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Torneremo a guidare automobili realizzate in canapa e altre fibre vegetali?

Dalla Hempcar della Ford interamente ricavata da soia e canapa e alimentata ad etanolo, ai moderni impieghi di Bmw, Peugeot e Seat



L’iniziativa di provare ad utilizzare fibre vegetali nei processi industriali del settore automobilistico sono oggi dettate dall’esigenza di realizzare materiali a bassa impronta di carbonio. Con questo tipo di produzioni si cerca di esercitare un bassa pressione ambientale durante i loro processi di produzione ma anche di prevedere percorsi di smaltimento più sostenibili.

Lo studio, la ricerca e la realizzazione di tutti questi materiali a base vegetale erano saliti alla ribalta delle economie nazionali autarchiche principalmente per motivi di strategie politiche ed economiche. Questo era stato possibile grazie agli enormi progressi della chimica, avvenuti nel periodo tra le due guerre ed attribuendo a questi prodotti di sintesi caratteri di modernità e di progresso in chi ne facesse uso.

Studi e ricerche per nuovi materiali

Durante gli anni ’30, negli stati Uniti, la Ford mette all’opera stuoli di ingegneri per progettare la prima auto realizzata interamente con un materiale ottenuto da soia e canapa. Vale qui ricordare che dai semi di quest’ultima si ricava anche l’etanolo che sarebbe servito per alimentare l’auto stessa. Si tratta di un carburante alternativo ai derivati del petrolio, per anni ampiamente sperimentato nei motori termici ma che non è mai “decollato”.

Dopo anni di tentativi nel 1941 il prototipo della Hempcar è presentato ma l’entrata degli USA nel secondo conflitto mondiale ne farà naufragare il progetto.

Anche la Pegamoide, oggi si direbbe “ecopelle”, risale al periodo tra le due guerre mondiali. Si tratta di un materiale costituito da un supporto di tela o di carta su cui è applicata una miscela di sostanze varie, fra cui sostanze a base di celluloide ed olio di ricino.

La Pegamoide è un materiale che imita il cuoio, un tempo usato in valigeria, tappezzeria e simili, ma che è stata ampiamente utilizzata dalle case automobilistiche e dai più famosi carrozzieri per rivestire le loro creazioni. La pegamoide grazie alle sue caratteristiche di maggiore resistenza alle sollecitazioni ed agli eventi atmosferici veniva preferita rispetto alle pelli di animale e quindi, come si direbbe oggi, meno impattante per origine e trattamenti anche se all’epoca questi ultimi erano aspetti del tutto trascurabili e di nessuna rilevanza.

Nella Repubblica Democratica Tedesca RDT, la La VEB Sachsenring Automobilwerk Zwickau (Fabbrica Automobilistica Sachsenring di Zwickau) produceva in Duroplast le carrozzerie delle proprie utilitarie (Trabant). Procedimento utilizzato fino al termine della produzione avvenuta nel 1991. Il Duroplast era realizzato con materiale vegetale riciclato, cascami di cotone e resine fenoliche.

Tuttavia, a causa delle sue caratteristiche (si comporta come una plastica di derivazione minerale) il Duroplast si è dimostrato assolutamente non degradabile e la sua trasformazione richiede lavorazioni costose; l’unica possibilità per smaltirlo è stata trovata nel suo impiego, una volta macinato, come componente delle pavimentazioni stradali.

Si torna ad usare materie vegetali

Ai giorni nostri, la BMW isola le portiere della sua i3 con il Kenaf (Hibiscus cannabinus) ed è possibile acquistare in Florida presso la Renew Sports Cars un’auto dal nome fortemente evocativo: “canna”, almeno per il mercato italiano. La leggerissima carrozzeria è realizzata interamente in fibra di canapa.

Nelle Peugeot più recenti, la versatile pianta è impiegata nei rinforzi del cruscotto e nei condotti di sbrinamento del parabrezza.

Seat (gruppo Volkswagen) sta verificando la possibilità di sostituire la plastica di alcune componenti della Leon con il pulone che è il materiale ottenuto dal cascame del riso. Il pulone è trasformato in Oryzite, mischiato con poliuretani e polipropileni ed infine utilizzato, per esempio negli spessori fonoassorbenti e/o di rivestimento del bagagliaio o del cielo della macchina.

Considerato che ogni anno si raccolgono oltre 700 milioni di tonnellate di riso e che 140 milioni di questo diventano scarti, il progetto ha enormi potenzialità. In questo senso la Seat sta sottoponendo a test di resistenza gli elementi così realizzati per capire di quanto può aumentare la percentuale di pulone presente, fatti salvi i requisiti qualitativi come la resistenza meccanica e quella alle sollecitazioni del caldo/freddo ed all’umidità.

Ridurre l’uso della plastica rientra nel ventagli di strategie adottate dalle case automobilistiche per tentare di portare a zero la “carbon-footprint” nell’intero ciclo di vita delle vetture, obiettivo che la Seat ha fissato per il 2050.

fonte: www.greenreport.it



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Transizione ecologica: il ruolo delle città europee

Le città sono i motori dell'economia europea e sono sempre più riconosciute come attori chiave nella transizione dell'Europa verso un'economia a basse emissioni di carbonio



L'Europa è un continente altamente urbanizzato: circa il 75% della popolazione vive in aree urbane e le stime prevedono che la percentuale arriverà all'80% nel 2050. Il paesaggio urbano europeo è eterogeneo e caratterizzato da una diversità di città per lo più piccole e medie: secondo una valutazione di UN-habitat, nel 2016, di queste città, solo Parigi e Londra possono infatti essere considerate vere e proprie megalopoli.

Sul piano della promozione dello sviluppo urbano sostenibile, l'Unione europea riveste un ruolo chiave ma le amministrazioni locali sono sicuramente nella posizione migliore per affrontare e risolvere le sfide ambientali, garantendo al contempo una buona qualità della vita per i propri cittadini. Tradizionalmente, le città risultano fondamentali nei settori della gestione dei rifiuti e dell'acqua, del trasporto pubblico e dell'uso efficiente del territorio, attraverso l'attuazione di una pianificazione urbana integrata. Oggi poi, le città sono anche in prima linea per quanto riguarda l'adattamento ai cambiamenti climatici e la conservazione e il ripristino degli ecosistemi.

In aggiunta a ciò, in questo anno e mezzo di pandemia abbiamo potuto constatare come le città, con le loro amministrazioni, siano state in prima linea nella gestione dell’emergenza, sopportandone spesso gli impatti peggiori. Le questioni post-pandemia che dovranno essere ancora affrontate nei prossimi mesi e negli anni a venire avranno necessariamente un effetto sulla transizione verde delle stesse città: dagli spazi verdi, alle forme di mobilità, al ruolo della tecnologia, solo per dirne alcune.

Sebbene gli sforzi attuali siano giustamente concentrati nell'affrontare le sfide immediate dell’emergenza pandemica, è però importante mettere rapidamente in atto approcci alla ripresa che siano allineati con obiettivi di sostenibilità più ampi. In questo modo le città potranno davvero diventare forze trainanti fondamentali per una transizione ecologica ed equa, a condizione però che siano attivamente coinvolte nel processo decisionale fin dall'inizio, come sostiene un recente briefing dell’Agenzia europea per l’ambiente.

Le seguenti quattro aree offrono strade particolarmente promettenti per affrontare la triplice sfida delle città - sociale, ambientale ed economica:
ripensamento della mobilità urbana e dell’uso del suolo,
riqualificazione del patrimonio edilizio urbano,
rafforzamento del ruolo delle infrastrutture verdi e delle soluzioni basate sulla natura,
trasformazione dei sistemi alimentari urbani e passaggio a modelli di consumo più circolari.

Se le città giocano un ruolo importante nella transizione ecologica, è anche vero che le città sono uniche e diverse e per questo le tabelle di marcia per la transizione devono essere adattate alle condizioni locali.

Attraverso un sondaggio e delle interviste con alcune città selezionate, l’Agenzia europea per l’ambiente è andata a valutare alcuni dei fattori trainanti e i differenti ostacoli che i centri urbani devono affrontare nell’accelerare il passaggio verso modelli più sostenibili dal punto di vista ambientale. Quello che emerge è che
la flessibilità sarà la chiave per consentire alle città di mettere in atto misure che funzionino meglio per le proprie situazioni,
la legislazione dell'UE continua a svolgere un ruolo chiave nell'accelerare il cambiamento nelle città,
i governi nazionali e sovranazionali possono facilitare, oltre che inibire, il cambiamento di sistema,
le reti di città e i partenariati mirati hanno un ruolo vitale in tali processi,
il coinvolgimento efficace del pubblico nei processi decisionali porta a risultati migliori,
la comunicazione efficace ed innovativa delle informazioni è una parte importante del coinvolgimento del pubblico,
le nuove tecnologie possono svolgere un ruolo importante, ma devono essere inclusive e adatte allo scopo,
l'accesso ai finanziamenti UE, nazionali e privati svolge un ruolo fondamentale,
i processi di approvvigionamento verde e il consumo sostenibile sono importanti motori di cambiamento.

Per valutare il ruolo delle città nella transizione ecologica, all'interno dell'ampio quadro del Green Deal europeo e dell'Agenda urbana dell'UE, l’Agenzia europea ha selezionato sei “lenti” di osservazione ed analisi:
La città resiliente, in cui le capacità di individui, comunità, istituzioni, imprese consentono loro di adattarsi e rispondere a stress cronici e shock acuti
La città verde, che fornisce alla comunità ambienti sani e sostenibili attraverso una progettazione ecologica dello sviluppo urbano
La città a basse emissioni di carbonio, che si muove verso il raggiungimento di pratiche a basse emissioni di carbonio in tutti i suoi aspetti, inclusi economia e vita quotidiana
La città inclusiva, in cui i processi di sviluppo includono un'ampia varietà di cittadini e attività e che coinvolgono l'inclusione spaziale, sociale ed economica
La città sana, che consente alle persone di svolgere tutte le funzioni della vita e di svilupparsi al massimo delle loro potenzialità
La città circolare, in cui tutti i flussi di prodotti e materiali possono diventare una risorsa per nuovi prodotti e servizi

Grazie a questi 6 modelli di lettura ed analisi, l'Agenzia europea sta portando avanti la sua valutazione sui progressi delle città europee verso una transizione ecologica ed equa.

fonte: www.arpat.toscana.it



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Francia, utilizzato per la prima volta un asfalto a base vegetale

Per la prima volta a livello mondiale in Francia è stato steso su un breve tratto un asfalto “neutro” in termini di emissioni di gas ad effetto serra.



A piedi del Monte Bianco, nella valle dell’Arve, in Francia, nella giornata di venerdì 18 settembre è stata posta una prima pietra. Per la prima volta a livello mondiale l’impresa Eiffage Route e la società che gestisce le autostrade e il tunnel del Monte Bianco (la Atmb) hanno steso un asfalto innovativo e che è stato presentato come “carbon neutral” ovvero neutro in termini di emissioni di gas ad effetto serra.

L’asfalto “verde” steso su un tratto sperimentale lungo 260 metri

Si tratta ovviamente di una sperimentazione, che prima di poter essere considerata ancora un’alternativa utilizzabile ovunque dovrà essere analizzata. Il nuovo asfalto “verde” è stato infatti steso su una piccola porzione – 260 metri di lunghezza e 10 metri di larghezza – della route nazionale (strada statale) 205, in direzione della nota località turistica Chamonix, in Alta Savoia.

L’operazione è stata effettuata nell’ambito di una ristrutturazione stradale che prevede un intervento su complessivi 1,4 chilometri. Il nuovo asfalto presenta dei componenti che contengono per il 40 per cento materiali riciclati. Mentre il collante è di origine vegetale, a base di resina, e sostituisce il bitume tradizionale, derivato dal petrolio.


La porzione di strada nella quale è stato steso l’asfalto vegetale, in Francia © Google Maps

Inoltre, il materiale non deve essere steso a temperature particolarmente alte, come si fa con l’asfalto tradizionale (a più di 100 gradi centigradi). In questo caso è sufficiente scaldare il composto a 40 gradi, il che consente di limitare fortemente il dispendio energetico.
Il materiale utilizza resina come collante e non necessita di temperature elevate per essere steso

L’asfalto “verde” era stato già testato per piccoli “rattoppi” su strade provinciali, ma come precisato da Eiffel Route in un comunicato, “è la prima volta che viene fatto su una strada con due vie di circolazione, sulla quale la limitazione di velocità è di 90 chilometri all’ora e sulla quale passano 10mila veicoli al giorno, di cui l’11 per cento è rappresentato da mezzi pesanti. Il tutto, inoltre, ad un’altitudine di 930 metri sul livello del mare, il che espone il tratto ad importanti variazioni termiche, con quasi 100 giorni all’anno al di sotto degli zero gradi centigradi”.

Ora si prevede un monitoraggio della tenuta del nuovo asfalto che verrà effettuato per un periodo di cinque anni. Se esso resisterà sufficientemente alle condizioni meteorologiche e al traffico, si prevede di utilizzarlo anche sulle altre strade gestite dalla Atmb.

fonte: www.lifegate.it


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Il succo di frutta te lo fai da solo, pedalando: apre a Palermo un chioschetto eco friendly

Una piccola pedalata per l’uomo, un grande passo per l’eco-sostenibilità: arriva a Palermo un "Veggie Wave", un chiosco senza energia che non sia quella delle tue gambe













Una piccola pedalata per l’uomo, ma un grande passo per l’eco-sostenibilità: sta per aprire a anche a Palermo un "Veggie Wave" (letteralmente "onda vegetariana", dovrebbe aprire il 26 maggio) il chiosco totalmente eco-friendly in cui chiunque può farsi un naturale e genuino succo di frutta semplicemente pedalando.

Come funziona? Apparentemente è un normale chioschetto ma in realtà c'è una bicicletta integrata: una comune bicicletta che si attiva semplicemente pedalando e aziona un meccanismo che permette di frullare la frutta senza necessità di utilizzare alcuna fonte di energia elettrica, così da ridurre al minimo qualsiasi tipo di impatto ambientale.

L’eco chiosco arriva in piazza Rivoluzione grazie al palermitano Lorenzo Barbera che insieme a due soci (Giovanna Albanese Trigona, la manager e Christina Andersen, l'advisor ) – si è innamorato del progetto e del piccolo chiosco interamente green e plastic free.

Neanche ci sarebbe bisogno di dirlo infatti ma è al bando l’utilizzo di qualunque materiale plastico non biodegradabile.

«La plastica è severamente vietata – spiega Lorenzo - nel chiosco sono ammessi solo bicchieri compostabili. Ci siamo uniti alla grande famiglia di "Veggie Wave" perché condividiamoi valori che ne costituiscono la base: divertimento, salute e soprattutto rispetto per il nostro amato pianeta».

«Cerchiamo di offrire al consumatore un prodotto sano, nutriente e di qualità che viene dalla terra ma senza che questa sia sfruttata - continua - con l'intenzione, al tempo stesso, di creare in ognuno di noi maggiore consapevolezza sui temi ambientali. Il tutto in un'atmosfera amichevole e divertente».

Parole d’ordine del progetto sono quindi eco-sostenibilità e rispetto per l’ambiente: l'idea di un simile brand, il primo di succhi di frutta interamente etico e sostenibile, è nata a Lisbona da due giovani imprenditori - si, italiani - Riccardo Ferragamo e Niccolò Bagarotto.


fonte: https://www.balarm.it

Dottor Plastic: visite gratuite in cambio di bottiglie di plastica per i pazienti indonesiani

Salute e ambiente: un connubio indissolubile, reso possibile da un medico indonesiano con la sua preziosa iniziativa.




















Dottor Plastic è l’appellativo di un medico indonesiano che ha sposato in modo creativo due importanti battaglie.
Alla possibilità di offrire prestazioni mediche gratuite per i pazienti più indigenti ha unito l’impegno ambientalista per la lotta alla plasticaA Cianjur, in Indonesia, le cure mediche sono costose e non accessibili a tutti. Inoltre, in questo piccolo e povero paese, gli studi non sono garantiti alle fasce più indigenti della popolazione. A ciò si aggiunge il problema dei rifiuti, che stanno letteralmente invadendo questi splendidi territori, come sta accadendo d’altra parte nel resto del mondo.

Dr. Plastic: la sua storia

La storia del dottor Nugraha è un chiaro esempio di tenacia e capacità di sfidare gli ostacoli per raggiungere gli obiettivi desiderati. Yusuf Nugraha ha sognato fin da piccolo di diventare medico. Provenendo da una famiglia non abbiente, solo vendendo riso ha potuto coronare il suo sogno completando gli studi. All’inizio del suo lavoro ha dovuto fronteggiare la situazione di povertà dei suoi clienti, che spesso non potevano permettersi di pagare le cure. La prima opzione era quelle di offrire prestazioni mediche gratuite. Una soluzione mal tollerata, tuttavia, dall’orgoglioso popolo indonesiano, poco propenso a chiedere l’elemosina.

Dottor Plastic: l’idea

Sono solo un medico. Come posso svolgere il mio lavoro e salvare la natura allo stesso tempo?
Ecco allora l’idea di questo giovane e appassionato medico. Ha inventato un alternativo sistema di pagamento tramite degli speciali voucher. Rendendo 10 bottiglie di plastica da poter riciclare, ogni paziente può accedere al sistema di cure offerto dal dottor Nugraha. Negli ultimi 3 anni ha così contribuito a raccogliere circa 180 mila bottiglie. Oltre ad aumentare la consapevolezza delle persone circa i  pericoli dovuti allo spreco di plastica, ha limitato l’impatto di questi rifiuti sull’ambiente.
Una piccola favola moderna in cui l’iniziativa di una sola persona sembra in grado di seminare speranza e impegno ambientalista.
fonte: http://www.ehabitat.it

Storie di economia circolare da premiare

Ecodom e CDCA premiano i 4 vincitori del Concorso dedicato al racconto di storie virtuose dell’Italia sostenibile




















Dalla k-Alma, la falegnameria sociale di Roma, a Panta Rei, associazione che ha realizzato in Umbria un ecovilaggio biodegrabile e autosufficiente. Sono le storie virtuose raccolte dal concorso di Ecodom e CDCA. Le due realtà hanno premiato oggi chi ha saputo tradurre in parole e immagini l’italia dell’economia circolare e della sostenibilità. L’obiettivo della competizione era quello di stimolare e promuovere, tra giornalisti e addetti del mondo dell’informazione una rinnovata consapevolezza in merito ai nuovi modelli produttivi e ai benefici per l’ambiente e la società che derivano da processi di transizione virtuosi. “Il lavoro di mappatura delle esperienze di Economia Circolare già attive nel nostro Paese, che insieme a CDCA abbiamo condotto durante tutto il 2018, ci ha permesso di scoprire un’Italia attenta alla riduzione degli sprechi e alla trasformazione dei rifiuti in risorse” – afferma Giorgio Arienti, direttore generale di Ecodom – “Anche se nel nostro Paese manca ancora una normativa che sostenga realmente l’Economia Circolare, ci sono molte realtà che lavorano secondo principi di sostenibilità. Altrettanto sorprendente è stata la risposta degli storyteller (fotografi, vidomaker, scrittori e autori radiofonici) all’invito che abbiamo loro rivolto di provare a raccontare queste esperienze, aggiungendo bellezza alla positività: a questa prima edizione del concorso Storie di Economia Circolare sono state presentate ben 118 opere. C’è un grande desiderio non solo di costruire realtà a minore impatto ambientale e sociale, ma anche di raccontarle, di farle conoscere, di portarle alla luce”.

Oltre 17.000 utenti hanno partecipato alle votazioni on-line, a cui ha poi fatto seguito il lavoro di una giuria di esperti del mondo dell’informazione e della cultura. A vincere nelle 4 categorie – scrittura, video, fotografia e radio – sono stati:

– Le parole di Marta Facchini e Roberta Covelli sull’attività di ReCup (Milano) associazione impegnata contro lo spreco alimentare attraverso il recupero e la redistribuzione del cibo invenduto, nei diversi mercati milanesi tra viale Papiniano e Lambrate.

– Le immagini di Davide Lanzilao e Veronica Di Benedetto Montaccini sul lavoro di Panta Rei (Lago Trasimeno, Perugia), associazione no profit che ha realizzato un ecovillaggio completamente sostenibile utilizzando legno, terra cruda, sughero, paglia, pietra e canna di lago; ogni abitazione è biodegradabile ed è energeticamente autosufficiente grazie ai pannelli solari.

– Il servizio radiofonico di Valerio Maggio su K_Alma (Roma) falegnameria sociale nata nel 2016 che offre la possibilità ai richiedenti asilo di lavorare il legno  per realizzare oggetti che vengono venduti a scuole, asili nido, associazioni e privati.

– Il video di Flavio La Franca sul progetto The Circle, un impianto idroponico che permette il contemporaneo allevamento delle carpe con un’agricoltura sostenibile: grazie a un sistema a ricircolo l’acqua delle vasche di allevamento viene raccolta, filtrata e depurata e usata per irrigare le radici dei vegetali contenuti all’interno di strutture verticali, interamente fuori suolo, per poi ritornare nella vasca di allevamento.

fonte: www.rinnovabili.it

Edilizia sostenibile: il futuro è la paglia?






















Guardare al passato per costruire un futuro ad alta efficienza energetica: si diffonde l’uso della paglia per edifici ecosostenibili e a basso impatto ambientale.
E se per costruire le case del futuro fosse sufficiente gettare uno sguardo al passato? L’efficienza energetica richiede innovazione, ma anche la capacità di cogliere le opportunità che la natura ci offre, indagando tra le materie prime più diffuse e di facile reperimento: è il caso della paglia, materiale che sta prendendo sempre più piede nel campo dell’edilizia sostenibile.
L’uso della paglia in edilizia non è una completa novità: già nella seconda metà dell’Ottocento negli Stati Uniti vennero costruite le prime case in paglia per ovviare ad una scarsa reperibilità di legname e pietre sul territorio. In Europa è ancora possibile ammirare una casa in paglia costruita nel 1912: si trova in Francia, nella zona della Bretagna. Da allora, le tecniche sono state affinate ma è solo in tempi recenti che si è iniziato a guardare a questa materia prima povera come soluzione atta a garantire l’alta efficienza energetica degli immobili costruiti in edilizia sostenibile.


A Roma si trova l’unico esempio italiano di edificio urbano costruito in paglia: si trova nel quartiere Quadraro ed è opera dei progettisti di BAG (Beyond Architetcture Group). La casa, in classe A+, è grande 180mq ed è costata poco più di 1000 a metro quadrato: una cifra che abbatte i costi delle case ad alta efficienza energetica, che possono superare i 3000 euro a metro quadrato. La struttura è stata eretta in nove mesi: per farlo sono servite circa 400 balle di paglia e 15 metri cubi di legno. La casa è ignifuga e antisismica e comporta costi di mantenimento veramente bassi per i proprietari: le bollette annuali si aggirano intorno ai 300 euro.
Le potenzialità sono importanti e il settore dell’edilizia inizia ad accorgersene, anche se ad oggi la costruzione di case in paglia ha ancora carattere pionieristico e gli edifici costruiti sono perlopiù case in aree sismiche e rurali. Tuttavia, la ricerca nel campo dei materiali per l’edilizia sostenibile prosegue e allarga anche lo sguardo a diverse forme di materia prima: alcuni ricercatori di Madrid hanno presentato uno studio che approfondisce il tema dell’applicazione dei noccioli di oliva per la costruzione di edifici a basso impatto ambientale.
La Spagna tra i maggiori produttori di olio di oliva al mondo: non stupisce che proprio da qui arrivi una proposta per riutilizzarne gli scarti. I noccioli di oliva, secondo lo studio, possono essere utilizzati per ridurre la densità dei materiali edili e per migliorare le prestazioni energetiche e acustiche degli edifici. Un ulteriore risparmio di Co2 e di energia si ottiene in fase di produzione: non solo gli edifici, ma l’intera filiera sarebbe dunque più sostenibile. Al momento la costruzione di edifici sfruttando i noccioli di oliva è ancora in fase progettuale, ma si spera che nei prossimi anni le soluzioni alternative ed ecosostenibili per l’edilizia continuino ad aumentare.
fonte: https://www.nonsoloambiente.it

Sei eco, bio o pio? I consigli natalizi di Corepla

Ecco la lista di utili consigli forniti dal Consorzio Nazionale degli imballaggi in plastica per un Natale a basso impatto ambientale






























Perché ciò che resta sulle tavole delle feste o sotto l’albero di Natale può far bene all’ambiente.
I consigli di Corepla per un Natale a basso impatto ambientale:
1. Non riciclare solo i regali poco graditi! L’imballaggio in plastica che ha contenuto, protetto o trasportato il tuo regalo di Natale va messo nel contenitore per la raccolta differenziata separandolo da eventuali altri materiali presenti nella medesima confezione. Una attenta separazione e una corretta raccolta facilitano infatti il riciclo, permettendo ai tuoi rifiuti di trovare una nuova vita sotto forma di filati, tessuti tecnici, moquette, coperte e felpe in pile, imbottiture, tegole, pavimenti, grondaie. Perché la plastica è troppo preziosa per diventare un rifiuto!
2. Riusa con fantasia. Quando hai finito di scartare i regali, conserva le confezioni o gli imballaggi in plastica che non si sono rovinati: potresti utilizzarli per impacchettare i tuoi futuri doni; ti serviranno solo fiocchi, nastro adesivo e un pizzico di creatività.
3. Se li conosci, li differenzi. Ricorda che la raccolta differenziata della plastica riguarda solo gli imballaggi (tra cui bottiglie, vaschette, barattoli, flaconi, piatti e bicchieri, pellicole trasparenti e pellicole antiurto…). Invece i giocattoli, gli utensili da cucina, le posate, gli ombrelli, i tappetini e i sottovasi, gli scarponi da sci e le scarpe da ginnastica non sono imballaggi e dunque, anche se di plastica, vanno conferiti nell’indifferenziato o portati nel centro di raccolta se il Comune in cui risiedi ha organizzato un cassone per “le altre plastiche”. Verranno trasformati in nuova materia prima o in energia e calore.
4. Riutilizza, un Natale dopo l’altro. Se il tuo albero di Natale e gli addobbi per le feste sono in plastica, conservali! Non buttarli! Potranno essere riutilizzati per molti altri Natali senza alleggerire il tuo portafogli!
5. Paese che vai, raccolta che trovi. Se decidi di passare le feste in montagna e organizzi un’escursione, non abbandonare i tuoi rifiuti sui sentieri. Utilizza sempre gli appositi contenitori della raccolta differenziata degli imballaggi in plastica. Se non li trovi, fai un piccolo sforzo, portali in paese e conferiscili correttamente informandoti sulle modalità della raccolta. Non tutti i Comuni infatti funzionano allo stesso modo!
6. Abbassa il volume. Cerca di svuotare meglio che puoi i tuoi imballaggi in plastica e, se possibile, schiacciali prima di metterli nel contenitore della raccolta differenziata.
7. Guardali bene, separali meglio. Infine ricordati che gli avanzi di cibo e gli shopper in bioplastica biodegradabili e compostabili vanno conferiti nella raccolta dell’umido. Si trasformeranno in ottimo compost!

fonte: www.ecodallecitta.it