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Firenze città circolare

Le nostre città sono grandi generatrici di rifiuti urbani ma bisogna iniziare a pensarle come vere “miniere urbane”, ovvero luoghi in cui sono presenti risorse importanti per l’economia ma sotto forma di rifiuti











L’attuale modello di sviluppo ci rende “produttori seriali” di rifiuti, nella sola città di Firenze, i suoi 380.000 abitanti producono circa 246.000 tonnellate di rifiuti, ogni anno, a cui contribuiscono turisti e pendolari.

Il problema esiste e va affrontato sia con politiche di prevenzione ma anche con una maggiore e migliore raccolta differenziata. Alia Servizi Ambientali SpA lancia il progetto Firenze Città Circolare, per rendere il capoluogo toscano una “miniera urbana": la città da grande produttrice di rifiuti a serbatoio di importanti risorse da impiegare in molteplici processi produttivi.

Il concetto di urban mining (miniera urbana), di cui si parla da qualche anno, riguarda tutte le attività ed i processi relativi al recupero di materia e energia da prodotti e rifiuti. In ottica di economia circolare, l’urban mining e il riciclaggio sono complementari e tese a garantire l’approvvigionamento in sostituzione delle materie vergini.


Per fare questo, abbiamo bisogno di trasformare le nostre città, ripensandole nell'ottica dell'economia circolare, quindi dobbiamo dfferenziare sempre di più e farlo in modo da garantire anche una buona qualità di quanto raccolto, che significa rifiuti omogenei e privi di impurità in grado di essere avviati ad un effettivo ed efficace recupero, riciclo e compostaggio.

Rifiuti come la carta, la plastica, il vetro, i RAEE, i metalli, gli scarti alimentari e tanto altro possono essere utili in diversi comparti industriali, che possono avvalersi di queste materie seconde al posto di quelle vergini. Questo comporta la costruzione di un solido rapporto con i settori industriali presenti sul territorio, in modo da costruire delle filiere corte, toscane, volte al riciclo...
Tutto questo va chiaramente nella direzione della transizione verde, che è tra gli obiettivi dell’Unione Europea, come chiaramente indicato nel New Green Deal, ma anche del nostro Paese, tanto da farne, di recente, uno dei pilastri del rilancio economico post Covid19, nel Piano governativo di ripresa e resilienza (PNRR).

Firenze non vuole perdere quest’opportunità e si candida ad essere una protagonista dello sviluppo industriale legato alla valorizzazione dei rifiuti, accelerando il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata contenuti nelle direttive UE sull’economia circolare.


Si tratta, in concreto, di adottare un diverso modello di raccolta dei rifiuti urbani, che abbandona l’accesso libero da parte degli utenti ai contenitori stradali.

Nelle aree collinari e a bassa densità abitativa, verrà introdotto il sistema di raccolta porta a porta, mentre nelle zone centrali della città, verranno collocati nuovi cassonetti, suddivisi per tipologia di rifiuto con la possibilità di apertura e conferimento esclusivamente per chi è iscritto a ruolo per la TARI o, per i soli utenti occasionali, tramite apposita App o un A-Pass temporaneo.

Il nuovo sistema porterà dei benefici, consistenti in aumento delle raccolte differenziate e raggiungimento anticipato degli obiettivi previsti dall’UE, in particolare, smaltimento in discarica ridotto a meno del 10% raggiunto al 2025 anziché al 2035, incremento della quantità (70%) e qualità della raccolta differenziata e raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio previsti dalle direttive UE, diminuzione dei costi di smaltimento dell’indifferenziato miglioramento delle qualità delle raccolte differenziata con aumento dei ricavi dalle singole frazioni, ottimizzazione dei servizio di raccolta con minori oneri di gestione. riduzione CO2 prodotta dagli spostamenti dei mezzi per la raccolta differenziata.

Il sistema di riconoscimento dell'utenza fornisce inoltre la possibilità di introdurre sistemi premianti per i cittadini virtuosi e va nella direzione di responsabilizzare i cittadini e premiare chi mostra di essere attento all’ambiente e ai necessari cambiamenti richiesti dalla “rivoluzione verde”.

Alia ha, infine, previsto, anche dei servizi a supporto della qualità delle raccolte differenziate, prevedendo le ecotappe, gli ecofurgoni e i punti di raccolta di oli alimentari.

Per sapere “quanto e come” la zona di proprio interesse sarà coinvolta in questo processo di cambiamento, che terminerà nel 2023, è possibile consultare il sito www.firenzecittacircolare.it, inserendo il proprio indirizzo di casa e/o lavoro, si può già conoscere quando è previsto il cambiamento e quale servizio arriverà nella zona di proprio interesse.

Con questo progetto, si può affermare che Firenze entra a fare parte del gruppo di città che, in Europa, stanno sperimentando la “miniera urbana”, come Amsterdam, che ha vinto il premio World Smart Cities nel novembre 2017, e Bruxelles; in entrambe sono attive strategie circolari, che rispondono agli obiettivi di sviluppo sostenibile 2030 previsti dalle Nazioni Unite e che stiamo cercando di attuare anche nel nostro Paese.

Ulteriori informazioni su Firenze Città Circolare e anche sul sito Web del Comune di Firenze - Direzione Ambiente

fonte: www.arpat.toscana.it


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Riciclo di Classe: on line lo spettacolo teatrale 'Dipende da noi'

CONAI: ""Con il progetto scuola #RicicloDiClasse e lo spettacolo teatrale #DipendeDaNoi vogliamo far riflettere bambini e famiglie sui comportamenti responsabili e consapevoli in materia di riciclo delle risorse"













I giorni che stiamo vivendo possono diventare una grande opportunità per apprendere nuovi comportamenti e abitudini. "Con il progetto scuola #RicicloDiClasse e lo spettacolo teatrale #DipendeDaNoi, realizzato in collaborazione con Corriere Buone Notizie vogliamo far riflettere bambini e famiglie sui comportamenti responsabili e consapevoli in materia di riciclo delle risorse" sottolinea CONAI.
Guarda lo spettacolo online. E’ la storia di una vecchia casa di campagna, di due ragazzini, di una bizzarra coppia di adulti e delle anime di sei materiali da imballaggio che la abitano: Acciaio, Alluminio, Carta, Legno, Plastica e Vetro, veri protagonisti della messa in scena.
Abbiamo pensato di suggerire anche alcune attività didattico-ludiche collegate a “Dipende da noi”, che possono essere realizzate a casa, sia per partecipare al concorso educativo, sia per imparare cose nuove sul riciclo, divertendosi: Attività da fare a casa




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Ambiente è priorità per più di un giovane su tre

Per più di un giovane italiano su tre (38%) l’ambiente rappresenta l’emergenza principale subito dopo il lavoro, tanto che nell’ultimo anno ha modificato profondamente i propri comportamenti: i risultati dell'indagine sulla svolta green delle giovani generazioni.


















Per più di un giovane italiano su tre (38%) l’ambiente rappresenta l’emergenza principale subito dopo il lavoro, tanto che nell’ultimo anno ha modificato profondamente i propri comportamenti iniziando ad acquistare abiti o accessori usati, utilizzando il carsharing per i piccoli spostamenti, condividendo spazi di lavoro con altre persone o l’auto per i lunghi tragitti. E’ quanto emerge dalla prima indagine Coldiretti-Ixe’ su “La svolta green delle nuove generazioni” presentata in occasione della consegna degli Oscar Green, il premio all’innovazione per le imprese che creano sviluppo e lavoro con i giovani veri protagonisti italiani del Green Deal.
Tra i comportamenti che gli under 35 sono pronti ad adottare pur di tutelare l’ecosistema c’è in testa il mangiare cibi a km zero, indicato dal 77% secondo Coldiretti-Ixe’, seguito dall’andare a piedi invece che in macchina o in moto (64%), dalla rinuncia all’utilizzo dei condizionatori (56%), dallo spendere di più per acquistare solo prodotti alimentari biologici (56%), fino addirittura a rinunciare a vacanze che prevedono viaggi aerei (33%). Non è un caso che le tematiche ambientali siano spesso o addirittura spessissimo al centro delle conversazioni del 64% dei giovani sotto i 25 anni, contro una media generale del 48%.
Una così elevata attenzione per la sostenibilità porta quasi 1 giovane su 2 (48%) a chiedere le manette per i responsabili di danni ambientali come sversamento di petrolio in mare o inquinamento dei terreni, mentre un 52% vorrebbe una grossa multa e il ripristino a sue spese e solo un 2% eviterebbe di punire gli autori del misfatto con la scusa che ciò metterebbe a rischio posti di lavoro. Al contrario, secondo Coldiretti-Ixe’, per quasi sei giovani su 10 (59%) proprio il rispetto della natura e della sostenibilità crea nuova occupazione.
Nella classifica green dei settori che inquinano di meno – continua Coldiretti - i giovani mettono in testa l’agricoltura, che precede l’edilizia, il comparto energetico e i trasporti, con l’industria fanalino di coda. Proprio la campagna viene indicata inoltre dall’80% degli under 35 come una risorsa per l’ambiente, poiché contrasta i cambiamenti climatici e il consumo di suolo e protegge le risorse naturali.
“La nuova attenzione dei giovani per le tematiche ambientali rappresenta una base importante da cui partire per modernizzare e trasformare l’economia italiana ed europea – sottolinea il presidente della Coldiretti Ettore Prandini - orientandola verso una direzione più sostenibile in grado di combinare sviluppo economico, inclusione sociale e ambiente”.
Ecco i risultati di alcuni dei quesiti posti
COSA SARESTI DISPOSTO A FARE PER TUTELARE L’AMBIENTE?
mangiare solo prodotti a km zero e di stagione 77%
rinunciare o ridurre drasticamente spostamenti in auto, scooter, motocicletta 64%
rinunciare all'aria condizionata 56%
spendere di piu' per acquistare solo prodotti alimentari biologici 56%
rinunciare a vacanze che prevedono viaggi aerei 33%
fonte: www.ilcambiamento.it

Storie di economia circolare da premiare

Ecodom e CDCA premiano i 4 vincitori del Concorso dedicato al racconto di storie virtuose dell’Italia sostenibile




















Dalla k-Alma, la falegnameria sociale di Roma, a Panta Rei, associazione che ha realizzato in Umbria un ecovilaggio biodegrabile e autosufficiente. Sono le storie virtuose raccolte dal concorso di Ecodom e CDCA. Le due realtà hanno premiato oggi chi ha saputo tradurre in parole e immagini l’italia dell’economia circolare e della sostenibilità. L’obiettivo della competizione era quello di stimolare e promuovere, tra giornalisti e addetti del mondo dell’informazione una rinnovata consapevolezza in merito ai nuovi modelli produttivi e ai benefici per l’ambiente e la società che derivano da processi di transizione virtuosi. “Il lavoro di mappatura delle esperienze di Economia Circolare già attive nel nostro Paese, che insieme a CDCA abbiamo condotto durante tutto il 2018, ci ha permesso di scoprire un’Italia attenta alla riduzione degli sprechi e alla trasformazione dei rifiuti in risorse” – afferma Giorgio Arienti, direttore generale di Ecodom – “Anche se nel nostro Paese manca ancora una normativa che sostenga realmente l’Economia Circolare, ci sono molte realtà che lavorano secondo principi di sostenibilità. Altrettanto sorprendente è stata la risposta degli storyteller (fotografi, vidomaker, scrittori e autori radiofonici) all’invito che abbiamo loro rivolto di provare a raccontare queste esperienze, aggiungendo bellezza alla positività: a questa prima edizione del concorso Storie di Economia Circolare sono state presentate ben 118 opere. C’è un grande desiderio non solo di costruire realtà a minore impatto ambientale e sociale, ma anche di raccontarle, di farle conoscere, di portarle alla luce”.

Oltre 17.000 utenti hanno partecipato alle votazioni on-line, a cui ha poi fatto seguito il lavoro di una giuria di esperti del mondo dell’informazione e della cultura. A vincere nelle 4 categorie – scrittura, video, fotografia e radio – sono stati:

– Le parole di Marta Facchini e Roberta Covelli sull’attività di ReCup (Milano) associazione impegnata contro lo spreco alimentare attraverso il recupero e la redistribuzione del cibo invenduto, nei diversi mercati milanesi tra viale Papiniano e Lambrate.

– Le immagini di Davide Lanzilao e Veronica Di Benedetto Montaccini sul lavoro di Panta Rei (Lago Trasimeno, Perugia), associazione no profit che ha realizzato un ecovillaggio completamente sostenibile utilizzando legno, terra cruda, sughero, paglia, pietra e canna di lago; ogni abitazione è biodegradabile ed è energeticamente autosufficiente grazie ai pannelli solari.

– Il servizio radiofonico di Valerio Maggio su K_Alma (Roma) falegnameria sociale nata nel 2016 che offre la possibilità ai richiedenti asilo di lavorare il legno  per realizzare oggetti che vengono venduti a scuole, asili nido, associazioni e privati.

– Il video di Flavio La Franca sul progetto The Circle, un impianto idroponico che permette il contemporaneo allevamento delle carpe con un’agricoltura sostenibile: grazie a un sistema a ricircolo l’acqua delle vasche di allevamento viene raccolta, filtrata e depurata e usata per irrigare le radici dei vegetali contenuti all’interno di strutture verticali, interamente fuori suolo, per poi ritornare nella vasca di allevamento.

fonte: www.rinnovabili.it

Città resilienti, l’agricoltura urbana può produrre il 10% del cibo mondiale



















Una ricerca svela che, se implementata, l’agricoltura urbana può arrivare a produrre il 10% del cibo mondiale, causando allo stesso tempo una serie di altri benefici collaterali.
Città: agglomerati brulicanti di edifici, persone, attività. Un bacino che concentra problematiche, sfide, ma anche risorse per approcciare il futuro in un modo differente. In quest’ottica, per la prima volta sono stati mappati i benefici, attuali e potenziali, dell’agricoltura urbana.
Ad occuparsene un team internazionale di studiosi, coordinati dall’Arizona State University, che ha condotto una ricerca, pubblicata sulla rivista Earth’s FutureL’analisi ha indagato il potenziale globale dell’agricoltura urbana stilando una mappatura a partire dalle immagini satellitari di Google Earth, incrociate con dati demografici e meteorologici. Gli esperti hanno concluso che, messa in pratica nelle città di tutto il mondo, l’agricoltura urbana potrebbe produrre fino a 180 milioni di tonnellate di cibo all’anno, pari a circa il 10% della produzione globale di ortaggi, legumi, radici e tuberi.
I ricercatori hanno valutato, inoltre, i servizi ecosistemici che fornirebbero le coltivazioni nelle aree cittadine: riduzione dell’effetto isola di calore, deflusso delle acque piovane, fissazione dell’azoto, controllo dei parassiti e risparmio energetico. Una serie di effetti collaterali virtuosi, che possono rendere l’agricoltura urbana un comparto che vale 160 miliardi di dollari all’anno su scala globale.
Non solo l’agricoltura urbana può rappresentare una quota importante della produzione alimentare globale, ma presenta una serie di benefici collaterali, a partire dagli impatti sociali”, ha affermato a questo proposito Matei Georgescu, professore di scienze geografiche e urbanistica presso l’Arizona State University. Gli stessi accademici spiegano che l’agricoltura urbana non sfamerà mai il mondo, ma la ricerca dimostra comunque un punto fondamentale: il capitale naturale nelle città può essere enormemente migliorato incentivando questo tipo di agricoltura, con benefici per i cittadini che vanno al di là dell’alimentazione in senso stretto.
Non a caso si parla di città resilienti, connubio che è insieme un obiettivo, una speranza e una necessità. Essere resilienti significa, infatti, avere gli strumenti necessari a superare con successo le difficoltà che si presentano. Una è -lo sottolinea l’UNEP– il riscaldamento globale. La questione alimentare, con milioni di persone che soffrono la fame da un lato, e tonnellate e tonnellate di cibo sprecato dall’altro, non è certo un problema di secondaria importanza.
Se si pensa, poi, che si sta assistendo una fase di urbanizzazione tale per cui entro il 2050 la percentuale di abitanti delle metropoli nel mondo lieviterà al 65%, diventa ancora più necessario puntare i riflettori sui grandi agglomerati, che devono diventare luogo privilegiato di trasformazione e avanguardistico veicolo di cambiamento.
Nell’ottica di avere città davvero resilienti, è giunta l’ora di implementare l’agricoltura urbana che, secondo una recente ricerca, può arrivare a produrre il 10% del cibo mondiale.
fonte: http://nonsoloambiente.it

TARIFFA RIFIUTI: SOLO 223 COMUNI APPLICANO IL SISTEMA PUNTUALE





















La bagarre delle ultime settimane sugli importi della tassa rifiuti, indebitamente gonfiati da molti comuni – così come certificato dal Ministero delle Finanze – è l’occasione giusta per fare il punto sul sistema di finanziamento del servizio pubblico di igiene urbana nel nostro Paese. Un sistema tutt’altro che amico dell’ambiente. «Noi abbiamo un sistema di finanziamento che si basa ancora per larghissima parte sulla tassa e non sulla tariffa puntuale – dice Alessandro Marangoni, ceo di Althesys, società di consulenza specializzata nel settore ambientale – e che quindi possiamo dire che non è amico dell’ambiente, non favorisce la raccolta differenziata e quindi il riciclo dei materiali perché non mette in relazione la produzione dei rifiuti con l’onere che sostengono i cittadini. Anche da questo punto di vista il sistema va in qualche modo ripensato».
Un primo passo in questa direzione potrebbe venire dall’approvazione della Legge di Stabilità 2018, che prevede l’attribuzione all’attuale Aeegsi (Autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico), delle competenze in materia di regolazione del ciclo dei rifiuti. L’organismo prenderà il nome di Arera (Autorità di regolazione per energia e reti e ambiente) e tra le altre cose dovrà garantire, si legge nel testo, “un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori”, armonizzando “gli obiettivi economico-finanziari dei soggetti esercenti il servizio con gliobiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse“.
Un chiaro riferimento alla necessità di collegare gli importi delle tariffe al costo effettivo del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, premiando al tempo stesso i comportamenti virtuosi di cittadini e amministratori locali. Di lavoro da fare, del resto, ce n’è tanto. Stando all’ultimo dossier rifiuti urbani dell’Ispra, infatti, nel 2016 solo 223 comuni dei quali ben 221 al Nord e nessuno al Sud hanno applicato la tariffa puntuale. Quella cioè che commisura l’onere economico per il cittadino e per le attività produttive alla quantità di rifiuti effettivamente prodotta e conferita ai servizi di raccolta. “Pay as you throw”, insomma, ovvero “paga solo quello che butti”. A differenza della Tari, modulata sulla superficie calpestabile degli immobili suscettibili di produrre rifiuti e quindi indipendente dal comportamento più o meno virtuoso del singolo contribuente.
Un sistema, quello puntuale, che associa ai benefici ambientali quelli economici. Se infatti, si legge nel rapporto, nel 2016 il valore medio pro capite della Tari a livello nazionale e risulta pari a 218,31 € (più 0,6% rispetto al 2015) l’analisi dei dati sui comuni a tariffa puntuale rivela ad esempio che nella regione Piemonteil costo totale medio pro capite risulta pari a 144,37 euro, in Lombardia a 112,18 euro per abitante all’anno e in Trentino Alto Adige a 145,19 euro. Particolarmente basso risulta essere, in analogia con l’indagine condotta nell’anno 2015, il costo totale medio pro capite nella Regione Veneto, dove si registra un valore addirittura pari a 95,77 euro all’abitante per anno.
Con la speranza che la pubblicazione nella scorsa primavera del decreto del Ministero dell’Ambientecontenente i criteri tecnici, mai fino ad allora disciplinati, per la realizzazione dei sistemi di misurazione puntuale delle quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possa spingere sempre più comuni a passare alla tariffa corrispettiva, abbandonando la vecchia Tari di stampo patrimoniale. «Il nuovo decreto ministeriale fornisce indicazioni preziose per la definizione della parte variabile della tariffa – spiega Gaetano Drosi, presidente di Payt Italia – e potrebbe far fare a tutto il territorio italiano un salto in avanti nell’applicazione del metodo puntuale. I comuni che hanno adottato questa metodologia finora sono pochissimi, quindi è necessario che idee e stimoli vengano soprattutto da parte della della politica. Del resto la tariffa puntuale introduce nel servizio fornito ai cittadini il principio dell’equità. Da questo punto di vista è giusto che la sua applicazione venga percepita come un obbligo da parte dei comuni e delle aziende pubbliche».

fonte: www.ricicla.tv

Atlante dell’economia circolare, 100 storie italiane a cui ispirarsi

Nasce l'Atlante dell'economia circolare, un sito in costante aggiornamento che si propone di raccogliere tutte le esperienze italiane più virtuose. 
















C’è Bimora, la startup che ha creato la macchina dei vuoti a rendere; c’è Junker Life, l’app che riconosce il tipo di rifiuto e indica in quali bidoni va gettato; oppure Tyrebirth, l’azienda che ha scoperto come riciclare in soli 30 minuti gli pneumatici fuori uso attraverso l’utilizzo delle microonde. E ci sono altre 97 storie di imprese virtuose, per un totale di cento esperienze che rappresentano il nucleo di partenza del primo Atlante italiano dell’economia circolare: un vero e proprio archivio, da arricchire nel tempo, che si propone di censire e raccontare attraverso una piattaforma web geo-referenziata e interattiva, realtà economiche e associative capaci di applicare i principi dell’economia circolare



Il riutilizzo vola in tutti i settori…

Riutilizzo, riduzione degli sprechi, diminuzione dei rifiuti, reimmissione nel ciclo produttivo di materie prime recuperate: sono queste le parole d’ordine del progetto, promosso da Ecodom, il consorzio italiano per il recupero dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (i Raee) e dal primo Centro di documentazione sui conflitti ambientali in Italia (Cdca).

Da un primo sguardo all’atlante, quello che si evince è che le esperienze di economia circolare appartengono ai settori più diversi, indice della capacità italiana di attingere risorse da ciò che viene dismesso e di riuscire a cambiare le abitudini di consumo: il 19 per cento sono aziende che si occupano del riciclo dei rifiuti e di recupero di materiali, come quelle citate all’inizio. Ma vanno molto bene anche le imprese che realizzano prodotti di moda e di arredamento (borse, agende, cinture, tappeti), come Alisea che ha creato Perpetua, la matita composta all’80 per cento di grafite che non sporca le mani, non si rompe e scrive anche senza punta e Carmina Campus che ha trasformato i fondi di lattine per una linea di design usando le linguette per farne preziosi bracciali, anelli, orecchini e collane.




 

 

 

 











Le borse di Carmina Campus, realizzate riciclando fondi di lattine

…anche nell’edilizia e nell’agroalimentare

Ma non mancano neanche esempi  di riciclo nell’edilizia come TS Asfalti, che appunto ricicla l’asfalto, Mook che utilizza legni consumati dal mare, pezzi di vecchie porte, mobili e stoffe, e ancora aziende che producono tinture ecosostenibili o architettura sostenibile. Del settore alimentare fanno parte una decina delle imprese incluse nell’atlante come il Centro di lombicultura che gestisce la produzione e la vendita di humus di lombrico per rendere migliore la struttura del terreno o Funghi espresso che utilizza i fondi di caffè per coltivare i funghi, o Crush, la nuova gamma ecologica di Favini, realizzata con residui di agrumi, uva, ciliege, lavanda, mais salvate dalla discarica che sostituiscono fino al 15 per cento della cellulosa proveniente da albero.



















Secondo l’approccio dell’economia circolare, un oggetto che non funziona 
più ha semplicemente terminato uno dei suoi cicli di vita, ma ce ne saranno altri. 
Tim Boyle/Getty Images

Secondo Giorgio Arienti, direttore generale di Ecodom, “l’economia circolare rappresenta un obiettivo importante e un cambio di approccio necessario visto che le risorse del pianeta sono sempre più scarse. In Italia i rifiuti valgono 10 miliardi l’anno, ma solo 1 entra nel circuito dell’economia circolare, secondo il Waste strategy annual report 2017. L’atlante e le esperienze che contiene stanno dimostrando che è possibile ipotizzare sistemi economici sostenibili, a basso impatto ambientale e ad alto valore sociale”. Senza contare che, secondo la Commissione europea, grazie all’economia circolare si potranno creare 2 milioni nuovi posti di lavoro e registrare un risparmio annuo di circa 72 miliardi di euro per le imprese europee.

fonte: www.lifegate.it

Dieci buoni consigli per un buon uso dell'acqua


Dalla campagna "Ci Riesco" di Pubblicità progresso
Pubblicità Progresso, la Fondazione impegnata in una comunicazione sociale di qualità, ha lanciato già dallo scorso anno la campagna "Ci Riesco" che pone al centro l'ambiente, cercando di diffondere la cultura dei comportamenti virtuosi, declinando le modalità in cui si possono attuare, dimostrando che è utile metterli in pratica non solo per una responsabilità verso il pianeta e la natura, ma anche per il preciso tornaconto che ognuno di noi può trarne per sé, per le proprie tasche, per il futuro dei propri figli.
La campagna si articola su otto temi: acqua, energia, aria, cibo, rifiuti, abitare, mobilità e salute. Per ciascuno di essi propone un decalogo di buoni consigli da seguire.
L’accesso all’acqua potabile è uno dei diritti fondamentali, un “diritto umano indispensabile per il godimento pieno del diritto alla vita” (ONU, 2010). 
In Italia il consumo medio pro capite d’acqua potabile al giorno è di 245 litri (dati ISTAT 2015), comprensivi di usi per cui non serve che l’acqua sia potabile. Ammonta a 6 mila litri l’acqua pro capite usata quotidianamente nel nostro Paese nei consumi, acqua che comprende anche quella importata con i beni di consumo e gli alimenti. Il 50% di questa è contenuta nei prodotti di origine animale. 
Il modo di combattere la scarsità idrica, una crescente minaccia per la produzione alimentare locale e globale, intervenendo a livello domestico, è essere attenti al consumo dell’acqua quando svolgiamo le nostre attività quotidiane.
Ecco quindi i buoni consigli per l'acqua.

Non lasciare aperto il rubinetto
Nella vita di tutti i giorni ogni italiano consuma in media dai 130 ai 140 litri di acqua potabile al giorno. Una minima parte è impegnata per scopi alimentari: il bere e l'uso nella preparazione e nella cottura dei cibi non rappresenta che i 3.5%. Quasi l'intera quantità, il 96.5%, è utilizzata per: l'igiene personale, nei sanitari e per tutto ciò che riguarda la pulizia di abiti, oggetti, mezzi di trasporto, nonché della casa stessa. Di questo 96.5% ben 35% è destinato all'igiene personale. 
Da un rubinetto aperto escono 8 litri di acqua al minuto. Lavando i denti spesso lasciamo scorrere inutilmente l’acqua. Fare attenzione a chiudere il rubinetto quando l’acqua non ci serve può far risparmiare, calcolando mediamente due lavaggi al giorno, circa 480 litri d’acqua al mese.
fonte: http://www.arpat.toscana.it