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Comunità dell’energia rinnovabile, in provincia di Napoli si parte

L’iniziativa, promossa da Legambiente, coinvolgerà 40 famiglie di San Giovanni a Teduccio, in un progetto di condivisione da fotovoltaico contro la povertà energetica.










Parte anche da Napoli la “rivoluzione energetica” delle comunità dell’energia rinnovabile, con un progetto promosso da Legambiente che coinvolge la Fondazione Famiglia di Maria e 40 famiglie del quartiere di San Giovanni a Teduccio.

Sul tetto della sede della fondazione sarà infatti installato un impianto solare da 53 Kw e per la prima volta in Italia l’energia prodotta sarà condivisa con le famiglie del quartiere.

Nei prossimi giorni – spiega Legambiente – sarà costituita formalmente la comunità energetica e il 22 marzo partirà il cantiere che durerà circa dieci giorni. Successivamente verrà fatta domanda di allaccio alla rete elettrica, e nel mese di aprile l’impianto inizierà a funzionare con la distribuzione di energia pulita alla Fondazione e alle famiglie.

“Il progetto – sottolineano i promotori – sarà il primo a essere realizzato in attuazione del Decreto Milleproroghe 2020”, che ha recepito la Direttiva 2001/2018 sulle comunità energetiche per progetti fino a 200 kW (anche se, come abbiamo scritto, in queste settimane diverse altre iniziative analoghe sono in fase avanzata: ad esempio una comunità energetica sarà inaugurata il 12 marzo a Magliano Alpi, in Piemonte, e una si sta realizzano a Paternò, provincia di Catania).

Grazie a questa innovazione normativa, nata da un emendamento di Legambiente e Italia Solare votato da tutti i partiti, si ricorda, la proprietà degli impianti e l’energia prodotta può essere condivisa attraverso la rete. È previsto poi entro quest’anno il completo recepimento della direttiva europea, per cui questo tipo di progetti di energia pulita e condivisa potrà avere uno grande sviluppo in tutto il Paese.

“In Italia ci sono oltre due milioni di famiglie in condizione di povertà energetica, che oggi possiamo aiutare con l’autoproduzione e condivisione di energia da rinnovabili e attraverso interventi che riducono i consumi delle abitazioni come prevede il progetto che porteremo avanti a San Giovanni a Teduccio”, commentano Edoardo Zanchini e Mariateresa Imparato, rispettivamente vicepresidente nazionale e presidente regionale di Legambiente.

“Il rilancio del Sud – proseguono -passerà per progetti di questo tipo, che valorizzano il contributo del sole dentro progetti di rigenerazione sociale e urbanistica. La transizione ecologica di tutte e tutti che parte dal basso e tiene dentro al cambiamento le comunità”.

L’impianto solare di San Giovanni a Teduccio sarà realizzato dall’impresa 3E di Napoli. Il lavoro di Legambiente e di Fondazione Famiglia di Maria continuerà con le bambine e i bambini, le mamme e le associazioni del quartiere. Saranno protagonisti di percorsi di educazione ambientale, di azioni di cittadinanza attiva monitorando i loro consumi e elettrici e le dispersioni di calore delle loro abitazioni attraverso la campagna Civico 5.0 sulla qualità dell’abitare, info day per scuole superiori sulle possibilità occupazionali legate ai green jobs e per le associazioni e cittadini del quartiere su bonus e occasioni per migliorare la qualità dell’abitare e del vivere e abbassare costi e consumi.

fonte: www.qualenergia.it


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Con le comunità dell’energia arriva l’elettricità a km zero

Le fonti rinnovabili potranno alimentare case, uffici e imprese nell’area vicina al punto in cui l’energia viene prodotta










Una rivoluzione da 17 gigawatt di energia pulita in 10 anni: tanti sarebbero, secondo Legambiente, i nuovi impianti installati da qui al 2030 grazie alle nuove norme sulle comunità energetiche: un ritmo più che triplicato rispetto ai circa 460 megawatt/anno attuali. E forse tra qualche anno nemmeno ricorderemo più l’epoca in cui poche grandi centrali alimentate con fonti fossili producevano tutta l’energia per i nostri frigoriferi, i macchinari delle imprese, i semafori.

La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto Incentivi ha reso finalmente realizzabili – grazie al recepimento anticipato di parte della direttiva europea sulle rinnovabili (RED II) – l’autoconsumo collettivo e le comunità energetiche. Il primo permette, a chi abita o lavora nello stesso edificio, di produrre e consumare insieme energia sul posto. Le seconde, una vera rivoluzione già attiva in altri Paesi del nord Europa come Danimarca e Germania, consente di dare vita a vere comunità composte di tanti soggetti (persone fisiche, piccole e medie imprese, istituzioni locali) purché vicini tra loro: il confine lo stabilisce la connessione alla medesima cabina di trasformazione di media/bassa tensione.

Si potrà produrre e consumare sul posto energia rinnovabile senza passare per la rete elettrica nazionale. Con il vantaggio di ridurre le perdite di rete. “Un cambiamento”, sottolinea Gianni Girotto, presidente della commissione Industria del Senato, uno dei fautori di questa possibilità, “che sposta il baricentro della produzione e del consumo di energia sul territorio, sui Comuni, sulle comunità locali, sulle piccole imprese. Un cambio culturale del modello produttivo industriale che determinerà vantaggi e benefici ambientali, sociali ed economici per tutti”.

La nascita delle energy community, secondo Legambiente, porterebbe investimenti di oltre 13 miliardi di euro e quasi 40 mila posti di lavoro, tra quelli diretti per la realizzazione degli impianti e quelli legati a gestione, efficientamento, integrazione con la mobilità sostenibile. Altra conseguenza non irrilevante sarebbe l’aumento del gettito fiscale di circa 1,1 miliardi di euro. Per non parlare dei vantaggi ambientali: 47 milioni di tonnellate di CO2 in meno al 2030.

Una stima, spiega Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, delle “potenzialità nel nostro Paese di uno scenario di condivisione e autoproduzione dell’energia, che ha grandi vantaggi perché permette di sviluppare le rinnovabili dove c’è la domanda: nei quartieri, nei distretti produttivi, nelle aree interne e agricole”. Per l’Italia, aggiunge, questo “vuol dire anche rilanciare il settore edilizio, che può puntare su progetti integrati di efficienza energetica e di rinnovabili con le comunità energetiche e con la connessione alla mobilità elettrica”.

Ottenere questi risultati dipenderà dal recepimento integrale della direttiva. Oggi si possono realizzare progetti fino a 200 kW: il disegno di legge delega è alla Camera per l’approvazione, poi spetterà al governo presentare un decreto legislativo.

E dipenderà dall’adesione degli italiani. Per questo la Commissione industria del Senato sta lavorando affinché le amministrazioni locali incoraggino “politiche sociali attive” che coinvolgano i cittadini nella creazione delle comunità energetiche. Anche grazie a sportelli informativi.

Nel cammino per la crescente penetrazione dall’autoconsumo nelle comunità entra anche Enea, uno dei partner italiani del progetto europeo COME RES (Community Energy for the uptake of renewables in the electricity sector), finanziato con circa tre milioni di euro dal programma Horizon 2020: “Nell’ambito di questo progetto Enea mette a disposizione le competenze tecnico scientifiche per la progettazione delle comunità energetiche”, spiega Elena De Luca ricercatrice del Dipartimento tecnologie energetiche e fonti rinnovabili. “Oltre alla capacità di fare rete a livello territoriale per lo stretto rapporto con decisori politici a livello nazionale e locale, operatori del mercato energetico, associazioni di categoria e del terzo settore, cittadini”

fonte: www.huffingtonpost.it


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Autoconsumo e comunità energetiche, firmato il decreto incentivi

Firmato dal Ministero dello Sviluppo Economico Patuanelli il decreto attuativo che regolerà gli incentivi per l'autoconsumo e le comunità energetiche.





Il Ministro dello Sviluppo Economico ha firmato il decreto attuativo per l’autoconsumo collettivo e le comunità energetiche. A darne comunicazione lo stesso ministero diretto da Stefano Patuanelli. Obiettivo del provvedimento un’azione di supporto alle rinnovabili e di stimolo della “transizione energetica ed ecologica del sistema elettrico” italiano.

Il decreto attuativo per incentivare l’autoconsumo collettivo e le comunità energetiche conterrà risvolti “ambientali, economici e sociali per i cittadini”. Ha dichiarato il Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli:

Con grande soddisfazione ho firmato oggi il decreto che introduce un incentivo a sostegno delle comunità energetiche e dell’autoconsumo. Si tratta di una svolta importante, che consentirà di sviluppare ulteriormente nel nostro Paese la produzione di energia da fonti rinnovabili, permettendo al contempo ai cittadini, alle PMI, agli enti locali di consumare l’energia che producono.

Incentivi, cosa cambierà per i consumatori italiani

Come ricordato anche dal Ministero dello Sviluppo Economico, il decreto attuativo approvato va a rendere operativa una misura inserita nel decreto Milleproroghe (2019). Oggetto del provvedimento l’autoconsumo collettivo da parte di famiglie e altri nucluei inclusi nel medesimo condominio o edificio.

Regolamentate anche le comunità energetiche, aperte a enti locali, PMI, ma anche persone fisiche, con riferimento territoriale più ampio rispetto al singolo comprensorio. L’autoconsumo verrà promosso anche attraverso i sistemi di accumulo. Per la definitiva entrata in vigore si attende soltanto la registrazione da parte della Corte dei Conti.

Cosa cambia per i consumatori? Il Ministero dello Sviluppo Economico va a introdurre una tariffa relativa all’energia autoconsumata, con importi differenti tra autoconsumo collettivo e comunità energetiche:

100 euro/MWh per l’autoconsumo collettivo;
110 euro/MWh per le comunità energetiche rinnovabili.

In termini di tempo, l’incentivo viene riconosciuto per un arco di 20 anni. A gestirlo sarà il GSE (Gestore dei Servizi Energetici). Altra notizia importante è la misura sarà cumulabile con il Superbonus al 110%, ferma restando la necessità di rispettare i limiti previsti dalla legge. 
In tal senso il ministero punta a trasformare l’attuale sistema elettrico centralizzato, alimentato da combustibili fossili, in un sistema decentrato ed efficiente, alimentato con energie pulite, inesauribili e non inquinanti.

Autoconsumo e comunità energetiche, Ministro Costa

In relazione all’approvazione del decreto attuativo è intervenuto anche il Ministro dell’Ambiente. Sergio Costa ha dichiarato in un post apparso sui suoi canali social:


Una vera rivoluzione in termini di produzione e consumo di energia. Da oggi famiglie in condomini o in singole case, aziende e imprese, enti locali e territoriali potranno attivarsi per produrre e auto consumare l’energia rinnovabile da impianti fino ai 200 kW di potenza. Quindi la condivisione avverrà tra più edifici liberando sempre più persone dal consumo di energia prodotta dal fossile.

Ha proseguito il Ministro Costa:

È l’inizio di un nuovo capitolo nella storia energetica e ambientale del nostro Paese. Un nuovo capitolo anche nel panorama energetico europeo, visto che l’Italia è tra i primi Paesi UE a inaugurare il modello dell’autoconsumo collettivo e delle comunità energetiche.

fonte: www.greenstyle.it


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ARERA semplifica le rinnovabili “fai da te”

L’Authority ha modificato il Testo Integrato Connessioni Attive (TICA), al fine di semplificare le procedure di connessione per gli impianti di produzione di potenza inferiore a 800 W, inclusi quelli “Plug & Play”



Si snellisce l’iter burocratico delle rinnovabili “fai da te”. In questi giorni l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA) ha approvato una semplificazione delle regole per i piccoli e piccolissimi impianti energetici verdi, in particolare per quelli fotovoltaici.

La modifica, arrivata con la delibera 315/2020/R/eel, interviene sul Testo Integrato Connessioni Attive (TICA), introducendo nuove modalità di connessione agevolate per gli impianti di produzione al di sotto degli 800 Watt, compresi i cosiddetti plug & play, ossia sistemi pronti alla connessione tramite il semplice allaccio della spina. A patto ovviamente che siano installati presso punti di connessione in cui è già attivo un contratto di fornitura di energia elettrica in prelievo con potenza disponibile non inferiore a quella del nuovo sistema da connettere.

L’obiettivo del provvedimento è evitare che le procedure attualmente vigenti – pensate per le opere di taglia maggiore – possano rappresentare una barriera all’ingresso nel mercato delle nuove tecnologie, tra cui rientrano anche i sistemi “plug & play”.
Secondo le nuove norme dell’Authority per queste tipologie di impianti rinnovabili, il tradizionale iter di connessione potrà essere sostituito da una Comunicazione Unica (modulo predisposto dalla stessa ARERA) inviata direttamente al distributore, senza l’obbligo di alcun corrispettivo da versare.

Nel dettaglio la delibera stabilisce che l’invio della Comunicazione Unica all’impresa distributrice competente costituisca titolo abilitante per la connessione e l’attivazione di un impianto di produzione di potenza inferiore a 800W e che, quindi, “nessuna altra attività debba essere svolta dal richiedente al fine di connettere il proprio impianto alla rete con obbligo di connessione di terzi”.

La richiesta di connessione tramite Comunicazione Unica comporta una serie di semplificazioni/limitazioni nella realizzazione e nell’esercizio della connessione, quali
l’obbligo di classificare come “lavori semplici” (ai sensi del TICA) eventuali interventi svolti dall’impresa distributrice ai fini della connessione;
la non sottoscrizione di alcun contratto di dispacciamento da parte del richiedente della procedura semplificata, pur con la possibilità di immettere in rete l’energia elettrica eccedentaria rispetto alle necessità di autoconsumo, e la rinuncia di qualsiasi remunerazione in relazione alla predetta energia elettrica immessa in rete.

“Considerando le dimensioni ridotte, l’utilizzo sostanzialmente diretto all’autoconsumo e le eventuali trascurabili immissioni nella rete nazionale, il richiedente non dovrà sottoscrivere alcun contratto di dispacciamento”, spiega l’Autorità per l’energia. “Nel caso di produzione eccedente l’autoconsumo potrà immettere energia elettrica in rete, purché nei limiti massimi di 800 W e rinunciando a qualsiasi remunerazione per l’energia eventualmente immessa”.


Al fine di valutare eventuali future evoluzioni della regolazione, tutti gli impianti di produzione di potenza inferiore a 800 W per i quali sia stata inviata la Comunicazione Unica, saranno censiti dalle imprese distributrici nei propri portali informatici e dal sistema GAUDÌ (Gestione delle Anagrafiche Uniche Degli Impianti di produzione e delle relative unità) già in uso.

fonte: www.rinnovabili.it



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Matteo Cereda: «Orto bio: chi ben comincia è a metà dell'opera»

Abbiamo intervistato Matteo Cereda, l'ideatore della web community "Orto da coltivare" che conta tantissimi interessati e contatti e che fornisce suggerimenti concreti per chi si accinge a tenere un orto per l'autoproduzione alimentare, fenomeno in nettissima crescita.





Matteo Cereda è ideatore e fondatore della web community "Orto da coltivare", nata nel 2014 e oggi una delle più ampie e attive tra quelle che forniscono consigli alle tantissime persone che anche in città si ritagliano il loro pezzetto di terra, che sia nel giardino di casa o nell'appezzamento assegnato dal Comune o nelle aiuole collettive, per ricavare vegetali da portare in tavola. È anche co-autore, insieme a Sara Petrucci, del libro "Ortaggi insoliti" (Terra Nuova Edizioni).

Lo abbiamo intervistato.

Quanto è aumentato negli anni secondo te il fenomeno dell'orto per l'autoproduzione? È un trend tuttora in crescita? Noti un costante aumento della sensibilità in proposito?

«Posso senz'altro dire che c'è un interesse crescente. Per esempio, la mia community "Orto da coltivare" ha avuto una crescita costante di lettori. E ciò può essere dovuto sia a un aumento di attenzione per questo tipo di scelta, sia alla maggior propensione a cercare informazioni sul web rispetto a questo argomento. Di certo noto un aumento della sensibilità verso metodi di coltivazione sostenibili; per fortuna oggi c’è consapevolezza rispetto ai rischi che comportano i pesticidi e chi coltiva per passione e per autoconsumo è particolarmente attento a non utilizzare veleni. In quest’ultimo periodo con il lockdown è letteralmente esploso l’interesse per la coltivazione, che per molti è stata una boccata d’aria. Penso che chi ha sperimentanto in queste settimane la gioia del lavorare la terra conserverà anche in futuro questa passione».

Come si comincia se si è agli inizi? Come si prepara un'area da coltivare in città e quali requisiti deve avere o quali interventi di base vanno fatti?

«Il discorso è senz'altro lungo e ci possono essere diversi approcci. Consiglio prima di tutto, come insegna la permacultura, di partire dall’osservazione del terreno e in generale dell’area verde, per capire esposizione solare e tipo di suolo e da qui partire a progettare il proprio orto urbano. Il requisito base è avere un appezzamento che riceva luce diretta, se non per tutto il giorno comunque per un buon numero di ore. L’accesso all’acqua invece non è discriminante, si può pensare di raccogliere quella piovana. A livello di interventi, dopo aver pulito il terreno si parte con la preparazione del suolo, che può essere la classica vangatura, anche se ci sono metodi alternativi, come la realizzazione di bancali proposti dall’agricoltura sinergica».

Quali sono i principali consigli per chi vuole ricavare il massimo da piccoli o piccolissimi appezzamenti, senza ricorrere alla chimica tossica, ai fertilizzanti artificiali o una impropria forzatura dello sfruttamento del suolo? Consociazioni, rimedi naturali, pacciamatura, ecc?

«Un orto piccolo si può sfruttare al meglio con una progettazione efficiente, che permetta di coltivarlo tutto l’anno e di avere le piante vicine tra loro senza che si danneggino. Per fare questo occorre scegliere i giusti periodi di semina, avvalersi di un semenzaio e privilegiare il trapianto alla semina diretta in campo. Altri consigli che mi sento di dare sono sfruttare le consociazioni favorevoli e impiegare piccoli tunnel e coperture di tessuto non tessuto per prolungare il periodo utile riparando le piante dal gelo. Ma si potrebbe proseguire all’infinito: l’agricoltura è fatta di moltissimi accorgimenti».

Fino a quanto si può risparmiare per una famiglia, secondo le tue stime, se si coltiva un piccolo orto per l'autoproduzione e l'autoconsumo?

«Un orto può essere impostato perché non costi praticamente nulla: si può fare con attrezzi semplicissimi (vanga, zappa, rastrello), si può autoprodurre compost e recuperare acqua piovana, preservare la semente e propagare le piante in proprio, realizzare macerati vegetali per la difesa dai parassiti. In questo modo il risparmio è pari al valore di tutta la verdura prodotta e qui dipende dalle dimensioni e dalla tecnica, ma è comunque una voce rilevante in un bilancio famigliare. C’è da dire però che se l’approccio non è attento alle spese e quindi si comprano attrezzi motorizzati, prodotti per la cura, piantine in vivaio è facile anche che non ci sia un risparmio apprezzabile rispetto all’acquisto di verdura a poco prezzo dal supermercato. Bisogna però considerare anche la diversa qualità dei frutti di un’agricoltura intensiva e di quelli di un’attenta produzione naturale».

fonte: www.ilcambiamento.it


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Autoconsumo collettivo in condominio, i progetti pilota scelti da RSE















Sono 9 i progetti scelti da RSE per svolgere una analisi costi-benefici dell’autoconsumo collettivo condominiale, dal punto di vista energetico, economico, ambientale e sociale.

Nell'ambito del Piano Triennale di Ricerca di Sistema 2019-2021, RSE aveva lanciato lo scorso autunno la selezione di progetti pilota con lo scopo di coinvolgere i diversi attori della filiera in uno studio sulla futura configurazione che prenderà il sistema energetico nazionale nel prossimo decennio. Anche in vista del recepimento delle direttive sulle rinnovabili (direttiva 2018/2001/Ue) e sul mercato elettrico (direttiva 2019/944/Ue), che danno la possibilità ai consumatori di energia di associarsi per realizzare forme di autoconsumo collettivo, anche sotto forma di comunità energetiche.

Tra i 24 progetti presentati da 14 proponenti, ne sono stati scelti 9 su cui condurre studi di approfondimento ed analisi dei benefici, che RSE svolgerà nei prossimi mesi.

Tra questi anche il progetto pilota di autoconsumo collettivo condominiale promosso da ènostra e Sinergia, in collaborazione con Encore e che sarà condotto sul Social Housing QUI ABITO, sito nel Quartiere sud di Padova, realizzato dal Fondo Veneto Casa e gestito dalla Cooperativa Città So.la.re.

Nell’ambito della sperimentazione saranno raccolti e analizzati i dati di consumo elettrico e domanda termica delle utenze, saranno modellizzati i prelievi e le immissioni di energia in rete e sarà effettuata una ripartizione dell’autoconsumo tra i diversi soggetti partecipanti con analisi dei costi benefici per i diversi profili.

Si prevede inoltre la simulazione dell’impatto, oltre che dell’impianto FV condominiale attuale, di un possibile incremento della potenza installata al fine di valutarne l’ottimizzazione sia sulla quota di autoconsumo sugli usi comuni (autoconsumo reale), sia su quelli dei consumi individuali (autoconsumo virtuale).

"Tra gli impatti attesi dell’esperienza pilota di autoconsumo collettivo, che ci stanno più a cuore”, sottolinea Sara Capuzzo, Presidente di ènostra e coordinatrice del progetto, "sono quelli di carattere ambientale e, ancor più, sociale: una maggiore consapevolezza e un uso più razionale dell’energia da parte dei condomini; la riduzione della spesa energetica, con particolare attenzione ai consumatori vulnerabili; l’attivazione di iniziative collettive in tema di energia e di beni comuni che favoriscano l’interazione tra condomini e l’inclusione; la realizzazione di modelli equi e replicabili di produzione diffusa e autoconsumo che riconoscano ai cittadini il ruolo di protagonisti; l’evoluzione di rapporti reciprocamente vantaggiosi tra gli stakeholder coinvolti (gestore sociale, proprietario immobili, locatari, ecc.)".

Riferimenti

Direttiva Parlamento europeo e Consiglio Ue 2018/2001/Ue - Direttiva sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili (rifusione) - Abrogazione direttiva 2009/28/Ce
in Nextville (Osservatorio di normativa energetica)


Direttiva Parlamento europeo e Consiglio Ue 2019/944/Ue - Direttiva relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica - Modifica alla direttiva 2012/27/Ue
in Nextville (Osservatorio di normativa energetica)



fonte: www.nextville.it


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Portogallo: contro la crisi, via libera all’autoconsumo rinnovabile

Il ministro dell’Ambiente e dell’azione per il clima, João Pedro Matos Fernandes, ha firmato un’ordine che consente a 220 progetti di piccoli prosumer di iniziare subito a produrre energia verde




Via libera all’autoconsumo rinnovabile per aiutare i cittadini colpiti dalla crisi a risparmiare sulle bollette energetiche. Questa la mossa del Portogallo che oggi si rivolge direttamente ai piccoli prosumer nazionali. Il ministro dell’Ambiente dell’Azione climatica, Joao Pedro Matos Fernandes, ha firmato il 9 aprile, l’ordine per sbloccare 220 progetti di autoconsumo rinnovabile e di solare di piccola taglia. Si tratta di impianti residenziali che, come da norme portoghesi, stavano attendendo una serie di autorizzazioni prima di poter essere connessi e iniziare a produrre energia.

Nel dettaglio, l’iter burocratico prevede l’ottenimento di un certificato di operatività, che è legato ad un’ispezione preventiva. La crisi del coronavirus ha però determinato forti restrizioni anche per queste attività e il Governo è corso ai ripari.

“Poiché la situazione attuale e la sua durata sono caratterizzate da grandi incertezze, la Direzione Generale dell’Energia, su richiesta del Ministero dell’Ambiente ha proposto di sostituire il certificato di operatività con un certificato provvisorio che rimarrà in vigore per la durata lo stato di emergenza“. Il Dicastero ha sbloccato così 220 progetti in attesa dell’ispezione, per una potenza complessiva di 30 MW di energia pulita.

Le autorizzazioni, ha sottolineato Fernandes, sono state concesse per consentire ai proprietari dei sistemi di iniziare a produrre subito energia e beneficiare così di bollette più basse durante la pandemia di Covid-19. Il normale regime burocratico verrà ripristinato una volta revocato lo stato di emergenza.

Il governo portoghese ha redatto norme ad hoc sull’autoconsumo rinnovabile e l’accumulo residenziale a ottobre del 2019. Le regole, entrate in vigore il primo gennaio 2020, stabiliscono per la prima volta che l’energia dei piccoli impianti domestici e commerciali possa essere venduto al mercato spot o mediante accordi bilaterali di acquisto.
Inoltre forniscono un quadro legislativo per le cosiddette “comunità energetiche”, consentendo a cittadini e imprese che desiderano diventare prosumer di aggregare i propri sforzi in progetti collettivi.

fonte: www.rinnovabili.it


                                
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Comunità energetica, un ruolo per ESCo ed equity crowdfunding. Un esempio a Venezia

Un progetto di efficentamento energetico di un centro commerciale, finanziato con l’equity crowdfunding, evolve verso lo sviluppo di una Comunità energetica.




L’approvazione del Decreto Milleproroghe,che recepisce la Direttiva UE 2018/2001, ha fatto fare un primo passo al sistema energetico nazionale verso l’apertura alle comunità energetiche come entità giuridiche.

Il Decreto permetterà a cittadini, imprese ed enti pubblici di “associarsi per divenire autoconsumatori di energia rinnovabile”, aderendo quindi al nuovo modello di fruizione dell’energia rinnovabile, basato sulle comunità energetiche e sull’autoconsumo collettivo.

Le comunità energetiche si sono affermate come modelli partecipativi di investimento nel settore energetico, ove i cittadini sono direttamente coinvolti come finanziatori di impianti di energia rinnovabile o di interventi di efficienza energetica.

Molto diffuse nei paesi del Nord Europa come la Germania e la Danimarca, le comunità energetiche hanno riscontrato un timido sviluppo in Italia nel corso dell’ultimo decennio.

Tuttavia, in assenza della possibilità normativa di condividere fisicamente l’energia prodotta localmente, le esperienze sin qui realizzate hanno solo condiviso la proprietà degli impianti di produzione di energia rinnovabile, finanziandoli collettivamente e beneficiando dei ritorni economici legati alla vendita della produzione.

L’evoluzione normativa apre ora la strada alla costruzione di comunità energetiche ‘tecniche’, qui intese come modelli innovativi di approvvigionamento, distribuzione e consumo, che hanno l’obiettivo di agevolare la produzione e lo scambio locale di energia generata principalmente da fonti rinnovabili distribuite, nonché l’efficientamento e la riduzione dei consumi energetici. Tali comunità pertanto condividono la loro produzione in una rete virtuale locale da cui attingono al fine di ottimizzare l’autoconsumo, minimizzando gli scambi sulla rete elettrica nazionale.

L’evoluzione in senso tecnologico ben si coniuga con il concetto di comunità energetica inteso come modello di sviluppo partecipato: le attività e gli investimenti utili a creare una comunità energetica ‘tecnica’ possono essere, infatti, aperti alla partecipazione di tutti in cittadini e, nello specifico, di quelli che beneficiano dell’iniziativa.

I cittadini partecipano alla riqualificazione energetica di un centro commerciale a Venezia tramite la campagna di equity crowdfunding

Il caso che descriviamo in questo articolo si presta a mettere in evidenza come le diverse tipologie di comunità energetiche possano ora confluire in un’unica realtà.

L’equity crowdfunding, come vedremo, può rappresentare un potente strumento di raccolta fondi oltre che di aggregazione di autoconsumatori di energia rinnovabile e di imprese.

L’intervento di efficientamento energetico del centro commerciale La Piazza, a Venezia, è promosso da RE(Y) VENEZIA srl, società veicolo della start-up innovativa InfinityHub Spa, la ESCo trentina che finanzia tutti i suoi progetti con il ricorso all’equity crowdfunding.

Si tratta di un modello di business originale che QualEnergia.it segue dal suo esordio. La campagna di REY VENEZIA è online su Ecomill – prima piattaforma italiana di equity crowdfunding dedicata a energia, ambiente e territorio – con l’obiettivo di aprire la partecipazione all’investimento di efficientamento energetico a cittadini e imprese diffusi sul territorio nazionale.



Il progetto – che in poco tempo ha già fatto registrare l’overfunding, superando il primo obiettivo di raccolta di 50.000 euro – prevede la riqualificazione energetica dell’intero edificio del centro commerciale con la installazione di lampade a led, riscaldamento e climatizzazione a pompe di calore, impianto fotovoltaico, colonnine per la ricarica delle auto elettriche.

Coerentemente con i principi guida della Direttiva UE 2018/2001, l’intervento promuove l’efficientamento energetico, il ricorso alle energie rinnovabili e la partecipazione della comunità ai benefici contribuendo alla riduzione delle emissioni a effetto serra nell’Unione e la sua dipendenza energetica.

Un’iniziativa a cui possono partecipare e guadagnare tutti: i cittadini, le imprese e l’ambiente. Il progetto infatti consentirà una riduzione di CO2 pari a 213 tonnellate all’anno.

Tramite il portale Ecomill hanno investito in REY VENEZIA anche le imprese che realizzeranno gli interventi. Gli investitori e i nuovi soci, anche grazie a detrazione Irpef e deduzione Ires del 30%, godranno di un rendimento atteso del 9% annuo per la durata ventennale del progetto, che per le imprese si sommano ai ricavi derivanti dalla attività svolta.

L’evoluzione del progetto verso la comunità energetica ‘tecnica’

Nella direttiva UE 2018/2001, la Comunità Energetica rinnovabile (REC) è definita come:
partecipazione aperta e volontaria da parte degli utenti situati nelle vicinanze dell’impianto di produzione rinnovabile che appartengono o sono sviluppati dalla stessa.
I membri della comunità possono essere persone fisiche, PMI o autorità locali e l’obiettivo principale è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari.

Con il recepimento della direttiva e alla campagna di equity crowdfunding l’impianto fotovoltaico già previsto nel progetto originale diventa ora lo strumento di aggregazione della comunità energetica, basata sulla tecnologia Regalgrid® fornita dalla startup Regalgrid Europe che ha appena siglato una joint venture con InfinityHub.

Grazie alla partnership con Regalgrid Europe, RE(Y) VENEZIA attiverà l’autoconsumo da parte degli esercenti della produzione di elettricità generata dall’impianto fotovoltaico che sarà in seguito ampliabile anche con l’ausilio di sistemi di accumulo.

Infatti, attraverso funzioni integrate e interattive, la tecnologia Regalgrid® permette di gestire in modo intelligente la potenza disponibile, massimizzare l’autoconsumo collettivo ed effettuare una diagnostica avanzata. Applicazioni smart, disponibili su App Store e Play Store, danno al prosumer il controllo totale, libero e diretto, dell’intero sistema. Ciò significa una maggiore consapevolezza del proprio status energetico, l’aumento della percentuale di autoconsumo e il risparmio economico in bolletta.

Nella iniziativa di RE(Y) Venezia si aggiungono così importanti elementi di condivisione e di coinvolgimento degli attori locali, che non solo possono partecipare alla sua nascita e crescita tramite la campagna di crowdfunding, ma potranno anche associarsi per massimizzare l’autoconsumo della generazione elettrica dall’impianto di energia rinnovabile installato.

Sulla scia dell’accordo tra Regalgrid Europe e InfinityHub, anche Archeide Lux, General Partner di Archeide SCA SICAV, ha deciso a sua volta di investire nel progetto REY VENEZIA. Archeide SICAV Empower Fund, è un fondo di investimento alternativo chiuso, che investe in impianti di produzione di energia rinnovabile e in Regalgrid Europe, della quale detiene una partecipazione del 40%.

fonte: www.qualenergia.it


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Autoconsumo collettivo: “si apre una nuova era”
















“Si apre una nuova epoca per l’energia in Italia”, con questo entusiasmo Legambiente saluta il voto nelle commissioni Affari costituzionali e Bilancio alla Camera sull’emendamento al decreto Milleproroghe che consente, attraverso la creazione di comunità energetiche, la produzione e lo scambio di energia da fonti rinnovabili (si veda QualEnergia.it).
Non meno soddisfatto il presidente della X Commissione del Senato Gianni Girotto, promotore dell’iniziativa legislativa che parla di “una vera e propria rivoluzione, da sempre fortemente voluta dal M5S, nelle modalità di produzione e consumo dell’energia rinnovabile”.
Sul lato dei privati – spiega il senatore pentastellato in una nota – pensiamo solo al fatto che in Italia vi sono 20 milioni di cittadini che vivono dentro 1,2 mln di condomini piuttosti vecchi, che sprecano più della metà dell’energia acquistata per scaldarli d’inverno e rinfrescarli d’estate. Ora, grazie alle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici e alla possibilità finalmente di autoconsumare l’energia, in un colpo solo possiamo, dimezzare il costo delle bollette per i condòmini (ed abbassarle per tutti gli italiani), diminuire considerevolmente il fabbisogno nazionale di energia, creare moltissimo lavoro per le nostre micro e Pmi, rientrare dell’investimento delle spese in 3 anni, far emergere il “nero” e pertanto creare i presupposti per diminuire le tasse a tutti
Sul lato delle imprese vi saranno ugualmente grandi opportunità di risparmio permesse dalle suddette nuove configurazioni, e vogliamo sottolinearlo con particolare risalto per le micro e piccole imprese, che, come i cittadini, potranno costituire delle Comunità energetiche, condividendone costi e benefici.
“Finalmente sarà possibile produrre e scambiare l’energia pulita – gli fa eco Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – nei condomini e tra imprese, tra edifici pubblici e attività commerciali. In questo modo si apre la strada per progetti locali di impianti solari in autoproduzione ma anche per scambiare localmente l’energia in eccesso, con riduzione di sprechi e vantaggi tanto ambientali quanto economici per imprese, famiglie e comunità”.
Il testo votato, ricordiamo, nasce da una proposta presentata da Legambiente e Italia Solare lo scorso novembre a Rimini durante la Fiera Ecomondo, con l’obiettivo di anticipare la direttiva europea 2018/2001 che promuove la creazione di comunità energetiche e di sistemi di autoconsumo da fonti rinnovabili.
L’obiettivo della proposta – spiega una nota di Legambiente – era di valorizzare in particolare lo scambio di energia da fonti rinnovabili per utenze poste all’interno della stessa rete di distribuzione, in modo da valorizzare progetti locali, e di creare vantaggi per l’energia autoconsumata istantaneamente, in modo da spingere configurazioni capaci di soddisfare al meglio i fabbisogni e di integrare sistemi di accumulo e di mobilità elettrica, sistemi efficienti, riducendo così lo scambio con la rete e contribuendo alla stabilità del sistema.
“Merito per l’iniziativa – prosegue Zanchini – va dato anche al senatore Girotto, presidente della Commissione Industria del Senato, del Movimento 5 stelle, che ha portato avanti la nostra proposta coinvolgendo il ministero dello Sviluppo economico. E teniamo a mettere in evidenza l’ampio consenso parlamentare che si è creato intorno a questa idea, che ha visto l’adesione del Pd e un identico emendamento è stato presentato dalla Lega e da Italia Viva. A dimostrazione che sulle innovazioni ambientali oggi si può costruire un ampio consenso con l’obiettivo di promuovere interventi virtuosi”.
L’emendamento, sottolinea dal canto suo Girotto, “è il risultato di un grande lavoro di preparazione, condivisione, e di grande partecipazione, tenuto con i gruppi politici parlamentari, il Ministro dello Sviluppo Economico e gli stakeholders di settore. Tale lavoro era iniziato presso la Commissione industria appena insediata, tramite un apposito affare assegnato sull’autoconsumo, e proseguito con la preparazione dell’emendamento appena approvato”.
L’emendamento consente lo scambio di energia, per impianti fino a 200 kW di potenza, ma è solo l’inizio di un processo che riguarderà ampiamente queste innovazioni.
Legambiente chiede ora che si apra subito la discussione in Parlamento sul recepimento della Direttiva europea 2018/2001, in modo da rendere possibile innovazioni in forme anche più ampie, che potranno consentire di rilanciare progetti da fonti rinnovabili in tutta Italia che coinvolgano le comunità per trarre vantaggi da impianti eolici, solari, idroelettrici, da biomasse delle scale più adatte a valorizzare le risorse locali e a creare consenso tra i cittadini nella transizione energetica.
fonte: www.qualenergia.it

Sette ragioni per cui l’Europa deve investire di più nel fotovoltaico

Le proposte di SolarPower Europe alla Commissione Ue per rilanciare l’industria del settore con il Green Deal.















L’Europa deve definire una strategia più ambiziosa, chiara e lungimirante per promuovere le energie rinnovabili e il fotovoltaico in particolare.
Questo l’appello che arriva dalla lobby del settore, SolarPower Europe, insieme con diversi istituti di ricerca (l’ultima adesione in ordine di tempo è quella del tedesco Fraunhofer ISE), quando manca un mese alla prima comunicazione ufficiale della Commissione Ue sulla strategia industriale europea nell’ambito del programma per il Green Deal.
Per convincere Bruxelles a prendere il più seriamente possibile le richieste dell’industria FV, SolarPower Europe ha pubblicato un documento che riassume sette motivi che dovrebbero spingere l’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen a favorire lo sviluppo del fotovoltaico in Europa.
Tra questi, uno dei più importanti è la crescita attesa del fotovoltaico nel nostro continente nei prossimi decenni: si citano, in particolare, le stime di Bloomberg New Energy Finance e della Lappeenranta University of Technology, secondo cui il solare coprirà, rispettivamente, il 36% della domanda elettrica europea nel 2050 e il 69% sempre nel 2050, nello scenario del 100% di rinnovabili costruito dai modelli teorici dell’università finlandese.
Un altro fattore decisivo, si legge nel documento, è la forte riduzione dei prezzi del fotovoltaico negli ultimi vent’anni, da circa 5.000 euro in media per kW nel 2000 a 1.960 euro/kW oggi. Tanto che produrre energia elettrica con i pannelli FV in grandi parchi utility-scale costa meno rispetto all’utilizzo di fonti fossili: siamo sotto 0,04 euro/kWh (vedi anche qui).
Terzo motivo che dovrebbe favorire gli investimenti nel fotovoltaico, sostiene SolarPower Europe, è la creazione di nuovi posti di lavoro.
Ricordiamo che un recente studio dell’università di Lappeenranta ha stimato che nel 2050 ci saranno 22 milioni di occupati nella filiera FV su scala globale; mentre l’Agenzia internazionale delle energie rinnovabili (IRENA: International Renewable Energy Agency) nel suo ultimo rapporto sui “colletti verdi” ha stimato in circa 11 milioni i posti di lavoro direttamente associati alle fonti rinnovabili su scala mondiale nel 2018, di cui 3,6 milioni nel fotovoltaico.
Tra l’altro, la stessa SolarPower Europe alla fine dello scorso dicembre ha evidenziato che il fotovoltaico europeo è entrato in una nuova fase espansiva con oltre 16 GW installati nel 2019 nei 28 Stati membri Ue, +104% rispetto al 2018.
E lo scenario intermedio prevede una crescita del 26% nel 2020 con 20-21 GW di potenza installata nel nostro continente, per poi continuare a salire nei tre anni successivi.
Insomma le ragioni per fare del fotovoltaico uno dei pilastri del Green Deal e più in generale della futura strategia industriale europea ci sono tutti, senza dimenticare l’impulso verso la generazione distribuita con l’autoconsumo elettrico collettivo, che inizia a farsi sentire (anche in Italia) grazie alle norme inserite nella direttiva Ue RED II sulle rinnovabili.
fonte: www.qualenergia.it

Comunità dell’energia rinnovabile, una proposta per farle partire subito

L'idea di Legambiente e Italia Solare per accelerare il recepimento delle direttive europee su autoconsumo collettivo e condivisione di energia da rinnovabili.




Clean Energy Package europeo, con la Direttiva (UE) 2018/2001, apre un nuovo scenario per la produzione e cessione di energia da fonti rinnovabili, con la possibilità di supportare sistemi innovativi di produzione, accumulo e scambio di energia da fonti rinnovabili.
Che questa prospettiva sia di grande interesse da un punto di vista industriale, energetico e ambientale è opinione condivisa, e dunque sarebbe necessario accelerare il recepimento.
In questo senso va la proposta illustrata ieri, 7 novembre, a KeyEnergy da Legambiente e Italia Solare nell’ambito del convegno “Comunità energetiche e prosumer:il nuovo scenario dopo l’approvazione della direttiva UE 2001/2018”.
L’idea – che approfondiremo in un secondo articolo per valutare come e quando si potrebbe concretizzare – prevede di introdurre una disciplina sperimentale per alcune delle configurazioni previste dagli articoli 21 e 22 della Direttiva 2018/2001, e si applicherebbe ai clienti con minori consumi connessi alla rete in bassa tensione, che sono oltretutto quelli che attualmente pagano l’energia a costi maggiori.
A questi clienti verrebbe data la possibilità di associarsi per l’installazione di impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile e di condividere l’energia autoprodotta. Gli impianti dovranno essere connessi alla stessa rete di bassa tensione dei clienti finali associati.
L’energia prodotta da tali impianti sarà immessa nella rete di distribuzione e sarà considerata condivisa nella misura in cui i clienti finali associati consumano simultaneamente alla produzione. Si fa riferimento al concetto di condivisione dell’energia declinato nella premessa 71 della direttiva rinnovabili (2018/2001) e nella premessa 46 della direttiva mercati (2019/944).
Obiettivo di queste configurazioni – sottolinea una nota che accompagna la proposta – è di spingere soluzioni efficienti di produzione, progettate per soddisfare la domanda istantanea e, dunque, di ridurre l’esigenza di capacità di riserva della rete.
In questi sistemi gli oneri di sistema saranno pagati integralmente sia per l’energia scambiata con la rete che per quella condivisa, mentre sono previsti vantaggi per l’energia prodotta e consumata istantaneamente proprio perché massimizzano l’uso dell’energia rinnovabile e spingono configurazioni capaci di garantire la massima efficienza nell’uso degli impianti e delle reti.
Le esenzioni, previste per la sola energia prodotta e consumata istantaneamente, sono studiate in modo da evitare aggravi ingiustificati nei confronti degli altri consumatori di energia, e sono coerenti con quanto scritto da Arera nella memoria 94/2019 di marzo riguardo all’energia immessa nella rete di distribuzione, ma condivisa per le tariffe di trasmissione e distribuzione.
L’esclusione dai costi di trasmissione si motiva in quanto per questa quota sono evitati, data la vicinanza fra consumo e produzione sulla stessa linea di bassa. Allo stesso modo il compenso a remunerazione delle perdite di rete, che non ha senso attribuire perché l’energia è prodotta dagli stessi cittadini che la consumano.
Mentre l’esenzione dal dispacciamento e dal capacity si motiva nella misura in cui per la quota di energia autoconsumata istantaneamente, e solo per questa, si riduce il peso sul sistema e la necessità di sicurezza del sistema. I benefici sull’Iva non ricadono sugli altri consumatori di energia e si motivano per il fatto che si produce energia a emissioni zero.
Il vantaggio principale per il cliente finale è che sull’energia da rinnovabili autoconsumata istantaneamente è possibile saltare le intermediazioni commerciali e guadagnare sulla differenza fra prezzo al dettaglio e prezzo all’ingrosso.
I clienti continuerebbero ad avere contratti di vendita come oggi, ma sarebbero anche parti di un sistema privato di produzione e scambio di energia da rinnovabili, che usa la rete pubblica di distribuzione.
Secondo la proposta, ogni associazione di clienti finali individuerà al proprio interno un soggetto mandatario delegato al riparto dell’energia condivisa fra i clienti finali associati. Tale attività non sarà soggetta alla disciplina regolatoria.
La configurazione riguarderebbe esclusivamente nuovi impianti da rinnovabili e quindi impianti che non beneficiano di incentivi alla produzione ai sensi dei vecchi conti energia.
In queste configurazioni si potrà risparmiare grazie all’autoproduzione rispetto al valore della materia prima (circa 60/65 €/MWh), non si pagheranno le tariffe variabili di trasmissione e distribuzione (circa 13 €/MWh), parte delle tariffe di dispacciamento, così come i costi del mercato della capacità e l’imposta sul valore aggiunto su tutte tali componenti esentate.
La sommatoria dei vantaggi derivanti dalle esenzioni e dal valore risparmiato dell’energia dovrebbe superare i 90 €/MWh (9 cent€/kWh) e tali esenzioni, unite alla detrazione fiscale, dovrebbero portare a una redditività adeguata a stimolare gli investimenti.
La disciplina – si sottolinea – non porta a maggiori costi, perché viene solo prevista la possibilità per le configurazioni previste di usufruire dei sistemi incentivanti già esistenti e cioè le detrazioni fiscali di cui all’articolo 16 lettera h) e gli incentivi di cui al DM 4 luglio 2019 e eventuali ulteriori incentivi potranno essere individuati da Arera solo a valere su minori costi.
Il sistema garantirà ai clienti finali associati la possibilità di autoprodursi una quota parte della propria energia senza gravare sulle bollette degli altri cittadini.
La proposta dovrebbe articolarsi come indicato qui sotto:
Autoconsumo e condivisione di energia prodotta da fonti rinnovabili
  1. I clienti finali residenziali, gli Enti Locali, le piccole e medie imprese, che sono collegati in prelievo alla rete di bassa tensione alimentata dalla medesima cabina di trasformazione, si possono associare per produrre energia destinata al proprio consumo con impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile di potenza non superiore a 100 kW ciascuno collegati alla medesima rete di bassa tensione con configurazioni conformi a quanto previsto dall’Articolo 21 comma 4 o dall’Articolo 22 della Direttiva 2001/2018. I clienti finali associati possono condividere anche attraverso sistemi di accumulo tale energia prodotta collettivamente, utilizzando la rete di distribuzione esistente per tale condivisione. I clienti finali associati non possono avvalersi dello scambio sul posto. Gli impianti possono essere di proprietà di soggetti terzi rispetto ai clienti finali associati. La disciplina dei clienti finali associati si applica anche a un cliente finale che abbia più unità di consumo sulla stessa rete di bassa tensione.
  1. L’energia condivisa sarà pari al minimo in ciascun periodo orario tra l’energia elettrica prodotta e immessa nella rete di bassa tensione, anche con l’uso di sistemi di accumulo, dai clienti finali associati e l’energia elettrica prelevata dall’insieme di tali clienti finali sulla stessa rete di bassa tensione. La quantità di energia fatturata ai clienti finali dai venditori al dettaglio di energia non include l’energia oggetto di condivisione ai sensi del comma 1 e 2.
  1. L’energia condivisa è esentata dall’applicazione dei coefficienti di perdita convenzionali, dalla parte variabile delle tariffe di trasmissione e distribuzione, nonché, nella misura in cui tale esenzione sia giustificata, dalle tariffe di dispacciamento. I clienti finali associati ai sensi del comma 1 sono esonerati dal pagamento dei corrispettivi a copertura dei costi del mercato della capacità, se la energia condivisa corrisponde al 35 % o più dei propri consumi e viene garantita una quota minima di energia autoconsumata in specifiche fasce orarie.
  1. L’energia condivisa viene contabilizzata nelle bollette dei clienti finali ai soli fini della applicazione degli oneri generali di sistema delle accise e della quota di oneri di dispacciamento che residua ai sensi del comma 4.
  1. I clienti finali associati ai sensi del comma 1 individuano un soggetto delegato mandatario con rappresentanza, che misura la quantità di energia oggetto di condivisa e che effettua fra i clienti finali associati il riparto dell’energia secondo gli accordi di diritto privato, che intercorreranno fra gli stessi. Tale soggetto effettuerà tutte le necessarie comunicazioni ai fini della bollettazione dei consumi dei clienti finali associati. Solo il soggetto delegato sarà responsabile nei confronti degli associati dell’esatto riparto dell’energia secondo gli accordi intercorsi fra i clienti finali.

fonte: https://www.qualenergia.it

Autoconsumo fotovoltaico, come capire se ne vale la pena

On line il nuovo portale GSE: la piattaforma permette di effettuare simulazioni dettagliate sul dimensionamento dell’impianto fv, costo dell’installazione e tempo di ritorno della spesa





È attivo il nuovo portale GSE sull’autoconsumo fotovoltaico (https://www.autoconsumo.gse.it/). Strumento nato per supportare la nuova generazione di prosumer – ossia consumatori che vestono anche i panni di produttori energetici – la piattaforma fa oggi il suo debutto dopo una approfondita fase di test. Prima di arrivare in mano ai cittadini, infatti, il servizio è stato valutato dalle principali Associazioni di settore, che hanno potuto indagarne efficacia ed affidabilità. E, soprattutto, sottolinearne l’utilità verso l’obiettivo principale, ossia favorire la diffusione dell’autoconsumo fotovoltaico.

Il termine indica semplicemente la possibilità di consumare l’elettricità nello stesso sito in cui viene prodotta senza dunque venderla alla rete venderla alla rete. Una soluzione che, nonostante i vantaggi ambientali ed economici connessi, trova ancora poco spazio in Italia. Per la precisione, nell’ambito della generazione distribuita l’incidenza dell’autoconsumo sul totale della produzione fotovoltaica è di poco superiore al 22 per cento (dato del 2018), sebbene l’81 per cento dei circa degli 820mila impianti installati in Italia afferiscano al settore domestico. E il dato forse più incredibile è che la quota maggiore di prosumer solari si trova ancora oggi nelle regioni del Nord Italia e in particolar modo in Lombardia e Veneto (Leggi anche Fotovoltaico in Italia: il mercato nazionale tra presente e futuro).

Come funziona la nuova piattaforma sull’autoconsumo fotovoltaico?

In questo contesto si inserisce la nuova piattaforma, strumento disegnato appositamente per mostrare a settore privato e pubblico i vantaggi di questa scelta energetica. Perché si tratta di un’iniziativa importante? Perché, come spiega Roberto Moneta, a.d. del GSE, senza il coinvolgimento attivo di cittadini, mondo industriale e PA ed un radicale cambio di mentalità e cultura “non si potranno mai raggiungere gli obiettivi di sostenibilità che l’Europa e l’Italia si sono posti al 2030”. La stessa Commissione Europea ha inserito il ruolo dei prosumer o energy citizens tra gli elementi chiave della nuova transizione energetica, chiedendo ai Paesi membri strumenti e misure per favorirli e e supportarli. In questo senso il portale nasce per essere “uno strumento a disposizione di tutti coloro che vogliano sentirsi parte integrante del cammino verso il Green Deal” nazionale e comunitario. Il servizio mette a disposizione una serie di informazioni e dati necessari a quanti intentando dotare il proprio immobile di moduli fotovoltaici. Il funzionamento è estremamente semplice: basta inserire l’indirizzo dell’edificio, i consumi elettrici annuali e la superficie del tetto (dove saranno posizionati i pannelli) per ottenere una simulazione dettagliata sul dimensionamento dell’impianto, sui costi, sui tempi di ritorno dell’investimento e sulle soluzioni finanziarie disponibili (prestito o noleggio), agevolazioni fiscali comprese.

L’autoconsumo fotovoltaico, infatti, permette di accedere ad alcuni a sconti ed ecobonus. Nel dettaglio, per i privati è possibile detrarre dall’Irpef il 50 per cento dei costi di realizzazione, misura che si applica anche agli impianti fv connessi a sistemi di accumulo. Per le imprese, invece, è previsto il superammortamento del 130 per cento del valore dell’investimento. In mancanza di un sistema di accumulo, l’energia prodotta può essere valorizzata attraverso il cosiddetto Scambio sul Posto, una particolare forma di autoconsumo che permette agli permette agli utenti di compensare l’elettricità consumata proveniente dalla rete con quella prodotta e a sua volta immessa in rete perché non utile in quel determinato momento.


Il Portale accompagna gli utenti passo passo con un’apposita guida che elenca anche i vari passaggi burocratici, aiutando nella compilazione del modello unico per lo snellimento delle pratiche. Inoltre il servizio permette di visualizzare l’esistenza, nelle vicinanze, di installazioni simili ed è in grado di analizzare e mappare le zone occupate da edifici commerciali o industriali di grandi dimensioni. Un piccolo Focus è riservato alle istruzioni per consultare la bolletta elettrica. “Sulla bolletta – spiega infatti il Gestore – puoi trovare la maggior parte delle informazioni che ti occorrono per scegliere la taglia dell’impianto fotovoltaico più adatta alle tue esigenze”, a partire dalla tipologia di utenza e dal consumo nelle diverse fasce orarie. Non mancano ovviamente gli esempi virtuosi: sul portale una cartina mostra alcuni casi reali di impianti solari realizzati in Italia significativi in termini di autoconsumo e integrazione con il territorio. Le diverse installazioni sono raggruppate in base al settore e/o attività produttiva del sito. Leggi anche Accumulo rinnovabili, in Italia oltre 18mila impianti

fonte: www.rinnovabili.it

Autoconsumo collettivo di energia rinnovabile, a che punto siamo in Italia?

A Roma il convegno organizzato dal Coordinamento Free, con un focus su fotovoltaico ed evoluzione del sistema elettrico



















L’autoconsumo di energie rinnovabili è uno dei pilastri contenuti nella direttiva europea Red II approvata lo scorso anno, ma nel nostro Paese è ancora molto il lavoro da fare per spianargli la strada, in particolare per quanto riguarda l’autoconsumo collettivo: è il caso, ad esempio, un impianto fotovoltaico installato sul tetto di un condominio che potrà fornire elettricità ai diversi appartamenti. Ad oggi questo non è permesso in Italia, dove un unico impianto di questo tipo può dare energia a un solo consumatore finale; per fare il punto della situazione sull’autoconsumo collettivo, e del suo potenziale impatto sul sistema elettrico, il Coordinamento Free ha tenuto oggi un apposito convengo a Roma.
Partendo dal presupposto che l’evoluzione dell’autoconsumo si basa sullo sviluppo di due direttrici –  l’autoconsumo collettivo e le comunità dell’energia elettrica – e che alla base dell’evoluzione c’è la figura dell’autoconsumatore individuale (ovvero un cliente finale che produce energia elettrica rinnovabile per il proprio consumo e può immagazzinare o vendere energia elettrica rinnovabile autoprodotta), il convegno ha dato l’occasione per fare un focus sulle opzioni per la realizzazione dell’autoconsumo collettivo a partire dalla definizione che ne dà la direttiva (UE) 2018/2001, passando dall’esperienza maturata con la finalità di consentire un rapido avvio di tale nuovo modello. Un avvio che non può avvenire senza tener conto dell’attuale modalità di gestione del sistema elettrico, del ruolo che può essere ricoperto da parte dei gestori delle reti di distribuzione, dell’uso che può già essere utilmente fatto della normativa esistente e dall’eventuale necessità di adeguamento della stessa.
«Il raggiungimento degli obiettivi al 2030 previsti dal Pniec indicano che a fornire il contributo più rilevante sarà il fotovoltaico – osserva il presidente del Coordinamento Free, G. B. Zorzoli – Per tale motivo è prioritario che la sua crescita annua salga tempestivamente da poco più di 400 MW del 2018 ai 2.000 MW previsti nel 2021-2025. Affinché ciò si possa realizzare, va evitato che un numero elevato di impianti sia installato a terra dove più facilmente possono verificarsi problemi di permitting. Inoltre, per contenere entro limiti accettabili gli investimenti nella rete di trasmissione, vanno create condizioni di mercato che contrastino la tendenza a localizzarli prevalentemente nel Sud e in Sicilia, dove maggiore è l’irraggiamento solare. L’autoconsumo collettivo si pone come risposta a tali problemi».
Sarà però fondamentale calibrarne lo sviluppo senza ledere alla rete elettrica nazionale: «L’autoconsumo è uno strumento importante per raggiungere alcuni degli obiettivi contenuti nel Piano nazionale integrato per l’energia ed il clima, ma è fondamentale salvaguardare la rete di distribuzione elettrica esistente ed evitare le sovrapposizioni tra il gestore concessionario e le comunità energetiche», commenta al proposito Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia.
«Dopo un lungo percorso di investimenti che hanno riguardato l’intero territorio nazionale – spiega Colarullo – la rete elettrica ha raggiunto da anni tutti i clienti finali. Non sarebbe opportuno avviare un percorso a ritroso di abbandono di un bene comune e collettivo qual è la rete elettrica nazionale, che negli ultimi anni ha raggiunto livelli di assoluto rilievo, ritornando ad un mal inteso concetto di autarchia». Se la rete di distribuzione può essere «il volano per sostenere l’autoconsumo non può costituire, invece, la fonte e lo strumento per incentivarlo nel senso di sottrarre risorse da trasferire alle nuove configurazioni di consumo».
La rete elettrica, ha evidenziato il direttore generale di Utilitalia, «costituisce il substrato per decarbonizzare il sistema elettrico nazionale. Il progressivo ricorso al vettore elettrico per sostenere i consumi energetici richiede il rafforzamento della rete e dei sistemi di governo della rete. Nuovi e maggiori investimenti si profilano per il settore e ritenere che si possano sottrarre risorse finanziarie al comparto sarebbe una contraddizione e un fondamentale errore strategico». E anche dal punto di vista economico Utilitalia ritiene «che sia sempre preferibile sostenere le tecnologie ambientalmente ed energeticamente da valorizzare con incentivi espliciti – che possono essere meglio quantificati e monitorati, e adeguati al mutato cambiamento dello stato delle tecnologie stesse – piuttosto che prevedere incentivi impliciti che hanno dei razionali differenti e sono anche difficili da assicurare nel tempo».
fonte: www.greenreport.it