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Il Salvagente, la rivista segnala la presenza di Pfas nei piatti e nei bicchieri usati nelle scuole

 














Le stoviglie compostabili con cui sono serviti i pasti nelle mense scolastiche sono piene di Pfas? E possono cedere questi composti tossici alle pietanze? Sono gli interrogativi che pone il mensile Il Salvagente nell’ultima indagine di copertina. La questione è iniziata a febbraio con l’invio all’Infn (Istituto nazionale di fisica nucleare), di 11 campioni di stoviglie compostabili (sette piatti, due bicchieri, due coperchi/coperture dei lunch box usati per i pranzi a scuola). A titolo di confronto la redazione ha inviato anche un piatto acquistato in negozio romano. La rivista voleva stabilire se contenessero fluoro, possibile indicatore della presenza di Pfas. I campioni provenivano da diverse scuole, da Roma a Milano. I risultati delle analisi non sono stati tranquillizzanti. Dei 2 bicchieri analizzati, uno aveva quantità di fluoro paria 470 ppm (parti per milione) e il secondo un livello non rilevabile (sotto i 200 ppm). Per i piatti il risultato è stato ben peggiore: in tutti è stato rilevato fluoro, anche quattro volte più alto. Il livello massimo è stato di 2.030 ppm (parti per milione).

Questa concentrazione riferisce la rivista “è complessa da ritenere puramente incidentale” spiega Alberto Ritieni, docente di Chimica degli alimenti alla facoltà di Farmacia dell’Università Federico II. Una delle ipotesi è che i piatti possano essere stati fabbricati con sostanze compatibili con i Pfas (per-fluoro-alchili) per conferirgli una forte capacità di impermeabilizzazione da oli e grassi, tanto più necessaria per stoviglie compostabili e non in plastica, che altrimenti non sarebbero in grado di resistere ai liquidi e alle pietanze umide e calde. Il rischio per la salute di questa presenza, però, è oramai chiaro e innegabile: la Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ha definito i Pfas come potenziali cancerogeni (Pfoa, Gruppo 2B), e interferenti endocrini (ormonali). E c’è chi è già intervenuto: la Danimarca, per esempio, ne ha proibito l’uso in imballaggi e nei materiali a contatto con gli alimenti in carta e cartone.


Un prodotto “compostabile 100%” potrebbe contenere sostanze chimiche indistruttibili che trasformate in compost-terriccio tornerebbero nella catena alimentare attraverso l’agricoltura

L’Italia invece ancora non ha fatto alcun passo. C’è da sperare che dopo i sospetti sollevati dal test del Salvagente, le aziende e le nostre autorità sanitarie intervengano, tanto per verificare se si tratta della presenza di Pfas e se c’è il rischio di cessione agli alimenti, quanto per seguire la via danese di un divieto che sembra urgente, visti i pericoli per la fascia più debole della popolazione. L’alternativa, come dimostrano le nostre analisi, c’è già oggi se è vero che in un bicchiere non sono state trovate tracce sospette. “Gli effetti sull’ambiente per la presenza di fluoro in un contenitore compostabile devono essere compresi non solo per quanto riguarda la salute, attraverso il contatto con il cibo e le bevande ingerite, ma anche per quanto concerne l’ambiente”.

Il destino di questi piatti “usa e getta” è lo stesso in tutto il Belpaese: vengono conferiti nei siti di compostaggio. Basti pensare che solo a Roma su 150mila pranzi scolastici al giorno oltre 40mila sono fatti con “usa e getta”. Eco allora che un prodotto simbolo dell’economia circolare, il “compostabile 100%” potrebbe contenere sostanze chimiche indistruttibili che trasformate in compost-terriccio tornerebbero nella catena alimentare attraverso l’agricoltura. Pietro Paris è il responsabile sezione Sostanze pericolose dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che dichiara: “Posso ipotizzare a livello teorico, che composti per-fluoro-alchilici possano essere usati in tali piatti per conferire alla superficie proprietà quali l’idrorepellenza. In questo caso – che andrebbe approfondito con ulteriori test – troverei tuttavia una forte contraddizione tra la dichiarata biodegradabilità degli articoli e l’uso di sostanze altamente persistenti, che seppure in concentrazioni basse, sarebbero chiaramente incompatibili in prodotti biodegradabili”.

fonte: www.ilsalvagente.it


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Scuola, usa e getta e mono porzioni: l'appello delle associazioni per una mensa scolastica sana, giusta e sostenibile

Firmatari: AIAB, Comitato Promotore Food Policy di Roma, Cittadinanzattiva, Foodinsider.it, Osservatorio mense scolastiche, Genima genitori in rete, Legambiente, Save the Children Italia Onlus, Slow Food Italia





Tra le nuove disposizioni governative per la riapertura delle scuole settembre c’è l’obbligo di usare monoporzioni e stoviglie monouso. Decisione presa dal Ministero in contrasto, o comunque con un eccesso di zelo, rispetto alle indicazioni fornite a maggio dal Comitato Tecnico Scientifico. Numerose associazioni contestano fortemente il provvedimento, ecco l'appello:

La riapertura della scuola a settembre porta con sé numerose incognite e questioni organizzative aperte per il rientro tra i banchi di scuola in sicurezza. Tra queste, non meno importante, l’accessibilità al servizio di refezione scolastica e le modalità per garantirne la fruizione anche in tempi di distanziamento per evitare il contagio da Covid-19.

Nel dibattito ancora aperto sulla gestione del servizio mensa a settembre, Save the Children insieme a un network di altre Organizzazioni ed esperti* rilancia l’appello con indicazioni teoriche e pratiche per evitare l’impatto socio-economico e ambientale dei lunch box, delle monoporzioni e della semplificazione del pasto e garantire una mensa sostenibile per tutti gli alunni.

Il Ministero dell’Istruzione nel definire le modalità di riapertura della scuola a settembre, e quindi anche della mensa scolastica, sebbene riconosca al servizio di refezione scolastica “la sua funzione educativa e sociale e il principio che vada garantita in modo sostanziale per tutti gli aventi diritto”, concede la possibilità di somministrare il pasto in classe in modo residuale – laddove non sia percorribile la strada di una gestione in sicurezza del servizio. Rinviando al documento del Comitato Tecnico Scientifico della Protezione Civile si lascia aperta la strada alla conversione del sistema di refezione tramite la distribuzione, seppur residuale, di lunch box, monoporzioni, e anche la semplificazione dei menu.

Indicazioni che, laddove applicate sul territorio nazionale come preferibili, potrebbero avere seri impatti sull’ambiente (aumento plastica e cibo rifiutato); sulla salute dei bambini e l’educazione alimentare (decadimento del valore del pasto: riduzione potere nutrizionale dei piatti che rappresentano l’unico pasto bilanciato della giornata per oltre il 12% dei minori in condizioni di povertà assoluta, incremento somministrazione cibo processato); sulla filiera alimentare (impoverimento del tessuto economico locale); sull’impiego (riduzione della forza lavoro); sulla gestione del servizio (conflittualità tra famiglie e Amministrazione e reintroduzione del pasto da casa).

Tale soluzione, seppur residuale, è preoccupante anche perché in controtendenza rispetto alle richieste per una mensa giusta, sana e sostenibile, che sia espressione del diritto al cibo e strumento di contrasto alla povertà alimentare e dispersione scolastica. La mensa è inoltre uno strumento di food policy delle Amministrazioni in grado di rafforzare la connessione con il territorio produttivo, supportare filiere alimentari virtuose e sostenibili, assicurare il rispetto dei diritti dei lavoratori e contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra, l’uso della plastica, etc. In attesa di una seria riforma legislativa a livello centrale che riconosca la mensa come servizio essenziale, che predisponga risorse, strutture e supporto in maniera tale da non pesare esclusivamente sulle realtà locali garantendo accesso e uguaglianza di trattamento in tutto il Paese, per la ripartenza immediata della scuola si raccomanda di mantenere le multi-porzioni ad esempio adottando la distribuzione tramite vassoi e carrelli termici che permetteranno di somministrare il pasto ai bambini in classe attraverso il personale addetto allo scodellamento, opportunamente formato e dotato di guanti e mascherine. In questo modo si manterrebbe il processo di produzione dei pasti tradizionale, insieme a qualità e sicurezza dei piatti. Il pasto continuerebbe ad essere quello in linea con la dieta mediterraneasenza deroghe ai Criteri Ambientali Minimi.

La strategia di uscita dalla fase più strettamente emergenziale della pandemia da Covid-19 richiede che l’adozione di provvedimenti di prevenzione dei contagi si inquadrino in una visione lungimirante, capace di coniugare la tutela della salute, dell’ambiente, dello sviluppo locale e della socializzazione. Sono aspetti prioritari del nostro vivere che rischiano di venire ingiustificatamente sacrificati da una rincorsa circoscritta alla sola gestione del rischio sanitario, e di richiedere, a emergenza conclusa, ulteriori sforzi di ristoro del benessere e della sostenibilità.

Per maggiori informazioni consulta l’Appello.


*Organizzazioni firmatarie dell’appello: AIAB, Comitato Promotore Food Policy di Roma, Cittadinanzattiva, Foodinsider.it, Osservatorio mense scolastiche, Genima genitori in rete, Legambiente, Save the Children Italia Onlus, Slow Food Italia. Aderiscono inoltre: Daniele Fattibene, Istituto Affari Internazionali; Dr. Tomaso Ferrando, Research Professor, Università di Anversa (Belgio) ed Università di Torino; Prof. Davide Marino, Professore di economia ed estimo rurale presso l’Università del Molise e Roma3; Daniele Messina, Fondazione Monte dei Paschi di Siena.

fonte: www.ecodallecitta.it


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Bag food a Camigliano (CE)

























Anche quest’anno grazie all’impegno dell’Amministrazione Comunale con la Consigliera delegata ai rapporti con le scuole Angela Cipriano, continuerà la campagna “Io non spreco”. Ai bambini di prima è stata consegnata la “bag food” e le posate lavabili.
Il progetto, nato da un’idea del Sindaco Giovanni Borzacchiello e già attivo da tre anni, riscuotendo uno straordinario riscontro da parte dei bambini, è rappresentato dall’iniziativa denominata “Bag food – Io non spreco”, che va nella direzione dell’eliminazione dello spreco alimentare nelle mense scolastiche, ma che si prefigge anche una valenza educativa nella diffusione di una vera e propria cultura anti-spreco e di rispetto per il cibo.


A tutti agli alunni della scuola elementare che usufruiscono della mensa scolastica viene stata consegnata una borsa (bag) richiudibile e termica, in cui mettere i cibi non consumati in mensa per portarli a casa, (come, ad esempio pane e frutta), assolutamente integri, privi di qualsiasi alterazione visiva ed olfattiva e, se confezionati, esenti da segni di apertura, rottura o foratura.
Unitamente alla “bag food” sono state consegnate a ciascun alunno delle posate lavabili, in modo da poterle riportare a casa e riutilizzarle il giorno successivo, consentendo una notevole riduzione di rifiuti indifferenziati e così un maggior rispetto per l’ambiente.
fonte: https://comunivirtuosi.org/

Frutta nelle scuole: dopo i ritardi arrivano le confezioni da portare a casa… insieme a montagne di plastica. Gli ultimi guai dell’iniziativa















Non c’è pace per Frutta nelle scuole. Questa volta a fare discutere sono le quantità eccessive di frutta e verdura consegnate ai bambini e l’abuso di plastica degli imballaggi. Il programma quest’anno era al centro delle polemiche perché è partito tardissimo: le prime consegne sono arrivate a maggio inoltrato, a poche settimane dalla fine dell’anno scolastico.
Come riporta Italiafruit News, per compensare la partenza tardiva del programma e rispettare i bandi di fornitura, oltre alla frutta già lavata e tagliata da mangiare a merenda, è stato deciso di consegnare ai bambini anche confezioni di mele, pere e altri frutti interi da portare a casa. Anche più di una alla volta. “Quando arriva il corriere – protesta un’insegnante sulla pagina Facebook di Frutta e verdura nelle scuole – sembra di essere al mercato ortofrutticolo”.
fragole marce muffa frutta nelle scuole
Continuano ad arrivare segnalazioni di frutta marcia e ammuffita consegnata ai bambini delle scuole primarie della Sardegna
E insieme a tutti questi prodotti arriva anche una montagna di plastica. Diversi genitori hanno espresso perplessità per la scelta di consegnare per la merenda dei bambini – per comodità – frutta già tagliata, addizionata di antiossidanti e confezionata in sacchetti di plastica, quando invece si potrebbero distribuire frutti interi da sbucciare, senza alcun bisogno di imballaggi. Un packaging che abbonda anche nei prodotti da portare a casa, consegnati in confezioni identiche a quelle che si comprano al supermercato.
Questi sono solo gli ultimi di una serie di problemi che da tempo affiancano  il progetto Frutta nelle scuole. Nel corso degli anni Il Fatto Alimentare ha raccolto diverse testimonianze di prodotti fuori stagione, arrivati troppo acerbi per essere mangiati, o troppo maturi, se non addirittura marci e ammuffiti, come è successo solo pochi giorni fa in alcune scuole della Sardegna.
Immagini: dai commenti alla pagina ufficiale di Frutta e verdura nelle scuole(Facebook)
fonte: www.ilfattoalimentare.it

Frutta e verdura arrivano nelle scuole, ma sono imballate nella plastica e tagliate a fette

















Se da un lato portare frutta e verdura nelle scuole al posto di snack e cibo spazzatura, è una bellissima iniziativa del ministero delle Politiche Agricole, dall’altro non possiamo ignorare che mele, pere, carote e tanto altro, vengono distribuite in un packaging che lascia a desiderare perché fatto di plastica. 

Mentre gli scienziati da tempo ci informano che se non riduciamo l’uso di plastica entro il 2050 in mare ci saranno più rifiuti che pesci, sui social mamme e papà, si scatenano dopo aver visto gli snack che vengono consegnati ai loro bambini che frequentano le scuole che hanno aderito al programma europeo “Frutta e verdura nelle Scuole”.
Il progetto, per il secondo anno consecutivo, è nobile e ha come obiettivo quello di “incoraggiare i bambini al consumo di frutta e verdura e sostenerli nella conquista di abitudini alimentari sane, diffondendo messaggi educativi sulla generazione di sprechi alimentari e sulla loro prevenzione”.
E fin qui, nulla da dire. Da tempo, noi promuoviamo frutta e verdura di stagione come alternativa a spuntini e merende dei nostri bambini, condannando snack con conservanti e coloranti, oltre che grassi di ogni tipo. Per questo l’iniziativa sta riscuotendo tantissimo successo e negli anni sono stati coinvolti 1 milione di alunni.
Se la scuola continua il lavoro fatto dalle famiglie a casa, non ci si può non aspettare un ottimo risultato. Ma se dal punto di vista della sicurezza alimentare, dell’insegnare ai bambini la stagionalità, nell’incentivare e promuovere la filiera italiana e la biodiversità, non abbiamo nulla da aggiungere, lo stesso non possiamo dire del piano della sostenibilità ambientale a livello di imballaggi.
La frutta e la verdura infatti sono distribuiti in sacchetti di plastica e molti nostri lettori ci hanno inviato delle foto che mostrano i prodotti a fette nella plastica. Ma se pensiamo per un attimo ai numeri che il progetto tocca, non possiamo non allarmarci su quanta plastica viene prodotta ogni anno.

Perché mettere la frutta nei sacchetti di plastica?

Tonnellate di plastica difficili da smaltire e che spesso poi, finiscono nell’ambiente distruggendo la biodiversità e uccidendo i nostri amici animali. Ma si può insegnare da una parte una corretta alimentazione e dall’altro non pensare al problema dell’inquinamento plastico? 
Lo scorso anno, greenMe.it aveva lanciato la campagna social #svestilafrutta proprio contro l'abuso degli imballaggi in plastica, perché anche all'epoca c'eravamo chiesti: ha senso confezionare frutta e verdura che già per natura, grazie alla buccia, hanno una loro protezione? 
Tornando alla campagna ministeriale, sul sito poi si parla di prodotti a filiera corta e km zero, ma questi prodotti non solo sono tagliati a fette, ma contengono antiossidanti per evitare che si rovinino prima del consumo. Ricordiamo che ogni anno vengono spesi 3,6 milioni di euro per portare frutta e verdura nelle nostre scuole, ma già dallo scorso anno le polemiche non sono mancate, adesso a ridosso di una nuova distribuzione, il dibattito è infuocato.
Allora ci chiediamo, questa bellissima iniziativa, piuttosto che prevedere frutta a fette imbustata e tagliata a pezzetti con rischio di contaminazione e muffa, non potrebbe essere distribuita senza packaging e soprattutto intera senza bisogno di antiossidanti?
fonte: www.greenme.it

Campagne contro lo spreco alimentare: non tutte funzionano. Apporre manifesti e richiami al buon senso non basta





















Per ridurre lo spreco alimentare nei luoghi come le mense scolastiche dove ci si può servire senza limitazioni (all you can eat) non basta apporre manifesti e richiami al buon senso. Campagne basate solo su questi mezzi possono contribuire ad aumentare la consapevolezza e quindi a migliorare leggermente il comportamento, ma non incidono realmente sullo spreco.
Lo dimostra uno studio condotto dai ricercatori dell’Università dell’Illinois di Urbana-Champaign, che hanno pubblicato su Resources, Conservation and Recycling quanto osservato in due mense locali che servono circa 10.000 studenti universitari l’una, durante il semestre autunnale del 2016. Nessuno dei ragazzi sapeva di essere osservato, e tutti si sono trovati davanti manifesti contro lo spreco alimentare posizionati nelle sale,  attaccati alle colonne e all’entrata dei locali. Anche sui tovaglioli erano riportati  messaggi specifici.  Per poter avere un campione di controllo in altri locali-mensa del tutto simili non era stato apposto alcun messaggio
Nel frattempo, gli esperti di comportamento e alimentazione verificavano quanto veniva scelto dai buffet e quanto poi veniva sprecato. Il risultato è stato deludente. Se prima dell’esperimento ogni studente buttava via  in media 88 grammi di cibo per ogni pasto; dopo la campagna lo spreco era diminuito di pochi grammi, arrivando a 84 circa.
Valutato su una settimana, il risparmio medio di cibo in una mensa del genere potrebbe arrivare a 34 kg di cibo, ma resta il fatto che per avere un effetto realmente incisivo bisognerebbe fare molto di più, e che la qualità dell’azione dipende anche molto dal tipo di alimenti buttati o meno. Per esempio – suggeriscono gli autori – bisognerebbe stabilire porzioni obbligate ed evitare il più possibile i prezzi bassi a fronte di consumo illimitato di cibo, e trattare le calorie pregiate in modo diverso da quelle vuote o di bassa qualità.
fonte: www.ilfattoalimentare.it

Nelle scuole di Bologna la borsa anti-spreco per portare a casa il cibo avanzato dalla mensa

La lotta agli sprechi alimentari a Bologna parte dalle scuole. Agli studenti delle primarie e secondarie di primo grado da pochi giorni è stata donata uno speciale sacchetto resistente e lavabile per portare a casa il cibo avanzato: è la “Borsa Salvaspreco”.


















Questa buona abitudine si sta diffondendo sempre di più al ristorante, ma adesso fa capolino anche nelle scuole bolognesi grazie alla società Ribò, che si occupa di servire gli oltre 20mila pasti nelle scuole del capoluogo emiliano, in collaborazione col Comune, la Ausl e Last Minute Market.
Nei giorni scorsi infatti è stato lanciato il progetto Io non spreco, un'ampia campagna di sensibilizzazione utile a far capire ai bambini quanto sia importante non gettare il cibo non consumato.
A tutti i piccoli studenti bolognesi è stata data una speciale busta riutilizzabile per portare a casa tutto quello che a scuola non sono riusciti a consumare, dalla frutta al pane alle merendine. Per garantire la sicurezza alimentare, però, non potrà essere usata per prodotti refrigerati o sfusi, come lo yogurt, il parmigiano, la pizza, la focaccia e la ciambella. Oltre ai bambini, è stata richiesta anche la collaborazione dei genitori in modo da garantire il corretto utilizzo dei sacchetti.

E gli studenti sembrano apprezzare. Ogni giorno lasciano le scuole con la loro bustina piena di alimenti, soddisfatti e consapevoli del piccolo ma grande gesto a favore dell'ambiente.
"Gli obiettivi della campagna mirano a ridurre lo spreco alimentare, riconoscere il valore del cibo, promuovere la raccolta differenziata e il rispetto per l'ambiente e rimarcare l'importanza della corretta alimentazione" si legge sul sito ufficiale.
Non solo buste. Alle scuole sono stati forniti anche poster e tovagliette e destinati ai refettori con messaggi e illustrazioni volti a valorizzare e promuovere le buone pratiche di lotta alla spreco alimentare.
Anche le scuole dovranno fare la loro parte contro gli sprechi: esse potranno infatti donare pane, frutta, latte UHT e prodotti non deperibili confezionati.
fonte: www.greenme.it

“A scuola compostiamoci bene”: il nuovo progetto di educazione ambientale nelle scuole di Capannori

















CAPANNORI – Prenderà il via all’inizio dal mese di aprile un nuovo progetto di educazione ambientale nelle scuole di Capannori realizzato dall’amministrazione Menesini in collaborazione con Ascit e nato da un’idea della Commissione Mensa di Capannori.

Si chiama ‘A scuola compostiamoci bene’ e sarà realizzato in via sperimentale in quattro scuole pilota dell’Istituto Comprensivo di Capannori: la scuola primaria di Capannori ‘Amalia Del Fiorentino, la scuola secondaria di primo grado ‘Carlo Piaggia’, la scuola dell’infanzia di Colognora e la scuola primaria di Pieve San Paolo. Scuole che possiedono un orto al loro interno grazie al progetto ‘Orto in condotta’ dove sarà installata una compostiera per trasformare i rifiuti organici del pranzo e gli scarti verdi dei propri orti in fertilizzante naturale.

L’obiettivo è quello di insegnare alle nuove generazioni la pratica del compostaggio e la prevenzione dei rifiuti organici da attuare a scuola e da replicare per chi ne ha la possibilità anche a casa incrementando così anche la conoscenza e la sensibilità delle famiglie su questa importante pratica – spiega l’assessore all’ambiente, Matteo Francesconi -. Una pratica che permette di unire numerosi vantaggi ambientali, quali soprattutto il mancato trasporto del materiale ad impianti di trattamento, spesso distanti, e l’arricchimento dei terreni con prezioso nutrimento organico. Il compostaggio ha un importante valore educativo mostrando come gli elementi naturali possono trasformarsi in un problema ambientale se mal gestiti o in una preziosa risorsa se gestiti con intelligenza. Un’ ottima occasione per affrontare le tecniche di riciclo a scuola e per imparare ad imitare la natura che non produce rifiuti ma solo nuovi nutrienti. Il progetto è realizzato in sinergia con gli orti scolastici per valorizzare appieno le potenzialità dell’humus prodotto con il compostaggio. L’obiettivo è quello di estendere il progetto anche ad altre scuole nei prossimi mesi. Ringrazio la commissione mensa di Capannori per averci suggerito questo nuovo percorso educativo”.

Il progetto prevede anche momenti di formazione in classe per studenti e docenti che vedranno la partecipazione dell’assessore all’ambiente Matteo Francesconi e di operatori di Ascit.

fonte: https://www.loschermo.it

La lotta allo spreco alimentare nelle mense di scuole, ospedali e aziende. Le linee guida del Ministero della salute Dgisan



















Lo spreco alimentare è un problema con importanti risvolti sociali e ambientali, per questo va affrontato lungo l’intero “ciclo di vita” del cibo, dai campi alla tavola. Il problema interessa soprattutto le mense (comprese quelle scolastiche e ospedaliere), che secondo alcune stime sarebbero responsabili del 14% di tutto il cibo sprecato nell’Unione europea. Per questo motivo la Direzione generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e della nutrizione (Dgisan) del Ministero della salute ha redatto delle linee guida rivolte ad aziende ed enti che operano nella ristorazione collettiva per prevenire e ridurre lo spreco.
La questione è particolarmente problematica nella ristorazione ospedaliera, che solo in Italia somministra 269 milioni di pasti l’anno, un terzo dei quali (31,2%) viene sprecato. Il paradosso è che troppo spesso lo stato nutrizionale dei pazienti peggiora durante il ricovero, anche se le cause non riguardano solo la qualità del pasto. Il motivo di tanto spreco è da ricercare nella diffusa mancanza di attenzione verso le caratteristiche organolettiche e nutrizionali dei piatti e nelle diverse esigenze cliniche e terapeutiche dei pazienti.
Per questa ragione il Dgisan consiglia di migliorare la pianificazione dei pasti, ottimizzando l’acquisto di una giusta quantità di materie prime grazie al contributo di una procedura di prenotazione individuale, semplificata e flessibile, oltre a progettare menu per i pazienti che seguono determinate diete con un numero ridotto di scelte e porzioni differenti. È necessario anche formare il personale di cucina e di reparto su come ridurre gli sprechi, e sensibilizzare i pazienti e i familiari. 
Anche nelle mense scolastiche viene gettata via una quantità significativa di cibo perfettamente commestibile. Secondo l’audizione Oricon il 12,6% dei pasti non viene consumato, il picco maggiore si raggiunge con i contorni (22%), quindi con la verdura. Il problema è che nelle scuole non esiste un rilevamento sistematico dello spreco. Il monitoraggio è importante e secondo le linee guida va implementato anche con il coinvolgimento degli studenti, attraverso momenti di educazione e sensibilizzazione, accanto a percorsi di formazione per gli insegnanti.

mensa scuola
Secondo l’audizione Oricon, nelle mense scolastiche viene gettato in media il 12% dei pasti

Secondo il Ministero della salute, sarebbe auspicabile avvicinare il più possibile i centri cottura alle scuole servite, anche se negli ultimi anni la tendenza è stata quella di chiudere le cucine nei singoli edifici delegando la produzione dei pasti a cucine centralizzate in grado di servire più scuole. Si consiglia anche di inserire una seconda razione di frutta e utilizzare gli avanzi giornalieri di frutta, pane e budini del pranzo per preparare la merenda del giorno dopo, oppure di darli ai ragazzi per portarli a casa. Sarebbe necessario anche rendere i locali mensa più accoglienti e adeguati al consumo dei pasti.
Le mense aziendali, invece, tendono ad avere la percentuale minore di spreco di cibo (solo il 2-3%), proprio perché sono gestite da ditte esterne che hanno interesse a ridurre i costi. Si registra comunque un aumento degli sprechi laddove il pasto è totalmente gratuito, e la cosa non sorprende.
Per quanti riguarda la ristorazione aziendale, il Dgisan raccomanda di migliorare la programmazione degli acquisti delle materie prime e di utilizzare tutti gli strumenti possibili (come gli abbattitori) per ridurre le eccedenze della cucina. È importante promuovere la collaborazione tra cuochi e dietisti per elaborare menu equilibrati, ma allo stesso tempo appetibili, promuovere il riuso degli avanzi e prevedere la possibilità di realizzare porzioni con dimensioni differenti per assecondare le esigenze dei commensali.
Quando non si riesce a evitare lo spreco sarebbe opportuno  favorire una sinergia tra i gestori delle mense, i servizi sociali dei comuni e gli enti di volontariato per distribuire i pasti avanzati. Per il cibo che invece resta nel piatto, invece, il destino è quello del compostaggio.
fonte: www.ilfattoalimentare.it

Stop al monouso, alla mensa scolastica di Poggibonsi arrivano i piatti di ceramica

Stop al monouso, alla mensa scolastica di Poggibonsi arrivano i piatti di ceramica


























Sono già utilizzati in alcune scuole i piatti di ceramica e i bicchieri di vetro, che vanno a sostituire quelli monouso finora disponibili. E’ l’ultima delle novità introdotte nel servizio di mensa scolastica nell’ambito degli investimenti a cura di CIR Food previsti nel capitolato di gara. “Un percorso di rinnovamento – dice l’assessore alle Politiche Educative Susanna Salvadori - che ha preso il via all'inizio dell'anno scolastico con una serie di migliorie e lavori strutturali. Investimenti che procedono gradualmente e che devono ancora completarsi”. Fra le ultime novità c’è proprio l'introduzione di piatti di ceramica e bicchieri di vetro. Il servizio (con lavaggio stoviglie) è già iniziato presso la scuola Bernabei (dove è stata realizzata la nuova zona lavaggio), la Vittorio Veneto (dove è stata allestita la zona lavaggio con due macchine lavastoviglie) e la Calamandrei (dove è stata allestita la zona lavaggio). A breve si procederà con ulteriori implementazioni sotto questo profilo, e anche con l’introduzione di pannelli acustici laddove previsto. Sempre in tema di investimenti si è concluso nelle scorse settimane il cantiere di ristrutturazione della cucina comunale con installazione di nuove attrezzature, lavori per la dispensa e realizzazione di spogliatoi e servizi per i dipendenti. Un intervento che si aggiunge ad altri realizzati nei mesi scorsi, per complessivi 264mila euro, tutti a cura di CIR food e realizzati con progettazione concordata con l’Amministrazione.

Investimenti che si sono accompagnati ad altre novità sul servizio. “C’è un lavoro costante e condiviso con il Comitato Mensa – dice Salvadori - che ci ha portato ad esempio ad introdurre nuovi menu per migliorare il gradimento e valorizzare una corretta alimentazione”. “Sotto questo profilo – dice l’assessore che ha fatto nelle scorse settimane assaggi a sorpresa in più di una scuola – le verifiche sono costanti”.

Altro elemento di novità dell’anno in corso è stato l’introduzione di “Mensa clic”, sistema di rilevazione pasti realizzato per rendere più semplice e veloce la procedura. Anche in questo caso il sistema è stato introdotto per step e ad oggi sono già 1350 gli utenti iscritti al portale. “Tante novità – chiude l’assessore - finalizzate a migliorare sotto tutti gli aspetti questo servizio su cui la nostra attenzione è sempre costante”.

fonte: http://www.sienafree.it

Gamella in mensa, crollano i rifiuti
















È bastato un “sì” al contenitore da riutilizzare per i pasti alla mensa scolastica per non buttare più 22 sacchi di stoviglie in plastica ogni settimana.
L’uso del lunch box alla mensa della scuola primaria Perlasca, che accoglie anche i ragazzi della secondaria di primo grado, è diventato realtà dal mese di febbraio. Lo scodellamento avviene servendo le porzioni in un contenitore infrangibile, con separatori per non mescolare i cibi, lavabile e riutilizzabile, dotato di posate e bicchiere. Il tutto deposto sul vassoio da self service protetto da una tovaglietta usa e getta, più un tovagliolo di carta. Dopo l’uso, il kit è riportato a casa lo stesso giorno per essere lavato, il vassoio rimane in mensa e i tovaglioli sporchi sono gettati tra i rifiuti.
La soddisfazione del risultato raggiunto è assaporata da famiglie, personale scolastico, operatori del servizio mensa e studenti.
Aboliti piatti, bicchieri, forchette, coltelli, cucchiai usa e getta, ora si smaltiscono settimanalmente due - tre sacchi grandi di plastica e non più 22, mentre il secco indifferenziato è sceso da quattro a due.
Si sta parlando dei rifiuti prodotti dai 640 ragazzi ripartiti in due turni che settimanalmente usufruiscono del servizio mensa: della primaria a tempo pieno, più quelli che pranzano a scuola solo il martedì; della secondaria iscritti al doposcuola che arrivano per pranzare alle 14.
«Se guardiamo al peso della plastica prodotta dall’intero Comune – precisa l’assessore all’Ecologia e Ambiente, Alberta Caldaro – con l’introduzione di questa novità la riduzione non è rilevante ma ha una grande valenza educativa. Si inserisce infatti in un percorso già avviato sul tema della sostenibilità proposto con differenti attività ai ragazzi e con lezioni di educazione ambientale promosse con Soraris».
«Mio figlio che frequenta la primaria per il secondo anno ne parla con entusiasmo – racconta una mamma – il lunch box acquistato nello stesso modello per tutti i ragazzi è una novità colorata che lui deve custodire con cura». Le tavole bianche appaiono variopinte perché i bicchieri hanno colori diversi. Poi ci sono le caraffe dell’acqua, poiché si utilizza quella di rubinetto, comunque controllata e che non produce bottiglie di plastica da smaltire.
«La riduzione dei rifiuti parte dalla prevenzione ed è prioritaria per le Pubbliche amministrazioni – continua Caldaro -. Le azioni utili sono il riutilizzo, il riciclo, il recupero e infine lo smaltimento. Il Comitato genitori ha collaborato, sostenuto e condiviso l’iniziativa attraverso alcuni incontri, incominciando con il presidente del Comitato, Alan Rossi e il gruppo ristretto prima di coinvolgere le famiglie. Per apprendere le dinamiche è servito da punto di riferimento il Comune di Vicenza che aveva già fatto sperimentazione nelle scuole. Infine, tutte le linee guida nazionali in materia di raccolta differenziata stabilite dal Decreto legislativo 152 del 2006».

fonte: http://www.ilgiornaledivicenza.it

Biella lancia la task force contro gli sprechi di cibo: incentivi agli enti che lo regaleranno ai poveri

Rimborso dell’Iva e sconti sulla tassa rifiuti a chi donerà alimentari e farmaci
















Lotta allo spreco alimentare: Biella dà il via a un tavolo di lavoro in applicazione della legga Gadda del 2016. L’obiettivo è trasformare le «eccedenze» in una risorsa, dando vita a un’operazione che potrebbe tradursi in un aiuto concreto alle famiglie in difficoltà, oltre a rappresentare un risparmio sulle bollette della tassa rifiuti anche delle piccole attività che decideranno di aderire al progetto. E tra i primi che si dicono disposti a mettersi in gioco per fare decollare l’iniziativa in provincia ci sono empori della Caritas, ma anche associazioni e qualche Comune. 

LE DONAZIONI  
La legge Gadda dà la possibilità a enti pubblici o privati che aderiranno all’iniziativa, di donare le proprie eccedenze «a soggetti indigenti o all’alimentazione degli animali», recita la legge. Nel dettaglio potranno essere donati prodotti alimentari e prodotti farmaceutici. Per quanto riguarda gli alimentari, per esempio sia gli invenduti, che quelli che vengono scartati dalla catena agroalimentare «per ragioni commerciali o estetiche, piuttosto che per prossimità della data di scadenza». E tra i soggetti che hanno deciso di sedersi attorno al primo tavolo di lavoro ci sono gli empori della Caritas di Biella, Cossato e del Villaggio La Marmora, i Comuni di Biella, Trivero e Cossato, la cooperativa Valdocco, il banco alimentare, la Caritas, l’Iris, la cooperativa Giovanni XXIII, l’associazione La Rete e il Cerino Zegna. 

AZIONI  
Entusiasta il presidente del Ctv che coordina il progetto Andrea Pistono: «Eravamo poco meno di una trentina di persone. Non male come inizio, anche perchè alcune non sono potute venire ma so quasi con certezza che parteciperanno. In questa prima riunione abbiamo messo a fuoco un elenco di azioni che dovremo fare per fare decollare il progetto». Tra le prime ci sono la mappatura delle attività della grande distribuzione che potrebbero venire coinvolte, i punti di stoccaggio e i vantaggi fiscali che potrebbero ottenere i commercianti che danno la propria adesione. L’applicazione della legge prevede la possibilità di recuperare l’Iva sui prodotti donati e sconti sulla tassa rifiuti da parte dei Comuni. «Per quanto riguarda le piccole attività - continua Pistono - chiederemo la collaborazione delle associazioni di categoria perchè sono tante e non sapremo come contattarle tutte». 

I FARMACI  
Rimandato per il momento il discorso sulla donazione di farmaci: «È un discorso piuttosto complesso - spiega il presidente del Ctv - che preferiamo affrontare dopo quello alimentare». Tra le questioni da mettere a fuoco c'è poi anche quella della mensa delle scuole: «Vorremmo capire - conclude Pistono - se c’è possibilità di recuperare quanto avanza dal pranzo servito agli studenti e quanto dalle cucine che preparano i pasti». 

fonte: www.lastampa.it

La bio mensa a km zero



























Non il semplice inserimento di prodotti bio nel menu dei bambini, ma la rivoluzione a tavola, nella scuola. A Melpignano prende il via il primo progetto sperimentale pugliese di una mensa a km0 con prodotti rigorosamente da agricoltura naturale.
Una scelta doppiamente etica: da un lato, punta ad educare chi è in tenera età a riconoscere la bontà e il valore del cibo sano; dall’altro, serve ad alimentare la centralità dei contadini salentini e il loro impegno a coltivare in modalità biologica o comunque organica (senza chimica). Stavolta, insomma, sono i piccoli ad aiutare i grandi.
Il progetto sperimentale partirà da gennaio nella scuola dell’infanzia e sarà presentato ufficialmente domenica 3 dicembre, alle ore 11, in piazza San Giorgio, a Melpignano, nell’ambito del “Mercato del giusto”, il mercatino “della terra, per la terra” attivo già dalle ore 9.30. Alle 11, si terrà la tavola rotonda “La terra, il cibo, l’economia” con Francesca Casaluci, referente della Rete Salento km0; Enrica Saracino, dirigente dell’Istituto comprensivo di Corigliano d’Otranto; Guido Stefanelli, presidente della coop. Nuova Era, che gestisce il servizio mensa; Ivan Stomeo, sindaco di Melpignano; Angelo Salento, docente di sociologia economica all’Università del Salento. Seguirà, alle 12, “Suona mezzogiorno!”, aperitivo musicale con Massimo Donno e la Banda de lu mbroia- Viva il Re! (In caso di maltempo, l’intero appuntamento è rinviato al 10 dicembre).
Il progetto. È il frutto di una vera sinergia tra amministrazione, Istituto comprensivo di Corigliano d’Otranto e gestore del servizio. Saranno 41 gli alunni coinvolti e i genitori saranno i primi a testare concretamente la qualità dell’offerta, il mese prossimo, sedendosi a mensa con i loro figli. Gli assessorati all’Ambiente, alla Scuola e ai Servizi sociali del Comune di Melpignano hanno messo a punto la proposta. Il primo passo è stato il coinvolgimento della Rete Salento Km0, che riunisce associazioni, aziende, contadini che praticano agricoltura naturale. Dodici di loro hanno risposto ad una manifestazione d’interesse, indicando quali materie prime poter fornire tra quelle indicate dalla Asl di Lecce: legumi, farine, prodotti da forno, ortaggi, frutta. Si sono, inoltre, impegnati a garantire le forniture nel tempo, collaborando tra loro. “Il nostro circuito fornirà prodotti locali, naturali e solidali. Questi tre aggettivi – dice Francesca Casaluci, referente della Rete SalentoKm0 – connotano la produzione di chi lo scorso giugno ha sottoscritto il ‘Manifesto per l’Agricoltura Naturale’ nel Salento, un’agricoltura che non utilizza prodotti chimici, che rigenera la terra e rispetta la dignità dei lavoratori agricoli. Quale luogo migliore della scuola per promuovere il valore della filiera locale sostenibile?”.
Gli obiettivi. La cicoria e i broccoli che arrivano da Tricase, le farine dai campi di grano di Castiglione e di Otranto, ceci e lenticchie da Zollino e così via. Quella di Melpignano è un’esperienza inedita in Puglia. E l’auspicio è che si possa estendere il raggio: la sola cooperativa sociale Nuova Era gestisce altre 23 mense, per un totale di circa duemila pasti al giorno. “Questo progetto è una sfida, che parte dalla cura dei più piccoli. L’idea – spiega la vicesindaca con delega all’Ambiente, Valentina Avantaggiato – è quella di plasmare un modello, replicabile in altri comuni e realtà, perché tutti abbiamo il diritto di mangiare bene, per stare bene.  Non solo, fare agricoltura organica e sostenibile non è una scelta marginale ma può essere, al contrario, punto di partenza per nuove e floride economie. Anche la Regione potrebbe fare la sua parte, promuovendo incentivi per gli enti locali a fronte di un maggiore sostegno alle filiere agricole sostenibili e prive di pesticidi, specie a tutela delle famiglie più svantaggiate”.
I mesi di sperimentazione serviranno anche a studiare le modalità di costruzione di un bando in cui il “km0-biologico e sostenibile” possa diventare criterio riconosciuto. Se così fosse, anche i contadini potrebbero iniziare a programmare le produzioni, rispondendo alle esigenze di un settore in continuo sviluppo, sforzandosi di fare rete per compensare le piccole dimensioni, crescendo collettivamente. Si creerebbe un circuito virtuoso e organizzato, con un ritorno importante per il Salento. Un progetto che parte da lontano. La bio-mensa etica e a km0 ha radici profonde. “Il Comune da tempo ha avviato nella scuola Primaria un progetto finalizzato alla conoscenza dei cereali autoctoni: Semina il pane. Così – racconta Enrica Saracino, dirigente scolastica – i bambini, coadiuvati dalle maestre e da adulti esperti, hanno potuto assistere e partecipare alle diverse fasi del ciclo di vita del grano, dal seme al pane appunto. Prendendo spunto da ciò, l’Istituto Comprensivo di Corigliano d’Otranto ha caratterizzato l’attività didattica trasversale dell’anno impegnandosi a favore di un’alimentazione sana, legata all’economia biologica e locale. ‘Dalla terra alla tavola. Dal passato al futuro’ è il tema che unisce idealmente le riflessioni e i compiti di realtà di tutte le classi in questo anno scolastico”.
Da oltre un anno, poi, Melpignano ospita “Dalla Napuli piccinna al Mercatino del Giusto”, il mercatino dei contadini; ha avviato la sperimentazione della tosatura del verde attraverso l’impiego di un asino di Martina Franca; da dicembre attiverà il servizio civile “Love EAT” dedicato proprio al cibo, alla corretta alimentazione, alla mappatura dei terreni incolti. Dagli anni Ottanta, inoltre, ha destinato appezzamenti pubblici ad orti sociali.
Mense bio e a km0, queste sconosciute (al Sud). In principio fu Cesena, nel 1986, apripista in ambito internazionale con la prima mensa scolastica bio-mediterranea. Trent’anni dopo, nel 2016, il censimento BioBank ne ha contate 1.288, con un incremento del 7,7 per cento rispetto al 2012 e un numero di 1,2 milioni di pasti al giorno. Le province leader, tuttavia, sono tutte al nord: per densità (n. attività/ 1 mln abitanti), Trento, Udine, Piacenza, Gorizia, Pordenone. Alcune Regioni, come Veneto e Lombardia, si sono già dotate di proprie leggi per regolamentare il settore. Quest’anno, a maggio, il governo ha previsto un emendamento alla manovrina promosso dal ministro Maurizio Martina, creando un fondo pluriennale da 44 milioni per diffondere l’uso del bio nella ristorazione scolastica e ridurre i costi a carico degli studenti. Lo sforzo che Melpignano compie prova a fare un passo in avanti: non solo prodotti naturali, ma anche necessariamente locali. Anche per dare una mano all’economia etica del territorio.
Fonte: Teleramanews