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Stoviglie in bambù presto vietate in Svizzera: possono rilasciare sostanze pericolose

 



Le stoviglie in bambù saranno presto vietate in Svizzera, perché possono essere dannose per la salute dei consumatori. Pubblicizzati come un’alternativa ecologica e vegetale a piatti e bicchieri di plastica, in realtà questi prodotti sono realizzati miscelando le fibre di bambù con resine e polimeri plastici, che possono contaminare gli alimenti con sostanze pericolose, come melammina e formaldeide. Di conseguenza, non sono nemmeno biodegradabili, né compostabili. Non è ancora stata annunciata la data precisa in cui entrerà in vigore il divieto, ma è stato confermato dall’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (Usav) a RSI. La decisione è arrivata dopo un’indagine del Servizio del consumo e degli affari veterinari (Scav) del cantone di Ginevra dai risultati preoccupanti.

Gli ispettori hanno prelevato 88 campioni di stoviglie realizzate con fibre vegetali, tra cui quelle in bambù, e li hanno analizzati alla ricerca di una quarantina di sostanze, tra cui formaldeide, melammina e interferenti endocrini. Per questi ultimi, i controlli non hanno rivelato irregolarità, ma non è così per le altre due sostanze. Il 38% delle stoviglie in bambù è risultato infatti fuori norma per il superamento dei limiti di formaldeide o melammina, sostanze alla base della resina plastica utilizzata per la fabbricazione di questi prodotti. 



La Svizzera ha deciso di vietare le stoviglie in bambù perché possono rilasciare nel cibo sostanze pericolose per la salute

Quando vengono scaldate o entrano in contatto con alimenti acidi, come il limone, l’aceto o il pomodoro, le stoviglie realizzate con questi polimeri possono liberare formaldeide e/o melammina, che così possono contaminare il cibo ed essere ingerite dai consumatori. La formaldeide è considerata dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) come una sostanza cancerogena per gli esseri umani (gruppo 1), mentre la melammina può causare lesioni ai reni.

Chi utilizza questo tipo di stoviglie può prendere alcune precauzione per ridurre i rischi. Come spiegano gli esperti dello Scav di Ginevra, è opportuno rispettare scrupolosamente le condizioni di utilizzo previste dal produttore: “con certi tipi di materiali, il riscaldamento, l’uso del microonde o tempi di contatto prolungati con gli alimenti sono sconsigliati perché ciò favorisce la migrazione di contaminanti nel cibo.”

Nel 2020 anche Altroconsumo aveva analizzato diverse stoviglie in bambù,

riscontrando il rilascio di formaldeide e melammina, anche se al di sotto i limiti di legge, e lo stesso problema era stato sollevato dall’Ufficio federale tedesco per la valutazione del rischio (BfR), che ne aveva sconsigliato l’uso per bevande e alimenti caldi. La Svizzera, dopotutto, non è il primo Paese a vietare il commercio delle stoviglie in bambù. Decisioni analoghe sono state prese da altri sei stati europei, cioè Austria, Finlandia, Danimarca, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo.

fonte: www.ilfattoalimentare.it


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Plastics tax anche in Svizzera?

La proposta di legge è stata approvata da uno dei due rami del Parlamento elvetico nonostante il parere contrario del Governo.




La camera bassa del Parlamento svizzero, il Consiglio Nazionale, ha approvato con 104 voti favorevoli, 77 contrari e 5 astensioni la proposta di una nuova imposta destinata a colpire gli imballaggi contenenti meno del 25% di plastica riciclata, che potrebbe entrare in vigore prima del 2025.
L'obiettivo è favorire una valorizzazione del materiale post-consumo grazie ad un incremento della domanda di materiale rigenerato e, conseguentemente, delle attività di riciclo. I proventi dell'imposta, nelle intenzioni dei proponenti, saranno reinvestiti nella valorizzazione delle plastiche riciclate.

La decisione non è in linea con l'orientamento del Governo, che ha invitato il plenum a bocciare l'atto, ricordando che l'Amministrazione federale sta agendo secondo diversi mandati del Parlamento relativi alla gestione dei rifiuti plastici, tra cui la possibilità di obbligare i produttori e i commercianti a utilizzare imballaggi prodotti con materiali riciclabili.

Ora la proposta passa al secondo ramo del Parlamento, il Consiglio degli Stati, dove sono rappresentati i Cantoni svizzeri.

fonte: www.polimerica.it


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Quali stoviglie negli eventi?

Uno studio commissionato dal Canton Ticino analizza l’impatto ambientale di diverse alternative per il catering di fiere o sagre.










Il cantone svizzero del Ticino ha pubblicato una analisi sugli impatti ambientali delle stoviglie utilizzate nel corso di eventi come fiere o sagre, ovviamente ’tagliato' sul sistema di gestione rifiuti presente nella regione. La ricerca ha messo a confronto le principali opzioni disponibili, quali stoviglie monouso in plastica e in bioplastica, stoviglie riutilizzabili in plastica (polipropilene e melammina) e in altri materiali (ceramica, vetro e metallo).

Il documento (scaricabile QUI) si inquadra negli obiettivi sanciti dalla Confederazione nel piano di attuazione dell’Agenda 2030, nell’ottica di uno sviluppo più sostenibile e rispettoso delle risorse, ma va visto anche alla luce della decisione presa dalle autorità ticinesi il 22 giugno scorso che vieta l'utilizzo di stoviglie di plastica monouso (non biodegradabili o riciclabili) a partire dal 1° gennaio 2023.




Secondo lo studio, il passaggio dalle stoviglie monouso a quelle riutilizzabili (la soglia per rientrare in questa categoria è di almeno 20 volte) può rappresentare un vantaggio ambientale in termini di impronta di carbonio, dalla produzione al fine vita, a condizione che venga massimizzato il numero di riutilizzi, minimizzato il peso delle stoviglie e selezionato il materiale che presenta un minore impatto ambientale.
Considerando 20 utilizzi, l’adozione di stoviglie riutilizzabili in polipropilene (PP) risulta più vantaggiosa rispetto alle stoviglie monouso e di quelle in melammina.
Con un basso numero di riutilizzi, ad esempio 5, non risulta invece conveniente dal punto di vista ambientale passare dalle stoviglie monouso a quelle riutilizzabili, mentre a partire da un numero molto alto (ad esempio 100) il beneficio ambientale offerto dalle riutilizzabili diventa indipendente dal peso e dal materiale.

L’utilizzo di stoviglie in materiali non plastici (ceramica, vetro e metallo) si colloca come impronta di carbonio a metà strada tra le stoviglie riutilizzabili in polipropilene e quelle in melamina, senza dimenticare che l’uso di stoviglie in vetro o ceramica potrebbe comportare criticità in termini di sicurezza, rotture o danneggiamenti.


Se non è possibile adottare un sistema di stoviglie riutilizzabili - rileva lo studio elvetico - è preferibile adottare stoviglie in bioplastica o in legno, indipendentemente dal fine vita che può essere - nel caso del cantone svizzero - la metanizzazione o la termovalorizzazione. Considerando anche l’impronta idrica (che svantaggia i polimeri da biomassa), le stoviglie in PLA risultano meno vantaggiose rispetto alle alternative in plastiche convenzionali, anche se una soluzione intermedia - con bicchieri in PLA e piatti e posate in legno - torna ad essere più sostenibile.

Infine, le dimensioni dell’evento non sembrano essere un fattore determinante dal punto di vista ambientale nella scelta o meno di adottare le stoviglie riutilizzabili.

Scarica lo studio: Analisi degli impatti ambientali delle stoviglie monouso e riutilizzabili usate negli eventi in Ticino

fonte: www.polimerica.it


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Debutta nelle acque della Svizzera il primo aliscafo elettrico

Si chiama Candela Seven ed è la speciale imbarcazione creata da un’azienda svedese per ampliare l’offerta di navigazione a zero emissioni. È in grado di ridurre il consumo di energia dell’80% rispetto alle normali barche a motore diesel




“Vola” silenziosamente sopra la superficie dell’acqua, lasciando dietro di sé nient’altro che aria pulita. Parliamo di Candela Seven, l’aliscafo elettrico che ha debuttato questa settimana in Svizzera. Primo nel suo genere, il battello è stato realizzato da un’azienda svedese, la Candela Speed Boat, e ha dato prova delle sue capacità presso il Lago dei Quattro Cantoni.

L’aliscafo elettrico è stato progettato con il preciso obiettivo di ridurre i consumi energetici delle tradizionali imbarcazioni offrendo una soluzione veloce ed ecologica. E come mostrato durante le prove svizzere, Candela Seven può raggiungere una velocità di 30 nodi, pari a 55 km all’ora, quando ali del suo scafo la sollevano dall’acqua. Non si tratta della massima velocità raggiungibile da questa categoria di imbarcazioni, ma il mezzo ha dalla sua la propulsione elettrica, un fattore in grado di renderlo molto più green dei suoi colleghi. Grazie alle ali che riducono l’attrito dell’acqua – e l’effetto delle onde che si infrangono sulla barca – il battello è in grado di tagliare dell’80% i consumi rispetto le normali imbarcazioni diesel.

“Grazie l’esperienza nella progettazione di aerei da combattimento e aeroplani, abbiamo reso il Candela Seven estremamente leggero e nel contempo altamente resistente agli urti”, scrive la società sul proprio sito web. “Lo scafo e il ponte sono accuratamente realizzati in fibra di carbonio al 100%”. Il basso peso (circa 1300 kg) contribuisce all’autonomia del mezzo: l’aliscafo elettrico può percorrere fino a 50 miglia nautiche con un pieno.

Inoltre Candela Seven è sempre connesso al cloud tramite rete 3G. La società ha realizzato anche un App che mostra lo stato di carica, la posizione dell’imbarcazione, i registri dei dati e le opzioni di geofence. “Le persone potrebbero usarlo per spostarsi attraverso i laghi o per gite di un giorno”, ha spiegato alla Reuters l’importatore svizzero Christian Vogel. “Puoi guidarlo con la coscienza pulita dal punto di vista ambientale, ed è molto divertente”.





Secondo quanto riporta oggi la stessa agenzia di stampa, l’azienda svedese ha già consegnato 16 barche dallo scorso anno. Il prezzo ovviamente non è per tutti: la barca elettrica è venduta a 250mila euro.

fonte: www.rinnovabili.it


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E due! La Svizzera ‘spegne’ un’altra centrale per il suo addio all’energia nucleare















Tre secondi per cancellare 47 anni: tanto ci è voluto ai tecnici nucleari svizzeri per spegnere la centrale nucleare di Mühleberg, poco lontano dal centro di Berna, dopo 47 anni di funzionamento.
La decisione di spegnere l’impianto, capace di produrre 2605 GWh l’anno è arrivata dopo che un referendum (strumento molto popolare e usato, in Svizzera) nel 2017 ha stabilito che il Paese avrebbe progressivamente terminato la produzione di energia nucleare per promuovere le energie rinnovabili.
Spegnere un impianto per la produzione nucleare, però, è faccenda diversa dallo smantellarla, cosa che è invece assai più complessa e complicata che schiacciare un pulsante. Lo smantellamento dell’impianto inizierà all’inizio del 2020 e dovrebbe richiedere più di dieci anni.
Quella di Mühleberg è la seconda delle 5 centrali svizzere a essere chiusa. Le prossime tre verranno dismesse alla fine del loro normale ciclo di vita e non saranno sostituite da nuovi impianti. 

fonte: https://it.businessinsider.com

Spreco alimentare, il problema è nelle nostre case

Commissionato dall’Ufficio federale dell’Ambiente, lo studio condotto dal Politecnico di Zurigo evidenzia le conseguenze ambientali e gli impatti sul clima dello spreco alimentare. I dati svizzeri, in linea con quelli europei, fanno emergere una situazione preoccupante nell’ambito dell’economia domestica e del settore gastronomico.



















Lo spreco alimentare ha gravi conseguenze sia dal punto di vista economico, sia da quello ambientale. Ulteriore conferma arriva da uno studio – commissionato dall’Ufficio federale dell’Ambiente e condotto dal Politecnico federale di Zurigo – secondo il quale più una derrata alimentare viene persa a valle nella catena di produzione e commercializzazione, maggiore è l’inquinamento ambientale che genera in termini di risorse ed emissioni per il trasporto, la trasformazione, lo stoccaggio, l’imballaggio e la preparazione.

A contribuire maggiormente al cambiamento climatico sarebbero ovviamente le emissioni di gas serra: secondo lo studio, che tiene conto anche delle perdite alimentari generate consumando prodotti importati, in Svizzera non sprecare le derrate alimentari ancora commestibili consentirebbe di evitare l’emissione di 500 kg di CO2 pro capite all’anno.

Nel quadro complessivo, per una volta, le grandi industrie hanno un ruolo marginale: secondo lo studio, più della metà (52%) dell’impatto ambientale dovuto a perdite alimentari evitabili (food waste) è causato infatti dalle economie domestiche e dalla gastronomia, mentre solo il 27% è riconducibile all’industria di trasformazione e l’8% dal commercio. In generale, chiarisce lo studio, la produzione agroalimentare, a monte nella catena, genera il 13% dell’inquinamento ambientale, in gran parte all’estero.
Lo studio del Politecnico di Zurigo fotografa specificamente la situazione svizzera, comunque in linea con la media Europea. Infatti, stando ai dati diffusi dall’European Commission, nell’Ue ogni anno vengono generati circa 88 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari con costi associati stimati a 143 miliardi di euro. Anche in questo caso, i principali responsabili sono i cittadini. Particolarmente efficaci si dimostrano, quindi, le misure di riduzione delle perdite alimentari nelle economie domestiche, nella gastronomia e nel commercio al dettaglio.

Secondo gli autori, le misure di sensibilizzazione e di formazione rappresenterebbero una strategia indispensabile a combattere lo spreco alimentare. Non a caso, la prevenzione degli sprechi è parte integrante del nuovo pacchetto della Commissione: la riveduta legislazione dell’Ue in materia di rifiuti, adottata il 30 maggio 2018 dai co-legislatori, invita i Paesi membri ad agire per ridurre lo spreco alimentare in ogni fase della catena di approvvigionamento alimentare, monitorare i livelli di spreco alimentare e riferire in merito ai progressi compiuti. Nel dettaglio, i Paesi membri si impegnano a raggiungere l’obiettivo di dimezzare lo spreco alimentare pro capite a livello di vendita al dettaglio e di consumo entro il 2030 e ridurre le perdite alimentari lungo l’intera filiera.

fonte: www.rinnovabili.it

Asfalto dalla plastica riciclata















La preoccupante onnipresenza della plastica sul pianeta necessita di spirito pionieristico per venire contrastata. Coraggio e innovazione sono le parole chiave che contrassegnano gli sforzi di persone, enti privati o pubblici aventi come scopo l’abolizione della produzione di plastica o, perlomeno, il suo riciclo. Dal 2016, una nuova tecnologia riguardante la pavimentazione stradale, permette il riutilizzo della plastica durante la fase di asfaltatura delle strade. Questa metodologia di recente invenzione sta già dando risultati incoraggianti laddove è stata sperimentata, come in Svizzera a Zermatt.

Anche in Ticino nasce il desiderio di spingere la politica (cantonale e comunale) a cimentarsi in una coraggiosa esperienza che prevede l’utilizzo dell’asfalto ottenuto con plastica riciclata. Purtroppo, ad oggi, le sollecitazioni che la politica ticinese ha ricevuto, non hanno portato a nessun esito. Sia a livello comunale che a livello cantonale, infatti, la proposta di usare plastica anziché bitume per asfaltare il manto stradale, non è stata presa in considerazione. A livello cantonale, per esempio, Bellinzona risponde al Gran Consigliere Matteo Quadranti PLR affermando che questo tipo di asfalto non rispetta le norme per la qualità dei materiali di pavimentazione delle strade (VSS). Tramite questa motivazione il Cantone rifiuta di sperimentare una tecnologia verde che sembra soddisfare chi la sta utilizzando: il prodotto sarebbe più resistente all’usura, alle alte e alle basse temperature e alla corrosione.

Coloro che incitano gli organi esecutivi del proprio territorio a dare spazio a questo materiale di pavimentazione stradale sono mossi dal desiderio di vedere una politica dinamica, attenta ai più gravi problemi ambientali che avvelenano il pianeta e i suoi abitanti, capace di rivedere norme esistenti per testare nuove tecnologie promettenti per il loro limitato impatto ecologico.

Anche il Municipio di Chiasso ha rifiutato la proposta espressa nell’interpellanza del Consigliere Comunale PLR Carlo Coen riguardante l’utilizzo di plastica riciclata per produrre asfalto. Ma l’urgenza di trovarsi di fronte ad un esecutivo che si cimenti in nuove tecnologie ecologiche, anziché perpetrare vecchie prassi dagli impatti ambientali sfavorevoli, è viva.

Sulla base delle pressanti necessità del nostro ambiente, si chiedere che il municipio dia seguito a quanto la mozione postula ovvero che:
il municipio, visto il piano di risanamento delle strade comunali, presenti un preventivo e progetto di costo per effettuare un primo tratto di strada a campione utilizzando la tecnologia citata (suggeriamo di informarvi nel comune di Zermatt, che ha fatto un test a campione)
il municipio, una volta effettuata la sistemazione con la tecnologia nuova presenti al CC entro 3/5 anni una perizia indipendente (non VSE) volta ad attestare la tenuta o qualità del lavoro.
il municipio, in base a quanto sopra, o tenuto conto di risultati conseguiti e valutati come positivi pure all’estero, provveda in futuro a risanare / rifare le strade solo con tecnologie ecosostenibili e che sfruttano il riciclo di plastiche


fonte: https://www.ticinonews.ch

Dalla Svizzera la batteria elastica che puoi piegare e strizzare

Il team di ricercatori dell’ETH ha utilizzato materiali estensibili per sviluppare un dispositivo di accumulo elettrochimico che non teme le deformazioni meccaniche



La puoi piegare, allungare e persino attorcigliare ma la batteria elastica, creata da Markus Niederberger, continuerà a funzionare senza problemi. Il dispositivo, frutto del lavoro svolto dal professore Niederberger e dalla sua squadra all’ETH di Zurigo, si è guadagnato un posto di tutto rispetto nelle vetrina delle innovazioni elettroniche del nuovo millennio.

Gli ultimi trend di settore vogliono l’elettronica sempre più “malleabile”: dai cellulari con schermo pieghevole agli abiti intelligenti dotati di sensori, il comparto sta progressivamente tentando di liberarsi dalle rigide strutture del passato. Tuttavia, questi dispositivi necessitano di una fonte di energia, solitamente una batteria agli ioni di litio, elemento pesante e rigido (leggi anche Elettronica indossabile: creata la prima batteria al litio elastica).

Una soluzione efficiente arriva dalla ricerca svizzera. Il team dell’ETH ha sviluppato un prototipo di batteria elastica a film sottile grado di integrarsi senza problemi dell’elettronica tessile o indossabile.

Ciò che rende speciale il nuovo sistema è il suo elettrolita e il sua speciale architettura interna. Tutti i componenti dell’unità, infatti, sono flessibili. I due collettori di corrente per gli elettrodi sono stati realizzati grazie ad plastica estensibile contenente carbonio elettricamente conduttivo. Sulla superficie interna del polimero, i ricercatori hanno applicato un sottile strato di piccoli fiocchi d’argento, leggermente sovrapposti fra di loro, per far sì che non perdano il contatto quando l’elastomero viene piegato. Quindi hanno spruzzato sulle due facce in argento (in un’area precisa) polvere di ossido di litio manganese, in un caso, per realizzare l’anodo e di ossido di vanadio per creare il catodo, nell’altro. A completare il quadro, l’elettrolita in gel inventato dal dottorando Xi Chen, che contiene acqua con un’alta concentrazione di sale di litio.

Niederberger sottolinea che sono necessarie ulteriori ricerche per ottimizzare la batteria flessibile prima di prendere in considerazione la sua commercializzazione. In particolare modo, il team deve aumentare la quantità di materiale che può essere contenuto.

fonte: http://www.rinnovabili.it

La Svizzera annuncia l’obiettivo zero emissioni per il 2050

L’annuncio pubblicato dal Consiglio federale della Confederazione svizzera: sfruttando tecnologie già disponibili e risorse rinnovabili possibile tagliare del 95% le emissioni in alcuni settori chiave

















Il Consiglio federale della Confederazione svizzera ha annunciato l’approvazione di un programma per raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050: il Paese elvetico diventa così il quarto Stato europeo dopo Francia, Regno Unito e Svezia, a fissare l’obiettivo di neutralità climatica entro metà secolo.

Secondo quanto riportato nel comunicato stampa del Consiglio federale svizzero, la stesura del programma sarebbe stata avviata in risposta al report dell’Intergovernmental Panel on Climate Change dello scorso ottobre secondo cui erano necessarie azioni più incisive per limitare il riscaldamento globale entro gli 1,5°C, così come fissato dall’Accordo di Parigi.

“Dobbiamo tagliare le nostre emissioni di gas serra in maniera più rapida e incisiva– ha commentato il Ministro dell’Ambiente svizzero, Simonetta Sommaruga – In quanto nazione innovativa, la Svizzera è nelle migliori condizioni per raggiungere questo obiettivo”.

Nel 2016, la Confederazione elvetica aveva fissato l’obiettivo di ridurre del 70-85% rispetto ai valori registrati nel 1990, le proprie emissioni di carbonio entro il 2050. Gli allarmanti report dell’IPCC hanno però indotto il Governo svizzero ad alzare l’asticella e puntare alla neutralità di carbonio per la stessa data.
Una scelta che lo stesso Consiglio federale collega anche all’imminente summit sul clima delle Nazioni Unite che si terrà a New York il prossimo 23 settembre: un’occasione in cui, come sottolineato dal Segretario ONU, Antonio Guterres, solo i rappresentati di nazioni che abbiano manifestato l’intenzione a mettere in atto programmi ambiziosi di contrasto al cambiamento climatico saranno invitati a intervenire davanti all’assemblea plenaria.

D’altra parte, la Svizzera è uno degli Stati europei in cui la crisi climatica sta agendo con maggiore evidenza: nel documento presentato dal Consiglio federale si legge che le temperature stanno aumentando a un ritmo doppio in Svizzera rispetto alla media globale.

Il programma elvetico prevede di tagliare il 95% delle emissioni in settori come trasporti, edilizia e industria sfruttando tecnologie già attualmente disponibili e utilizzando risorse rinnovabili: “C’è anche il potenziale di ridurre i gas serra, in particolare metano e protossido di azoto prodotti dall’agricoltura – si legge nel comunicato della Confederazione svizzera –  Inoltre, la riduzione delle emissioni prodotte in altri Paesi farà parte della strategia”.
Un ruolo importante è affidato anche ai pozzi naturali di CO2, come foreste e terreni umidi, che dovranno essere tutelati ed estesi il più possibile secondo quanto annunciato dal Consiglio federale svizzero. Allo stesso tempo, il programma guarda con fiducia alle tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2, un settore in cui la Svizzera sta portando avanti progetti all’avanguardia: solo pochi mesi fa, ad esempio, è stato avviato il primo esperimento mondiale di stoccaggio di CO2 in un sito sotterraneo nei pressi di un centro abitato.

fonte: www.rinnovabili.it

Basta glifosato sui binari

Le FFS sono il primo consumatore elvetico del diserbante, ma ora si cerca di cambiare. "Usiamo l'acqua bollente"
















I binari svizzeri sono puliti, ne va della sicurezza dei treni, perché le erbacce possono coprire segnaletica e impianti, rendere difficile il lavoro del personale o l'evacuazione dei treni in caso di guasto.

Attualmente, le ferrovie tengono lontana la vegetazione dalla tratte spargendo 5'500 litri di glifosato ogni anno. Le FFS sono quidi il consumatore numero uno del paese del diserbante.

Ma ora si cambia rotta: "Le ferrovie federali devono comportarsi in modo esemplare per quel che riguarda il rispetto dell'ambiente; il glifosato è da tempo sotto osservazione e noi stiamo cercando delle alternative" ha dichiarato Gunter Adolph, responsabile ambiente delle FFS, ai microfoni della RSI.

Un'alternativa è stata presentata giovedì: un treno cisterna che non contiene più agenti chimici, ma acqua bollente. "I sensori – spiega da parte sua il responsabile del progetto Lukas Tanner – sono posizionati sul vagone anteriore; riconoscono e localizzano le erbacce. L'informazione viene elaborata da un computer che dà poi il comando ai 116 ugelli sul retro. Questi spruzzano l'acqua bollente in modo mirato mentre il convoglio avanza a 40 chilometri orari". L'alta temperatura uccide le piante minimizzando i danni ambientali.

Per il momento si tratta di una fase di studio, ma i primi risultati sono promettenti. "Purtroppo, però, questo non basterà. La soluzione sta nella combinazione di diversi metodi per tenere liberi i binari dalla vegetazione" conclude ancora Gunter Adolph.

Per questo le FFS collaborano con la Germania, l'Austria e la Francia per trovare altre soluzioni. Il tempo stringe - almeno in Europa - dove usare il glifosato è già vietato o il divieto è annunciato nei prossimi anni.

RG 08.00 del 28.06.19: il servizio di Antonella Cruezer

fonte: https://www.rsi.ch

Contenitori da asporto riutilizzabili nei Ristoranti Coop

Stiamo lanciando un progetto pilota che prevede l'introduzione del sistema di riutilizzo reCIRCLE in alcuni Ristoranti Coop selezionati nell'area di Basilea, offrendo così un'alternativa riutilizzabile e sostenibile ai contenitori usa e getta.













I Ristoranti Coop di Basel Pfauen e Basel Am Markplatz, insieme al Coop Take-it di Basel Pfauen, sono entrati a far parte del sistema svizzero reCIRCLE. Il progetto pilota prevede la sostituzione dei soliti contenitori da asporto in plastica con contenitori riutilizzabili reCIRCLE. Se il sistema dovesse rispondere bene alle esigenze dei clienti, a partire dall'estate sarà implementato in tutti i Ristoranti Coop svizzeri.

Il principio alla base del sistema reCIRCLE è semplice: si acquista un contenitore da asporto reCIRCLE in un Ristorante Coop lasciando un deposito di 10 franchi.

Il cosiddetto reBOX va poi riportato a un Takeaway partner della rete reCIRCLE, che restituirà il deposito nella sua interezza, ma può essere anche conservato e riutilizzato.



Contenitori riutilizzabili: un'alternativa sostenibile

Una buona percentuale dei rifiuti è composta da contenitori usa e getta in plastica, il cui smaltimento provoca notevoli emissioni di CO2. Utilizzando il contenitore reCIRCLE anche solo una volta a settimana al posto delle solite stoviglie usa e getta, è possibile risparmiare 1,5 kg di plastica e 52,5 litri di rifiuti all'anno.



Cos'è reCIRCLE?


Nell'agosto del 2016 l'azienda bernese reCIRCLE ha sviluppato il primo sistema svizzero di contenitori da asporto e bicchieri riutilizzabili, che punta a contrastare la cultura dell'usa e getta in pausa pranzo.



Nel 2017 questo impegno le è valso il Premio svizzero per l'ambiente. L'obiettivo a lungo termine di reCIRCLE è la creazione di una rete di partner affiliati in grado di coprire tutto il territorio svizzero.
Scopri di più su reCIRCLE

fonte: https://www.fatti-non-parole.ch

Due studi individuano nuove alternative naturali al glifosato



















Dall’Università di Pisa e dalla collaborazione tra Austria, Svizzera e Alto Adige due nuove sperimentazioni potrebbero aprire la strada a un’agricoltura sostenibile e libera dall’uso di glifosato, dannoso per l’uomo e per l’ambiente.
In California, un giudice ha condannato la Monsanto a un maxi risarcimento di 289 milioni di dollari nei confronti di un giardiniere al quale l'uso del glifosato ha provocato il cancro. Intanto, anche in Europa il dibattito sulla possibilità di vietare questo diserbante si fa sempre più acceso.
Con l’accendersi della discussione, crescono anche le iniziative per trovare alternative all’uso di diserbanti nocivi per la salute dell’uomo e dell’ambiente. Tra queste, il recente accordo tra il governo bavarese, austriaco ed altoatesino per una comune ricerca e sperimentazione in ambito agricolo e forestale con lo scopo di trovare una soluzione ecosostenibile per la sostituzione degli erbicidi.
Il progetto si fonda sulla possibilità di realizzare un telo biodegradabile per la pacciamatura, ovvero la pratica di ricoprire il terreno con uno strato di materiale adatto a prevenire la crescita di erbacce, a mantenere la giusta umidità del suolo e prevenire l’erosione. Un primo incontro tenutosi nella primavera di quest’anno ha permesso di identificare un obiettivo comune dal quale partire: la gestione delle piante infestanti senza il ricorso a prodotti erbicidi, coinvolgendo diversi istituti di ricerca.
 

Il telo pacciamante biodegradabile è stato sviluppato presso il Kompetenzzentrum für Nachwachsende Rohstoffe (“Centro di Competenza per le materie prime rinnovabili”) di Straubing (Baviera) ed è stato realizzato utilizzando esclusivamente materiali rinnovabili. Il telo viene sparso sul terreno in forma liquida e, una volta rappreso, si tramuta in un’efficiente copertura che impedisce la crescita delle infestanti.
Il telo costituisce il primo step pratico di una collaborazione destinata a farsi più stringente tra gli enti e che coinvolge anche il Centro di Sperimentazione Laimburg, al quale è stato affidato il compito di testare, in campi sperimentali, diverse possibilità di utilizzo in frutticoltura e viticoltura della soluzione sviluppata, per verificarne l’efficacia ed eventualmente effettuare interventi migliorativi.
Nel frattempo, un altro progetto per l’individuazione di alternative all’uso di glifosato è in corso nei laboratori dell’Università di Pisa e la soluzione potrebbe risiedere proprio in elementi da sempre sotto i nostri occhi. Quelle che vengono comunemente considerate “erbacce”, come l’achillea, l’assenzio annuale, l’assenzio dei fratelli Verlot, la santolina delle spiagge e la nappola, contengono oli essenziali capaci di bloccare la germinazione e inibire la crescita delle piantine infestanti.
Ai test condotti in laboratorio dovrà far seguito una sperimentazione più su ampia scala, ma le potenzialità di questa scoperta hanno già destato l’interesse internazionale, non solo nell’ambito dell’agricoltura sostenibile: la nebulizzazione di questi oli essenziali, infatti, potrebbe essere particolarmente utile (se sufficientemente efficace) ad esempio nelle aree urbane, dove le zone da diserbare sono spesso vicino a quelle abitate e frequentate da un elevato numero di persone.

fonte: https://www.nonsoloambiente.it

reCIRCLE: un progetto che in Svizzera sta rendendo più sostenibile il consumo di cibo da asporto














reCIRCLE è una rete nazionale per i piatti da asporto che utilizzano i contenitori lavabili con coperchi di reCIRCLE per evitare sprechi. 
I reBOX e i reCUP sono progettati per essere lavati e asciugati facilmente; impilati insieme, permettono all` aria di circolare tra i contenitori e occupano poco spazio. Il PBT è un materiale di lunga durata, resistente al calore e al freddo, inodore e può essere utilizzato più di 100 volte senza comprometterne la qualità, purché non sia incrinato. 

In due anni, più di 400 ristoranti in tutta la Svizzera stanno già utilizzando i 70.000 contenitori riutilizzabili di Recircle.
Dopo il pasto, i reBOX vengono lavati o sostituiti.



Una soluzione vincente che previene gli sprechi e fa risparmiare denaro a ristoranti e città.
Siete stanchi della cultura del lancio quando si tratta di pranzo? 

Il sito spiega come funziona il sistema
https://www.recircle.ch/


CIBO DA ASPORTO IN CONTENITORI RIUTILIZZABILI? SI PUO' FARE...
















ReCIRCLE è un'impresa sociale che ha lanciato un sistema di contenitori riutilizzabili in oltre 400 ristoranti in Svizzera.
Oltre 70.000 contenitori riutilizzabili sono stati usati in due anni con un risparmio per i ristoranti, per l'ambiente con meno rifiuti prodotti e a zero costo per gli utenti.
L'esperienza è stata oggetto di una pubblicazione di Zero Waste Europe parte di una nuova serie di casi studio presentati per raccontare di iniziative che cambiano gli attuali modelli di business intraprese da città, aziende e individui.


fonte: https://zerowasteeurope.eu