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“Pronti a gestire il vuoto a rendere di qualsiasi oggetto”. Parla Lorenzo Pisoni di Pcup

Il cambiamento degli stili di consumo e dei modelli di business per passare dal paradigma lineare a quello dell’economia circolare, dall’usa e getta al riutilizzo, ha bisogno non solo di tecnologie, di innovazione, di fondi, di politiche. Ha bisogno anche di “educazione”. Il punto di vista di Lorenzo Pisoni co-founder di Pcap, la startup che ha inventato il bicchiere smart




Gli Stati Uniti non sono famosi per le buone abitudini alimentari e la dieta dell’americano medio è costituita in buona parte da cibo altamente processato e preconfezionato. Secondo un articolo di The New York Times del 2014, la quantità di cibi confezionati che gli americani consumano è del 31 per cento maggiore rispetto a quella di cibo fresco. Oltreoceano, poi, si mangia più spesso in giro e senza sedersi a tavola: si stima che gli americani consumino il 20% dei propri pasti in auto. Spesso si tratta di cibo da asporto preso dal ristorante di quartiere o, come accade sempre più di frequente per via del recente boom delle app di food delivery, di cibo consegnato a domicilio.

È una delle cose che più sorprende noi italiani quando ci ritroviamo a vivere o viaggiare negli Usa: l’onnipresenza del cibo da asporto. Anche la più classica delle cene in famiglia spesso consiste nell’ordinare piatti preparati al ristorante e consegnati a casa dei consumatori in una varietà di contenitori di materiali diversi, dalla plastica al polistirolo, dalla carta all’alluminio.

Pandemia di rifiuti

La pandemia ha peggiorato le cose: The International Solid Waste Association stima che l’emergenza sanitaria abbia fatto aumentare del 250-300% l’utilizzo di plastica monouso e uno dei motivi principali di questo aumento sarebbe la dipendenza dai contenitori usa e getta per alimenti da parte dei ristoranti che, costretti a chiudere al pubblico, potevano offrire solamente asporto o consegna a domicilio.

Tutto ciò produce grossi quantitativi di rifiuti, in particolare rifiuti plastici: secondo National Geographic, gli Stati Uniti usano circa 36 miliardi di utensili usa e getta all’anno. Insomma, ordinare pasti a domicilio equivale a ordinare spazzatura a domicilio. Lo scorso settembre, dopo 6 mesi di pandemia, il critico gastronomico di The Washington Post, Tom Sietsema, ha scritto un articolo in proposito, spiegando di aver conservato tutti i contenitori in cui gli era stato consegnato il cibo nei mesi precedenti e averne accumulati tanti da riempire un bidone da quasi 400 litri.

E, se è vero che molte città stanno progressivamente mettendo fuori legge i contenitori in materiali impossibili da riciclare, come quelli in polistirolo, è anche vero che le percentuali di riciclo sono ancora basse, oltre al fatto che il processo consuma energia. Meglio, quindi, sarebbe eliminare del tutto i contenitori usa e getta. Alcune aziende stanno iniziando ad affrontare il problema proponendo alternative al contenitore monouso, senza dover rinunciare alla comodità del pasto da asporto o consegnato alla porta di casa. Le idee sono tante e diversi sono gli approcci possibili.

Consegne senza peccato

A New York, una città che usa 200 milioni di chili di utensili usa e getta per ristoranti ogni anno, dopo qualche tentativo di programma pilota organizzato da agenzie della città, è nato di recente Deliverzero, un servizio di consegne a domicilio che mette a disposizione dei ristoranti contenitori riutilizzabili che poi lo stesso servizio ritira dalle case dei consumatori all’ordine successivo. In alternativa i clienti possono riportare i contenitori direttamente all’attività commerciale. È il ristorante che si occupa poi di lavare e sanificare i contenitori forniti da Deliverzero, come farebbe con piatti e altri utensili utilizzati all’interno del locale. Questa soluzione è pensata specificamente per New York, una città dove il ricorso alle app di food delivery è enorme e dove nessuno rinuncia facilmente alle comodità.

Con Deliverzero il consumatore usa la app come utilizzerebbe qualsiasi altra app per le consegne e i ristoranti possono scegliere di essere presenti su Deliverzero come su altre app. Il costo del servizio è molto contenuto (considerando anche che fa risparmiare al ristorante il costo dei contenitori usa e getta) e viene calcolato in base all’uso dei contenitori.

Vuoto a rendere

Diverso l’approccio di un’azienda della West Coast: a Portland, GoBox offre la possibilità di prendere in prestito contenitori riutilizzabili, in specifici punti vendita o ristoranti dove il consumatore acquista cibo, per poi restituirli. È poi il servizio stesso ad occuparsi di lavare e sanificare i contenitori che vengono poi distribuiti nuovamente a ristoranti e negozi. L’utente va sulla app solo per prenotare i contenitori, non per ordinare il cibo. Sarà poi il ristoratore che, alla consegna, confezionerà il cibo nei contenitori GoBox anziché in quelli usa e getta. Il servizio funziona con una sottoscrizione mensile che offre diverse opzioni a seconda delle necessità dell’utente.

Ha punti vendita in diverse zone del paese, invece, Just Salad, un’azienda che offre un approccio ancora diverso. Si tratta di una catena di fast food salutari dove il cibo da asporto e quello in consegna viaggiano all’interno di contenitori riutilizzabili. I consumatori ordinano online e poi riconsegnano i contenitori in uno dei punti vendita della catena che si occupa di lavarli e rimetterli in circolo. In questo caso, la possibilità per il consumatore di “fare la cosa giusta” è legata alla scelta di un marchio e di prodotti specifici. Il concetto è lo stesso anche nel caso di Fresh Bowl, che però non è una catena di ristoranti bensì di distributori automatici da cui il consumatore può acquistare insalate e altri cibi freschi in contenitori che poi possono essere restituiti al distributore stesso, guadagnando credito per acquisti successivi. Durante la pandemia, tuttavia, l’azienda ha sospeso il servizio e non è chiaro se riprenderà.

Mercato e regole

Altre aziende stanno sperimentando, a livello locale, soluzioni simili, ma quelli che abbiamo selezionato sono esempi che offrono una panoramica sui diversi possibili approcci al problema. Per evitare che una comodità si trasformi in disastro ambientale, le idee sono tante e diverse, ma per il momento le opzioni a disposizione del pubblico sono ancora limitate, si affidano all’iniziativa privata e lasciano al consumatore la responsabilità di fare la scelta più etica.

Sarà il mercato a decretare quali di questi modelli si diffonderanno, ma una spinta legislativa in questo senso potrebbe fare la differenza. In questo l’Europa sembrerebbe andare in una direzione diversa rispetto all’America, tradizionalmente più portata a farsi influenzare dal mercato che non da regolamentazioni dall’alto. Ma se è vero che nel vecchio continente tendiamo a prendere tutte le cattive abitudini del nuovo, dovremo esplorare anche le soluzioni ai problemi che quelle cattive abitudini generano.

fonte: economiacircolare.com




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Quando il cibo da asporto incontra i contenitori riutilizzabili. Gli esempi in Italia e nel mondo

Una lezione circolare da trarre dal Covid è che anche nel settore dell'asporto può esserci spazio per il riuso. In Gran Bretagna l'associazione City to Sea diffonde nelle caffetterie l'uso delle tazze riutilizzabili, mentre negli Usa Just Salad appone etichette climatiche sui menu. Anche in Italia qualcosa si muove




L’emergenza sanitaria ha comprensibilmente messo in secondo piano altre emergenze ambientali, come quelle connesse all’aumento della produzione di rifiuti. Le misure per contrastare il Covid hanno rallentato, se non fermato, centinaia di progetti nazionali o locali, in particolare quelli che riguardano la sostituzione di contenitori e altri accessori monouso nel settore della ristorazione da asporto, che sono già da tempo nel mirino delle direttive europee. Intanto la domanda di alimenti confezionati e pronti al consumo continua a crescere e il ricorso al cibo da asporto nei periodi di lockdown è letteralmente esploso.

Sfide impossibili che diventano realtà

Lo scossone prodotto dalla pandemia è l’occasione per vedere con più chiarezza i limiti e i rischi insiti nel modello di consumo e negli stili di vita attuali, aprendo la strada alla riflessione sulle opportunità di cambiamento che possono scaturire da una migliore organizzazione della società, del lavoro, della mobilità, della burocrazia. L’innovazione digitale nella pubblica amministrazione e la possibilità di lavorare da casa, ad esempio, sono due delle “conquiste” che nessuno prima che scoppiasse la pandemia immaginava potessero arrivare così velocemente.

Anche davanti a sfide come quella della neutralità climatica al 2050, così come sul fronte della prevenzione della produzione dei rifiuti c’è la possibilità di non perdere questo atteggiamento proattivo individuando soluzioni innovative e sistemiche che possano avere applicazioni su larga scala.

Guardando ai 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, il numero 12 in particolare, promuove un modello di consumo e di produzione sostenibile. Per superare il dilagare dell’usa e getta c’è l’impegno espresso a “ridurre in modo sostanziale la produzione di rifiuti attraverso la prevenzione, la riduzione, il riciclo e il riutilizzo”. E c’è un obiettivo temporale: il 2030, anno entro il quale bisogna anche “incoraggiare le imprese, in particolare le grandi aziende multinazionali, ad adottare pratiche sostenibili e a integrare le informazioni sulla sostenibilità nei loro resoconti annuali”.
Il monouso non offre maggiore protezione

La pandemia ha portato con sé misure che si sono poi rivelate eccessive, come la disinfezione ambientale di strade e spiagge da parte dei Comuni e l’utilizzo di guanti per uscire a fare la spesa da parte dei cittadini. La paura che il contatto con le superfici portasse il contagio si diffondeva insieme agli studi che rilevavano il permanere del coronavirus su oggetti e arredi per più giorni, anche perché non si precisava che la carica virale non fosse sufficiente a farci ammalare.

Successivamente sono poi arrivate rassicurazioni dal fronte medico, riprese dal ministro della Salute Roberto Speranza nel corso di un’audizione dello scorso anno sulla sicurezza delle stoviglie riutilizzabili che, al contrario dei manufatti monouso, si possono lavare seguendo i più elevati standard di igiene.

Superata la paura iniziale, dunque, hanno ripreso a farsi strada alcuni progetti basati sul riuso di contenitori e stoviglie per la ristorazione, in grado di garantire la qualità e la sicurezza del servizio, riducendo enormemente l’impatto ambientale dei contenitori usa e getta che vanno a sostituire.

Il caffè da asporto diventa “contactless”

L’organizzazione ambientalista inglese City to Sea si è attivata per evitare che le numerose caffetterie del Regno Unito sospendessero, sull’esempio di Starbucks, l’utilizzo di tazze riutilizzabili per le bevande da asporto. L’iniziativa #ContactlessCoffee nasce dalla consapevolezza delle dimensioni del problema rifiuti: secondo un recente studio di Science, ogni anno a livello globale 250-300 miliardi di tazze monouso finiscono smaltite o abbandonate nell’ambiente.

Per spingere i coffee shop britannici ad accettare il sistema di ritiro delle tazze riutilizzabili, City to Sea ha promosso una semplice procedura che evita contaminazioni incrociate mentre si riempie la tazza del cliente. Come si può vedere dalle istruzioni diffuse attraverso il sito e tramite un video, il barista versa il caffè da una tazza in ceramica nella tazza che il cliente appoggia su un vassoio senza bisogno di toccarla. Il vassoio viene poi igienizzato prima che un altro cliente lo usi nella stessa modalità.

City to Sea ha anche istituito una task force intersettoriale per valutare e gestire al meglio le questioni legate all’impiego di sistemi riutilizzabili durante la pandemia da Covid-19 che conta più di 20 organizzazioni, tra cui Starbucks, Sustainable Restaurant Association e Zero Waste Scotland.

Contenitori da asporto riutilizzabili per prevenire gli sprechi

Per tanti americani il cibo surgelato pronto da scaldare, così come quello da asporto, è un’abitudine che produce ogni anno montagne di rifiuti, per lo più smaltiti in discariche e inceneritori. Per permettere ai propri clienti di ordinare piatti pronti ma con un contenitore riutilizzabile, la catena Just Salad, con base a New York, sta sperimentando uno modello a rifiuti zero denominato Green Bowl Program.

Just Salad, che oggi conta 41 ristoranti negli Stati Uniti e 4 a Dubai, aveva già lanciato nel 2006 un servizio da asporto con contenitori riutilizzabili. Per ridurre ulteriormente la produzione di questi rifiuti, che si aggira intorno ai 100.000 kg l’anno, nel 2020 la catena ha anche eliminato l’uso di ciotole monouso per il consumo ai tavoli.

“Gran parte dei nostri clienti ordina online piuttosto che andare nei ristoranti”, ha dichiarato Sandra Noonan, responsabile sostenibilità di Just Salad. “Pertanto il nostro servizio deve diventare digitale. I rifiuti che si accumulano sui marciapiedi a New York sono la prova quotidiana che il problema è causato dalle consegne a domicilio e non si esaurirà a meno di affrontarlo a testa alta”.



A partire dal progetto pilota attivato a inizio anno in un negozio Just Salad a Manhattan, i clienti possono ordinare online scegliendo l’opzione della consegna in ciotola riutilizzabile di colore verde. Dopo di che, la potranno riportare al negozio che partecipa al programma, dove verrà igienizzata per poi finire reinserita nuovamente nel circuito delle consegne a domicilio.

Procedura contacless per la protezione del personale

La ciotola in polipropilene blu a disposizione dei clienti per l’asporto dal 2006 viene invece acquistata presso i punti vendita al costo di un dollaro. Nel 2019 le sue vendite sono aumentate del 100%.

Quando i clienti si recano con la loro ciotola nei ristoranti per acquistare un piatto del menù devono posarla su un apposito vassoio e il personale si serve di pinze e mestoli per riempirla. Questa procedura viene adottata nel rispetto dei requisiti del programma sanitario: i contenitori che arrivano dall’esterno non possono infatti toccare gli spazi di preparazione condivisi.

Nelle prime settimane del Green Bowl Program, senza che l’opzione fosse stata promossa, oltre il 30% degli ordini online richiedeva questo servizio in cui la ciotola rimane di proprietà della catena. Il prossimo passo sarà offrire lo stesso servizio per gli ordini di consegna. Come si può leggere nel Rapporto di sostenibilità pubblicato recentemente è in corso un monitoraggio sul progetto pilota per vedere quanto velocemente i clienti restituiscono i contenitori e quali “solleciti comportamentali” posso funzionare meglio.

Anche per gli uffici è previsto un sistema di consegna e ritiro, denominato Zero Waste Hub: si può ordinare un pasto in contenitore riutilizzabile con consegnato sul luogo di lavoro o ritiro in giornata da Just Salad.


Etichette climatiche sui menù

“Nel 2020, il nostro mondo è cambiato ma i nostri valori no” scrivono Noonan e Nick Kenner, rispettivamente ad e fondatore di Just Salad, nel rapporto sulla sostenibilità. “La pandemia ci ha resi più determinati nel creare una nuova normalità per il nostro settore, dove i rifiuti sono un tabù, e dove fare ‘meno male’ non è più sufficiente”. Se lo scorso anno la pandemia ha richiesto la sospensione o il rallentamento di alcune buone pratiche della catena legate al riutilizzabile, la direzione di Just Salad precisa che con il 2021 si recupererà il tempo perduto.

Oltre ai diversi impegni assunti dalla catena a livello ambientale e sociale, nel rapporto di Just Salad si legge che negli Usa gli imballaggi e contenitori monouso insieme rappresentano il 23% dei rifiuti che finiscono in discarica. Questa quota include imballaggi alimentari come scatole e contenitori da asporto monouso. Gli Stati Uniti consumano ogni anno oltre 3.300.000 tonnellate di articoli monouso legati all’asporto di cibo e bevande: contenitori per cibo e pizza, tazze, bicchieri e coperchi annessi, coppette, tovaglioli, involucri in carta e borse da asporto.

Just Salad è anche la prima catena del suo genere negli Usa ad aver dotato, già dallo scorso anno, i propri menù di etichette climatiche che quantificano l’impronta di carbonio di un prodotto ovvero le emissioni di Co2 generate per la produzione di uno specifico alimento. Anche quando si ordina online, accanto al valore calorico del loro pasto i clienti visualizzano il “peso”in termini di emissioni di ciò che mangiano: uno stimolo in più a scegliere a dieta giusta.


E a Milano c’è Altatto: piatti veg e schiscetta a rendere

Anche in Italia c’è chi sceglie il riutilizzabile per il suo servizio da asporto e a domicilio. Altatto è una realtà milanese di cucina vegana e vegetariana nata come servizio di catering per piccoli e grandi eventi con un bistrot in zona Greco a Milano, in cui offrono anche lezioni di cucina vegetariana e vegana. Nel novembre del 2020 – come si può leggere sul sito – la necessità di reinventasi e di dare un segnale di cambiamento, modificando anche le modalità in cui era avvenuto il delivery durante il primo periodo di lockdown, ha portato le tre fondatrici di Altatto all’idea di fornire un pasto da asporto “zero waste”.

La crescita del delivery – che e un’opzione irrinunciabile per i ristoratori di questi tempi– ha portato con sé un impatto ambientale e una produzione notevoli di rifiuti di cui si dispiacciono gli stessi operatori più sensibili del settore.



Altatto ha cercato una soluzione e l’ha trovata ispirandosi anche alla tradizione dei dabbawala indiani, un sistema composto da più contenitori sovrapposti che vengono ritirati e poi consegnati in India con il cibo caldo.

L’offerta con vuoto a rendere di Altatto, una schiscetta in acciaio inox, è per ora disponibile due volte a settimana e viene consegnata intorno all’ora di pranzo adoperando mezzi elettrici. Va ordinata attraverso il sito entro le 18 del giorno prima. Si può scegliere tra due menù completi, che possono essere riscaldati nel forno e consumati anche a cena.

La prima volta vengono addebitati 10 euro extra, cifra che corrisponde al prezzo della schiscetta. Già dall’ordine successivo si può scegliere l’opzione del vuoto a rendere che viene ritirato contestualmente alla consegna del pasto, e non si paga più per il contenitore. I clienti che vogliono ritirare di persona, e in particolare coloro che abitano fuori Milano, zona non coperta dal servizio di delivery, possono farlo presso il ristorante nell’orario in cui si effettuano le consegne.

L’esperienza di Altatto si presta ad essere implementata, per coinvolgere più milanesi qualora fosse condivisa dal circuito di ristoranti vegetariani e vegani, e non solo. Già solamente l’adozione da parte di tutti i ristoranti dello stesso modello di schiscetta favorirebbe il diffondersi dell’iniziativa e anche, perché no, un aumento dei clienti per tutto il circuito. Perché alla fine l’unione fa la forza, senza che ognuno debba rinunciare alle sue specificità.

Silvia Ricci

fonte: economiacircolare.com


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Ricerca. Il 96% degli italiani chiede che il packaging da asporto sia sostenibile e facile da riciclare

A rivelarlo un nuovo studio di Pro Carton. Il take away è amato soprattutto nel Sud. Al primo posto: Reggio Calabria, poi Cagliari e Catania. Ad ordinare sono più uomini che donne


Il packaging da asporto deve essere non solo sostenibile, ma anche facile da riciclare. È quello che emerge con parere quasi unanime (96%) da nuova ricerca, commissionata da Pro Carton - associazione europea che riunisce i produttori di cartone e cartoncino - condotta su un campione di 1005 intervistati, che ha voluto approfondire cosa pensano gli italiani sull’imballaggio d’asporto.

Buona volontà
La buona volontà degli italiani è confermata dal fatto che il 56% degli intervistati pulisce e ricicla l’imballaggio d’asporto, se possibile. Per il 10%, invece, è un vero tormento, la cosa che più odiano fare, mentre il 34% non lo ricicla o la fa raramente. Tra le motivazioni che portano a buttare il packaging usato per l’asporto - riciclabile - nell’indifferenziata figurano: troppo complicato da ripulire (55%), ingombro elevato (18%), il non sapere cosa può essere riciclato e cosa invece no (17%), mentre il 12 % ammette che l’obiettivo dell’asporto è proprio quello di risparmiare tempo nel ripulire e l’11% che è troppo trambusto dover pulire i contenitori.

Reggio Calabria regina del take away
La ricerca ha inoltre sorprendentemente rivelato che la città in cui si ordina più cibo d’asporto è Reggio Calabria (con una media di circa 5,5 volte al mese), seguita da Cagliari (5,1 volte/mese) e Catania (4,8 volte/mese). Fanalini di coda nell’asporto risultano invece Livorno (1,3 volte/mese), Trieste (2,2 volte/mese), Torino (2,5 volte/mese) e Milano (2,7 volte/mese). La fascia d’età più interessata al takeaway è quella tra i 35 e i 44 anni (4.5 volte al mese), seguita da quella 22-28 e 29-34, con una media di 4,3 volte al mese. A consumarne meno sono invece gli over 65 con una media di 2,2 volte al mese. Nonostante non ci sia una grande differenza tra uomini e donne, i primi ordinano di più: 3,7 volte al mese contro 3,3 delle donne.

Tony Hitchin, Direttore Generale di Pro Carton, ha dichiarato: “La domanda di cibo d’asporto è aumentata nel 2020 a causa dei diversi lockdown nazionali. Questa ricerca fornisce uno spunto di riflessione per i brand che mirano a ridurre l’impatto ambientale, che dipende in parte dalla scelta del packaging per confezionare i loro cibi. Gli italiani si mostrano volenterosi, ma spesso confusi su cosa e come differenziare l’imballaggio d’asporto. Oggi sempre più contenitori per il takeaway sono in cartone, dai bicchieri, alle coppette del gelato, ai contenitori per insalate o panini, e dunque facilmente riciclabili se puliti dai residui di cibo”.

fonte: www.e-gazette.it


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Food delivery, asporto e Covid-19, tutte le indicazioni di sicurezza degli esperti dell’Istituto superiore di sanità



Durante la quarantena molti ristoranti (e non solo) si sono buttati sulla consegna a domicilio, almeno nelle regioni che la permettevano. Poi dal 4 maggio, è tornato anche l’asporto. Attività che continueranno ad andare forte anche durante la fase 2, vuoi per il timore che alcuni hanno all’idea di tornare al ristorante, vuoi per la capienza dei locali ridotta dalle norme per la prevenzione del contagio.
Per questo, l’Istituto superiore di sanità ha incluso nel suo rapporto “Indicazioni ad interim su contenimento del contagio da SARS-CoV-2 e igiene degli alimenti nell’ambito della ristorazione e somministrazione di alimenti” anche le linee guida per le attività che fanno food delivery e asporto. Il documento è stato redatto dal gruppo di lavoro dell’Iss sulla Sanità pubblica veterinaria e la sicurezza alimentare COVID-19, con la collaborazione di altri esperti, tra cui Antonello Paparella, microbiologo alimentare dell’Università di Teramo.
Ecco le linee guida per il cibo da asporto:
1) Per prima cosa, i ristoratori devono definire un’area destinata al ritiro degli alimenti pronti alla consegna ai clienti. È importante ricordare che la zona per il ritiro del cibo da asporto deve essere separata dai locali per la preparazione degli alimenti.
Young woman preparing takeaway food inside restaurant during Coronavirus quarantine time - Girl inside kitchen working while cooking delivery food for online take away service - Focus on hamburger
I ristoratori devono predisporre un’area di ritiro del cibo da asporto separata da quella di preparazione degli alimenti
2) Al momento della consegna del cibo da asporto, i ristoratori devono mettere a disposizione dei clienti prodotti igienizzanti per le mani.
3) Il cibo preparato per l’asporto deve essere posto in contenitori idonei per il contatto gli alimenti (MOCA) ed essere conservato separatamente da altri prodotti. La consegna ai clienti deve avvenire rispettando la distanza di almeno un metro. Se ciò non è possibile, personale e clienti devono indossare la mascherina.
4) Gli esperti consigliano di riservare un piano di appoggio dedicato, dal quale il cliente preleverà i prodotti solo quando il personale si sarà allontanato.
5) Come nei ristoranti e nei supermercati, devono essere preferite modalità di pagamento che evitino lo scambio di denaro, soprattutto contactless.
Per quanto riguarda, invece, la consegna a domicilio, ecco le indicazioni degli esperti:
1) Anche in questo caso, i ristoratori devono definire un’area destinata al ritiro degli ordini al personale addetto alle consegne. Come nel caso dell’asporto, quest’area deve essere separata dai locali di preparazione del cibo.
Delivery man holding paper bag with food on white background, food delivery man in protective mask
La consegna a domicilio deve avvenire rispettando la distanza di almeno un metro tra fattorino e cliente
2) I ristoratori devono mettere a disposizione del personale addetto alle consegne a domicilio, come fattorini e rider, prodotti igienizzanti per le mani.
3) Il personale addetto alle consegne deve mantenere un alto livello di pulizia personale, indossando la mascherina sia durante il ritiro che la consegna, igienizzando le mani prima di indossare i guanti e cambiandoli a ogni consegna.
4) Gli alimenti pronti per la consegna devono essere posti in contenitori adatti al contatto con gli alimenti (MOCA) ed essere separati da altre merci. Borse e zaini termici usati per la consegna degli ordini devono essere puliti e disinfettati dopo ogni uso. 
5) Il ritiro del cibo e la consegna ai clienti deve avvenire rispettando la distanza di almeno un metro e senza entrare nell’abitazione del cliente.
6) Nella consegna a domicilio, deve essere posta particolare attenzione al rispetto delle corrette condizioni di conservazione (tempo e temperatura) degli alimenti da consegnare.
7) Come sempre, devono essere preferite modalità di pagamento che evitino lo scambio di denaro, soprattutto contactless. 
I consumatori dovrebbero preferire le ordinazioni online o telefoniche per evitare assembramenti nei locali
Infine, gli esperti dell’Istituto superiore di sanità hanno incluso anche alcune raccomandazioni per i clienti che scelgono l’asporto o il food delivery
1) I consumatori dovrebbero privilegiare le ordinazioni online o telefoniche, per evitare assembramenti all’esterno dei locali e per garantire che il ritiro dei prodotti ordinati avvenga a un orario concordato.
2) All’interno dei locali, i clienti sono obbligati a indossare la mascherina, mantenendo comunque la distanza di sicurezza di almeno un metro tra di essi e nei confronti del personale. 
3) Al momento del ritiro del cibo ordinato, i clienti potranno entrare presso l’esercizio quando l’area destinata alla consegna degli ordini non è già occupata da altre persone. I clienti dovrebbero restare all’interno dei locali solo per il tempo strettamente necessario al ritiro e al pagamento del cibo ordinato. Se si è scelta la formula dell’asporto, è vietato il consumo sul posto.
4) Nel caso della consegna a domicilio, al momento del ritiro dell’ordine bisogna indossare la mascherina e rispettare la distanza di almeno un metro dal fattorino. 
Per scaricare il documento completo con le indicazioni per ristoranti e bar, clicca qui.
fonte: www.ilfattoalimentare.it


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reCIRCLE: un progetto che in Svizzera sta rendendo più sostenibile il consumo di cibo da asporto














reCIRCLE è una rete nazionale per i piatti da asporto che utilizzano i contenitori lavabili con coperchi di reCIRCLE per evitare sprechi. 
I reBOX e i reCUP sono progettati per essere lavati e asciugati facilmente; impilati insieme, permettono all` aria di circolare tra i contenitori e occupano poco spazio. Il PBT è un materiale di lunga durata, resistente al calore e al freddo, inodore e può essere utilizzato più di 100 volte senza comprometterne la qualità, purché non sia incrinato. 

In due anni, più di 400 ristoranti in tutta la Svizzera stanno già utilizzando i 70.000 contenitori riutilizzabili di Recircle.
Dopo il pasto, i reBOX vengono lavati o sostituiti.



Una soluzione vincente che previene gli sprechi e fa risparmiare denaro a ristoranti e città.
Siete stanchi della cultura del lancio quando si tratta di pranzo? 

Il sito spiega come funziona il sistema
https://www.recircle.ch/