Questa concentrazione riferisce la rivista “è complessa da ritenere puramente incidentale” spiega Alberto Ritieni, docente di Chimica degli alimenti alla facoltà di Farmacia dell’Università Federico II. Una delle ipotesi è che i piatti possano essere stati fabbricati con sostanze compatibili con i Pfas (per-fluoro-alchili) per conferirgli una forte capacità di impermeabilizzazione da oli e grassi, tanto più necessaria per stoviglie compostabili e non in plastica, che altrimenti non sarebbero in grado di resistere ai liquidi e alle pietanze umide e calde. Il rischio per la salute di questa presenza, però, è oramai chiaro e innegabile: la Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ha definito i Pfas come potenziali cancerogeni (Pfoa, Gruppo 2B), e interferenti endocrini (ormonali). E c’è chi è già intervenuto: la Danimarca, per esempio, ne ha proibito l’uso in imballaggi e nei materiali a contatto con gli alimenti in carta e cartone.

Un prodotto “compostabile 100%” potrebbe contenere sostanze chimiche indistruttibili che trasformate in compost-terriccio tornerebbero nella catena alimentare attraverso l’agricoltura
L’Italia invece ancora non ha fatto alcun passo. C’è da sperare che dopo i sospetti sollevati dal test del Salvagente, le aziende e le nostre autorità sanitarie intervengano, tanto per verificare se si tratta della presenza di Pfas e se c’è il rischio di cessione agli alimenti, quanto per seguire la via danese di un divieto che sembra urgente, visti i pericoli per la fascia più debole della popolazione. L’alternativa, come dimostrano le nostre analisi, c’è già oggi se è vero che in un bicchiere non sono state trovate tracce sospette. “Gli effetti sull’ambiente per la presenza di fluoro in un contenitore compostabile devono essere compresi non solo per quanto riguarda la salute, attraverso il contatto con il cibo e le bevande ingerite, ma anche per quanto concerne l’ambiente”.
Il destino di questi piatti “usa e getta” è lo stesso in tutto il Belpaese: vengono conferiti nei siti di compostaggio. Basti pensare che solo a Roma su 150mila pranzi scolastici al giorno oltre 40mila sono fatti con “usa e getta”. Eco allora che un prodotto simbolo dell’economia circolare, il “compostabile 100%” potrebbe contenere sostanze chimiche indistruttibili che trasformate in compost-terriccio tornerebbero nella catena alimentare attraverso l’agricoltura. Pietro Paris è il responsabile sezione Sostanze pericolose dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che dichiara: “Posso ipotizzare a livello teorico, che composti per-fluoro-alchilici possano essere usati in tali piatti per conferire alla superficie proprietà quali l’idrorepellenza. In questo caso – che andrebbe approfondito con ulteriori test – troverei tuttavia una forte contraddizione tra la dichiarata biodegradabilità degli articoli e l’uso di sostanze altamente persistenti, che seppure in concentrazioni basse, sarebbero chiaramente incompatibili in prodotti biodegradabili”.
fonte: www.ilsalvagente.it
L’Italia invece ancora non ha fatto alcun passo. C’è da sperare che dopo i sospetti sollevati dal test del Salvagente, le aziende e le nostre autorità sanitarie intervengano, tanto per verificare se si tratta della presenza di Pfas e se c’è il rischio di cessione agli alimenti, quanto per seguire la via danese di un divieto che sembra urgente, visti i pericoli per la fascia più debole della popolazione. L’alternativa, come dimostrano le nostre analisi, c’è già oggi se è vero che in un bicchiere non sono state trovate tracce sospette. “Gli effetti sull’ambiente per la presenza di fluoro in un contenitore compostabile devono essere compresi non solo per quanto riguarda la salute, attraverso il contatto con il cibo e le bevande ingerite, ma anche per quanto concerne l’ambiente”.
Il destino di questi piatti “usa e getta” è lo stesso in tutto il Belpaese: vengono conferiti nei siti di compostaggio. Basti pensare che solo a Roma su 150mila pranzi scolastici al giorno oltre 40mila sono fatti con “usa e getta”. Eco allora che un prodotto simbolo dell’economia circolare, il “compostabile 100%” potrebbe contenere sostanze chimiche indistruttibili che trasformate in compost-terriccio tornerebbero nella catena alimentare attraverso l’agricoltura. Pietro Paris è il responsabile sezione Sostanze pericolose dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che dichiara: “Posso ipotizzare a livello teorico, che composti per-fluoro-alchilici possano essere usati in tali piatti per conferire alla superficie proprietà quali l’idrorepellenza. In questo caso – che andrebbe approfondito con ulteriori test – troverei tuttavia una forte contraddizione tra la dichiarata biodegradabilità degli articoli e l’uso di sostanze altamente persistenti, che seppure in concentrazioni basse, sarebbero chiaramente incompatibili in prodotti biodegradabili”.
fonte: www.ilsalvagente.it
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