Visualizzazione post con etichetta #Asfalto. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta #Asfalto. Mostra tutti i post

Il riciclo che non ti aspetti: quello dei rifiuti dello spazzamento stradale

 

Tra le diverse tipologie di rifiuti che diventano nuova materia prima, una delle più ‘inattese’ è forse il frutto della pulizia delle strade: le terre di spazzamento. Se ormai il riciclo degli imballaggi è esperienza quotidiana, se non ci stupisce più indossare un paio di scarpe o un pile realizzati con il PET delle bottiglie, il recupero dei rifiuti lungo le strade (si chiamano appunto “terre di spazzamento”, e in questo caso “recupero” è più appropriato di “riciclo”, visto che non prevede particolari processi di trasformazione industriale) può lasciare sorpresi. Con la piacevole sensazione – del tutto personale di chi scrive, ovviamente – che se si possono recuperare sassolini, fanghi e foglie raccolti lungo le vie forse gli obiettivi della transizione ecologica e dell’economia circolare sono veramente alla nostra portata. Cerchiamo di scoprire qualcosa in più sui rifiuti di spazzamento e sulle materie prime “trovare per strada”.

Quante terre di spazzamento recuperiamo

Cominciamo col sottolineare che i rifiuti da spazzamento stradale raccolti dalle autospazzatrici contribuiscono alla raccolta differenziata dei rifiuti urbani, ma solo quando sono avviati a recupero: spazzare e portare in discarica, insomma, ovviamente non conta ai fini della differenziata.

Ispra (Rapporto rifiuti Urbani 2020) calcola che nel nostro Paese nel 2019 sono state avviate a recupero 451 mila tonnellate di terre di spazzamento. Il 2,4% del totale della raccolta differenziata dei rifiuti urbani.

Abissale la differenza tra le diverse macroregioni: il Nord recupera 288.000 tonnellate, il Centro 95.800, il Sud 63.700. Una valutazione procapite mostra sempre il Nord in vantaggio, con oltre 10 kg/abitante/anno, 8 il Centro e solo 3 il Sud.

Il recupero delle terre di spazzamento è raddoppiato in meno di cinque anni, passando dalle 215 mila tonnellate del 2016 alle 451 mila del 2019 (+109%).

Quante ne se ne potrebbero recuperare

In realtà “lo spazzamento stradale non è un obbligo previsto per legge, ma è lasciato al buon cuore delle municipalità”, sottolinea Francesco Di Maria, docente di Tecnica di tutela dell’ambiente all’università di Perugia. Quindi non tutti i Comuni si attivano per avviarlo. E non tutti quelli che lo fanno recuperano i materiali raccolti, preferendo portarli in discarica addirittura senza il necessario e obbligatorio pretrattamento (contengono infatti materiale organico putrescibile).

Per questo Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e FISE UNICIRCULAR nell’Italia del riciclo 2020 stimano una produzione di rifiuti da spazzamento stradale pari a circa 1,3 milioni di tonnellate all’anno, e pare senza dubbio – anche solo soppesando le differenze tra Nord e Sud – una stima largamente prudenziale: “È evidente – scrivono i ricercatori della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – che la mancata separazione dei rifiuti da spazzamento stradale dai rifiuti urbani indifferenziati, pratica ancora diffusa sul territorio nazionale, determina una sottostima della quantità prodotta”.

Questa sottostima non è solo un problema statistico: la principale conseguenza della sottovalutazione del mercato sono i mancati investimenti per l’adozione di corrette tecnologie di trattamento.

La popolazione effettivamente servita, poi, sarebbe “in un range che va da circa un terzo a circa un quarto del totale nazionale”.

Gli impianti di recupero dei rifiuti di spazzamento

In Italia sono oggi attivi 17 impianti dedicati al trattamento dei rifiuti da spazzamento stradale. 12 sono al Nord, 3 al Centro e 2 al Sud: la solita Italia a due velocità. La capacità autorizzata di questi impianti, spiega “L’Italia del riciclo”, i varia da un minimo di 10.000 tonnellate l’anno ad un massimo di 63.000, con una media per impianto di circa 30.000.

Sono sufficienti 17 impianti in Italia? “La sostenibilità economica di un impianto di trattamento per i rifiuti da spazzamento – spiega Di Maria – è attorno alle 40 mila tonnellate anno, non sotto. Considerato che ad esempio oggi in Umbria siamo attorno alle 15 mila tonnellate raccolte, molto poco in effetti, diventa difficile fare impianti se non c’è sufficiente materia per farlo lavorare in attivo”. Anche perché parliamo di un materiale “povero” che, per stare sul mercato, deve essere utilizzato non lontano da dove viene “prodotto”.
“Trattamento a umido”: l’acqua come vettore

Gli impianti più efficienti utilizzano il “trattamento a umido”: “Si usa l’acqua come vettore per separare le varie frazioni in base al peso specifico e contestualmente per togliere i contaminanti dalla materia solida e trasferirla nell’acqua, che poi viene depurata per essere riutilizzata e per il 90% torna in circolo”, spiega Ezio Esposito, presidente del Gruppo Esposito – progettazione, costruzione e gestione di impianti per il trattamento di rifiuti da spazzamento stradale, 9 siti realizzati in Italia (A2A, Falk Nenewables, Iren) e 4 in via di realizzazione – e presidente Assorem, che associa appunto le imprese impegnate nel recupero e riciclo di materiali provenienti dallo spazzamento delle strade. Gli impianti di trattamento a umido sono in grado di recuperare mediamente oltre il 70% delle terre di spazzamento, con valori anche superiori al 90% in alcuni impianti.

I materiali recuperati: inerti, fanghi, rifiuti organici

La maggior parte del materiale recuperato è costituito da inerti. Stando ai dati del Gruppo Esposito, il 61% del totale dei rifiuti diventa sabbia, ghiaia e ghiaia fine: materiali certificati CE, conformi con il test di cessione degli inquinanti e con le norme tecniche UNI, che tornano sul mercato come materie prime da utilizzare per la produzione di calcestruzzo, malte, prefabbricati e asfalto (quest’ultimo assorbe circa il 70% degli inerti ottenuti). Il 14% è invece composto da fanghi disidratati recuperabili in fornaci o cementifici. I fiuti organici, principalmente foglie, costituiscono il 10% delle terre di spazzamento e vengono avviati a compostaggio o al recupero di energia. Un altro 14 è costituito rifiuti misti, smaltiti in discarica o inceneriti. Mentre circa lo 0,1% è costituito da materiali ferrosi a recupero in impianti metallurgici.

“Offriamo inerte recuperato e lavato di altissima qualità, a differenza degli altri inerti recuperati”, spiega Esposito. Proprio la maggiore qualità rispetto agli altri inerti da recupero garantisce ai materiali ottenuti dai rifiuti di spazzamento un mercato, legato principalmente ai Criteri ambientali minimi (CAM) che impongono una quota di inerte “seconda vita”: “Trovare materiale di recupero che abbia qualità come le nostre è difficile. E sul mercato ci posizioniamo con costi più o meno simili a quelli dei materiai di cava”, aggiunge il presidente di Assorem.

End of waste per le terre di spazzamento

Un decreto end of waste (EoW) per le terre di spazzamento è in dirittura d’arrivo. “Dovrebbe essere di prossima emanazione – spiega Esposito – sono diversi anni che lo aspettiamo. La bozza è pronta, il Consiglio di Stato ha dato il suo ok e anche l’Europa. Sicuramente fornirebbe regole chiare e certe in base alle quali chi deve autorizzare nuovi impianti avrà un percorso più semplice e univoco”. ASSOREM, inoltre, sulla base delle esperienze degli associati, preme perché si adottino criteri EoW specifici anche per la frazione organica. Anche, se, riflette Di Maria l’end of waste “è uno strumento molto importante ma non sempre risolutivo. Molti EoW sono stati approvati ma sono difficilmente praticabili perché molto complessi”. E poi “Il riciclo lo fa il mercato. L’EoW ha senso se esiste una filiera economica che consente di beneficiarne”.

fonte: economiacircolare.com


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

#Iscriviti QUI alla #Associazione COORDINAMENTO REGIONALE UMBRIA RIFIUTI ZERO (CRU-RZ) 

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

Enter your email address:

Delivered by FeedBurner

Materiali riciclati contro l’inquinamento acustico: in Italia due progetti Europei

I progetti LIFE Nereide e LIFE E-Via, finanziati dall’Unione Europea attraverso il programma Life, studiano una risposta all’inquinamento acustico causato dal traffico nei centri urbani, che ogni anno affligge 100 milioni di persone in tutta Europa




Una città ideale avrebbe senz’altro delle strade silenziose, percorse da auto elettriche capaci di migliorare non solo la qualità dell’aria che respiriamo, grazie a emissioni di CO2 più basse, ma anche l’impatto acustico degli spostamenti di tutti i giorni.

E proprio in Italia sono in corso due progetti Europei finanziati dal programma LIFE, Life Nereide e Life E-Via, che intendono portare soluzioni contro l’inquinamento acustico, uno dei problemi ambientali che toccano maggiormente la salute e la qualità della vita della popolazione europea. Una problematica che, anche se spesso sottovalutata, “si fa sentire” e per questo il nostro Paese sta mettendo in campo le migliori competenze per trovare soluzioni che possano arginarne gli effetti.L’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) stima, infatti, che in Europa siano oltre 100 milioni i cittadini esposti in maniera prolungata a livelli di rumore eccessivi e per questo rischiano conseguenze anche gravi per la salute. Se consideriamo i contesti urbani, la situazione si complica; qui i rumori da traffico sono più intensi e dannosi, tanto da risultare nocivi per la salute di quasi una persona su tre. È stato stimato dall’EEA che l’inquinamento acustico stradale notturno, ancora più dannoso per la salute, colpisce almeno il 20% della popolazione europea che vive nelle aree urbane.

E allora, come salvaguardare il benessere psicofisico dei cittadini dai rischi causati dall’inquinamento acustico? Alcune tra le azioni più efficaci introdotte sono la realizzazione di pavimentazioni stradali a bassa emissione sonora ottenute anche con materiali di riciclo e sfruttare l’impatto positivo di una progressiva diffusione della mobilità elettrica. Nati per analizzare i benefici possibili da una sempre maggiore diffusione di queste soluzioni, Life Nereide e Life E-Via sono due progetti che rientrano in ambito Life, il programma per azioni a favore dell’ambiente e del clima, che possano creare un valore aggiunto per l’intera Europa.

Il progetto Life Nereide, che si sta avviando alla conclusione, ha portato alla definizione delle migliori soluzioni per realizzare pavimentazioni estremamente silenziose e sostenibili, capaci di ridurre efficacemente il rumore da traffico fino a 5db grazie ad uso intelligente di materiali riciclati come polverino di gomma riciclata e il fresato d’asfalto, ossia l’asfalto rimosso da vecchie pavimentazioni.

Il progetto è guidato dal Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa e vede come partner la Regione Toscana, Arpat – Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, il Centro di ricerca belga BRRC, IDASC-CNR ed Ecopneus. Grazie al progetto sono state definite 12 differenti miscele bituminose, realizzate su diverse strade della Toscana; sono state poi effettuate le misurazioni acustiche sulle pavimentazioni e delle indagini sulla popolazione, per conoscere anche gli effetti concreti su chi vive nei pressi di strade ad elevato scorrimento.

Se il Progetto Life Nereide si è focalizzato sullo studio di manti stradali “silenziosi”, il Progetto Life E-Via invece, affronta il problema concentrandosi sulle potenzialità di utilizzo dei veicoli elettrici ed ibridi, studiandone l’interazione pneumatico-strada per individuare ed implementare misure di mitigazione del rumore, attraverso l’ottimizzazione sia degli pneumatici dei veicoli elettrici sia del fondo stradale, anche attraverso lo sviluppo di un nuovo asfalto “silenzioso” studiato con approccio simile a quello adottato dal progetto LIFE Nereide.

Il progetto vede coinvolti come partner il Comune di Firenze, in qualità di Coordinatore, Continental, iPOOL sr,l, l’Università Gustave Eiffel, l’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria e Vie.en.ro.se Ingegneria S.r.l..

Il 14 maggio si terrà un webinar sul tema dell’inquinamento acustico, promosso dal progetto LIFE E-Via a cui parteciperanno anche i referenti del progetto Life Nereide per una condivisione di esperienze e risultati.

Manti stradali silenziosi e le potenzialità della mobilità elettrica possono dunque essere la chiave di volta per far fronte al problema dell’inquinamento acustico. La sostenibilità è elemento cardine di entrambi i progetti, così come di primo livello sono le competenze tecnico-scientifiche che il nostro Paese ha da dispiegare, anche grazie ai progetti Life Nereide e Life E-Via, per sensibilizzare un numero sempre maggiore di persone sugli effetti negativi sulla salute dell’inquinamento acustico e per promuovere soluzioni efficaci ed attente all’ambiente.

fonte: www.ecodallecitta.it

#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

#Iscriviti QUI alla #Associazione COORDINAMENTO REGIONALE UMBRIA RIFIUTI ZERO (CRU-RZ) 

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

Enter your email address:

Delivered by FeedBurner

Plasmix nelle pavimentazioni

Accordo tra Iren e Mapei per la produzione di conglomerati bituminosi modificati con plastiche riciclate da raccolta differenziata.







La multiutility emiliana Iren, attraverso la controllata I.Blu, ha siglato un accordo con il fornitore di materiali da costruzione Mapei per utilizzare plastiche riciclate da rifiuti post-consumo nella produzione di conglomerati bituminosi destinati alla realizzazione di pavimentazioni stradali. L'obiettivo è sviluppare asfalti più sostenibili e duraturi per strade, autostrade, aree industriali, aeroporti, centri logistici e commerciali.

Negli anni scorsi Mapei e I.Blu hanno collaborato a progetti di pavimentazione di alcuni tra i principali scali aeroportuali del territorio nazionale, confermando la validità della tecnologia adottata. Formulazioni messe a punto anche grazie al supporto del Laboratorio Stradale del Politecnico di Milano.


“L’accordo stipulato con Mapei interpreta perfettamente il nostro concetto di multicircle economy, la nostra visione industriale a lungo termine focalizzata sull’uso consapevole ed efficiente delle risorse - commenta l'AD di Iren Massimiliano Bianco (a destra nella foto in alto) –. L’ingresso nel Gruppo Iren di I.Blu, avvenuto nel 2020 (leggi articolo), ci ha permesso di compiere un ulteriore passo avanti, sia in termini di innovazione industriale che nella valorizzazione economica ed ambientale del ciclo dei rifiuti, permettendoci di diventare leader nazionale nella selezione delle plastiche Corepla e nel trattamento del plasmix". "La partnership con Mapei aggiunge ulteriore valore a questo processo, permettendoci di chiudere il cerchio attraverso l’impiego dei polimeri termoplastici nei conglomerati bituminosi”.

"Mapei crede fortemente nello sviluppo di questo mercato ed ha recentemente creato la nuova linea Road Engineering dedicata proprio alle tecnologie e soluzioni per tutto quello che è il mondo dei conglomerati bituminosi, dalle grandi opere alle strade comunali o provinciali. L’economia circolare implica anche la ricerca di durabilità - aggiunge Marco Squinzi, CEO di Mapei (a sinsitra nella foto in alto) -. L’utilizzo di tecnologie innovative per interventi più risolutivi e più duraturi per estendere la vita delle strutture, sia nel nuovo che nel ripristino, deve diventare un impegno condiviso nell’ambito delle infrastrutture e dell’edilizia. Il fatto che questo si possa ottenere grazie all’utilizzo di materie prime seconde, aggiunge valore al progetto che si inserisce appieno nella scelta di Mapei di fare della sostenibilità un pilastro della propria attività”.

fonte: www.polimerica.it


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

Enter your email address:

Delivered by FeedBurner

Riciclo delle mascherine, in Australia diventano strade

Riciclo delle mascherine monouso in una nuova tipologia di asfalto, più elastico, resistente e stabile: la sperimentazione australiana.



Una nuova idea per il riciclo delle mascherine usa e getta che da più di un anno sono entrare a far parte del quotidiano, protagoniste della protezione della salute contro l’azione del Covid19.

L’incredibile produzione imposta dagli eventi e il relativo utilizzo di massa hanno favorito una presenza spropositata di articoli monouso, spesso abbandonati per strada e non adeguatamente gettati. Un team di esperti della Royal Melbourne Institute of Technology ha deciso di riutilizzarle mescolandole a un altro elemento di scarto, ovvero l’aggregato di calcestruzzo riciclato.

Un’idea davvero singolare nata da una continua sperimentazione e che presto potrebbe trasformarsi in una nuova forma di asfalto stradale. Una soluzione che potrebbe contenere e prevenire tonnellate di rifiuti, al contempo favorire la realizzazione di una tipologia di manto stradale più forte, flessibile e conforme agli standard di sicurezza.

Mascherine monouso, una presenza inquinante

La diffusione del Covid-19 ha prodotto una problematica collaterale non di poco conto, ovvero la presenza delle mascherine monouso difficilmente riciclabili. Se abbandonate nell’ambiente possono impiegare anche 450 anni a decomporsi, un’enormità preoccupate. Intaccando gli ecosistemi con la loro presenza, in particolare se non adeguatamente stoccate o gettate nell’immondizia.

Tanto da trasformarsi in parte attiva dei rifiuti che drammaticamente ogni anno finiscono in mare, interferendo con l’esistenza degli abitanti marini. Molti rimangono imprigionati all’interno delle stesse mascherine altri li scambiano per meduse finendo per inghiottirle, aumentando così la quantità di microplastiche nei nostri piatti.

Riciclo delle mascherine, l’idea australiana

L’idea vincente di riciclo della RMIT University potrebbe cambiare le sorti del Pianeta grazie a questa nuova tipologia di asfalto, composto da mascherine triturate e macerie di calcestruzzo demolito.

La sperimentazione è ancora in corso ed è portata avanti dal miglior polo universitario australiano di arte e design, che ha così verificato l’efficacia del singolare mix in grado di rendere il manto stradale più elastico e resistente agli agenti esterni quali acqua e acidi. Lo studio verrà pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment. Queste le parole di Mohammad Saberian, autore della sperimentazione:

Questo studio iniziale ha esaminato la fattibilità del riciclaggio di maschere facciali monouso nelle strade e siamo stati entusiasti di scoprire che non solo funziona, ma offre anche vantaggi ingegneristici reali.

Ci auguriamo che questo apra la porta per ulteriori ricerche, per elaborare modi di gestire i rischi per la salute e la sicurezza su larga scala e indagare se altri tipi di DPI [dispositivi di protezione individuale] siano adatti al riciclaggio.

Fonte: World Highways


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

Francia, utilizzato per la prima volta un asfalto a base vegetale

Per la prima volta a livello mondiale in Francia è stato steso su un breve tratto un asfalto “neutro” in termini di emissioni di gas ad effetto serra.



A piedi del Monte Bianco, nella valle dell’Arve, in Francia, nella giornata di venerdì 18 settembre è stata posta una prima pietra. Per la prima volta a livello mondiale l’impresa Eiffage Route e la società che gestisce le autostrade e il tunnel del Monte Bianco (la Atmb) hanno steso un asfalto innovativo e che è stato presentato come “carbon neutral” ovvero neutro in termini di emissioni di gas ad effetto serra.

L’asfalto “verde” steso su un tratto sperimentale lungo 260 metri

Si tratta ovviamente di una sperimentazione, che prima di poter essere considerata ancora un’alternativa utilizzabile ovunque dovrà essere analizzata. Il nuovo asfalto “verde” è stato infatti steso su una piccola porzione – 260 metri di lunghezza e 10 metri di larghezza – della route nazionale (strada statale) 205, in direzione della nota località turistica Chamonix, in Alta Savoia.

L’operazione è stata effettuata nell’ambito di una ristrutturazione stradale che prevede un intervento su complessivi 1,4 chilometri. Il nuovo asfalto presenta dei componenti che contengono per il 40 per cento materiali riciclati. Mentre il collante è di origine vegetale, a base di resina, e sostituisce il bitume tradizionale, derivato dal petrolio.


La porzione di strada nella quale è stato steso l’asfalto vegetale, in Francia © Google Maps

Inoltre, il materiale non deve essere steso a temperature particolarmente alte, come si fa con l’asfalto tradizionale (a più di 100 gradi centigradi). In questo caso è sufficiente scaldare il composto a 40 gradi, il che consente di limitare fortemente il dispendio energetico.
Il materiale utilizza resina come collante e non necessita di temperature elevate per essere steso

L’asfalto “verde” era stato già testato per piccoli “rattoppi” su strade provinciali, ma come precisato da Eiffel Route in un comunicato, “è la prima volta che viene fatto su una strada con due vie di circolazione, sulla quale la limitazione di velocità è di 90 chilometri all’ora e sulla quale passano 10mila veicoli al giorno, di cui l’11 per cento è rappresentato da mezzi pesanti. Il tutto, inoltre, ad un’altitudine di 930 metri sul livello del mare, il che espone il tratto ad importanti variazioni termiche, con quasi 100 giorni all’anno al di sotto degli zero gradi centigradi”.

Ora si prevede un monitoraggio della tenuta del nuovo asfalto che verrà effettuato per un periodo di cinque anni. Se esso resisterà sufficientemente alle condizioni meteorologiche e al traffico, si prevede di utilizzarlo anche sulle altre strade gestite dalla Atmb.

fonte: www.lifegate.it


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!


=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

L'asfalto fonte di smog, emissioni aggravate da afa estiva

Studio, possono quadruplicare se manto colpito dai raggi solari





L'asfalto è una fonte di smog: specie in estate, quando le temperature salgono ed è colpito direttamente dai raggi del sole, il manto stradale emette inquinanti che possono dare corpo alle polveri sottili, in particolare alle pericolose PM 2,5. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances, condotto da Peeyush Khare della Yale University e basato su esperimenti di laboratorio esposti a diversi agenti, come aumento di temperatura e luce solare.

È emerso che un aumento medio di 20 gradi, compatibile con quello che avviene nei grossi centri urbani in estate a causa delle temperature estive, porta a un raddoppio delle emissioni totali dell'asfalto. Addirittura la sua esposizione diretta ai raggi solari porta a quadruplicare le emissioni dell'asfalto.

Gli esperti avvertono che con l'inesorabile aumento delle temperature previsto a causa dei cambiamenti climatici, le strade metropolitane saranno sempre più una fonte di emissioni, che addirittura potrebbe in futuro superare quelle dei veicoli diesel e benzina.

fonte: www.ansa.it


RifiutiZeroUmbria - #DONA IL #TUO 5 X 1000 A CRURZ - Cod.Fis. 94157660542


=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

A Carlisle i rifiuti in plastica diventano manto stradale

Per ri-asfaltare Lowther Street saranno impiegati circa 240.000 sacchetti di plastica monouso, triturati e miscelati al bitume.




Lowther Street di Carlisle si aggiunge all’elenco delle strade inglesi realizzate grazie ai rifiuti in plastica. Per coprire poco più di 3mila metri quadrati, l’azienda specializzata MacRebur prevede di utilizzare circa 240.000 sacchetti di plastica monouso che altrimenti sarebbero finiti in discarica.
Non certo una novità (specialmente in Inghilterra) l’uso di rifiuti in plastica miscelati all’asfalto permette una serie di notevoli vantaggi, tra cui una maggiore resistenza alla contrazione e all’espansione del manto stradale causata dai cambiamenti delle temperature. Inoltre, poiché sostituito dalla plastica stessa, si risparmia anche una notevole quantità di bitume, materia direttamente derivata dai combustibili fossili.

“Dopo aver iniziato le prove a gennaio 2019, è fantastico vedere la prima strada realizzata con rifiuti in plastica qui a Carlisle“, ha detto Toby McCartney, CEO di MacRebur. “L’implementazione di simili strade in tutto il paese fornirebbe una reale opportunità per ridurre l’impronta di carbonio”.

La costruzione vera e propria è frutto di mesi di approfonditi test già condotti nella contea di Cumbria nell’ambito del programma ADEPT SMART Places Live Labs. Il progetto, sostenuto dalle autorità locali insieme a vari partner del settore privato, ha finora ricevuto circa 22,9 milioni di sterline di finanziamenti da parte del Dipartimento per i trasporti, ai quali si aggiunge il milione e mezzo di sterline già erogato all’amministrazione locale di Cumbria in qualità di soggetto selezionato per i test condotti sulla rete stradale.

Keith Little, membro del gabinetto del Consiglio della contea di Cumbria per le autostrade, ha affermato che l’autorità locale sta investendo circa 150.000 sterline nel progetto di riqualificazione di Lowther Street, che secondo lui “renderà i viaggi più fluidi e sicuri per i conducenti”. “Lavorando con il nostro appaltatore Hanson, Cumbria s’è fatta pioniere nella realizzazione di strade fatte con rifiuti in plastica. Oggi – ha aggiunto Little – c’è un genuino interesse mondiale per questo innovativo materiale”.






Lowther Street di Carlisle si aggiunge all’elenco delle strade inglesi realizzate grazie ai rifiuti in plastica. Per coprire poco più di 3mila metri quadrati, l’azienda specializzata MacRebur prevede di utilizzare circa 240.000 sacchetti di plastica monouso che altrimenti sarebbero finiti in discarica.
Non certo una novità (specialmente in Inghilterra) l’uso di rifiuti in plastica miscelati all’asfalto permette una serie di notevoli vantaggi, tra cui una maggiore resistenza alla contrazione e all’espansione del manto stradale causata dai cambiamenti delle temperature. Inoltre, poiché sostituito dalla plastica stessa, si risparmia anche una notevole quantità di bitume, materia direttamente derivata dai combustibili fossili.


“Dopo aver iniziato le prove a gennaio 2019, è fantastico vedere la prima strada realizzata con rifiuti in plastica qui a Carlisle“, ha detto Toby McCartney, CEO di MacRebur. “L’implementazione di simili strade in tutto il paese fornirebbe una reale opportunità per ridurre l’impronta di carbonio”.

La costruzione vera e propria è frutto di mesi di approfonditi test già condotti nella contea di Cumbria nell’ambito del programma ADEPT SMART Places Live Labs. Il progetto, sostenuto dalle autorità locali insieme a vari partner del settore privato, ha finora ricevuto circa 22,9 milioni di sterline di finanziamenti da parte del Dipartimento per i trasporti, ai quali si aggiunge il milione e mezzo di sterline già erogato all’amministrazione locale di Cumbria in qualità di soggetto selezionato per i test condotti sulla rete stradale.

Keith Little, membro del gabinetto del Consiglio della contea di Cumbria per le autostrade, ha affermato che l’autorità locale sta investendo circa 150.000 sterline nel progetto di riqualificazione di Lowther Street, che secondo lui “renderà i viaggi più fluidi e sicuri per i conducenti”. “Lavorando con il nostro appaltatore Hanson, Cumbria s’è fatta pioniere nella realizzazione di strade fatte con rifiuti in plastica. Oggi – ha aggiunto Little – c’è un genuino interesse mondiale per questo innovativo materiale”.

fonte: www.rinnovabili.it


#RifiutiZeroUmbria - #DONA IL #TUO 5 X 1000 A CRURZ - Cod.Fis. 94157660542

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz 
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria 

Sempre più strade con PFU

Cresce anche in Italia l’utilizzo di asfalto modificato con polverino di gomma riciclata da PFU. Si attende la pubblicazione del decreto EoW.




Sono oltre 500 i chilometri di strade in Italia il cui manto fa uso di asfalto modificato con gomma riciclata da PFU, con un incremento, rispetto, all’anno scorso di oltre 170mila metri quadrati.

I dati arrivano da Ecopneus, società senza scopo di lucro tra i principali operatori della gestione dei Pneumatici Fuori Uso (PFU), che sottolinea i due principali benefici apportati dal polverino: riduzione fino a 7 dB del rumore generato dal passaggio dei veicoli e una durata fino a 3 volte quella degli asfalti convenzionali, in virtù della maggiore resistenza all’usura e alla formazione di crepe e buche; aspetto che consente anche un conseguente contenimento dei costi di manutenzione nel medio-lungo periodo. Una tecnologia utilizzata mezzo secolo a livello internazionale, dagli USA alla Svezia fino alla Spagna, a cui in Italia si sono già affidate 38 Province.

“Monitoriamo alcune strade con asfalto modificato realizzate anche 10 anni fa e le condizioni in cui si trovano così come le prestazioni meccaniche e acustiche sono praticamente inalterate rispetto la messa in esercizio – afferma il Direttore Generale di Ecopneus, Giovanni Corbetta -. Per il futuro, auspichiamo a breve la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del nuovo decreto End Of Waste, già firmato dal Ministro all’Ambiente Costa, che potrà dare rinnovato slancio e spinta ad una sempre maggiore diffusione di questa tecnologia”.

I primi risultati di una recente sperimentazione in corso sulla rete stradale Anas hanno confermato le prestazioni di questi asfalti: l’intervento ha visto la realizzazione di pavimentazioni a bassa emissione sonora con asfalti modificati con polverino di gomma riciclata da PFU e con l’impiego di tecnologie di produzione “warm”, ossia a temperature più basse rispetto le tecnologie convenzionali. Dai test è emerso che l’impiego di tecnologie e materiali eco-compatibili rappresentano oggi la soluzione tecnica che centra meglio gli obiettivi di riduzione dell’impatto ambientale, assicurando al contempo prestazioni in esercizio ottimali.

fonte: www.polimerica.it


#RifiutiZeroUmbria - #DONA IL #TUO 5 X 1000 A CRURZ - Cod.Fis. 94157660542

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz 
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria 

In Sardegna arriva l’asfalto fonoassorbente con gomma da PFU

Ad Olbia, nella principale arteria di collegamento della città, realizzati oltre 8.000 mq di strada con l’impiego di asfalto modificato con polverino di gomma riciclata dai Pneumatici Fuori Uso (PFU): un asfalto dalla durata maggiore, più resistente a fessurazioni e buche e silenzioso.














Come già accaduto in numerose città italiane anche ad Olbia l’Amministrazione Comunale ha scelto di affidarsi agli innovativi asfalti “modificati” con aggiunta di polverino di gomma riciclata da PFU per il rifacimento di via Roma, una delle arterie principali e più trafficate della città.
Una scelta responsabile e vantaggiosa viste le eccezionali proprietà di questa tecnologia: maggiore resistenza all’usura e alla formazione di crepe e buche, durata fino a 3 volte quella degli asfalti convenzionali, con un conseguente contenimento dei costi di manutenzione, e una riduzione del rumore generato dal passaggio dei veicoli fino a 7 dB.
Un intervento che il Comune di Olbia ha portato a termine grazie al supporto e l’impegno di Ecopneus, società senza scopo di lucro che gestisce raccolta, trasporto e trattamento di circa 200.000 tonnellate di PFU ogni anno. L’intervento ha riguardato un tratto lungo circa 1 km per una superfice totale di 8.000 mq impiegando asfalti fonoassorbenti modificati con l’aggiunta di circa 8 tonnellate di polverino di gomma riciclata dai PFU; un quantitativo equivalente al peso di circa 1.000 Pneumatici Fuori Uso, fornito dalla Ecoservice di Sant’Antonio di Gallura (SS) azienda partner di Ecopneus per la raccolta e il riciclo dei PFU.
“L’intervento di Olbia è la concreta testimonianza dell’importanza del corretto recupero e riciclo dei Pneumatici Fuori Uso - ha dichiarato il Direttore Generale di Ecopneus Giovanni Corbetta. “Lo sanno bene anche i cittadini olbiesi che per anni hanno dovuto convivere con due depositi in aree industriali dismesse dove erano abbandonate complessivamente oltre 1.700 tonnellate di PFU e che sono state svuotate grazie a due nostri interventi, nel 2012 e nel 2018. Oggi, parte di quei PFU sono diventati una risorsa per la collettività sotto forma di un asfalto innovativo, sostenibile e dalle eccezionali performance”.
L’impiego del polverino di gomma riciclata permette, infatti, di realizzare asfalti dalle prestazioni ottimali e l’interesse verso questa applicazione è in costante crescita, tanto che oggi in Italia contiamo oltre 500 km di strade realizzate con questa valida tecnologia.
Presentano caratteristiche e prestazioni durevoli nel tempo, hanno maggior resistenza rispetto ad un asfalto tradizionale e grazie alle specifiche tessiture ottimizzate contribuiscono a ridurre fino a 7dBl’inquinamento acustico dovuto al passaggio dei veicoli. Garantiscono inoltre maggiore sicurezza grazie alla minor presenza di danneggiamenti superficiali del manto e di buche e al migliore drenaggio dell’acqua, che consente anche un aumento dell’aderenza e il miglioramento della visibilità.


fonte: www.greencity.it

Asfalto dalla plastica riciclata















La preoccupante onnipresenza della plastica sul pianeta necessita di spirito pionieristico per venire contrastata. Coraggio e innovazione sono le parole chiave che contrassegnano gli sforzi di persone, enti privati o pubblici aventi come scopo l’abolizione della produzione di plastica o, perlomeno, il suo riciclo. Dal 2016, una nuova tecnologia riguardante la pavimentazione stradale, permette il riutilizzo della plastica durante la fase di asfaltatura delle strade. Questa metodologia di recente invenzione sta già dando risultati incoraggianti laddove è stata sperimentata, come in Svizzera a Zermatt.

Anche in Ticino nasce il desiderio di spingere la politica (cantonale e comunale) a cimentarsi in una coraggiosa esperienza che prevede l’utilizzo dell’asfalto ottenuto con plastica riciclata. Purtroppo, ad oggi, le sollecitazioni che la politica ticinese ha ricevuto, non hanno portato a nessun esito. Sia a livello comunale che a livello cantonale, infatti, la proposta di usare plastica anziché bitume per asfaltare il manto stradale, non è stata presa in considerazione. A livello cantonale, per esempio, Bellinzona risponde al Gran Consigliere Matteo Quadranti PLR affermando che questo tipo di asfalto non rispetta le norme per la qualità dei materiali di pavimentazione delle strade (VSS). Tramite questa motivazione il Cantone rifiuta di sperimentare una tecnologia verde che sembra soddisfare chi la sta utilizzando: il prodotto sarebbe più resistente all’usura, alle alte e alle basse temperature e alla corrosione.

Coloro che incitano gli organi esecutivi del proprio territorio a dare spazio a questo materiale di pavimentazione stradale sono mossi dal desiderio di vedere una politica dinamica, attenta ai più gravi problemi ambientali che avvelenano il pianeta e i suoi abitanti, capace di rivedere norme esistenti per testare nuove tecnologie promettenti per il loro limitato impatto ecologico.

Anche il Municipio di Chiasso ha rifiutato la proposta espressa nell’interpellanza del Consigliere Comunale PLR Carlo Coen riguardante l’utilizzo di plastica riciclata per produrre asfalto. Ma l’urgenza di trovarsi di fronte ad un esecutivo che si cimenti in nuove tecnologie ecologiche, anziché perpetrare vecchie prassi dagli impatti ambientali sfavorevoli, è viva.

Sulla base delle pressanti necessità del nostro ambiente, si chiedere che il municipio dia seguito a quanto la mozione postula ovvero che:
il municipio, visto il piano di risanamento delle strade comunali, presenti un preventivo e progetto di costo per effettuare un primo tratto di strada a campione utilizzando la tecnologia citata (suggeriamo di informarvi nel comune di Zermatt, che ha fatto un test a campione)
il municipio, una volta effettuata la sistemazione con la tecnologia nuova presenti al CC entro 3/5 anni una perizia indipendente (non VSE) volta ad attestare la tenuta o qualità del lavoro.
il municipio, in base a quanto sopra, o tenuto conto di risultati conseguiti e valutati come positivi pure all’estero, provveda in futuro a risanare / rifare le strade solo con tecnologie ecosostenibili e che sfruttano il riciclo di plastiche


fonte: https://www.ticinonews.ch

Bristol: la plastica non riciclabile diverrà manto stradale

La società di costruzioni Willmott Dixon utilizzerà rifiuti plastici scartati dai residenti per realizzare le strade di un nuovo nucleo abitativo nel comune inglese




















Dai cassonetti della differenziata al manto di strade e vialetti: a Bristol, città dell’Inghilterra sud-occidentale, i rifiuti di plastica non riciclabile diventano parte integrante dell’infrastruttura di trasporto. Il progetto è frutto dell’accordo tra il comune e la società di costruzioni Willmott Dixon a cui è stata affidata lo sviluppo del nuovo nucleo abitativo Ashton Rise di Bristol. Ed è proprio nelle strade del nuovo quartiere che gli scarti plastici otterranno una seconda vita.

La plastica in questione, va precisato, non è attualmente riciclabile in quanto costituita da un mix di polimeri difficilmente separabili dagli attuali impianti di trattamento (riciclo meccanico) in UK e destinata dunque, nel migliore dei casi, all’incenerimento.
L’iniziativa prevede che la società, grazie alla collaborazione con MacRebur e Gworks Surfacing, sostituisca il bitume -un materiale ad alta intensità di carbonio presente nell’asfalto – con i rifiuti locali. In questo modo l’opera di pavimentazione dovrebbe sia gestire al meglio gli scarti plastici (si stima sarà impiegato un quantitativo di rifiuti  pari 150mila buste di plastica), sia risparmiare 1,6 tonnellate di emissioni di carbonio.  

L’asfalto sarà anche più flessibile, riducendo il numero di crepe e buche che potrebbero verificarsi con l’usura. E il processo di pavimentazione, assicura l’azienda, non darà origine a microplastiche.

Neal Stephens, amministratore delegato di Willmott Dixon nel sud ovest del Paese, spera che mettere in mostra questi innovativi sforzi verdi di riduzione del carbonio in edilizia “possa ispirare anche altri sviluppatori”. “Questa innovazione è anche integrata a un sistema di riscaldamento a basse emissioni di carbonio installato anche sul sito, che renderà lo sviluppo di Ashton Rise ancor più sostenibile, con con le singole abitazioni in grado di risparmiare  fino a 23,5 kg di CO2 nel corso della vita”, ha aggiunto Stephens.
Anche il sindaco di Bristol, Marvin Rees, ha accolto con favore la notizia. “Questo approccio innovativo farà divenire Ashton Rise un punto di riferimento per nuovi sviluppi residenziali ecocompatibili poiché i residenti saranno in prima linea in alcuni dei campi più verdi del paese”.

fonte: www.rinnovabili.it

In Olanda si costruiscono strade e piste ciclabili con asfalto a base di lignina

Dal 2015, la Wageningen University&Research ha avviato la sperimentazione del derivato cellulosico in sostituzione del composto petrolifero ottenendo risultati incoraggianti


















La mobilità del futuro potrebbe viaggiare su strade ecosostenibili composte in buona parte da lignina: nei Paesi Bassi, un consorzio europeo di ricercatori e industriali sta sperimentando l’utilizzo del derivato cellulosico al posto del bitume come legante per l’asfalto di strade e piste ciclabili.

Le strade realizzate con il bio-composto a base di lignina sono attualmente 8 e comprendono un tratto di un sito industriale nella provincia di Zeeland percorso quotidianamente da auto e mezzi pesanti (costruito nel 2015 e ad oggi ancora in perfette condizioni), alcune strade secondarie dei dintorni, e una pista ciclabile presso la Wageningen University&Research, centro specializzato in studi agrari, divisa in 3 sezioni, ciascuna a base di un differente bio composto (costruita nel 2017).

Il bitume si trova in natura sotto forma di miscela semisolida e viscosa d’idrocarburi, tuttavia per essere impiegato come legante nella produzione dell’asfalto deve essere ulteriormente raffinato. L’Unione europea produce ogni anno 15 tonnellate di bitume che combinato insieme a frammenti di roccia, sabbia e ghiaia forma l’asfalto.
La lignina, invece, è un polimero che si trova in natura all’interno di piante e alberi: in sintesi è la sostanza che dona alla corteccia e al fusto delle piante le caratteristiche di elasticità e resistenza alla pressione. La lignina, inoltre, risulta come sottoprodotto di numerosi processi industriali, come la produzione di carta o quella di biocarburanti.

Il bitume con cui sono state realizzate le strade sperimentali in Olanda è composto al 50% da lignina e al 50% dal tradizionale derivato petrolifero. Il progetto guidato dalla Wageningen University&Research ha portato alla creazione di un Network europeo per la valorizzazione sostenibile della lignina (LignoCOST) che riunisce 200 tra realtà imprenditoriali e centri di ricerca in 38 Paesi.

“L’industria punta a eliminare il bitume da petrolio e il bio-asfalto è già menzionato come requisito in alcune gare d’appalto – ha commentato il professor Richard Gosselink della Wageningen University&Research – La lignina è interessante perché, come il bitume, dà struttura e supporto all’asfalto. Inoltre, è abbondantemente disponibile in natura. Un altro vantaggio è che il bio-asfalto a base di lignina può essere prodotto a temperature molto più basse. Ultimo ma non meno importante, usando la lignina possiamo risparmiare considerevolmente sull’uso di materiali a base di fossili”.
“Il materiale da noi creato sembra comportarsi alla stessa maniera di quello tradizionale a base di bitume e anzi, abbiamo notato che possiede un interessante potenziale di riduzione del rumore – ha concluso il professor Richard Gosselink della Wageningen University&Research – La domanda che ci poniamo è se sia sufficiente solo la lignina o se ci sarà bisogno di altri componenti biologici”.

Gli studiosi olandesi hanno chiarito che sarà necessario modificare chimicamente la lignina per superare il limite del 50% nel composto bituminoso, tuttavia, secondo il professor Gosselink è molto probabile la realizzazione di un mix totalmente a base biologica e sostenibile.

fonte: www.rinnovabili.it

Plastic Road: l’idea green dell’Olanda verso strade sostenibili

Sostituire le tradizionali strade in asfalto impiegando plastica riciclata. Così l’Olanda ripensa le strade del futuro in termini ecologici. A pochi giorni dalla giornata mondiale degli Oceani per la tutela del mare, l’ONU ci ricorda che più di 13 milioni di tonnellate di plastica ogni anno finiscono in mare: di seguito, un buon esempio di riutilizzo di un materiale largamente diffuso in tutto il mondo.


Plastic Road: l’idea green dell’Olanda verso strade sostenibili 

Plastic Road è il nome scelto per un progetto 100% sostenibile, nato dall’entusiasmante collaborazione di tre diverse società olandesi, tutte attente al tema di un futuro più sostenibile a livello ambientale: la KWS, impresa leader nelle costruzioni stradali dei Paesi Bassi, la compagnia petrolifera Total e Wavin, società esperta nel riciclo della plastica.

Basata sui principi della prefabbricazione e della modularità, la ricerca si muove nell’ottica di abbattere i tempi di costruzione e nella fattispecie di gestione e manutenzione dell’opera, che come noi italiani ben sappiamo, rappresenta un problema non indifferente se si considerano le code interminabili di automobili che ogni giorno si creano in strada a causa di cantieri sempre aperti (basti pensare alle buche e agli allagamenti…).

La Plastic Road suggerisce una valida alternativa alle strade tradizionali attraverso la realizzazione di un materiale costituito interamente da plastica riciclata e che sia idoneo a sostituire del tutto il conglomerato bituminoso proprio delle nostre strade, urbane ed extraurbane.

L’idea consiste nel reimpiego dei rifiuti di plastica e dei tappi di bottiglia: una soluzione intelligente che potrebbe fornire numerosi benefici a livello di impatto ambientale, circolarità dei prodotti e tempi di costruzione in cantiere.

Plastic Road: l’idea green dell’Olanda verso strade sostenibili

Plastic Road: i benefici per l'ambiente

L’asfalto produce in media 27 kilogrammi di CO2 per ogni tonnellata prodotta e assorbendo calore, fornisce un buon contributo all’innalzamento delle temperature globali. Non solo, in molti paesi tra cui l’Italia, l’asfalto rimosso viene smaltito in discarica come rifiuto speciale ed è quindi considerato un prodotto non riciclabile (producendo oltretutto ogni anno uno spreco economico oneroso).

La plastica riciclata invece, con cui sono pensate le strade del futuro, rappresenta rispetto al sopracitato asfalto, un rimedio sicuramente più green, essendo classificata a emissione zero sull’ambiente.
Plastic Road si adatta perfettamente agli sbalzi termici e alle aggressioni fisico - chimiche, resistendo alle alte temperature estive come a quelle più fredde invernali fino a meno 40 gradi. Grazie alla struttura flessibile, alla facilità di posa e alla leggerezza della plastica, si evitano molti problemi legati all’usura dell’asfalto: i tempi di manutenzione della copertura stradale vengono così decisamente abbattuti.

Un sistema modulare e prefabbricato della rete stradale migliorerebbe i tempi di costruzione e posa in opera della stessa: questa è la formula innovativa con cui è stato concepito tale progetto. I moduli sono pensati cavi al loro interno per avere spazio a sufficienza sia per il passaggio di tubazioni e cavi, sia per permettere il ristagno delle acque piovane e scongiurare l’eventuale possibilità di inondazioni.

Il progetto promosso a Rotterdam, che lo scorso anno sembrava una mera idea utopica, qualche mese fa ha preso forma tramite la realizzazione di due piste ciclabili a Zwolle e Giethoorn, sempre nei Paesi Bassi. Per la Plastic Road di Zwolle, lunga 30 metri, è stata utilizzata una quantità di plastica riciclata pari a 218.000 bicchieri o 500.000 tappi. 

Le due strade rappresentano un terreno di sperimentazione ove vengono costantemente monitorati alcuni parametri fondamentali a stabilire il grado di sicurezza e di fattibilità del progetto in condizioni di ordinario utilizzo dell’opera. Tuttavia, per il momento non ci resta che incrociare le dita, aspettare i prossimi sviluppi e sperare che questo modello di intervento possa diventare a tutti gli effetti quello più affidabile per aprire nuove strade allo smaltimento dei rifiuti.
fonte: https://www.infobuildenergia.it