massima efficienza di entrambi i sistemi di produzione, ha detto l’addetto stampa di Steag, Daniel Mühlenfeld, a PV Magazine. “Ci sono costi aggiuntivi per integrare il fotovoltaico negli uliveti, ma ci sono anche entrate aggiuntive”, ha detto.

L’approvazione finale per i tre impianti dovrebbe essere ottenuta tra il terzo o il quarto trimestre di quest’anno, con la costruzione prevista alla fine dell’anno, sempre che non ci siano ricorsi dell’ultimo minuto alla giustizia amministrativa o al Presidente della Repubblica, da parte di associazioni o altri soggetti convinti che qualunque tentativo di installare un impianto energetico rinnovabile di grandi dimensioni sia di per sé uno sfregio alla patrie bellezze.

L’idea che per raggiungere gli obiettivi climatici europei siano sufficienti tetti e coperture, senza dover toccare i terreni agricoli, è infatti falsa e fuorviante, secondo Legambiente, come detto anche in un precedente articolo.

Secondo le stime di Legambiente, Greenpeace, Italia Solare e Wwf, per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del fotovoltaico dell’Italia servono 80 GW di installazioni: almeno il 30% circa da realizzare su tetti e terreni industriali o contaminati; la parte restante su 50-70.000 ettari di terreni agricoli, che rappresentano solamente lo 0,4-0,6% della superficie agricola utile (SAU) italiana; qualcosa di sideralmente lontano dagli scempi e cannibalizzazione di territori paventati da chi si affida a idee preconcette e non ai dati.

“Il raggiungimento degli obiettivi climatici – commenta Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente – passerà dalla quantità di fonti rinnovabili che riusciremo a installare nei territori. Il maggior contributo deve arrivare proprio da solare e eolico, con tassi di installazione decisamente superiori a quelli attuali. Molti studi dimostrano come tetti, coperture e superfici marginali non siano assolutamente sufficienti al raggiungimento di tali numeri entro scadenze coerenti con i target europei. Per questo sarà necessario utilizzare anche altre superfici, come quelle agricole, coniugando così il lavoro agricolo con quello energetico”.

Lo stesso concetto è stato espresso da Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura, una delle maggiori associazioni imprenditoriali di settore. Rispondendo via Twitter all’affermazione di Patuanelli, secondo cui “il fotovoltaico a terra, incide troppo”, Re Rebaudengo ha replicato che “non è così”, poiché “35 GW di fotovoltaico a terra impiegherebbero solo 0,3% di superficie agricola totale oppure soltanto 1,4% di superficie agricola non utilizzata”.

È tempo, insomma, di abbandonare le fantasie.

Come sottolineato anche da Legambiente e La Nuova Ecologia nella loro campagna “Unfakenews”, è assolutamente urgente che il governo approvi al più presto norme adeguate e uniformi, che permettano una realizzazione degli impianti corretta e trasparente. Anche alla luce delle esperienze passate, in parte negative, riguardo all’installazione del fotovoltaico.

Le norme devono garantire la buona conduzione dell’agricoltura negli ambiti interessati da installazioni agrovoltaiche, per prevenire approcci speculativi che potrebbero mettere a rischio la continuità dell’attività agricola.

È necessario, infine, che governo, regioni e comuni nel loro insieme superino il riflesso condizionato che spesso fa erroneamente percepire il fotovoltaico e l’eolico di grande taglia come qualcosa di intrinsecamente contrario al paesaggio.

Se si vogliono evitare la crisi climatica e il depauperamento ambientale ed economico delle campagne nei decenni a venire, si deve poterne utilizzarne adesso l’1-2% per grandi impianti a energie rinnovabili.

fonte: www.qualenergia.it


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ENEA: produrre idrogeno e ossigeno dall’acqua con il Sole

 








Produrre idrogeno ed ossigeno attraverso la decomposizione termica dell’acqua realizzata con l’energia solare. Questo l’oggetto del nuovo brevetto nato nei laboratori dei Centri Ricerche ENEA di Frascati e Casaccia con il coinvolgimento di ricercatori dei dipartimenti di “Fusione e Tecnologie per la Sicurezza Nucleare” e di “Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili”.

“Nella decomposizione termica la molecola dell’acqua è scissa ad alta temperatura direttamente in idrogeno ed ossigeno che devono poi essere opportunamente separati. Con l’utilizzo di processi tradizionali ciò avviene a temperature tanto alte da rendere non praticabile questo processo”, spiega il ricercatore ENEA Silvano Tosti.

Per ovviare al problema delle alte temperature il brevetto propone un innovativo reattore a membrana costituito da una camera di reazione dove sono presenti contemporaneamente due tipi di membrane: una in tantalio per separare l’idrogeno ed una in materiale ceramico per separare l’ossigeno.

“In questo modo riusciamo a produrre con 500 °C in meno la stessa quantità di idrogeno e ossigeno di un reattore tradizionale”, aggiunge Tosti.

L’altra innovativa proposta consiste nell’unire questo reattore a membrana ad impianti solari a concentrazione, in grado di fornire calore ad alta temperatura, rendendo così possibile la produzione di idrogeno direttamente dall’energia solare.

“La produzione diretta di idrogeno dal Sole rispetto ad altri sistemi, come ad esempio l’accoppiamento di solare fotovoltaico con elettrolizzatori alcalini, è di grande interesse per la realizzazione di una catena energetica green ed è caratterizzata dal raggiungimento di elevate efficienze energetiche e da costi di investimento contenuti sia in applicazioni stazionarie, come utenze elettriche civili ed industriali, sia in quelle mobili come i veicoli elettrici”, conclude Tosti.

Un altro settore interessato da notevoli ricadute è quello della produzione di gas puri, in questo caso idrogeno ed ossigeno, che possono trovare impiego nella chimica fine, nella farmaceutica, e nell’industria elettronica. L’ulteriore sviluppo di questo tipo di reattore potrà beneficiare dei progressi tecnologici dei sistemi solari ad alta temperatura e dei materiali per alti flussi termici.


fonte: www.italicom.net


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Sidney è la prima città alimentata al 100% da energia rinnovabile




Alla fine Sydney ce l’ha fatta raggiungendo un grandioso traguardo: vive utilizzando il 100% di elettricità rinnovabile generata da parchi eolici e solari. Questo significa che qualsiasi attività che richiede l’uso di elettricità, dai lampioni ai campi sportivi, dalle piscine al palazzo comunale, è alimentata con energia rinnovabile al 100% di provenienza locale.

Di fatto così, Sidney è la prima città che spera in un futuro totalmente sostenibile che nei prossimi dieci anni avrà secondo le stime un risparmio annuale di mezzo milioni di dollari e soprattutto una riduzione delle emissioni di carbonio di circa 200mila tonnellate, corrispondenti alla potenza utilizzata da 6mila famiglie.

L’energia pulita viene da tre generatori: la Bomen Solar Farm a Wagga Wagga, il paro eolico Sapphire Wind Farm vicino a Inverell e il parco solare Shoalhaven a Nowra. Circa tre quarti dell’energia pulita è prodotta sfruttando l’azione dal vento, mentre la parte rimanente è di derivazione solare.L’investimento è stato di 60milioni di dollari. Una mossa che fa bene all’ambiente, ma anche ai cittadini perché si sono creati moltissimi posti di lavoro. Creare elettricità in questo modo riduce le emissioni di CO2 nell’ambiente e crea anche maggiore consapevolezza. Il progetto era partito lo scorso luglio e già si stanno raccogliendo i primi risultati.

Fonte: Ecoportal

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Da Horizon 2020, 112 milioni per nuovi progetti energetici “verdi”

Dalle isole energetiche i sistemi di cattura e riutilizzo della CO2: sono 12 le aree tematiche in cui è possibile cimentarsi presentando nuove proposte

















Ben 112 milioni di euro a favore di nuovi progetti energetici verdi. Queste le risorse stanziate da Horizon 2020, il Programma Quadro europeo per la ricerca e l’innovazione. I finanziamenti sono destinati alla focus area “Costruire un futuro a basse emissioni di carbonio e resistente al clima”, la cui call sostiene un ampio numero di attività nel settore energetico, sia dal lato offerta che da quello della domanda. 
“Raggiungere la neutralità climatica nel settore energetico – garantendo allo stesso tempo un uso più efficiente dell’energia, un approvvigionamento sicuro di energia, prezzi convenienti e un basso impatto ambientale – è uno sforzo complesso che richiede attività di R&I su più fronti”, si legge nel documento preparatorio. 
Nel dettaglio il programma ha aperto la fase di invio proposte su 12 tematiche, tutte inerenti a “l’energia a basse emissioni”.
Si va dallo stoccaggio geologico della CO2 a impianti di desalinizzazione alimentati dal solare concentrazione, dalle isole energetiche alle città intelligenti, dal recupero del calore industriale all tecnologia per a cattura e riciclo dell’anidride carbonica. 
Non demorde dunque, l’impegno europeo a sostegno delle tecnologie di CCS/ CCU, nonostante la difficoltà delle stesse di raggiungere una competitività commerciale. Per Horizon 2020 “Il Carbon Capture and Storage è una delle tecnologie promettenti chiave in grado di ridurre le emissioni di CO2 nel settore della produzione di energia e l’unica via per riduzioni molto rigorose delle emissioni di gas serra da industrie energetiche e / o ad alta intensità di carbonio che generano CO2 come parte dei loro processi di produzione”.
I nuovi progetti energetici verdi saranno selezionati per il finanziamento in una valutazione a singolo stadio, spiega il sito del programma. Il termine per la presentazione delle proposte è il 1° settembre 2020; una commissione di esperti indipendenti valuterà i candidati e annuncerà i vincitori 5 mesi più tardi.
fonte: www.rinnovabili.it

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Cos’è un “prosumer” e i suoi vantaggi economici

Il progetto europeo PVP4Grid ha realizzato una serie di video che spiegano ruolo e benefici del prosumer e della comunità di energia rinnovabile.




















Cos’è un prosumerCome parte di una comunità di energia solare si può essere più indipendenti dall’aumento dei prezzi dell’elettricità, risparmiando denaro e ottenendo anche un guadagno?
Per spiegare meglio significato, ruolo e vantaggi di chi produce energia rinnovabile per autoconsumarla, i 12 partner del progetto europeo PVP4Grid hanno realizzato una serie di video in inglese, tedesco, spagnolo, francese, italiano e portoghese.
Di seguito il video in italiano:

All’integrazione di fotovoltaico, storage e mobilità elettrica è invece dedicato il video in inglese su “Tom il prosumer“:


Inoltre, come i nostri lettori ricorderanno, a ottobre 2019 nell’ambito dello stesso progetto è stato realizzato anche uno strumento di simulazione e calcolo per valutare le prestazioni economiche di un impianto FV e un documento con linee guida per diventare prosumer
fonte: www.qualenergia.it


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Celle solari notturne: l’Università del Maryland inverte il fotovoltaico

Un duo di scienziati sta studiando un concept fotovoltaico alternativo che utilizza la terra come fonte di calore e il cielo notturno come dissipatore.

















Celle solari notturne, in grado di produrre elettricità anche nelle ore più buie. È questa la scommessa accettata dall’Università del Maryland. Un gruppo di scienziati dell’ateneo americano ha, infatti, studiato alcune soluzioni tecniche “radiative” con l’obiettivo di progettare nuovi dispositivi da mettere in funzione dopo il tramonto.
Il fotovoltaico possiede un grande potenziale all’interno della transizione energetica: il sole è ovunque, gratis, e la tecnologia per sfruttare la sua energia sta continuando ad aumentare l’efficienza e a ridurre i costi. Ma come i grandi detrattori delle rinnovabili ci tengono spesso a ricordare, funziona solo nelle ore diurne.

Partendo da questo “ostacolo”, gli scienziati hanno messo a punto un concept fotovoltaico alternativo che utilizza la terra come fonte di calore e il cielo notturno come dissipatore. Il risultato sono quelle che loro chiamano “celle solari notturne”, ma che mostrano un funzionamento completamente diverso rispetto la tecnologia madre.
Come spiega Jeremy Munday, professore presso il Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Informatica e coautore dello studio, il processo alla base del concept è simile al modo in cui funziona una normale unità fotovoltaica, ma al contrario. Nel dettaglio, le celle solari notturne sarebbero composte da fotovoltaico termoradiativo (un dispositivo ibrido che accoppia una cella termoradiativa ad una tradizionale cella fv) ed un sistema che sfrutta il raffreddamento radiativo. Quest’ultimo è un fenomeno naturale nel quale il calore viene irradiato nello spazio dalla superficie della Terra o da un oggetto caldo durante la notte.
Una normale cella solare genera energia assorbendo la luce, generando una tensione e il flusso di corrente. In questi nuovi dispositivi, invece, viene emessa luce e la corrente e la tensione vanno nella direzione opposta, ma si genera comunque energia”, ha spiegato Minday. “Devi usare materiali diversi, ma la fisica è la stessa”. Il professore e il suo studente Tristan Deppe stanno attualmente lavorando sui primi prototipi fisici ma sono convinti che le celle solari notturne, se appositamente progettate, potrebbero vantare fino a 50 W di potenza per metro quadrato in condizioni ideali, circa un quarto di ciò che la tecnologia fotovoltaica convenzionale può generare di giorno. Non solo. Con opportune modifiche, potrebbe funzionare anche durante nelle ore di luce creando un sistema potenzialmente attivo 24 ore su 24. I risultati dello studio sono stati pubblicati del numero di gennaio di ACS Photonics (testo in inglese).

fonte: www.rinnovabili.it

Autoconsumo fotovoltaico, come capire se ne vale la pena

On line il nuovo portale GSE: la piattaforma permette di effettuare simulazioni dettagliate sul dimensionamento dell’impianto fv, costo dell’installazione e tempo di ritorno della spesa





È attivo il nuovo portale GSE sull’autoconsumo fotovoltaico (https://www.autoconsumo.gse.it/). Strumento nato per supportare la nuova generazione di prosumer – ossia consumatori che vestono anche i panni di produttori energetici – la piattaforma fa oggi il suo debutto dopo una approfondita fase di test. Prima di arrivare in mano ai cittadini, infatti, il servizio è stato valutato dalle principali Associazioni di settore, che hanno potuto indagarne efficacia ed affidabilità. E, soprattutto, sottolinearne l’utilità verso l’obiettivo principale, ossia favorire la diffusione dell’autoconsumo fotovoltaico.

Il termine indica semplicemente la possibilità di consumare l’elettricità nello stesso sito in cui viene prodotta senza dunque venderla alla rete venderla alla rete. Una soluzione che, nonostante i vantaggi ambientali ed economici connessi, trova ancora poco spazio in Italia. Per la precisione, nell’ambito della generazione distribuita l’incidenza dell’autoconsumo sul totale della produzione fotovoltaica è di poco superiore al 22 per cento (dato del 2018), sebbene l’81 per cento dei circa degli 820mila impianti installati in Italia afferiscano al settore domestico. E il dato forse più incredibile è che la quota maggiore di prosumer solari si trova ancora oggi nelle regioni del Nord Italia e in particolar modo in Lombardia e Veneto (Leggi anche Fotovoltaico in Italia: il mercato nazionale tra presente e futuro).

Come funziona la nuova piattaforma sull’autoconsumo fotovoltaico?

In questo contesto si inserisce la nuova piattaforma, strumento disegnato appositamente per mostrare a settore privato e pubblico i vantaggi di questa scelta energetica. Perché si tratta di un’iniziativa importante? Perché, come spiega Roberto Moneta, a.d. del GSE, senza il coinvolgimento attivo di cittadini, mondo industriale e PA ed un radicale cambio di mentalità e cultura “non si potranno mai raggiungere gli obiettivi di sostenibilità che l’Europa e l’Italia si sono posti al 2030”. La stessa Commissione Europea ha inserito il ruolo dei prosumer o energy citizens tra gli elementi chiave della nuova transizione energetica, chiedendo ai Paesi membri strumenti e misure per favorirli e e supportarli. In questo senso il portale nasce per essere “uno strumento a disposizione di tutti coloro che vogliano sentirsi parte integrante del cammino verso il Green Deal” nazionale e comunitario. Il servizio mette a disposizione una serie di informazioni e dati necessari a quanti intentando dotare il proprio immobile di moduli fotovoltaici. Il funzionamento è estremamente semplice: basta inserire l’indirizzo dell’edificio, i consumi elettrici annuali e la superficie del tetto (dove saranno posizionati i pannelli) per ottenere una simulazione dettagliata sul dimensionamento dell’impianto, sui costi, sui tempi di ritorno dell’investimento e sulle soluzioni finanziarie disponibili (prestito o noleggio), agevolazioni fiscali comprese.

L’autoconsumo fotovoltaico, infatti, permette di accedere ad alcuni a sconti ed ecobonus. Nel dettaglio, per i privati è possibile detrarre dall’Irpef il 50 per cento dei costi di realizzazione, misura che si applica anche agli impianti fv connessi a sistemi di accumulo. Per le imprese, invece, è previsto il superammortamento del 130 per cento del valore dell’investimento. In mancanza di un sistema di accumulo, l’energia prodotta può essere valorizzata attraverso il cosiddetto Scambio sul Posto, una particolare forma di autoconsumo che permette agli permette agli utenti di compensare l’elettricità consumata proveniente dalla rete con quella prodotta e a sua volta immessa in rete perché non utile in quel determinato momento.


Il Portale accompagna gli utenti passo passo con un’apposita guida che elenca anche i vari passaggi burocratici, aiutando nella compilazione del modello unico per lo snellimento delle pratiche. Inoltre il servizio permette di visualizzare l’esistenza, nelle vicinanze, di installazioni simili ed è in grado di analizzare e mappare le zone occupate da edifici commerciali o industriali di grandi dimensioni. Un piccolo Focus è riservato alle istruzioni per consultare la bolletta elettrica. “Sulla bolletta – spiega infatti il Gestore – puoi trovare la maggior parte delle informazioni che ti occorrono per scegliere la taglia dell’impianto fotovoltaico più adatta alle tue esigenze”, a partire dalla tipologia di utenza e dal consumo nelle diverse fasce orarie. Non mancano ovviamente gli esempi virtuosi: sul portale una cartina mostra alcuni casi reali di impianti solari realizzati in Italia significativi in termini di autoconsumo e integrazione con il territorio. Le diverse installazioni sono raggruppate in base al settore e/o attività produttiva del sito. Leggi anche Accumulo rinnovabili, in Italia oltre 18mila impianti

fonte: www.rinnovabili.it

Ecco come dissalare l’acqua in modo economico e sostenibile

Un gruppo di giovani ingegneri del Politecnico di Torino ha ideato e brevettato un prototipo che funziona a energia solare. Una tecnologia innovativa che potrebbe fornire acqua a basso costo anche in situazioni d’emergenza











Secondo stime della FAO, entro il 2025 quasi 2 miliardi di persone potrebbero non avere abbastanza acqua potabile per le proprie necessità quotidiane. Una delle possibili soluzioni a questo problema è la dissalazione, ossia il trattamento dell’acqua di mare per renderla potabile.
Tuttavia, rimuovere il sale dall’acqua di mare richiede una quantità di energia da 10 a 1000 volte maggiore rispetto ai tradizionali metodi per rifornirsi di acqua dolce, ossia deviare l’acqua dei fiumi o pompare quella dei pozzi.
Partendo da questo problema, una squadra di ingegneri del Dipartimento Energia del Politecnico di Torino ha ideato un nuovo prototipo per dissalare l’acqua di mare in modo sostenibile e a basso costo, utilizzando l’energia del sole in modo più efficiente.
UNA TECNOLOGIA ISPIRATA ALLE PIANTE
Rispetto alle soluzioni precedenti, la tecnologia sviluppata è infatti in grado di raddoppiare la quantità di acqua prodotta a parità di energia solare impiegata, e si ritiene possa essere soggetta a significativi margini di miglioramento nel prossimo futuro. Il giovane gruppo di ricercatori che ha recentemente pubblicato questi risultati sulla prestigiosa rivista Nature Sustainability è composto da Eliodoro Chiavazzo, Matteo Morciano, Francesca Viglino, Matteo Fasano e Pietro Asinari.

Il processo di funzionamento, spiegano Matteo Fasano e Matteo Morciano, è molto semplice: «Ispirandosi alle piante, che trasportano l’acqua dalle radici alle foglie per capillarità e traspirazione, il nostro dispositivo galleggiante è in grado di raccogliere l’acqua marina utilizzando un semplice materiale poroso, evitando dunque l’impiego di costose e ingombranti pompe. L’acqua di mare raccolta viene quindi riscaldata dall’energia solare, innescando così un processo di separazione del sale dall’acqua per effetto evaporativo. Il tutto è facilitato da una membrana inserita tra l’acqua contaminata e quella potabile per evitare un loro rimescolamento, con una strategia simile a quella di alcune piante in grado di sopravvivere in ambienti marini, ad esempio le mangrovie».
SEMPLICE DA INSTALLARE E DA RIPARARE E A BASSO COSTO
Mentre le tecnologie di dissalazione convenzionali “attive” necessitano di costose parti meccaniche o elettriche (ad esempio pompe, ventilatori e sistemi di controllo) e richiedono tecnici specializzati per l’installazione e manutenzione, la tecnologia di dissalazione proposta dal Politecnico si basa su processi spontanei che avvengono senza l’ausilio di particolari macchinari accessori, e sono dunque classificabili come “passivi”. In questo modo, il dispositivo risulta semplice da installare e riparare, oltre che a basso costo, caratteristiche particolarmente appetibili in regioni costiere che soffrono una cronica scarsità d’acqua potabile ma sono rimaste finora dimenticate da infrastrutture centralizzate e investimenti.
EFFICIENZA ENERGETICA
Uno dei principali svantaggi di simili tecnologie “passive” per la dissalazione era però la minore efficienza energetica rispetto alle tecnologie “attive”. I ricercatori del Politecnico di Torino hanno affrontato questo ostacolo con creatività: «Mentre i precedenti studi si erano concentrati su come ottimizzare l’assorbimento dell’energia solare, noi abbiamo spostato l’attenzione su come sfruttare al massimo l’energia solare assorbita. Così facendo, siamo riusciti a raggiungere valori record di produttività: fino a 20 litri al giorno di acqua potabile prodotta per ogni metro quadrato esposto al sole. La chiave di questo aumento di prestazioni è il riciclo del calore solare in più con processi di evaporazione a cascata, seguendo la filosofia del fare di più, con meno. Le tecnologie basate su questo processo vengono definite ad effetto multiplo, ed è la prima volta che questa strategia viene impiegata in tecnologie di dissalazione passive».
Dopo aver messo a punto il prototipo per più di due anni e averlo testato direttamente nel mare della Liguria (a Varazze), gli ingegneri del Politecnico sostengono che questa tecnologia potrebbe avere un impatto in località costiere isolate con poca acqua potabile ma molta energia solare, specialmente in Paesi in via di sviluppo. Inoltre, la tecnologia è particolarmente adatta a fornire acqua potabile e a basso costo in situazioni di emergenza, ad esempio in aree colpite da inondazioni o tsunami e rimaste isolate per giorni o settimane dalla rete elettrica e dall’acquedotto. Un’ulteriore applicazione è la realizzazione di orti galleggianti per la produzione di cibo, opzione futuribile soprattutto in aree sovrappopolate.
I ricercatori, che continuano a lavorare su questo tema all’interno del Clean Water Center al Politecnico di Torino, sono ora in cerca di possibili partner industriali per rendere più duraturo, scalabile e versatile il prototipo. Ad esempio, una versione ingegnerizzata del dispositivo potrebbe fornire acqua dolce alle aree costiere dove il sovra sfruttamento delle falde causa intrusioni saline (problema particolarmente grave in alcune zone della Puglia), o trattare acque inquinate da impianti industriali o minerari.

fonte: www.lastampa.it

Il fotovoltaico integrato in ombrelloni e lettini da spiaggia prodotto dal Cnr

Il team di ricerca NewPV del Cnr-Imem di Parma ha messo a punto una serie di device fotovoltaici piccoli e flessibili che potrebbero essere montati su strutture preesistenti come tavoli, tende, ombrelloni o tettoie.














Piccoli, flessibili e già predisposti con porte USB e prese di alimentazione per ricaricare dispositivi elettrici a bassa potenza come smartphone o tablet: Il gruppo di ricerca ‘NewPV’dell’Istituto dei materiali per l’elettronica e il magnetismo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Imem) di Parma, ha sviluppato dei sistemi di alimentazione portatili basati sul fotovoltaico (PV) integrabili con lettini, ombrelloni e tende da sole o trasportabili sotto forma di piccoli pannelli per trasformare l’energia del sole direttamente in elettricità a zero emissioni.

“Il nostro sistema, chiamato NewPV-3, permette di utilizzare l’energia solare liberamente, in qualsiasi luogo ci si trovi, sfruttando un mini-modulo fotovoltaico opportunamente ingegnerizzato per caricare fino a 6 smartphone contemporaneamente, senza il bisogno di essere connessi alla rete elettrica, a costo zero ed a zero emissioni di CO2 – spiega Stefano Rampino del Cnr-Imem – I mini-moduli possono essere trasportati, installati e disinstallati facilmente, non necessitano di alcun tipo di manutenzione, sono resistenti all’acqua e a limitate deformazioni meccaniche. Ogni sistema è dotato di un mini-modulo solare collegato ad un’unità operativa, a cui si connettono i dispositivi da caricare mediante prese USB e accendisigari”.
Leggerezza, flessibilità e portabilità sono le chiavi dell’innovazione: con una dimensione massima di 50x60cm quadrati e un peso minimo fino a 1 decimo quello dei pannelli tradizionali, un mini modulo capace di ricaricare 6 dispositivi contemporaneamente pesa al massimo 400 grammi.

Le celle utilizzate sono flessibili e montate su supporti plastici o metallici che possono essere installati su superfici non perfettamente lisce o curve. Le ridotte dimensioni e il peso esiguo dei mini-moduli consentono un’istallazione veloce su qualsiasi superficie, anche verticale e non per forza rigida, senza il bisogno di utensili o di dispositivi di ancoraggio particolari. 

I mini-moduli sono interfacciati con un’unità operativa che gestisce la potenza in tempo reale: a seconda dei dispositivi da caricare e dell’irraggiamento solare, l’unità operativa elabora la migliore strategia per una ricarica veloce dei dispositivi. All’interno dell’unità operativa (che occupa uno spazio massimo di 15x15x6 cm cubici e ha un peso massimo di 900 grammi) sono installati dei dispositivi di storage che tamponano eventuali abbassamenti periodici di potenza (ad esempio in caso di annuvolamento) e allungano l’autonomia del sistema fino a 6 ore in assenza di luce solare.
Attualmente, 3 dei sistemi realizzati con il NewPV-3 sono installati presso la Piscina Baia Blu, all’interno del Campus Universitario di Parma, ma una tecnologia simile potrebbe essere facilmente integrata in maniera temporanea su tutta una serie di manufatti già esistenti, come pareti di edifici, tettoie, tendoni, tavoli.

I mini-moduli, inoltre, possono essere prodotti con un opportuno “camouflage” estetico per mimetizzarsi nell’ambiente in cui sono installati senza deturpare il decoro architettonico e contemporaneamente essere messi in rete tra loro tramite l’applicazione “Solar Network” che offre la possibilità di formare un network di dispositivi NewPV-3 delocalizzati in varie zone di un grande ambiente (ad es. quartieri urbani, piazze, piscine) che riescono a parlare tra di loro mediante una rete Wi-Fi dedicata, per scambiarsi informazioni senza la necessità di essere allacciati a una rete elettrica.

fonte: www.rinnovabili.it

Treni solari: in Inghilterra diventano realtà

Il prossimo agosto vedrà l’avvio del primo progetto ferroviario a energia solare del mondo, grazie al quale potrebbe aprirsi la strada verso l’uso di energie da fonti rinnovabili per far viaggiare i treni.


















Grazie al progetto pilota, verranno installati 135 pannelli solari, che saranno posizionati su terreni incolti e abbandonati nei pressi della stazione di Aldershot, in Inghilterra.
A partire dal mese prossimo i pannelli solari forniranno energia direttamente alla linea ferroviaria e secondo gli studi di fattibilità del progetto, potrebbero arrivare a coprire fino al 10% dell’energia necessaria alla circolazione dei treni.
Si tratta di un progetto sperimentale realizzato dalla compagnia ferroviaria South Western Railway in collaborazione con Riding Sunbeams, Community Energy South, National Rail e con l’ente benefico 10:10, finanziato grazie ai fondi di Innovate UK e del Dipartimento per i trasporti.
Ollie Pendered, direttore esecutivo di Riding Sunbeams, ha dichiarato:
Siamo molto entusiasti di installare il primo progetto al mondo che alimenterà direttamente le linee ferroviarie con energia solare nella stazione di Aldershot. Speriamo che questo schema pilota spiani la strada per l’industria ferroviaria e Regno Unito, diventando zero-carbon
Se la sperimentazione dovesse superare il test, progetti simili più grandi potrebbero infatti essere implementati sulla rete della South Western Railway.
SWR ha già ridotto le proprie emissioni del 33% nell’ultimo anno e mira a ridurle ulteriormente del 60% nei prossimi cinque anni.
fonte: www.greenme.it