Visualizzazione post con etichetta #Olanda. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta #Olanda. Mostra tutti i post

Direttiva SUP e produzione. La Case History di Haval

 









A pochi giorni dal recepimento definitivo della Direttiva SUP, il dibattito italiano si polarizza, come spesso accade, fra ambiente e economia, come se non fosse possibile una soluzione che mantenga le performances economiche delle aziende garantendo la tutela ambientale.

A smentire questa impostazione novecentesca, incapace di comprendere come sia necessario modificare i paradigmi produttivi novecenteschi per garantirsi un futuro sul mercato (e per garantire un futuro vivibile), arriva dall’Olanda una interessante Case History. A raccontarla un progetto Interreg “Transform-CE” sulle buone pratiche relative ai modelli di business basati sull’economia circolare.

Haval è un’azienda a conduzione familiare che produce articoli monouso e imballaggi per alimenti (come posate di plastica, piatti, bicchieri da yogurt, ecc.). Attualmente, producono prodotti in grandi volumi al minor costo possibile. A causa della recente introduzione della direttiva sulla plastica monouso (SUP), che entrerà in vigore il 3 luglio 2021, quasi tutti i loro prodotti saranno vietati. Quindi, Haval sta attualmente subendo una transizione dai prodotti monouso alle alternative riutilizzabili (sotto il nome di Circulware). Invece di cercare facili soluzioni per aggirare le regole (usando altri materiali), Haval ha deciso di adottare un approccio completamente diverso, passando dai prodotti monouso a quelli multiuso. Recentemente hanno creato una linea di prodotti specifica chiamata ‘Circulware’, creata appositamente per eventi e festival, tra cui vassoi riutilizzabili per il cibo e vassoi per le patatine. Inoltre, Haval sta attivamente ricercando l’uso della filigrana, che potrebbe (in futuro) permettere di separare i prodotti alimentari da quelli non alimentari, e permettere di separare i prodotti più piccoli.

Questo comporta molti cambiamenti nel modello di business, dalla consegna diretta ai consumatori all’implementazione della logistica inversa e all’estensione della loro gamma di prodotti.

Leggi il rapporto completo: https://www.nweurope.eu/media/14010/case-study-report-haval-good-practice-of-circular-economy-business-models.pdf


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

#Iscriviti QUI alla #Associazione COORDINAMENTO REGIONALE UMBRIA RIFIUTI ZERO (CRU-RZ) 


=> Seguici su Blogger 
https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram 
http://t.me/RifiutiZeroUmbria
=> Seguici su Youtube 

CITTÀ CIRCOLARI: LA STRATEGIA DI ROTTERDAM





I Paesi Bassi si sono dati obiettivi di circolarità decisamente sfidanti, e le città hanno un ruolo di protagoniste in questa transizione. Rotterdam, con il suo porto e le sue industrie, ha delineato un percorso al 2030 che le consentirà di ridurre emissioni e consumi di materiali, generando nel contempo nuova occupazione e migliorando la qualità della vita dei cittadini.

Creare città e insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili rappresenta l’undicesimo Obiettivo di sviluppo sostenibile individuato dall’Agenda 2030 dell’Onu. Per raggiungerlo e, al tempo stesso, creare un’economia circolare e rigenerativa, i Paesi Bassi hanno definito la tabella di marcia da qui al 2050. Il programma del governo olandese, “Nederland circulair in 2050” ha tra i principali obiettivi la riduzione del 50% nell’uso delle materie prime entro il 2030, puntando sul riuso efficiente e sulla riprogettazione di prodotti e materiali. Per l’implementazione pratica del programma il governo ha individuato quali attori cardine un gruppo di città pioniere, in collaborazione tra di esse. Tra queste città faro per la creazione di strategie circolari e di adattamento locale emerge Rotterdam. Grazie a una serie di programmi e investimenti, la città olandese punta sul suo porto, e non solo, per essere modello di circolarità a livello mondiale.
Impegnata a diventare una città sostenibile e resiliente, ma ancora fortemente dipendente dai combustibili fossili, Rotterdam ha un piano di transizione energetica molto ambizioso. Per saperne di più Materia Rinnovabile ha intervistato Arno Bonte, vicesindaco di Rotterdam per la sostenibilità, l’aria pulita e la transizione energetica.



Nel 2017, con il report Rotterdam Circulair, Gemeente Rotterdam, la municipalità, ha fissato degli obiettivi molto ambiziosi da raggiungere entro il 2030 per quanto riguarda le materie prime e i flussi di rifiuti. Quattro anni dopo, a che punto del percorso siete?
Nel 2017 ci siamo dati tre obiettivi principali: quello di dimezzare le emissioni di anidride carbonica, quello di ridurre l’uso delle materie prime del 50% e quello di ottenere una migliore qualità dell’aria. Tenendo sempre ben in mente questi obiettivi, stiamo cercando di cambiare la nostra economia e anche il modo in cui organizziamo la città, la mobilità, la costruzione degli edifici. Dopo quattro anni, se si guarda alla riduzione della CO2 abbiamo fatto grandi progressi. Il trend di crescita dell’anidride carbonica è stato invertito, e le emissioni di CO2 sono in diminuzione. Ma la strada è ancora lunga, e lo stesso vale per la riduzione dell’uso di materie prime. Sostenendo progetti locali e motivando i cittadini a separare i rifiuti, siamo riusciti a ridurre effettivamente la quantità di rifiuti prodotta e ad aumentare la quantità di plastica da riciclare. Siamo però ancora in una fase iniziale. La fase successiva verterà su un imponente ampliamento di questo progetto.

Come pensate di ampliare il progetto e accelerare la transizione circolare?
Abbiamo introdotto l’Energietransitiefonds, un fondo per la transizione energetica di 100 milioni di euro che punta a investire in start-up, scale-up e aziende sostenibili in grado di accelerare non solo la transizione energetica, ma anche quella circolare. Con questi fondi, se da un lato siamo in grado di aiutare le aziende a portare avanti i loro progetti, dall’altro come municipalità diventiamo investitori in prima persona. Non è l’obiettivo principale del fondo, ma se negli anni da questi investimenti dovessimo ottenere delle entrate, potremmo anche utilizzarle per nuovi investimenti.

Come municipalità state effettuando un percorso: le aziende le condividono?
Sì, negli scorsi anni, mostrando chiaramente i nostri obiettivi, siamo venuti in contatto con oltre 100 tra aziende e organizzazioni. Nel novembre 2019 con loro abbiamo firmato il Rotterdam Climate Agreement, un accordo che vede impegnati il comune di Rotterdam, le aziende e le organizzazioni a far diventare la transizione una realtà. Grazie a questo accordo abbiamo delineato insieme il percorso verso il futuro circolare di Rotterdam su cinque temi principali: porto e industria, ambiente, mobilità, energia pulita e consumi.

Anche il porto di Rotterdam, quindi, fa parte di questo accordo?
Certamente. Insieme all’Haven van Rotterdam abbiamo fatto piani per creare nel porto un hub circolare per il riciclo di tessuti e plastiche. E abbiamo mosso i primi passi per diventare leader nella bioeconomia. Siamo ancora estremamente dipendenti dai combustili fossili, ma la nostra ambizione è di diventare leader nella sostenibilità entro 10 anni. Crediamo che non sia solo necessario per il futuro del pianeta, ma anche per il futuro della nostra economia locale. Dobbiamo cambiare ora per essere competitivi in futuro.

Come si collega la strategia locale di Rotterdam a quella per il clima del governo nazionale?
Le ambizioni nazionali e locali sono strettamente collegate. Entrambi prendiamo molto sul serio gli accordi di Parigi. L’area metropolitana di Rotterdam è responsabile del 20% delle emissioni di anidride carbonica dei Paesi Bassi. Ciò è dovuto all’enorme area industriale di cui disponiamo. Ci sentiamo, quindi, moralmente responsabili e sentiamo la necessità di agire contro il cambiamento climatico.
Essendo la città nel mezzo del delta del fiume Maas, siamo anche molto vulnerabili. È nel nostro interesse agire e, contemporaneamente, le nostre ambizioni locali possono aiutare i Paesi Bassi a raggiungere i propri obiettivi climatici. Come città possiamo fare molto in tale direzione, come appunto la creazione dell’Energietransitiefonds, e lavorare con aziende che si attivano in maniera indipendente. Tuttavia, abbiamo anche bisogno dell’aiuto finanziario del governo nazionale e dell’Unione europea per fare un passo ancora più lungo. Al momento disponiamo, per esempio, di un’infrastruttura relativamente piccola basata sull’idrogeno, abbiamo bisogno di maggiori fondi per espandere questa infrastruttura e creare un’industria più sostenibile.

Il supporto del governo nazionale nelle politiche di Rotterdam è quindi cruciale?
Siamo leader in Europa sulla transizione circolare, ma, a volte, quando si è all’avanguardia, entrano in campo anche il rischio di fallire e il bisogno di sperimentare nuove attività. Non è sempre facile. Perciò, come città abbiamo anche bisogno del sostegno del governo nazionale sia a livello finanziario, sia con delle modifiche a livello legislativo. Ma ci vuole tempo. Siamo sempre più ambiziosi, a volte vogliamo andare più veloci di quanto il governo nazionale voglia fare. Possiamo contare sul supporto del governo nazionale se continuiamo a dimostrare che gli investimenti che servono a rendere la città e il porto di Rotterdam più sostenibili hanno successo e possono contribuire anche a realizzare gli obiettivi nazionali.

Considerando il piano legislativo, quale sarebbe la prima cosa che vorrebbe chiedere di cambiare al nuovo governo olandese?
Quello che aiuterebbe molto – e penso che valga per i Paesi Bassi come per molti altri paesi – sarebbe una modifica alla tassa sul lavoro, che è molto più alta rispetto alla tassa sull’uso dei materiali. Intervenire su queste tasse sarebbe più conveniente anche dal punto di vista economico e aiuterebbe a riutilizzare e riciclare i prodotti e i materiali esistenti e già in circolo. Si tratta di un cambiamento che non possiamo apportare a livello locale, abbiamo bisogno del governo nazionale o anche di quello europeo.

Oltre al livello legislativo, quali altre sfide saranno cruciali per Rotterdam, e per i Paesi Bassi in generale, nella transizione circolare ed energetica?
I finanziamenti, a livello locale, nazionale ed europeo, sono fondamentali per la riuscita della transizione. Con i nostri fondi locali per la transizione energetica, possiamo sostenere le start-up e la diffusione delle competenze, ma per i grandi investimenti nelle infrastrutture, come nel caso dell’idrogeno, abbiamo bisogno di finanziamenti nazionali e, in parte, anche di quelli europei. Queste sono le richieste che abbiamo fatto sia al nuovo governo olandese sia all’Unione europea. Pensiamo che le proposte in tale direzione possano anche aiutare il Green Deal europeo. Dopo che avremo dimostrato con i fatti che la transizione può essere compiuta, potremo anche condividere le nostre conoscenze ed esperienze con le altre città europee.

Pensa che il modello di Rotterdam sia replicabile altrove, anche considerando i fondi stanziati dall’Unione europea per supportare la transizione circolare?
Sì e no. Se penso al Porto di Rotterdam e ai passi che stiamo compiendo verso un’economia dell’idrogeno, credo che tutti gli aspetti tecnici possano essere copiati da altre città industriali. Parzialmente può essere replicato anche il modo in cui lavoriamo per ottenere il sostegno delle imprese, degli imprenditori e dei nostri cittadini. Siamo abituati a cooperare e a discutere: è uno dei fattori cruciali del nostro approccio, ma questo è anche un elemento culturale olandese. Per cui in altre realtà approcci diversi, più calati a livello locale, sarebbero probabilmente più produttivi.

Come vede Rotterdam tra 10 anni?
La Rotterdam che sogno tra 10 anni è una città che non solo ha realizzato la transizione verso un’economia sostenibile, ma ha anche creato nuovi posti di lavoro. In primo luogo, penso ai nuovi posti di lavoro che possono essere creati nell’industria eolica off-shore. Si tratta di un settore al momento emergente, ma che in futuro sarà una delle principali industrie anche nel porto di Rotterdam.

Quando parla di posti di lavoro c’è un numero concreto che ha in mente?
È molto difficile prevedere un numero preciso. Entrano in campo fenomeni come la digitalizzazione e la robotizzazione che, a oggi, sono difficili di quantificare. Però posso dire che, al momento, circa l’80% dei posti di lavoro esistenti nel settore industriale e nel Porto di Rotterdam è legato all’industria fossile. Spero che nel giro di 10 anni avremo capovolto questa tendenza, vale a dire che l’80% dei posti di lavoro sarà legato all’industria sostenibile. Ed è a questa nuova industria e nuova economia che stiamo lavorando. Sogno un’economia che faccia uso di fonti di energia sostenibile, che sia circolare, ma che, prima di ogni cosa, crei una città più verde e sana. Cerchiamo sempre di collegare anche l’elemento sociale. Economia sostenibile e competitiva, nuovi posti di lavoro, città verde e sana devono andare di pari passo con persone che respirano aria pulita e sono felici di vivere a Rotterdam.

fonte: www.renewablematter.eu
 


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

#Iscriviti QUI alla #Associazione COORDINAMENTO REGIONALE UMBRIA RIFIUTI ZERO (CRU-RZ) 


=> Seguici su Blogger 
https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram 
http://t.me/RifiutiZeroUmbria
=> Seguici su Youtube 

L'Olanda allarga il deposito su cauzione

Da luglio il sistema sarà esteso anche alle bottiglie PET con capacità inferiore al litro. Poi toccherà alle lattine.















Dal prossimo 1° luglio il deposito su cauzione viene esteso in Olanda anche alle bottiglie PET di piccolo formato, inferiore al litro di capacità. Rispetto a quello per le bottiglie più grandi, già in vigore nel paese, sarà di importo più basso, ovvero 15 centesimi di euro contro 25 centesimi.

La raccolta delle bottiglie, con restituzione del corrispettivo, avverrà nei supermercati, punti vendita presso le stazioni ferroviarie e le stazioni di servizio sulle autostrade. Saranno invece esentati alberghi, bar, ristoranti e piccole attività commerciali. Scuole e società sportive potranno aderire su base volontaria.
Nel complesso i punti di raccolta saranno circa 12mila in tutto il paese.

La gestione del sistema di deposito su cauzione è affidata ai produttori di bottiglie. La decisione di estenderlo anche al formato inferiore al litro è frutto del fallimento di un accordo volontario siglato tre anni fa dal governo con le associazioni imprenditoriali e quella dei comuni olandesi che si proponeva di ridurre tra il 70% e il 90% il volume di contenitori dispersi nell'ambiente. Secondo il ministero dell'ambiente olandese, delle 900 milioni di bottigliette PET immesse al consumo, circa 100 milioni finiscono nell'ambiente, mentre il sistema di deposito consentirà di recuperare il 90% delle bottiglie di plastica, piccole e grandi.

Il passo successivo sarà introdurre il deposito su cauzione anche per le lattine, che entrerà in vigore se entro l'autunno il numero di contenitori di alluminio dispersi in ambiente non verrà ridotto del 70-90%.

fonte: www.polimerica.it


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

#Iscriviti QUI alla #Associazione COORDINAMENTO REGIONALE UMBRIA RIFIUTI ZERO (CRU-RZ) 


=> Seguici su Blogger 
https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram 
http://t.me/RifiutiZeroUmbria
=> Seguici su Youtube 

Consegne urbane senza emissioni, i Paesi Bassi fanno sul serio

Dal 2025, almeno 30 città olandesi vieteranno veicoli diesel o a benzina per la consegna urbana delle merci. Al via una serie di accordi tra governo centrale, comuni e settore trasporti.



Niente più fumi di scarico da camion o furgoni commerciali in città. È la presa di posizione dei Paesi Bassi intenzionati a ripulire l’aria dei propri centri urbani. Per raggiungere questo obiettivo, i comuni, le parti interessate del settore dei trasporti e il ministro dell’ambiente olandese Stientje van Veldhoven hanno firmato l’agenda per l’implementazione della logistica CO2-free. E iniziato a firmare una serie di accordi sul tema. La meta è il 2025, anno in cui le consegne urbane senza emissioni dovrebbero essere la norma nei comuni aderenti all’iniziativa.

“Ora che stiamo trascorrendo più tempo a casa, possiamo notare il gran numero di furgoni e camion per le consegne che attraversano le città”, ha spiegato il ministro Stientje van Veldhoven lanciando il progetto. “Gli accordi che stiamo stabilendo garantiranno la sicurezza e la puntualità del rifornimento, ma senza gas di scarico ed emissioni di CO2″. Attualmente 14 comuni hanno già aderito all’iniziativa delle consegne urbane senza emissioni, ma per l’estate dovrebbero salire a 30.

Un obiettivo chiave delle nuove intese stipulate è garantire che imprenditori e trasportatori possano continuare a svolgere il proprio lavoro. Per questo motivo sono stati definiti accordi trasparenti che si applicheranno a tutte le zone a zero emissioni, volti a rendere la transizione fattibile ed economica, anche per le piccole imprese. I consigli cittadini sono tenuti ad osservare un preavviso minimo di quattro anni quando intendono realizzare tali zone. Inoltre, nei prossimi anni, il Governo agevolerà l’acquisto o il leasing di furgoni o camion a zero emissioni. Nei giorni passati è stato finalizzato il regime di incentivi dedicati a furgoni ecologici. A partire dal 15 marzo, gli imprenditori potranno richiedere una sovvenzione fino a 5.000 euro al momento dell’acquisto o del leasing di un veicolo di questo tipo. Inoltre, nei prossimi anni verrà prestata ulteriore attenzione alle piccole imprese, per aiutarle nel percorso.

fonte: www.rinnovabili.it


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

Enter your email address:

Delivered by FeedBurner

Sprazzi di luce nella dura sfida climatica

Alcune delle tante storie di successo di politiche per le rinnovabili e per la riduzione delle emissioni. Ma la realtà è complessa, le resistenze sono forti, il tempo a disposizione poco. Chiaroscuri a cinque anni dalla firma dell'Accordo di Parigi.










I commenti all’indomani dell’Accordo di Parigi oscillavano tra un deciso entusiasmo, “I fossili si ritrovano dalla parte sbagliata della Storia”, allo scetticismo per la mancanza di obiettivi vincolanti e l’insufficienza dei target della maggior parte dei paesi.

Nel mio inguaribile ottimismo mi ritrovavo tra coloro che lo consideravano fondamentale aver raccolto l’adesione di tutti i paesi e l’avere indicato il target dei 2 °C.

La vera cartina di tornasole del successo doveva però venire nel 2020, cinque anni dopo la firma, quando i paesi erano chiamati ad innalzare gli obiettivi presentati a Parigi.

Come si sa, il Covid ha fatto slittare a novembre 2021 la COP 26, ma la molla dell’ambizione era scattata. L’Europa, ancora una volta apripista, aveva lanciato la doppia mossa di portare dal 40 al 55% la riduzione delle emissioni al 2030 e quella ancora più ardita della neutralità climatica al 2050.

La vera bomba è scoppiata però a settembre quando alle Nazioni Unite la Cina ha dichiarato di voler puntare alla neutralità carbonica al 2060; il paese come biglietto da visita esibisce i ben 72 GW di eolico e i 48 GW solari installati lo scorso anno.

A seguire decine di paesi, ad iniziare dal Giappone, si sono impegnati a divenire carbon neutral a metà secolo. La triangolazione tra Usa, Europa e Cina (il 42% delle emissioni globali) lascia ben sperare su un’accelerazione delle politiche.

L’elezione di Biden, porterà a grandi risultati sia a livello internazionale che internamente, a partire dalla corsa delle rinnovabili necessaria per raggiungere, o avvicinarsi, al target di una elettricità carbon free nel 2035.

Ma sappiamo che lo sforzo sarà gigantesco.

Facendo riferimento al 1990, la UE parte con un taglio delle emissioni del 24%, negli Stati Uniti la riduzione è stata invece molto limitata, mentre nella Cina le emissioni sono schizzate alle stelle quasi quadruplicando il valore iniziale.

La buona notizia è che negli ultimi tre anni la crescita globale delle emissioni si è arrestata. Il taglio del 6,7% della CO2 nel 2020 a causa del Covid deve inoltre farci riflettere che, per raggiungere gli obiettivi di Parigi, dovremmo continuare a ridurre, questa volta in maniera virtuosa, le emissioni con una velocità poco inferiore a quella dello scorso anno…



Sembrerebbe un traguardo impossibile. Ma alcuni esempi ci indicano come la combinazione tra drastici tagli dei costi delle tecnologie green, volontà politica e spinta dal basso possono ottenere risultati incredibili.

Sole e tulipani

Partiamo dall’Olanda, dove lo scorso anno sono stati installati 2,9 GW, oltre il triplo rispetto all’Italia. Ma non è tanto la potenza installata a fare notizia, quanto la causa dell’accelerazione degli ultimi anni.

Nel 2015 un tribunale aveva accolto la richiesta di un’associazione, appoggiata dagli ambientalisti, che riteneva insufficiente l’obiettivo governativo di ridurre le emissioni climalteranti nel 2020 del 14-17% rispetto ai livelli del 1990.

La battaglia giudiziaria è andata avanti a lungo, finché nel 2019 la Corte suprema ha stabilito che il Governo doveva proteggere i diritti umani dei suoi cittadini e ridurre le emissioni di almeno del 25% entro la fine del 2020.

Questo conflitto legale ha indotto il governo a darsi una mossa, investendo tra l’altro 3 miliardi per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, limitando l’uso del carbone.

La corsa delle installazioni solari ha così consentito di raggiungere 10 GW, poco meno della metà della potenza fotovoltaica italiana, su una superficie pari a meno di un settimo della nostra.

E, secondo la Netherlands Environmental Assessment Agency, il fotovoltaico potrebbe raggiungere i 36 GW nel 2030.

Boom fotovoltaico in Vietnam

Ancora più impressionante è la dinamica che si è registrata nel Vietnam. Nel solo dicembre 2020, sono stati infatti installati 6,7 GW fotovoltaici, ovvero i due terzi della potenza solare totale della Francia.

La massiccia escalation è il risultato di una decisione politica dell’aprile 2020 che ha assegnato ai progetti solari sui tetti una tariffa feed-in di 0,084 $ per kWh per 20 anni. E la corsa è partita portando ad un boom decisamente maggiore di quello verificatosi in Italia nel 2010-11 con un incentivo cinque volte più alto.

Il fotovoltaico ha così già superato l’obiettivo di 12,5 GW al 2025 che il Governo aveva in mente solo un paio di mesi fa. Parafrasando Hemingway, le rinnovabili prendono il sopravvento prima lentamente, poi tutto in una volta.



Non stupisce che, in parallelo, il Vietnam stia drasticamente riducendo le previsioni di nuove centrali a carbone.

Emissioni CO2 negli UK sui livelli di… 130 anni fa

Un altro esempio di rapidissima riduzione delle emissioni climalteranti viene dal Regno Unito.

La produzione di CO2 nel 2019 (quindi prima del Covid) è stata infatti del 45% più bassa di quella del 1990, tornando ai livelli del 1888. Tra i motivi ci sono l’abbandono del carbone e la crescita dell’eolico offshore.



Ma la sfida da affrontare è ardua…

Queste sono alcune delle tante storie di successi. La realtà è però decisamente complessa, le resistenze sono forti, il tempo a disposizione poco.

Insomma, il percorso che abbiamo di fronte è estremamente difficile, ma si può affrontare.

I milioni di giovani che nel 2019 hanno invaso le strade di molti paesi esprimono un’esigenza, una volontà di accelerare i cambiamenti.

“Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza“, scriveva Antonio Gramsci.

Un appello che si adatta anche allo sforzo necessario nei prossimi anni e decenni per affrontare l’emergenza climatica.

fonte: www.qualenergia.it


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

In arrivo fondi per la strada di plastica

PlasticRoad ha ricevuto una sovvenzione governativa di 700.000 euro per passare alla produzione industriale.



PlasticRoad, la strada prefabbricata in plastica riciclata già sperimentata in due tratti di pista ciclabile in Olanda,ha ricevuto una sovvenzione di 700.000 euro dal Ministero degli affari economici olandese per completare la fase di ingegnerizzazione e passare alla produzione industriale, che dovrebbe partire nel primo trimestre 2021 presso il sito di Hardenberg, nei Paesi Bassi.

PlasticRoad è una una sorta di scatolato prefabbricato cavo e leggero, all’interno del quale vengono fatti passare condotte e cablaggi, posato su un sottofondo sabbioso. La struttura sarà inizialmente utilizzata per realizzare piste ciclabili, pavimentazioni di parcheggi, banchine ferroviarie e marciapiedi.

I due progetti pilota avviati a Zwolle e Giethoorn hanno fornito risultati positivi. Nel primo caso, per allestire la pista ciclabile su un tracciato di 30 metri è stata impiegata una tonnellata di plastica riciclata da post-consumo, con una riduzione delle emissioni di CO2 stimata tra il 52% e il 72% rispetto alle tecniche costruttive tradizionali.

fonte: www.polimerica.it


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!


=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

Carlsberg, arrivano le bottiglie a base vegetale che si degradano in un anno

La fine della plastica? Le bottiglie a base vegetale che si degradano in un anno. Il progetto appoggiato da Carlesberg e Coca-Cola lanciato dalla società olandese Avantium.

















La società di prodotti biochimici Avantium nei Paesi Bassi spera di avviare presto un progetto pionieristico che ha come obiettivo quello di di produrre materie plastiche dagli zuccheri vegetali anziché dai combustibili fossili.

Il progetto sembra aver già ottenuto il sostegno del produttore di birra Carlsberg che spera di vendere la sua pilsner in una bottiglia di cartone rivestita con uno strato interno di plastica vegetale.

L’amministratore delegato di Avantium, Tom van Aken, spera che progetto, sulla buona strada nonostante il blocco del coronavirus, sia destinato ad avviare collaborazioni con altre aziende di alimenti e bevande più avanti nell’estate. Il progetto sembra anche aver avuto il sostegno di Coca-Cola e Danone.

A livello globale, circa 300 milioni di tonnellate di plastica sono prodotte ogni anno da combustibili fossili, il che contribuisce in modo decisivo alla crisi climatica. Gran parte di questa non viene riciclata e contribuisce al flagello delle microplastiche negli oceani del mondo che possono richiedere centinaia di anni per decomporsi completamente.

“Questa plastica ha credenziali di sostenibilità molto interessanti perché non utilizza combustibili fossili e può essere riciclata ma si degraderebbe anche in natura molto più velocemente rispetto alla plastica normale“, afferma Van Aken.

La plastica per piante di Avantium è progettata per essere abbastanza resistente. Le prove hanno dimostrato che la plastica della pianta si decompone in un anno usando un composter ma idealmente, dovrebbe essere riciclato, ha detto Van Aken.

La bio-raffineria prevede di scomporre gli zuccheri vegetali sostenibili in semplici strutture chimiche che possono quindi essere riorganizzate per formare una nuova plastica a base vegetale che potrebbe apparire sugli scaffali dei supermercati entro il 2023.

Il progetto Path-Finder inizialmente produrrà 5.000 tonnellate di plastica ogni anno usando zuccheri da mais, grano o barbabietole. Avantium prevede che la sua produzione crescerà con l’aumento della domanda di materie plastiche rinnovabili. Con il passare del tempo la società prevede di utilizzare zuccheri vegetali provenienti da rifiuti organici di provenienza sostenibile in modo che l’aumento della plastica vegetale non influenzi la catena di approvvigionamento alimentare globale.

fonte: https://www.teleambiente.it/


#RifiutiZeroUmbria - #DONA IL #TUO 5 X 1000 A CRURZ - Cod.Fis. 94157660542

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz 
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria 

Olanda: in arrivo un sistema di deposito per le bottigliette di plastica

Entro il primo luglio 2021 anche le bottigliette di plastica saranno soggette ad un sistema di deposito e ad una cauzione di 15 cent. Ogni anno nei Paesi Bassi vengono vendute 1 miliardo di bottigliette di plastica di cui si stima finiscano nell’ambiente una quantità tra i 50 e 100 milioni di pezzi.
























In controtendenza con altri paesi dove la partenza di un sistema di deposito su cauzione per contenitori di bevande è stato posticipata (1) a causa della pandemia da Covid-19 l’Olanda ha deciso di implementare al 2021 l’attuale sistema di deposito in vigore per le bottiglie in plastica di formato superiore al litro includendo anche tutti i formati più piccoli.
Dietro a questa decisione annunciata il 24 aprile scorso c’è stato il lavoro ai fianchi del governo olandese da parte di alcune associazioni (ambientaliste e non solo) che per due decenni lo hanno spronato e bloccato quando nel 2015 stava per smantellare il sistema di deposito esistente per le bottiglie superiori al litro. Una sintesi sui decenni di resistenza dell’industria delle bevande e dei loro alleati, tra cui la GDO, ve lo abbiamo raccontato solo noi per l’Italia attraverso la pubblicazione di 3 articoli su questo sito.
Nel corso degli anni, i supermercati e i produttori di bevande olandesi, nel tentativo di evitare un’estensione del cauzionamento sono riusciti ripetutamente a rimandarlo accettando accordi quadro con il governo che prevedevano vari obiettivi tra cui una riduzione di bottiglie di plastica e lattine nei rifiuti stradali e l’aumento delle percentuali di riciclo. La strategia è stata quella di prendere tempo ben sapendo che non avrebbero mai potuto mantenere le promesse.

Lo stesso copione si è ripetuto sino ad oggi considerato che i soggetti prima citati non hanno centrato obiettivi similari contenuti nell’ultimatum ricevuto anche da Stientje van Veldhoven (D66) attuale Ministro all’Ambiente e Segretario di Stato per le infrastrutture e la gestione delle risorse idriche (2017-2019).
In una lettera inviata al parlamento del marzo del 2018 Van Veldhoven aveva ribadito che qualora non fosse stato raggiunto per le bottigliette in plastica l’obiettivo di riciclo del 90% sull’immesso al consumo, abbinato ad una riduzione del 70-90% delle bottigliette disperse nell’ambiente ( ndr.di seguito littering) avrebbe annunciato nell’autunno del 2020 (senza ulteriori deroghe) la partenza di un sistema di deposito,
Nei due anni di rilevamento sulla presenza di contenitori per bevande nel littering , affidato nel 2018 a Rijkswaterstaat (la direzione generale per i Lavori pubblici e la gestione delle risorse idriche), è emerso che le bottigliette sono aumentate del 7% e le lattine del 16% .
Questa situazione ha fatto si che in una successiva lettera al parlamento del 27 settembre 2019, il segretario di stato dichiarasse di voler anticipare alla primavera del 2020 la decisione sull’entrata in vigore di un deposito basandosi sui dati poco confortanti del terzo rilevamento. Alla luce dei dati in negativo anche per il quarto rilevamento effettuato di Rijkswaterstaat lo scorso febbraio, il governo non ha potuto fare altro che confermare l’entrata in vigore di un sistema di deposito per le bottigliette a partire dal 1 luglio 2021. All’industria è stato così concesso poco più di un anno che corrisponde all’arco di tempo che la stessa industria aveva quantificato come necessario per organizzare un sistema di deposito.

Va detto che i nuovi target di raccolta/riciclo per le bottigliette previsti dalla Direttiva Single Use Plastic (77% al 2025 e 90% al 2029) che rendono inevitabile il ricorso ai sistemi di deposito, hanno avuto un peso importante in questa decisione.
Tuttavia nonostante nell’ultimo anno la maggioranza del Parlamento olandese si fosse espressa a favore di un’estensione del deposito alle lattine, il Ministro Van Veldhoven ha deciso (nuovamente) di concedere un anno di tempo all’industria per raggiungere gli stessi obiettivi che l’industria ha mancato per le bottigliette ( 90% di riciclo sull’immesso e riduzione del 70/90% delle lattine nel littering).

Intanto il Ministro ha chiesto agli organi competenti di predisporre le necessarie misure legali per essere in grado di rispettare le tempistiche previste per un eventuale deposito anche per le lattine.
Ci sono pochi dubbi sul fatto che le lattine possano sfuggire ad un cauzionamento poiché l’evidenza sull’impatto ambientale delle lattine è arrivata al Parlamento forte e chiara attraverso due mozioni (2). Gli stessi parlamentari ritengono la misura indispensabile per evitare che i produttori di bevande passino dall’impiego di bottiglie alle lattine più di quanto non stiano già facendo.


Credit: Zwerfinator

I dati di vendita confermano una crescita per le lattine in Olanda. Nel 2018 sono state vendute 1,5 miliardi di lattine 155 milioni di pezzi in più rispetto al 2016 secondo l’organizzazione Recycling Netwerk

Tutti i rilevamenti compiuti da Rijkswaterstaat hanno riscontrato che la quantità di lattine nel littering è mediamente oltre il doppio di quella delle bottigliette.

In Olanda è operativo dal settembre del 2016 Dirk Groot un’attivista dal nome di battaglia Zwerfinator che ha raccolto e registrato le tipologie di contenitori di bevande trovate disperse nell’ambiente in 45 comuni. Le elaborazioni effettuate da Zwerfinator sulla base di questi rilevamenti sono state incluse negli ultimi rapporti governativi per la loro attendibilità accanto ai rilevamenti ufficiali .

Dall’inizio della sua attività sino al primo trimestre del 2020 Zwerfinator ha raccolto 51.331 pezzi percorrendo un totale di 1414 km dai quali emerge che la quantità di lattine nel littering è 2,7 volte quella delle bottiglie.



Rappresentazione grafica riferita alla media di bottiglie (in blu) e lattine (in giallo) trovate per ogni km percorso nei semestri riferiti a 3 anni di raccolta e catalogazione.

RIFIUTI DA IMBALLAGGIO E COSTI PER I COMUNI

Secondo lo studio di KplusV che ha indagato sulle dimensioni e costi del fenomeno finiscono nell’ambiente dai 100 a 150 milioni di lattine ogni anno. Infine anche le lattine, come la plastica, quando abbandonate nei campi o sui cigli delle strade possono diventare armi letali per gli animali da pascolo. Una volta che finiscono sotto le lame dei taglia erba le lattine vengono tagliate e i frammenti nascosti nell’erba vengono ingeriti accidentalmente dagli animali.
Uno studio commissionato da Recycling Netwerk Benelux un’organizzazione tra le più attive nella promozione dei sistemi di deposito in Olanda e Belgio a Robin van der Bles ricercatore della Wageningen University ha quantificato in 12.000 capi le mucche ferite ogni anno a seguito dell’ingestione di frammenti di alluminio, di cui 4.000 circa non sopravvivono.
Recycling Netwerk è stata cofondatrice nel 2017 della Statiegeld Alliantie (Deposit Return System Alliance) un’iniziativa che ha contribuito ad aggregare in Belgio e Olanda un vasto fronte di soggetti a sostegno del sistema e permesso di arrivare all’attuale traguardo in Olanda. L’alleanza è cresciuta molto rapidamente e oggi conta 1055 soggetti aderenti tra Enti Locali ( il 98% dei comuni olandesi), ONG, associazioni dei consumatori, associazioni aziendali del settore agricolo e dell’allevamento e un’ampia varietà di altri enti e organizzazioni.

Secondo uno studio del 2010 commissionato a Deloitte l’abbandono dei rifiuti nell’ambiente in Olanda costa 250 milioni di euro all’anno. Il 95,6 % di questo importo dovuto al solo littering, ovvero 239 milioni di euro , viene sborsato dai comuni e dalle aziende (principalmente autorità pubbliche) che gestiscono i rifiuti a livello locale.

Uno studio condotto da CE Delft del 2010 per conto del governo olandese ha stimato quanto potrebbe valere la riduzione dei costi a carico degli enti pubblici conseguente all’introduzione di un sistema di deposito per bottiglie e lattine. Lo studio ha quantificato in 80 milioni di euro all’anno il risparmio di cui beneficerebbero ogni anno gli enti locali. La necessità di ridurre i costi di gestione degli imballaggi monouso spiega perché il 98% dei comuni olandesi , tutte le 12 province e i 21 bacini idrici si schierino compatti nel chiedere al governo olandese di introdurre un deposito su bottiglie e lattine. Un sondaggio del 2018 aveva rilevato che il 78% degli olandesi sarebbe a favore di un sistema di deposito per bottiglie e lattine.




Contenitori bevande nel littering in % : azzurro=lattine, arancione=bottiglie di plastica, grigio=altri contenitori Credit : Zwerfinator

Uno studio commissionato dalle autorità olandesi nel 2017 a CE Delft per valutare l’impatto economico e ambientale di un sistema di deposito, ha prodotto dei risultati molto convincenti. In ogni scenario prospettato nello studio i benefici netti stimati per le imprese superano i costi di gestione . Per dare qualche numero un cauzionamento per contenitori di bevande in plastica e lattine in Olanda permetterebbe un risparmio pari a 5,5 – 8 milioni di euro che corrisponde ai costi di raccolta e gestione degli stessi imballaggi attraverso i sistemi di raccolta attuali (3). Per quanto riguarda invece i costi a carico dei comuni derivanti dai costi di pulizia ambientale incluso gli svuotamenti dei cestini e contenitori su suolo pubblico si potrebbero risparmiare tra gli 83 e 90 milioni di euro.
Una variabile che aiuta a comprimere tali costi è rappresentata dalla riduzione del 70-90% stimata dallo studio nella quantità di contenitori per bevande (coperti dal sistema) presenti nel rifiuto stradale e dispersi nell’ambiente, che andrebbero invece ad aumentare in modo significativo i tassi di riciclaggio di bottiglie di plastica e lattine. La stima è stata calcolata sulla base dei dati riferiti all’abbandono di rifiuti nell’ambiente tra bottiglie di plastica e lattine, come lo studio KplusV prima citato (e altri rilevamenti), e le quantità degli stessi contenitori immessi al consumo che verrebbero coperti da un cauzionamento.

PERCHE’ IL CASO OLANDESE E’ INTERESSANTE PER L’ITALIA?

Il caso studio olandese è interessante per più di un motivo. Innanzitutto perché sarà uno degli esempi europei più recenti e più vicini alla nostra realtà tra gli oltre 40 tra stati e regioni che hanno adottato tali sistemi, a cui l’Italia potrà ispirarsi per disegnare un modello di cauzionamento adatto per il nostro paese. Anche l’Italia dovrà pur centrare i target di raccolta e riciclo al 2025 e 2029 per le bottiglie di plastica previste dalla Direttiva SUP, no? Lo stesso ripensamento dovrà investire gli attuali modelli di raccolta per gli imballaggi che non sono più in linea con i tempi e i nuovi modelli di consumo. Anche per quanto riguarda la ripartizione dei costi generati da imballaggi e altri articoli usa e getta a fine vita le nuove direttive chiedono di superare ( e ribaltare) l’attuale situazione in cui sono i cittadini a pagare oltre i due terzi delle spese dovute al loro avvio a riciclo o smaltimento.



NB. Posticipata di un anno l’entrata in vigore del sistema per la Scozia e la Slovacchia.

Come hanno dimostrato casi studio recenti di successo come quello della Lituania non esistono altri strumenti efficaci quanto i sistemi di deposito per raggiungere in poco più di un anno percentuali di intercettazione superiori all’80% che salgono ad oltre il 90% lavorando su variabili come l’importo del deposito e l’efficientamento dei processi lungo tutta la filiera.

Lo ha ribadito recentemente in una video-intervista il vicepresidente esecutivo della nuova Commissione europea, Frans Timmermans che ha il doppio ruolo di coordinare il green deal europeo e gestire le azioni politiche legate al clima.

Infine il caso olandese, se avrete la pazienza di leggere i post citati in apertura del post, ha dimostrato che le iniziative dal basso quando si coalizzano in uno sforzo comune, come è avvenuto per l’alleanza costituitasi in Olanda, riescono a tenere testa alle lobby industriali e ai loro appoggi politici.

Chissà che anche in un paese come l’Italia, dove ognuno si muove in ordine sparso per portare acqua al proprio mulino, non si arrivi a creare un fronte collaborativo su questi temi che vada oltre al firmare qualche documento e petizione rivolta al governo.

Come associazione comuni virtuosi aderiamo alla piattaforma Reloop per la promozione dei sistemi di deposito e dei modelli di economia circolare basati sul riuso e condivisione dei beni. Personalmente sono una grande sostenitrice dei sistemi di deposito in quanto strumento straordinario di logistica inversa che può avere infiniti campi di applicazione. Sono diventata, pertanto un membro (entusiasta) del network internazionale per la promozione dei questi sistemi che si riunisce ogni due anni in un summit che avrà luogo nel settembre prossimo (stavolta in formula virtuale ).

Silvia Ricci

(1) Tra i quali la Scozia, Slovacchia e lo stato dell’Australia Occidentale.

(2) Le mozione dei parlamentari Dik – Faber (2018) e Paternotte (2019) hanno delineato proposte su modalità e tempistiche per l’introduzione di un sistema di cauzionamento che sono state prese in considerazione nella stesura dell’atto legislativo.

(3) L’importo indicato, che esprime il risparmio complessivo dei costi di gestione qualora fosse adottato un sistema di deposito, si ottiene moltiplicando 0.2 cent per il numero totale di contenitori di bevande gestiti attraverso un cauzionamento. Partendo dal presupposto che ogni contenitore quando gestito dai sistemi di raccolta convenzionali porta a porta o similari costi 0,2 cent in più.


fonte: https://comunivirtuosi.org


#RifiutiZeroUmbria - #DONA IL #TUO 5 X 1000 A CRURZ - Cod.Fis. 94157660542

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz 
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria 

L’Olanda testa un cervello per le comunità energetiche rinnovabili

Gli scienziati dell’ITWM del Fraunhofer hanno sviluppato un innovativo sistema di gestione dell’energia che collega sistemi fotovoltaici, batterie, pompe di calore e auto elettriche per alimentare singole famiglie o interi quartieri con energia rinnovabile prodotta localmente


















Nei Paesi Bassi le tradizionali case galleggianti si evolvono in chiave smart ed ecologica. Come? Grazie ad un innovativo sistema di gestione dei flussi energetici in grado fornire alle abitazioni un’affidabile e costante rifornimento a base di green energy locali, fotovoltaico in primis. Un vero e proprio cervello in grado regalare l’autonomia alle nuove comunità energetiche rinnovabili anche nei giorni bui e senza sovraccaricare la linea elettrica condivisa. A realizzarlo sono stati i partner del progetto “Grid Friends“, iniziativa di ricerca a cui ha preso parte anche l’Istituto tedesco per la matematica industriale ITWM del Fraunhofer. “Abbiamo modificato il nostro programma di gestione dell’energia per le singole case per realizzare un sistema per intere comunità energetiche”, spiega il responsabile del progetto Matthias Klein. “Controlla i sistemi fotovoltaici e le pompe di calore, e ricarica le batterie delle auto elettriche e domestiche, supportando in tal modo anche l’accoppiamento settoriale”.

La struttura del nuovo cervello, spiegano gli scienziati dell’ITWS, è modulare: ogni modulo può essere installato singolarmente ma una volta connesso agli altri, funziona come un unico hub di gestione. Il suo compito è di analizzare in maniera costante, secondo per secondo, la situazione in maniera da determinare la destinazione dell’energia. Il progetto è stato sperimentato in una piccola comunità di trenta case galleggiati ad Amsterdam, ognuna di loro dotata di pannelli solari, pompe di calore e batterie.

Il sistema reindirizza l’energia solare dei pannelli lì dove si trovano le esigenze della comunità o nei sistemi di accumulo, e passa alle batterie una volta tramontato il sole, operando casa per casa a secondo dei consumi in tempo reale.

Non solo. Il progetto ha dotato ogni modulo di intelligenza discreta e di un modello previsionale in grado di aumentare l’efficienza delle batterie. In primo luogo, determina in base ai dati meteo quanta energia i sistemi fotovoltaici dovrebbero produrre nelle ore a venire e la quantità di energia termica che probabilmente verrà consumata. Quindi applica i risultati di questi calcoli per regolare lo stoccaggio. Ad esempio, gli impianti fotovoltaici non sono in grado di funzionare alla massima capacità quando il cielo è nuvoloso: in queste condizioni il sistema di gestione attende che torni il bel tempo prima di iniziare a stoccare l’elettricità.

Questi moduli possono anche essere distribuiti individualmente e adattati alla specifica applicazione. “Esiste già una base installata in modo permanente da 60 a 70 dei nostri sistemi che vanno da abitazioni private e mense a intere aziende e un impianto di trattamento delle acque reflue”, aggiunge Klein. “Mentre il sistema di Amsterdam sposta le uscite di potenza di picco fino a 250 chilowatt, molte delle versioni in funzione già controllano 150 chilowatt”.

fonte: www.rinnovabili.it

Dopo l’Olanda tocca all’Italia: a marzo la prima causa contro lo Stato per “inazione climatica”

Dopo la sentenza della Corte Suprema, il governo olandese dovrà ridurre le emissioni. E la battaglia si sposta in Italia: a marzo infatti sarà presentata la prima causa contro lo Stato portata avanti da un network di associazioni e movimenti. Nome del procedimento: Giudizio Universale











Non era mai successo nulla di simile. Il governo olandese sarà obbligato a ridurre entro la fine del 2020 le emissioni di gas climalteranti di almeno il 25% rispetto al 1990, “prendendo misure opportune e appropriate”. La sentenza della corte Suprema dell’Olanda arriva come un terremoto nel quadro della lotta globale contro il cambiamento climatico.
Dopo una battaglia legale durata sette anni, portata avanti da Urgenda, un’associazione ambientalista olandese, si è infine arrivati al verdetto finale che costringe il governo olandese a far fronte alla crisi climatica. Qualora non agisca di conseguenza, si configura la violazione degli  articoli due 2 e 8 della Convenzione Europea dei Diritti Umani. Di fatto si tratterà di violazione del diritto alla vita e al benessere delle persone, diritti universali, inviolabili. Ovvero ciò che dovrebbe garantire lo stato ai suoi cittadini. Questa sentenza definitiva sposta la questione della riduzione emissioni di CO2 su un piano completamente nuovo, quello legale. Se l’accordo di Parigi non costringe de jure gli stati a ridurre le emissioni per contenere la temperatura media globale a 1,5°C, ora la società civile può pensare di ricorrere ai tribunali per mettere pressione ai governi al fine di attuare dei piani clima nazionali previsti da Parigi e che dal 2020 dovranno essere rafforzati.
«Questa sentenza restituisce speranza ai cittadini che sull’emergenza climatica sono frustrati dall’inazione della politica», ha commentato Dennis Van Berkel uno degli avvocati di Urgenda. L’Olanda attualmente ha ridotto solo del 20% le sue emissioni e quindi dovrebbe ridurre in 12 mesi di un ulteriore 5%, una sfida tutt’altro che semplice. Ma il premier Mark Rutte ha confermato alla stampa olandese la piena intenzione di rispettare la sentenza. Come? Una delle opzioni sul tavolo è la chiusura delle centrali a carbone aperte in Olanda nel 2015 e nel 2017.
A dare la misura dell’importanza internazionale della notizia ci pensa lo special rapporteur sui diritti umani e l’ambiente alle Nazioni Unite, David R. Boyd che afferma: «è la più importante sentenza in merito ai cambiamenti climatici: conferma quanto i diritti umani siano messi a rischio. Questa è una vittoria per miliardi di persone più vulnerabili agli impatti devastanti della crisi climatica e un colpo di grazia all’industria dei combustibili fossili».
Ora la battaglia si sposta in Italia. A marzo infatti sarà presentata la prima causa contro lo Stato portata avanti da un network di associazioni e movimenti. Nome del procedimento: Giudizio Universale. «Chiederemo allo Stato Italiano di attuare misure più stringenti per rispondere ai cambiamenti climatici e invertire il processo: se non ci pensiamo noi, nessuno lo farà al posto nostro», spiega Cecilia Erba, portavoce della campagna Giudizio Universale durante un’intervista svolta alla COP25 di Madrid. Le notizie provenienti dall’Aja fanno ben sperare.
«L'obiettivo della causa è far riconoscere il legame che c'è tra i diritti umani e la violazione dei diritti umani e gli impatti dei cambiamenti climatici», continua Erba. «Chiediamo che lo Stato italiano venga obbligato adottare delle misure di mitigazione dei cambiamenti climatici in linea con gli obiettivi proposti dallo Stato stesso e in linea i report scientifici dell’IPCC. Inoltre secondo la Convenzione di Aarhus chiediamo sia rispettato il diritto dei cittadini di essere informati e coinvolti all'interno dei processi decisionali per le politiche ambientali».
La campagna Giudizio Universale è promossa attualmente da circa cento realtà ambientaliste. Una compagine composta anche da tanti movimenti localisti, come NoTap. Notevole però l’assenza delle grandi associazioni come Legambiente, WWF Italia e Italian Climate Network che non sono state coinvolte nel processo.  Inoltre raggiungere un verdetto positivo in Italia non sarà semplice, data la difficolta di individuare il soggetto da richiamare alle proprie responsabilità. Ma esistono sentenze in cui lo stato, applicando l’art. 2043 del codice civile, è stato condannato. Quindi la possibilità sussiste.
Secondo l’avvocato Luca Saltalamacchia, uno dei tre legali del pool insieme al costituzionalista Michele Tarducci e all’avv.Raffaele Cesari, «Sarà una lunga battaglia, nessuno pensa sarà una passeggiata. Riteniamo  però sia un dovere però mettere in chiaro le responsabilità sull’inazione sul cambiamento climatico». Conterà molto non solo il processo giuridico ma anche il capitale politico che il mondo della società civile saprà mettere in campo. Per questo è auspicabile un fronte allaragato e compatto che sappia agglutinare il mondo ecologista. A quel punto lo Stato, che al Parlamento ha recentemente dichiarato l’emergenza climatica, dovrò fare buon viso a cattivo gioco ed accettare la sentenza in primo grado, se vorrà essere coerente. Certo dipenderà dal governo in carica quando si arriverà al giudicato. Ma la sfida legale è lanciata.
fonte: www.lastampa.it

L’Olanda ricopre centinaia di fermate degli autobus con le piante, come regalo per le api

Nella città olandese di Utrecht le pensiline degli autobus sono state ricoperte di piante per attirare le api, ripulire l’aria dalle polveri sottili e rinfrescare la città nei mesi estivi.
Il Comune offre inoltre incentivi per chiunque voglia piantumare il tetto della propria abitazione.






Nella città olandese di Utrecht le pensiline degli autobus sono state ricoperte di piante per attirare le api, ripulire l’aria dalle polveri sottili e rinfrescare la città nei mesi estivi.
Il Comune offre inoltre incentivi per chiunque voglia piantumare il tetto della propria abitazione.

Pensiline ricoperte di piante per aiutare le api
A Utrecht, in Olanda, i tetti delle pensiline degli autobus sono stati ricoperti di piante e fiori.
Il progetto ha coinvolto 316 fermate dei pullman e ha l’obiettivo di attirare api e bombi, ma anche di migliorare la qualità dell’aria e di abbassare la temperatura.
I tetti verdi delle pensiline, infatti, offrono nettare prezioso per api, calabroni e altri impollinatori e contribuiscono a contrastare la diminuzione di questi utili e preziosi insetti, favorendo la biodiversità.
In più, le piante collocate sulle pensiline catturano le polveri sottili emesse dagli autoveicoli e immagazzinano in modo efficiente acqua piovana, ripulendo e rinfrescando l’aria.
I tetti delle pensiline sono ricoperti soprattutto da piante succulente del genere Sedumche richiedono poca manutenzione, affidata agli autisti degli autobus.
Autobus elettrici per migliorare la qualità dell’aria
Oltre a ricoprire le pensiline di piante, per migliorare la qualità dell’aria Utrecht ha deciso di sostituire gradualmente gli autobus diesel con mezzi elettrici, alimentati grazie all’energia prodotta dai mulini a vento olandesi.
Ad oggi sono già dieci i pullman elettrici introdotti ed entro il 2028 tutti i mezzi pubblici saranno a emissioni zero.
Per diminuire l’inquinamento, vengono anche offerti premi agli autisti che guidano in modo rispettoso per l’ambiente.
Incentivi per chi rende verde il proprio tetto
L’amministrazione di Utrecht offre incentivi per i cittadini che intendono piantumare i tetto delle loro abitazioni o che vogliono installare pannelli solari sulle coperture delle case.
Come si legge sul sito del Comune:

Un tetto verde fa bene a una città sana e vivibile, che può quindi affrontare meglio i problemi climatici.
I tetti verdi aiutano a prevenire le inondazioni e consentono di soffrire meno il caldo.
Un buon momento per installare un tetto verde è quando la vecchia copertura del tetto è usurata o quando è necessario bonificare tetti in amianto
Sul tetto si possono combinare piante e pannelli solari: questi ultimi sembrano funzionare meglio e durare può a lungo se installati su coperture in cui è presente della vegetazione.






fonte: www.greenme.it

In Olanda si costruiscono strade e piste ciclabili con asfalto a base di lignina

Dal 2015, la Wageningen University&Research ha avviato la sperimentazione del derivato cellulosico in sostituzione del composto petrolifero ottenendo risultati incoraggianti


















La mobilità del futuro potrebbe viaggiare su strade ecosostenibili composte in buona parte da lignina: nei Paesi Bassi, un consorzio europeo di ricercatori e industriali sta sperimentando l’utilizzo del derivato cellulosico al posto del bitume come legante per l’asfalto di strade e piste ciclabili.

Le strade realizzate con il bio-composto a base di lignina sono attualmente 8 e comprendono un tratto di un sito industriale nella provincia di Zeeland percorso quotidianamente da auto e mezzi pesanti (costruito nel 2015 e ad oggi ancora in perfette condizioni), alcune strade secondarie dei dintorni, e una pista ciclabile presso la Wageningen University&Research, centro specializzato in studi agrari, divisa in 3 sezioni, ciascuna a base di un differente bio composto (costruita nel 2017).

Il bitume si trova in natura sotto forma di miscela semisolida e viscosa d’idrocarburi, tuttavia per essere impiegato come legante nella produzione dell’asfalto deve essere ulteriormente raffinato. L’Unione europea produce ogni anno 15 tonnellate di bitume che combinato insieme a frammenti di roccia, sabbia e ghiaia forma l’asfalto.
La lignina, invece, è un polimero che si trova in natura all’interno di piante e alberi: in sintesi è la sostanza che dona alla corteccia e al fusto delle piante le caratteristiche di elasticità e resistenza alla pressione. La lignina, inoltre, risulta come sottoprodotto di numerosi processi industriali, come la produzione di carta o quella di biocarburanti.

Il bitume con cui sono state realizzate le strade sperimentali in Olanda è composto al 50% da lignina e al 50% dal tradizionale derivato petrolifero. Il progetto guidato dalla Wageningen University&Research ha portato alla creazione di un Network europeo per la valorizzazione sostenibile della lignina (LignoCOST) che riunisce 200 tra realtà imprenditoriali e centri di ricerca in 38 Paesi.

“L’industria punta a eliminare il bitume da petrolio e il bio-asfalto è già menzionato come requisito in alcune gare d’appalto – ha commentato il professor Richard Gosselink della Wageningen University&Research – La lignina è interessante perché, come il bitume, dà struttura e supporto all’asfalto. Inoltre, è abbondantemente disponibile in natura. Un altro vantaggio è che il bio-asfalto a base di lignina può essere prodotto a temperature molto più basse. Ultimo ma non meno importante, usando la lignina possiamo risparmiare considerevolmente sull’uso di materiali a base di fossili”.
“Il materiale da noi creato sembra comportarsi alla stessa maniera di quello tradizionale a base di bitume e anzi, abbiamo notato che possiede un interessante potenziale di riduzione del rumore – ha concluso il professor Richard Gosselink della Wageningen University&Research – La domanda che ci poniamo è se sia sufficiente solo la lignina o se ci sarà bisogno di altri componenti biologici”.

Gli studiosi olandesi hanno chiarito che sarà necessario modificare chimicamente la lignina per superare il limite del 50% nel composto bituminoso, tuttavia, secondo il professor Gosselink è molto probabile la realizzazione di un mix totalmente a base biologica e sostenibile.

fonte: www.rinnovabili.it