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Smaltimento pannelli solari: i rischi delle nuove regole












È online la nuova versione delle “Istruzioni Operative per la gestione e lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici incentivati“, aggiornate dal Gestore dei servizi elettrici (Gse) il 26 maggio scorso, ai sensi dell’art. 40 del D.lgs. 49/2014 e dell’art. 1 del D.lgs. 118/2020.

Chi impianta dovrà versare 10 o 12 euro, a seconda del pannello, a garanzia del corretto smaltimento, allo stesso Gse o ai Sistemi collettivi riconosciuti. Per gli impianti antecedenti al 2014, tuttavia, è previsto l’esonero dal versamento purché venga “dimostrato” – con una sorta di autocertificazione – il corretto smaltimento dei moduli.

In buona sostanza, si affida lo smaltimento della maggior parte dei pannelli solari esistenti in Italia alla buona fede degli attori coinvolti, per lo più i grandi gruppi del solare. Una clausola che potrebbe aprire la strada al mercato nero dello smaltimento illegale che da anni è una delle principali preoccupazioni di magistratura e carabinieri del nucleo per la Tutela ambientale.

Gli impianti in Italia

In Italia sono attivi circa 900mila impianti per un totale di circa 100 milioni di pannelli. Il ciclo di vita dei moduli è vent’anni e l’età media di quelli operativi oggi è di 12-13. Questo significa che il Paese si prepara al revamping di 73 milioni di pannelli fotovoltaici, sostenuto anche dagli incentivi della transizione ecologica e dagli investimenti del Pnrr.

Il processo che sarà veloce perché la sostituzione conviene su due fronti: i pannelli che invecchiano producono il -2% di energia l’anno, mentre quelli di nuova generazione sono più piccoli ed efficienti (circa il 30% di energia in più).

Cosa dicono le nuove istruzioni

Il Decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 118, introduce modifiche al Decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49. In particolare, all’art. 1 prevede una “Razionalizzazione delle disposizioni per i RAEE da fotovoltaico” la quale stabilisce che “Per la gestione dei RAEE derivanti da AEE di fotovoltaico incentivate ed installate precedentemente alla entrata in vigore del presente decreto relativi al Conto Energia, per i quali è previsto il trattenimento delle quote a garanzia secondo le previsioni di cui all’articolo 40, comma 3, i Soggetti Responsabili di impianti fotovoltaici possano prestare la garanzia finanziaria […] nel trust di uno dei sistemi collettivi riconosciuti. Il GSE definisce le modalità operative ed è autorizzato a richiedere agli stessi responsabili degli impianti fotovoltaici idonea documentazione […]”.

La nuova versione del documento disciplina le modalità e le tempistiche con cui i Soggetti Responsabili degli impianti fotovoltaici incentivati in Conto Energia, per cui è previsto il trattenimento delle quote a garanzia ai sensi dell’art. 40 del D.lgs. 49/2014, possono esercitare l’opzione disposta dal D.lgs. 118/2020.

I Soggetti Responsabili possono decidere se prestare la garanzia finanziaria, riferita alla gestione dei moduli fotovoltaici a fine vita, tramite il processo di trattenimento delle quote a garanzia attuato dal GSE, secondo le modalità descritte nelle Istruzioni Operative, o, in alternativa, esercitando l’opzione prevista mediante l’adesione a un Sistema Collettivo, identificato nell’elenco qualificato dal Ministero della Transizione Ecologica (MITE).

L’aggiornamento del documento prevede ulteriori novità derivanti dal confronto con gli stakeholders interessati, come l’esonero, su richiesta del Soggetto Responsabile, dal trattenimento delle quote a garanzia in casi di sostituzione totale dei moduli fotovoltaici installati e l’avvenuto ritiro in garanzia degli stessi dall’azienda produttrice dei componenti.

Le reazioni del settore

Il Gse, interpellato dal Fatto Quotidiano, replica che i documenti richiesti per dimostrare il “corretto smaltimento” sono esplicitamente richiamati nelle nuove istruzioni e comunque che “l’applicazione o meno delle quote a garanzia è definita e regolamentata dal Dlgs 49/2014, che individua il perimetro di impianti fotovoltaici incentivati per i quali applicare le quote”: “Le recenti modifiche introdotte (Dlgs 118/2020) hanno previsto per tali impianti (soggetti al versamento delle quote a garanzia) la possibilità di esonero dal trattenimento attraverso l’esercizio dell’opzione”. In buona sostanza, il Gestore dice di essersi limitato a fare quel che ha deciso l’allora ministero dell’Ambiente.

Forti dubbi e preoccupazioni arrivano dalla filiera del riciclo. Dai moduli, secondo il processo previsto dalla legge, si può recuperare pressoché il 100%: materie prime e seconde di pregio quali vetro, acciaio, silicio, polimeri, persino argento. Il valore di questi materiali – che in larga parte importiamo – secondo Irena arriverà a 15 miliardi entro il 2050: servirà dunque a creare un’industria “verde” in Italia che aiuterà anche la manifattura tradizionale.

Il timore di chi fa parte della filiera sana è che queste linee guida finiscano per essere un assist alle aziende che fanno dumping sul prezzo dello smaltimento. I 10 euro di quota per i pannelli “professionali” lasciano pochissimo margine a chi smaltisce: si guadagna, in sostanza, con la vendita delle materie recuperate, sotto quel prezzo il riciclo difficilmente diventa “ambientalmente compatibile” come prescrive la legge. Il ministero della Transizione ecologica, chiamato in causa dalle imprese del settore, fa sapere che ascolterà tutte le posizioni e se c’è una falla nelle linee guida è disposto a intervenire. Già con il decreto Semplificazioni oggi in Parlamento.

Il mercato nero dello smaltimento illegale

La lista dei sequestri milionari e delle inchieste sullo smaltimento illegale dei pannelli solari è impressionante: dalla Puglia al Veneto, dalla Sicilia all’Umbria fino alla Liguria. Le modalità sono sempre le stesse: una ditta regolare ritira i pannelli e fa finta di smaltirli secondo legge, in realtà li scarica in qualche magazzino-discarica oppure li rivende in Africa e in Asia, dove finiranno come rifiuti abbandonati senza controllo. Il guadagno è garantito a tutti: al produttore di energia che con la certificazione viene rimborsato dal Gse (anche se non sempre le imprese sono consapevoli dell’illecito che si gioca alle loro spalle), all’organizzazione criminale e all’impresa che dismette il materiale a un costo inferiore (un euro o anche meno).

Intervistato dal Corriere della Sera, il capo del nucleo Tutela ambientale dei Carabinieri, generale Maurizio Ferla, ha spiegato che “qui non stiamo parlando di mafia, bensì di un sistema economico che diventa criminale quando cerca un sistema meno costoso di smaltimento”.

“Stiamo parlando di una imprenditoria strutturata, che si avvale di capaci consulenti tecnici, giuridici, e che in linea di principio ha contatti internazionali qualificati. Perché per mandare da 300 a 750 tonnellate di pannelli fotovoltaici in un altro continente, magari per farli finire in una discarica a cielo aperto in Burkina Faso, occorre avere contatti con le organizzazioni locali, con il potere locale; bisogna corrompere funzionari, doganieri…”.

fonte: www.recoverweb.it


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Autoconsumo fotovoltaico, come capire se ne vale la pena

On line il nuovo portale GSE: la piattaforma permette di effettuare simulazioni dettagliate sul dimensionamento dell’impianto fv, costo dell’installazione e tempo di ritorno della spesa





È attivo il nuovo portale GSE sull’autoconsumo fotovoltaico (https://www.autoconsumo.gse.it/). Strumento nato per supportare la nuova generazione di prosumer – ossia consumatori che vestono anche i panni di produttori energetici – la piattaforma fa oggi il suo debutto dopo una approfondita fase di test. Prima di arrivare in mano ai cittadini, infatti, il servizio è stato valutato dalle principali Associazioni di settore, che hanno potuto indagarne efficacia ed affidabilità. E, soprattutto, sottolinearne l’utilità verso l’obiettivo principale, ossia favorire la diffusione dell’autoconsumo fotovoltaico.

Il termine indica semplicemente la possibilità di consumare l’elettricità nello stesso sito in cui viene prodotta senza dunque venderla alla rete venderla alla rete. Una soluzione che, nonostante i vantaggi ambientali ed economici connessi, trova ancora poco spazio in Italia. Per la precisione, nell’ambito della generazione distribuita l’incidenza dell’autoconsumo sul totale della produzione fotovoltaica è di poco superiore al 22 per cento (dato del 2018), sebbene l’81 per cento dei circa degli 820mila impianti installati in Italia afferiscano al settore domestico. E il dato forse più incredibile è che la quota maggiore di prosumer solari si trova ancora oggi nelle regioni del Nord Italia e in particolar modo in Lombardia e Veneto (Leggi anche Fotovoltaico in Italia: il mercato nazionale tra presente e futuro).

Come funziona la nuova piattaforma sull’autoconsumo fotovoltaico?

In questo contesto si inserisce la nuova piattaforma, strumento disegnato appositamente per mostrare a settore privato e pubblico i vantaggi di questa scelta energetica. Perché si tratta di un’iniziativa importante? Perché, come spiega Roberto Moneta, a.d. del GSE, senza il coinvolgimento attivo di cittadini, mondo industriale e PA ed un radicale cambio di mentalità e cultura “non si potranno mai raggiungere gli obiettivi di sostenibilità che l’Europa e l’Italia si sono posti al 2030”. La stessa Commissione Europea ha inserito il ruolo dei prosumer o energy citizens tra gli elementi chiave della nuova transizione energetica, chiedendo ai Paesi membri strumenti e misure per favorirli e e supportarli. In questo senso il portale nasce per essere “uno strumento a disposizione di tutti coloro che vogliano sentirsi parte integrante del cammino verso il Green Deal” nazionale e comunitario. Il servizio mette a disposizione una serie di informazioni e dati necessari a quanti intentando dotare il proprio immobile di moduli fotovoltaici. Il funzionamento è estremamente semplice: basta inserire l’indirizzo dell’edificio, i consumi elettrici annuali e la superficie del tetto (dove saranno posizionati i pannelli) per ottenere una simulazione dettagliata sul dimensionamento dell’impianto, sui costi, sui tempi di ritorno dell’investimento e sulle soluzioni finanziarie disponibili (prestito o noleggio), agevolazioni fiscali comprese.

L’autoconsumo fotovoltaico, infatti, permette di accedere ad alcuni a sconti ed ecobonus. Nel dettaglio, per i privati è possibile detrarre dall’Irpef il 50 per cento dei costi di realizzazione, misura che si applica anche agli impianti fv connessi a sistemi di accumulo. Per le imprese, invece, è previsto il superammortamento del 130 per cento del valore dell’investimento. In mancanza di un sistema di accumulo, l’energia prodotta può essere valorizzata attraverso il cosiddetto Scambio sul Posto, una particolare forma di autoconsumo che permette agli permette agli utenti di compensare l’elettricità consumata proveniente dalla rete con quella prodotta e a sua volta immessa in rete perché non utile in quel determinato momento.


Il Portale accompagna gli utenti passo passo con un’apposita guida che elenca anche i vari passaggi burocratici, aiutando nella compilazione del modello unico per lo snellimento delle pratiche. Inoltre il servizio permette di visualizzare l’esistenza, nelle vicinanze, di installazioni simili ed è in grado di analizzare e mappare le zone occupate da edifici commerciali o industriali di grandi dimensioni. Un piccolo Focus è riservato alle istruzioni per consultare la bolletta elettrica. “Sulla bolletta – spiega infatti il Gestore – puoi trovare la maggior parte delle informazioni che ti occorrono per scegliere la taglia dell’impianto fotovoltaico più adatta alle tue esigenze”, a partire dalla tipologia di utenza e dal consumo nelle diverse fasce orarie. Non mancano ovviamente gli esempi virtuosi: sul portale una cartina mostra alcuni casi reali di impianti solari realizzati in Italia significativi in termini di autoconsumo e integrazione con il territorio. Le diverse installazioni sono raggruppate in base al settore e/o attività produttiva del sito. Leggi anche Accumulo rinnovabili, in Italia oltre 18mila impianti

fonte: www.rinnovabili.it

Dagli scarti di campi e stalle nasce la nuova filiera del biometano agricolo

L’obiettivo del protocollo di intesa firmato da da Coldiretti, Bonifiche Ferraresi, A2A, Snam e Gse è immettere nella rete 8 miliardi di metri cubi di gas “verde” da qui al 2030



















Recuperare scarti organici derivati da coltivazioni e allevamenti per realizzare impianti per la distribuzione del biometano agricolo in Italia con lo scopo di alimentare il trasporto pubblico ma anche auto private o trattori usati per il lavoro nei campi. L’obiettivo, lanciato dal protocollo d’intesa da Coldiretti, Bonifiche Ferraresi, A2A, Snam e Gse – Gestore dei servizi energetici, è quello di immettere nella rete 8 miliardi di metri cubi di biometano da oggi al 2030. Un percorso virtuoso e un esempio concreto di economia circolare “dalla stalla alla strada”. Tra i vantaggi portati c’è sicuramente il taglio degli sprechi, la riduzione delle missioni inquinanti, lo sviluppo della ricerca in un campo come quello dei carburanti green e un passo in avanti verso una filiera che potrebbe portare nuovi posti di lavoro.

Il primo progetto verrà realizzato da Bonifiche Ferraresi, la più grande aziende agricola italiana associata a Coldiretti. Al progetto sostenibile ciascuna realtà porterà il suo contributo: la Snam promuove lo sviluppo di tecnologie per la produzione di biometano in Italia e mette a disposizione la propria rete di trasporto e di impianti di distribuzione di gas naturale compresso e liquefatto per la mobilità sostenibile. Ad oggi, ad essere interessati all’allacciamento di impianti di biometano alla propria rete di trasporto sono ben 600 realtà. IlGruppo A2A ha in progetto la realizzazione di 4 impianti di produzione di biometano da Forsu (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano) e anche il Gse è pronto a condividere l’expertise sulle rinnovabili, svolgendo il ruolo di facilitatore ai fini dello sviluppo del biometano in un’ottica di promozione della sostenibilità.

Un grande contributo del biometano agricolo alla decarbonizzazione. “Il suo processo produttivo rende infatti disponibili una serie di altri prodotti, sottoprodotti come il digestato che utilizzato come materia organica ammendante, migliora la produttività del terreno agricolo e la sua capacità di trattenere gas climalteranti – scrive in una nota Coldiretti – Un volano importante di sviluppo per un paese come l’Italia che è già al terzo posto in Europa per consumi alimentati da fonti rinnovabili con una quota complessiva pari al 17,41% del totale dell’energia utilizzata a livello nazionale e ha raddoppiato in undici anni i propri consumi “green” da 10,7 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) nel 2005 a 21,1 milioni nel 2016.

fonte: www.rinnovabili.it

Nasce la Carta per rilanciare il fotovoltaico italiano, benefici per 11mld

I grandi operatori solari stringono il patto per far crescere il parco fotovoltaico nel modo più sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico




















Rilanciare il fotovoltaico italiano facendo attenzione all’ambiente, alla compatibilità sociale e all’impatto economico. Questo l’impegno assunto dai grandi operatori del solare, incontratisi ieri a Roma per discutere di scenari e strategie dedicate allo sviluppo del comparto. L’occasione è quella offerta dal convegno organizzato da Althesys presso l’auditorium del GSE. ANIE Rinnovabili, Elettricità Futura, Terna e i principali attori del fotovoltaico italiano hanno discusso di nuove e vecchie installazioni e del ruolo che settore dovrà svolgere in vista dei futuri obiettivi europei e di quelli della SEN 2030.
Dopo anni di crescita convulsa sotto la spinta del Conto Energia, gli impianti fv hanno tirato il freno in Italia. Il Belpaese rimane nella top five mondiale della capacità cumulata – quinto dopo Cina, USA, Giappone e Germania -, ma il parco solare nazionale inizia ha mostrare la sua età (le installazioni hanno una media di 8-10 anni) e sta perdendo producibilità. Nello specifico, il decadimento della produzione è stimabile nel 2,2 per cento annuo (dato del 2016), ben superiore a quello fisiologico previsto al momento dell’installazione.
Contestualmente la nuova Strategia Energetica nazionale chiede al comparto di triplicare la produzioneentro la fine del prossimo decennio. Senza interventi, tuttavia, le aggiunte di potenza annuali si limiterebbero a sostituire la capacità «persa», che al 2030 ammonterebbe a malapena a 5 GW.
Come fare, allora, per rilanciare il fotovoltaico nazionale cogliendo a pieno tutte le potenzialità esistenti? La ricetta è nota, ma da oggi ha una sua formula messa nera su bianco. Si tratta della “Carta del rilancio sostenibile del fotovoltaico”, strumento a metà tra una dichiarazione di intenti e un’alleanza con cui le maggiori aziende e associazioni del settore si impegnano a seguire determinati principi di sostenibilità per rinnovare e sviluppare gli impianti fv.
La Carta nasce dai risultati di un nuovo studio di Althesys. Il documento, realizzato in collaborazione con il Gestore dei Servizi energetici de Enel Foundation, analizza condizioni e strategie per rilanciare l’energia solare, vero e proprio “perno degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030”, come spiega Alessandro Marangoni, ceo di Althesys e coordinatore della ricerca.

Per raggiungere i target 2030 è necessario non solo sviluppare nuovi impianti, ma anche mantenere in efficienza il parco esistente tramite interventi di ammodernamento (repowering e revamping). Le misure dovrebbero riguardare soprattutto le centrali su scala utility che rappresentano lo 0,8 per cento degli impianti totali e 43,7 per cento della potenza installata in Italia. Lo studio calcola che dal revamping, interventi di ristrutturazione che non aumentano la potenza installata, si potrebbe recuperare fino a 4.000 MW; nel contempo, il repowering, ossia la sostituzione di vecchie macchine e componenti con elementi più recenti e con prestazioni energetiche superiori, può fornire fino a 1.550-1.700 MW aggiuntivi.
Prima di tutto ciò serve però un quadro regolatorio chiaro e stabile che dia certezze agli operatori, unitamente a una semplificazione dei processi autorizzativi per gli ampliamenti e un coordinamento per lo sviluppo della rete. Secondo il rapporto Althesys rilanciare il fotovoltaico italiano significherebbe ottenere 11 miliardi di euro in ricadute economiche, quasi 20.000 nuovi posti di lavoro e una riduzione delle emissioni di 12,8 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti.

fonte: www.rinnovabili.it

I numeri del fotovoltaico italiano nel 2016

Cresce la potenza degli impianti installati, ma cala la produzione di energia elettrica. Questo, in estrema sintesi, ciò che emerge dai dati del "Rapporto statistico - solare fotovoltaico 2016" redatto dal Gestore dei servizi energetici.




















Più potenza installata
Fino al 31 dicembre 2016 in Italia sono stati installati complessivamente 732.053 impianti fotovoltaici, cui corrisponde una potenza pari a 19.283 MW. Oltre il 90% di questi impianti è di piccola taglia e cioè ha una potenza uguale o inferiore a 20 kW. La taglia media degli impianti corrisponde a 26,3 kW.
Nel solo anno 2016, invece, sono stati installati più di 44.000 impianti - per lo più collegati alla rete in bassa tensione e a servizio di utenze domestiche -, per una potenza pari a 382 MW.
Rispetto al 2015, si registra un incremento di circa il 10% del numero degli impianti installati e del
27,5% della potenza.
Ma sebbene potenza e impianti siano aumentati, lo hanno fatto con un ritmo "poco sostenuto". E ciò a conferma che il fotovolaico, anche nel 2016, è cresciuto lentamente: un rallentamento registrato fin dal 2013, anno della cessazione del Conto energia.


Fonte: Rapporto statistico - solare fotovoltaico 2016


Meno elettricità prodotta
Nel 2016, il complesso degli impianti fotovoltaici ha prodotto 22.104 GWh di energia elettrica. "Per il primo anno - si legge nel rapporto - si assiste a una diminuzione della produzione rispetto all’anno precedente, pari a -3,7%, fenomeno verosimilmente dovuto in primis a un minor irraggiamento". 



Fonte: Rapporto statistico - solare fotovoltaico 2016


Per quel che riguarda i dati regionali, "la regione con la maggiore produzione fotovoltaica si conferma la Puglia, con 3.465 GWh (16% della produzione totale nazionale di 22.104 GWh). Seguono la Lombardia con 2.168 GWh e l’Emilia Romagna con 2.094 GWh, fornendo un contributo rispettivamente del 9,8% e del 9,5% circa alla produzione complessiva nazionale.
Nell’anno 2016 per la maggior parte delle regioni italiane si osservano delle variazioni negative della produzione rispetto all’anno precedente, seppur contenute; le regioni che hanno registrato diminuzioni più rilevanti sono il Friuli Venezia Giulia (-8% rispetto al 2015), Lazio, Basilicata e Molise (-7%). In controtendenza invece Valle D’Aosta e Liguria, caratterizzate da incrementi della produzione del 4,2% e del 2,2% circa rispetto al 2015".
Riferimenti

Rapporto statistico - solare fotovoltaico 2016
Il rapporto del GSE

fonte: http://www.nextville.it

Rifiuti, Renzi approfitta delle vacanze e rinnega gli impegni di Parigi

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«La notizia dei nuovi inceneritori in arrivo riportata oggi dai giornali purtroppo non ci sorprende. La prima volta il governo ci ha provato ad agosto, poi a Natale. È sempre durante le vacanze che arrivano le trappole - commentano i deputati della Commissione Ambiente del M5S - Appena dieci giorni fa Renzi e il suo fiduciario Galletti si sperticavano in lodi sull'accordo di Parigi e oggi già lo rinnegano con una scelta anti economica e anti ambientalista».
«È evidente - sottolinea il deputato del M5S Salvatore Micillo della Commissione Ambiente - che quando il governo lascia fare ai parlamentari arrivano i risultati in linea con le esigenze del Paese, vedi collegato ambientale. Poi però il giorno dopo si accorgono delle decisioni assunte con accordi trasversali e con un assolo di Palazzo Chigi cercano di rovesciarle».
Nel 2014 gli inceneritori hanno ricevuto 585 milioni di euro dal Gse in incentivi, lo stesso Gse ha ammesso che il 64% degli impianti controllati li riceveva illecitamente. Un inceneritore autoconsuma il 95% dell'energia prodotta che però viene incentivata tutta. «È il contrario del concetto di economia circolare con la quale si riempiono la bocca. È anti economico e contrario all'ambiente e alla salute pubblica».



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Aamps? Un'azienda malata da almeno 15 anni

discarica










Pubblichiamo con piacere questa analisi di uno storico attivista dei comitati ambientalisti livornesi che si è sempre battuto per soluzioni che avessero al centro del sistema salute e ambiente. La sua analisi è molto simile a quella che facemmo in questo articolo. Aamps è un'azienda storicamente strutturata sulla gallina dalle uova d’oro, vale a dire la discarica di Vallin dell’Aquila. Con la discarica arrivavano tanti soldi, oltre che tanti rifiuti pericolosi da tutta Italia, che poi entravano a loro volta nel bilancio comunale, oltre a permettere anche una gestione clientelare dell'azienda. In mezzo alle vacche grasse sono state operate scelte scellerate di esternalizzazioni dei servizi (vedi spazzamento) e avanzamenti contrattuali che ora ingessano totalmente la struttura aziendale. Dalla discarica però continua a colare percolato e l'azienda ha poi continuato a spendere soldi per la sorveglianza e la manutenzione per evitare un disastro ambientale, ma senza avere più introiti. Chiusa la discarica si è progressivamente creato un buco di bilancio dovuto a due principali questioni:
1. La mancanza di una strategia industriale diversa dal bruciare rifiuti, diventata sempre meno conveniente dopo la diminuzione dei famigerati incentivi Cip6 nelle nostre bollette, previsti per chi produce energia da fonti rinnovabili (e gli inceneritori in Italia sono considerati tali!). A questo si è aggiunta anche la restituzione di oltre 4 milioni di euro al GSE (Gestore Servizi Energetici).
2. La non riscossione di crediti sulla Tia accumulati più che altro da grandi e piccole imprese poi fallite, a cui si aggiungono le difficoltà a riscuotere i crediti da caserme e altri enti dello Stato. Ma questo aspetto sulla morosità su cui TUTTI si soffermano come unico problema, viene solo dopo al vero problema strutturale di Aamps che infatti, come dimostra l'analisi qui sotto, era in difficoltà da almeno 15 anni perché strutturata su un ciclo dei rifiuti desueto, inquinante e ora nemmeno più conveniente.
Se non si dicono queste cose non si capisce quale siano le vere responsabilità politiche e le arretratezze culturali di coloro che ci hanno governato negli ultimi 20 anni.  

fonte: http://www.senzasoste.it

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Truffa biogas da 8milioni di euro, inquinati terreni e falde

Il Corpo Forestale e la Guardia di Finanza sequestrano due impianti biogas © ANSA
Truffa aggravata, raccolta, trasporto e smaltimento illecito di rifiuti, abusi edilizi e disastro ambientale. Sono i reati che questa mattina hanno portato al sequestro degli impianti della Agricola Agrifera con sede legale a Milano, che opera nel settore delle energie rinnovabili, a Decimoputzu e Guspini (Medio Campidano) nell'ambito dell'operazione denominata "Terra nostra" effettuata congiuntamente dal Corpo forestale e dalla Guardia di finanza con il coordinamento della Dda di Cagliari che ha permesso di scoprire una maxitruffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche per 8 milioni di euro. Nove le persone indagate. Sotto chiave, oltre agli impianti, sono finiti anche beni e conti correnti riconducibili agli amministratori che nel corso del tempo si sono susseguiti alla guida della società, per complessivi otto milioni di euro.

Nel mirino anche la cooperativa BioEnergy di Guspini che avrebbe favorito l'azienda lombarda al fine di ottenere le autorizzazioni della Regione Sardegna e dal Gse Spa (la società a partecipazione pubblica, incaricata di erogare gli incentivi economici previsti dalla normativa) necessarie per poter accedere ai cospicui incentivi garantiti ai produttori di energia elettrica da fonte alternativa.

Le indagini sono partite dagli esposti dei cittadini preoccupati dalla installazione in zona agricola di due centrali per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, biogas di origine agricola, e realizzate nei due Comuni del Medio Campidano. La società Agricola Agrifera (azienda del gruppo Fera leader in campo nazionale nella produzione di energia da fonte rinnovabile) avrebbe dovuto, attraverso la coltivazione di fondi agricoli, alimentare le due centrali a biogas. Ma da quanto emerso dalle indagini la società non avrebbe avuto i requisiti per ottenere le autorizzazioni poi rilasciate e quindi i contributi.

La Guardia di finanza e il Corpo forestale hanno scavato sulla società Agricola Agrifera scoprendo tutta una serie di irregolarità. La società, in particolare attraverso documenti ritenuti falsi, come contratti d'affitto e coltivazione di terreni ottenuti con la complicità della società BioEnergy di Guspini, avrebbe attestato il requisito di azienda agricola necessario per ottenere gli incentivi. Ma non solo. Pesanti le accuse relative alle violazioni ambientali. Gli investigatori hanno accertato l'irregolare raccolta, trasporto e smaltimento dei residui della produzione di biogas con il conseguente sversamento incontrollato e continuo su terreni e anche laghetti per uso agricolo dei residui.

Dagli accertamenti è, infatti, emerso un grave inquinamento ambientale dei terreni e delle falde acquifere nelle vicinanze degli impianti. Le analisi sono state condotte dall'Arpas e dall'Agris e hanno consentito di accertare come alcuni terreni inizialmente produttivi dopo lo sversamento dei residui della produzione di biogas fossero diventati totalmente improduttivi. Proprio per questa ragione oggi l'autorità giudiziaria ha chiesto il sequestro degli impianti di Guspini e Decimoputzu "in modo - scrive il Gip nel provvedimento - da impedire che la libera disponibilità degli impianti potesse consentire la prosecuzione degli illeciti ambientali". Per le stesse ragioni è stato contestato per la prima volta il reato di disastro ambientale.

fonte: http://www.ansa.it

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Sospensione incentivi al fotovoltaico: un caos che può essere evitato

M5S: “I proprietari di impianti fotovoltaici sono nel caos per l’ennesimo provvedimento mal programmato e mal predisposto”


Sospensione incentivi al fotovoltaico

Era il 7 ottobre quando il GSE diede l’annuncio agli operatori d’aver iniziato la sospensione degli incentivi al fotovoltaico “non a norma”. E la norma in questo caso prevedeva che entro il 30 aprile 2015 tutti gli impianti con potenza complessiva superiore a 6 kW, connessi alla rete di Bassa Tensione ed entrati in esercizio entro il 31 marzo 2012, e quelli di potenza fino a 50 kW, già connessi alla rete di media tensione, si adeguassero alla prescrizioni dell’Allegato A.70 del Codice di Rete. Si tratta di modifiche alla taratura dell’inverter e/o installazione di un dispositivo di interfaccia esterno, la cui eventuale mancanza in questi quattro mesi (dal 30 aprile all’inizio di settembre) è stata segnalata al GSE dalle imprese distributrici competenti. Ai proprietari degli impianti “non adeguati” si stanno di fatto sospendendo gli incentivi in quanto risulterebbe un mancato allineamento tra i dati riportati sui portali dei distributori di rete, inseriti precedentemente dagli stessi proprietari, con quelli in possesso del GSE.

L’intervento ha suscitato critiche fin da subito; critiche su cui tornano oggi a puntare i riflettori i deputati del M5S della Commissione Attività produttive che hanno presentato, contestualmente, un’interrogazione al Ministero dello sviluppo economico. «I proprietari di impianti fotovoltaici sono nel caos per l’ennesimo provvedimento mal programmato e mal predisposto che sta mettendo in difficoltà un settore già bistrattato e che invece dovrebbe anzi essere il fiore all’occhiello del nostro sistema di produzione energetico».

Per ovviare alla sospensione, suggeriscono i parlamentari, si dovrebbe provvedere alla registrazione sul portale “produttori” del produttore e dell’impianto in questione, adeguare correttamente l’impianto alla normativa vigente e aggiornare la documentazione (in particolare il regolamento di esercizio).
«Dato che – spiega Davide Crippa, M5S, primo firmatario dell’interrogazione – anche quando le operazioni siano state portate a termine correttamente bisognerebbe comunque attendere il sopralluogo del proprio distributore di rete per poter vedere ripristinati gli incentivi, vorremmo sapere quali sono le tempistiche con cui Enel sta gestendo questa emergenza e se la struttura a servizio di questa attività sia idonea e strutturalmente pronta. Chiediamo quindi al ministro di verificare queste informazioni e soprattutto di agire, per ripristinare gli incentivi e dare respiro a un settore come sempre bistrattato».

fonte: www.rinnovabili.it 

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