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Capsula caffè 100% biobased e compostabile

Sviluppata dalla luxemburghese Capsul’in Pro, offre la necessaria barriera all'ossigeno attraverso un'etichetta applicata nello stampo.


La società luxemburghese Capsul’in Pro ha annunciato l'introduzione sul mercato della nuova generazione di capsule caffè Zero Impact Nespresso, dotate di proprietà barriera all'ossigeno e destinate, una volta usate, al compostaggio domestico (è certificata “OK Compost Home”) o industriale attraverso la raccolta dell'organico.


Secondo la società, le capsule, compatibili con le macchine Nespresso, sono interamente biobased (da cellulosa e oli vegetali, secondo quanto si legge sul sito internet), non utilizzando nella composizione materie prime di origine fossile.

Si tratterebbe, secondo il CEO della società Laurent Lombart, della prima capsula per caffè al tempo stesso biobased e dotata di barriera all'ossigeno (OTR < 0,0009 cm3/giorno), funzione necessaria per mantenere inalterati sapore e aroma. La società ha sviluppato a questo scopo una tecnologia IML (In Mold Label) che consente di applicare nello stampo un'etichetta decorata che offre, al contempo, anche la funzione di barriera all'ossigeno.

VIDEO



fonte: www.polimerica.it


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Nasce la filiera italiana del packaging alimentare compostabile

Novamont, SunChemical, Ticinoplast e UTECO fanno squadro per offrire una soluzione integrata per l’imballaggio flessibile degli alimenti, che sia biodegradabile e made in Italy











Dalla collaborazione tra Novamont, SunChemical Group, Ticinoplast e Uteco Group, – filiera di eccellenze industriali e tecnologiche tutta italiana – nasce un nuovo concetto di imballaggio alimentare, che risponde alla crescente domanda di packaging a minor impatto ambientale e che per prestazioni e caratteristiche non ha confronti sul mercato mondiale.

Condividendo i rispettivi know-how tecnologici, Novamont, SunChemical,Ticinoplast e Uteco Group hanno messo a punto una soluzione che combina la biodegradabilità, compostabilità dei materiali (biopolimeri, inchiostri, adesivi, prodotti barriera e substrati) a tecniche di estrusione, stampa e laminazione prime al mondo. Il film flessibile così ottenuto è ottimale per imballaggi alimentari avendo caratteristiche tecniche analoghe alle soluzioni attualmente adottate ma potendo – terminato l’uso – essere destinato alla raccolta della frazione umida ed essere avviato al successivo compostaggio industriale.

Il film flessibile in bioplastica Mater-Bi di Novamont, estruso con tecnologia Ticinoplast, viene trattato con lacca barriera Aerbloc Enhance/SunChemical, stampato con inchiostri all’acqua Aqualam/SunChemical e laminato utilizzando un adesivo senza solvente compostabile SunLam/SunChemical tramite tecnologia di stampa e laminazione di Uteco Group.

Si tratta di una soluzione che abilita la realizzazione di un ampio ventaglio di strutture laminate, adottabili per la realizzazione di molte tipologie imballaggi per alimenti su molteplici linee di confezionamento automatico, orizzontali e verticali, nonché varie buste preformate.

Concetti come riciclabilità ed ecodesign – anche grazie agli stimoli di un consumatore sempre più orientato a indirizzare le proprie scelte di acquisto e consumo verso prodotti confezionati con packaging meno ingombranti e più sostenibili – stanno modificando significativamente il settore dell’imballaggio e la vera sfida oggi è rendere semplice l’adozione di queste soluzioni.

“Grazie alla nostra filiera, operatori del comparto del packaging e brand owner possono disporre di un “one-stop-shop” in cui ottenere la soluzione completa, a misura delle esigenze di ciascuno, senza dover spendere tempo ed energie nel selezionare singoli fornitori dei vari componenti necessari alla realizzazione della specifica soluzione”, dichiara Aldo Peretti, presidente di Uteco Group.

“Alle aziende è oggi richiesto uno sforzo congiunto che permetta di realizzare, lungo tutta la filiera e in tempi brevi, soluzioni sostenibili per il packaging alimentare. In tale ottica, il contributo di innovazione che ciascun partner ha portato su materie prime, tecnologie di trasformazione, macchine da stampa, inchiostri, adesivi e coating è stato un elemento indispensabile per il successo dell’iniziativa” dice Fabio Deflorian, amministratore delegato di SunChemical Group Italia

“In questo particolare momento in cui la spinta verso la sostenibilità è molto forte, la collaborazione tra più aziende diventa elemento fondamentale per consentire di accelerare notevolmente il processo di innovazione tecnologica, portando alla realizzazioni di soluzioni adatte ad un imballaggio alimentare nel rispetto dell’ambiente”, commenta Paolo Rossi, amministratore delegato di Ticinoplast.

fonte: www.rinnovabili.it


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Biodegradabile non vuol dire quello che pensiamo

Alcuni elementi o imballaggi che sembrano facili da smaltire non lo sono poi così tanto









Negli ultimi anni un po’ dappertutto sono state adottate politiche per limitare l’uso della plastica e favorire invece l’utilizzo di imballaggi ecosostenibili, con l’obiettivo di ridurre l’inquinamento e limitare l’impatto ambientale dei rifiuti che produciamo ogni giorno. Tuttavia, c’è ancora un po’ di confusione su quale sia la differenza tra “biodegradabile” e “compostabile”. Un materiale classificato come biodegradabile non ha necessariamente un basso impatto ambientale, anzi: spesso alcuni tipi di imballaggio devono essere sottoposti a processi di smaltimento industriali che producono emissioni inquinanti e in ogni caso non si degradano in natura in tempi brevi o senza conseguenze sull’ambiente, come spesso siamo portati a immaginare.

Lo ha spiegato bene al New York Times Jason Locklin, direttore dell’Istituto dei Nuovi Materiali all’Università della Georgia, negli Stati Uniti, secondo cui la differenza tra “biodegradabile” e “compostabile” «disorienta parecchio non solo i consumatori, ma anche diversi scienziati». Secondo una ricerca di mercato citata dal Times, il 34 per cento delle persone intervistate pagherebbe di più per comprare acqua in bottiglie biodegradabili al 100 per cento, ma secondo i critici ai consumatori non è ben chiaro come i prodotti vengano smaltiti, e comunque chi progetta materiali biodegradabili spesso non ha ben chiare le conseguenze dell’intero ciclo di vita del prodotto.


Siamo portati a pensare che tutto ciò che è biodegradabile si possa decomporre in natura senza impatto ambientale, ma non è proprio così.


È il caso della carta, che di per sé è riciclabile, ma che negli imballaggi di tipo alimentare viene spesso usata con altri strati di plastica, alluminio o materiali che hanno funzione di protezione ma rendono praticamente impossibile il riciclo – peraltro uno dei motivi per cui Pringles sta provando a cambiare i tubi delle sue note confezioni di patatine.

È anche il caso degli imballaggi biodegradabili in PLA (acido polilattico), che si ricavano dalla lavorazione del mais o altre piante e da cui si ottengono bicchieri, posate e contenitori alimentari molto diffusi, studiati appositamente perché si smaltiscano entro poche settimane. Il problema è che i contenitori in PLA si decompongono rapidamente soltanto a temperature molto elevate, sopra i 60°C, e con un certo grado di umidità, pertanto si degradano in maniera efficace solo se vengono smaltiti attraverso un processo industriale: questo significa che se venissero dispersi in natura o finissero in discarica, senza le giuste condizioni, potrebbero volerci mesi o anche anni prima della loro completa degradazione.


“Biodegradabile” e “compostabile”, infatti, non sono sinonimi. Un materiale compostabile è anche biodegradabile, ma un materiale biodegradabile non è necessariamente compostabile o ecosostenibile.

Le direttive dell’Unione Europea definiscono biodegradabili i rifiuti da imballaggio che hanno «natura tale da poter subire una decomposizione fisica, chimica, termica o biologica grazie alla quale la maggior parte del compost di risulta finisca per decomporsi in biossido di carbonio, biomassa e acqua». Rispetto al materiale biodegradabile, quello compostabile si disintegra completamente in tempi più brevi – nel giro di poche settimane – e dopo il trattamento può essere riciclato per essere utilizzato come fertilizzante naturale o trasformato in biometano.

Tuttavia, anche i prodotti compostabili in bagassa, che si ottiene dalla polpa della canna da zucchero ed è diventata uno dei materiali più impiegati per realizzare piatti e contenitori monouso per il cibo d’asporto, hanno fatto discutere. Il Los Angeles Times per esempio ha raccontato che le ciotole usate dalla catena statunitense Sweetgreen, che vende insalate e cibi salutari, non erano compostabili come era stato pubblicizzato: contenevano infatti sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), ovvero composti chimici impiegati per rendere le superfici impermeabili ad acqua e grassi. Le PFAS sono considerate dannose per la salute e soprattutto, in questo caso, contaminavano l’ambiente dopo la conclusione del processo di compostaggio, rendendo inefficace lo scopo iniziale del loro utilizzo.


Per questo, esistono enti come il Consorzio Italiano Compostatori (CIC) che si occupano di certificare quali materiali siano compostabili, interagendo sia con le imprese produttive, sia con le aziende che si occupano di smaltimento e riciclo. Solo se un materiale è classificato come compostabile si può avere la certezza che, dopo la degradazione del prodotto, nell’ambiente non finirà alcuna sostanza artificiale e si abbia davvero un materiale ecosostenibile.

Teoricamente, i materiali biodegradabili e compostabili certificati EN 13432, come i sacchetti in bioplastica per la spesa, andrebbero smaltiti nella raccolta differenziata assieme ai rifiuti organici, per essere poi avviati al corretto impianto di smaltimento. Tuttavia, da questo punto di vista ci sono indicazioni diverse. A Milano funziona così, mentre AMA, la società che si occupa dei rifiuti a Roma, dice che i sacchetti biodegradabili vanno conferiti nell’indifferenziato.

Come viene spiegato nel rapporto sui Rifiuti Urbani dell’ISPRA – l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – nel 2018 sono state trattati circa 2,8 milioni di tonnellate in impianti di trattamento integrato anaerobico/aerobico, mentre circa 304 mila tonnellate sono state avviate in impianti di digestione anaerobica. In Italia per i prossimi anni è previsto il potenziamento dei vari tipi di impianti di compostaggio dedicati al trattamento biologico dei rifiuti urbani, perché in alcuni casi lo smaltimento dei rifiuti urbani organici avviene ancora in discarica.


A ogni modo, nel nostro paese la ricerca di tecnologie efficienti in campo di prodotti e imballaggi a basso impatto ambientale va avanti da oltre trent’anni. Per esempio, l’azienda novarese Novamont ha brevettato già diversi anni fa MATER-BI, una famiglia di bioplastiche biodegradabili e compostabili che sono certificate secondo le principali norme europee e internazionali e vengono impiegate in diversi settori, dalla ristorazione alla raccolta differenziata, mentre di recente l’azienda lodigiana Intimaluna ha introdotto sul mercato gli assorbenti EcoLuna, che non contengono plastica e sono compostabili con certificazione ICEA.

fonte: www.ilpost.it


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Ekoe: la nuova frontiera delle bustine trasparenti

La storia a lieto fine di Ekoe, una cooperativa nata nel 2015 con un unico, grande obiettivo: abolire l'uso della plastica derivata da petrolio e proporre soluzioni Plastic Free. Una scelta coraggiosa ed etica, quella di Ekoe, che oggi invia in tutto il mondo stoviglie monouso e prodotti compostabili a privati, aziende ed istituzioni.




Il dibattito sul riscaldamento globale, sull'inquinamento e sull'estinzione di numerose specie animali e vegetali è all'ordine del giorno. Si richiede ai governi di intervenire in modo efficace e alle imprese di cambiare direzione, ma per i grandi cambiamenti, si sa, c'è bisogno di tempo.

Esiste invece un cambiamento rapido che coinvolge ogni essere umano: tutti noi possiamo scegliere di mettere in atto, quotidianamente, con gesti piccoli e apparentemente banali, una rivoluzione Plastic Free che abbia un grande impatto sociale.

Obiettivo Plastic Free

Per Ekoe l'impegno all'abolizione, o almeno alla drastica riduzione dell'impiego di plastica, è l'obiettivo primario ed essenziale, la ragione di vita stessa di questa cooperativa, che vanta un passato come associazione ambientale e che ha collaborato attivamente in Italia alla promozione dei primi comuni Plastic Free, con il sostegno di istituzioni, strutture e aziende che hanno saputo credere in questo progetto e ne hanno compreso l'urgenza e la necessità.

Per contrastare efficacemente la diffusione di plastica, in particolare del monouso o del cosiddetto “usa e getta” che sta letteralmente sommergendo il Pianeta, Ekoe propone soluzioni a basso impatto ambientale, sia per quanto riguarda la loro produzione che per il loro smaltimento dopo l'uso. Oltre a detergenti per l'igiene della persona e degli ambienti completamente naturali e biodegradabili, Ekoe vanta numerose soluzioni alternative alla plastica usa e getta.

L'uso e l'abuso di plastica

Vi siete mai soffermati a riflettere su come sia difficile, soprattutto quando facciamo i nostri acquisti nei supermercati, evitare la plastica? È praticamente ovunque: dai prodotti sottovuoto alla pasta, dalle confezioni dei latticini al packaging di frutta e verdura preincartate.

Un primo passo è indubbiamente stato fatto con l'introduzione obbligatoria di sacchetti biodegradabili per l'acquisto di frutta e verdura, ma molto si può (e si deve) ancora fare.

Anche presso piccoli rivenditori è frequente trovare prodotti confezionati nelle bustine di plastica. È ormai noto, però, che soprattutto con sbalzi di temperatura o con una conservazione non adeguata, i prodotti contenuti nella plastica possono assorbirne delle microparticelle, che quotidianamente finiscono nel nostro organismo con quello che mangiamo e beviamo. Un ulteriore problema è dato dallo smaltimento di questi materiali. Purtroppo l'Italia smaltisce e ricicla meno del 10% di tutta la plastica che viene utilizzata e gettata; più del 90% finisce direttamente nei corsi d'acqua e nei mari, compromettendo la sopravvivenza di molte specie animali e vegetali.

Le bustine trasparenti compostabili, la buona alternativa alla plastica

Le bustine trasparenti di Ekoe sono la soluzione ideale per ogni tipo di imballaggio alimentare e sono totalmente biodegradabili e compostabili.

Cioè?

Le bustine trasparenti sono realizzate in Natureflex, un materiale derivato dalla pasta di legno di foreste gestite responsabilmente, e sono certificate secondo la norma europea EN 13432 che ne stabilisce rigidamente i requisiti di biodegradabilità e compostabilità.

I possibili impieghi dei sacchetti compostabili come valida alternativa alle buste in plastica sono davvero numerosi.

Le bustine trasparenti in Natureflex sono infatti termosigillabili, vantano un'ottima resistenza, possono contenere cibi caldi fino a 40 °C ed in alcuni casi possono essere anche utilizzati in forno tradizionale e microonde.

Oltre a rappresentare una buona alternativa a buste e vaschette in plastica, le bustine in Natureflex possono sostituire dentro le nostre case materiali più inquinanti come pellicola trasparente ed alluminio, o meno resistenti all'unto ed al calore come le buste in carta.

In ambito commerciale, le bustine trasparenti biodegradabili possono essere impiegate per il confezionamento di biscotti, caramelle, dolciumi, pasta, verdure, infusi, tisane, semi e cereali e sono disponibili in diversi formati per soddisfare ogni esigenza di packaging.

Il circolo virtuoso del compostabile

L'impiego delle bustine trasparenti biodegradabili innesca un vero e proprio circolo virtuoso, che inizia con la loro produzione e si conclude con il loro smaltimento.

• Per la produzione di questi materiali la quantità di CO2 emessa nell'ambiente è davvero minima.

• Le aree e le foreste progettate per la realizzazione di materiali compostabili riducono l'inquinamento e migliorano la qualità del terreno, dell'acqua e dell'aria.

• I prodotti compostabili e biodegradabili non causano contaminazioni agli alimenti che contengono.

• Una volta utilizzati, possono (e devono) essere gettati nel contenitore dell'umido, facilitando sia in ambito domestico che nelle attività di ristorazione le operazioni di pulizia e smaltimento dei rifiuti.

• Invece di inquinare, quando tornano alla terra, questi prodotti diventano fertile compost naturale e riducono la necessità di additivi chimici per la coltivazione.

A conti fatti, non esiste una sola valida ragione per non scegliere le bustine trasparenti e tutti i prodotti biodegradabili ed abolire consapevolmente l'uso e l'abuso di plastica.

fonte: www.terranuova.it


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Starbucks lancia nuovi bicchieri riciclabili e compostabili

Nuovi bicchieri riciclabili e compostabili per Starbucks, in fase di sperimentazione a Londra: introdotte anche nuove misure per il Coronavirus.




Nuovi bicchieri riciclabili e compostabili per Starbucks. La compagnia ha mantenuto quindi la promessa fatta ai propri clienti a marzo del 2019, quando assicurò che entro il 2020 sarebbero arrivate nuove “cup” più ecologiche. La fase di sperimentazione europea verrà messa in atto a Londra (negli USA a New York, Seattle e San Francisco, in Canada a Vancouver), salvo poi esportarne l’utilizzo in tutti i punti vendita della catena.

Si tratterà di bicchieri di carta, esteticamente molto simili a quelli tradizionalmente associati al marchio. Elementi che contribuiranno al raggiungimento dell’obiettivo di Starbucks di -50% di rifiuti entro i prossimi 10 anni. Ha dichiarato Kevin Johnson, direttore esecutivo:

È con grande decisione che ci muoviamo in avanti con un lavoro innovativo e altamente collaborativo per portare bicchieri riciclabili e compostabili in tutto il mondo. Stiamo reimmaginando il futuro per Startbucks, e per le oltre 30mila comunità che serviamo ogni giorno, con un grande senso di responsabilità per un Pianeta più sostenibile.
Animal Equality: stop alle gabbie per Starbucks

Starbucks ha deciso di agire anche contro la possibile diffusione del Coronavirus. Dalla scorsa settimana la compagnia ha sospeso la possibilità di servirsi di una propria tazza riutilizzabile al momento del servizio. L’azienda dichiara però che verrà comunque riconosciuto il bonus economico a chi porterà la tazza o il bicchiere con sé, anche se non sarà possibile utilizzarlo.

fonte: www.greenstyle.it

Plastica: Unilever lancia vaschette Carte d’Or compostabili

Saranno compostabili e riciclabili le nuove vaschette per gelato Carte d'Or, frutto della collaborazione tra Unilever e WWF.





Nuove vaschette riciclabili e compostabili per i gelati Carte d’Or. Prosegue la strategia “No, less, better plastic” di Unilever per ridurre la plastica dai propri prodotti, che proseguirà anche grazie al marchio Carte d’Or sulla base di obiettivi progressivi: entro il 2020 verrà dimezzato l’impatto dei rifiuti; per il 2025 il target è di un packaging 100% riciclabile, riutilizzabile o compostabile, oltre a convertire il 25% degli imballaggi in plastica in PCR o materiali riciclati.

A rendere compostabili e riciclabili le nuove vaschette Carte d’Or sarà la loro particolare composizione: alla base di carta certificata PEFC verrà aggiunto uno strato di bioplastica (acido polilattico, PLA) ottenuta dagli scarti del mais, che la renderà impermeabile e quindi adatta a contenere il gelato. Al termine dell’utilizzo il contenitore potrà essere utilizzato per il riciclo della carta o inserito nei sistemi di compostaggio industriale.

L’introduzione delle nuove vaschette compostabili Carte d’Or contribuirà a ridurre di 43 tonnellate al mese la plastica presente sul mercato, circa 10 tonnellate a settimana. Come ha dichiarato Eva Alessi, responsabile Risorse Naturali e Consumi Sostenibili WWF Italia:


È per noi una grande soddisfazione collaborare con un brand come Carte D’Or nell’ambito del progetto dedicato alla tutela di mari e oceani, soprattutto in relazione ad un fenomeno tanto importante quanto urgente come l’inquinamento da plastica.


Come WWF riteniamo che per affrontare le sfide che ci attendono sia fondamentale l’ingaggio del target aziende, che hanno il potenziale maggiore per ridurre le minacce più pressanti, trovando insieme soluzioni alle sfide di conservazione come la deforestazione, la pesca eccessiva, la scarsità d’acqua e il cambiamento climatico. Aziende come Unilever devono essere preparate a guidare il rapido adattamento e ad introdurre quelle soluzioni innovative per guidare il cambiamento. La scelta di Carte D’Or, con cui abbiamo deciso di collaborare, va proprio in questa direzione.


La novità coinvolgerà all’inizio i prodotti della Linea Classici Carte d’Or nelle sue 12 varianti (incluse le nuove “Pistacchio” e “Vaniglia&Cookie”), mentre a seguire toccherà alla Linea Affogati. Entro il 2021 il passaggio interesserà tutte le linee di produzione. Ha affermato Giorgio Nicolai, direttore Marketing Ice Cream di Unilever Italia:

Siamo orgogliosi di questa innovazione che vede l’Italia capofila e che fa da apripista per Germania, Francia e Inghilterra, che adotteranno il nuovo pack nel 2020. Abbiamo lavorato tanto, con un importante investimento economico, per raggiungere questo risultato. Abbiamo modificato la forma della vaschetta, il packaging secondario fino alla linea produttiva per la parte finale della produzione per ottenere un prodotto più sostenibile, senza però variare il gusto originale del gelato Carte d’Or.


fonte: www.greenstyle.it

Senigallia vieta la plastica in tutta la città (spiagge comprese)

Firmata l'ordinanza che vieta agli esercenti della località marchigiana di distribuire piatti, bicchieri, cannucce e sacchetti non compostabili. 













È stata firmata lo scorso venerdì l’ordinanza del Comune di Senigallia che vieta a tutti gli esercenti della località - compresi gli stabilimenti balneari - di distribuire ai propri clienti piatti, bicchieri, cannucce e sacchetti per la spesa che non siano realizzati in materiale biodegradabile e compostabile. L’iniziativa, che rientra nell’ambito delle azioni pensate per la giornata di "M’illumino di meno", segue l’adesione data lo scorso anno dall’amministrazione comunale alla campagna "Ecocannucce" promossa da Marevivo, volta a ridurre il più possibile il consumo di plastica. «Abbiamo scelto di varare questo provvedimento proprio in occasione di "M’illumino di meno" – spiega il sindaco Maurizio Mangialardi – per sottolineare lo stretto legame esistente tra il tema del risparmio energetico e quello della salvaguardia dei nostri mari e dei nostri oceani. Mari e oceani che rischiano di essere letteralmente soffocati dalla plastica, con gravi ripercussioni anzitutto sulla salute del pianeta, e in particolare sulla difesa della biodiversità e sulla tutela degli ecosistemi». «Credo che una città come la nostra – aggiunge l’assessore Enzo Monachesi - che vive di turismo e soprattutto di turismo balneare, debba mostrarsi ancora più sensibile alla questione. L’ordinanza di oggi rappresenta un primo passo, ma l’obiettivo è quello di rendere Senigallia una città plastic free». «Aderiamo volentieri a questa iniziativa – concludono Giacomo Cicconi Massi (Confartigianato) e Riccardo Pasquini (Confcommercio) – perché la difesa dell’ambiente marino e delle spiaggia è fondamentale per la crescita e lo sviluppo di un’economia locale fondata su servizi di alta qualità capaci di rendere Senigallia sempre più attrattiva sul mercato turistico». 

Fonte: MondoBalneare.com

Bioplastica di Canapa – Premiata l’Invenzione Siciliana a difesa dell’ambiente















La bioplastica di canapa creata dalla start-up siciliana Kanèsis si è aggiudicata il premio “Zero Waste Italy, Le Buone Pratiche di Impresa Verso Rifiuti Zero”.
Il premio è stato consegnato il 22 maggio al fondatore Giovanni Milazzo al termine della seconda edizione del Meeting Zero Waste di Capannori (LU). È un’iniziativa che nasce nel 2009, anno in cui si è costituita Zero Waste Italy e che «ha il compito primario di raccordare le iniziative Zero Waste italiane con le reti europee e mondiali di questo movimento-progetto. Si pone in modo complementare e non competitivo con la Rete Italiana Rifiuti Zero sviluppando principalmente il versante dell’applicazione dei 10 passi verso i rifiuti zero così come definiti dalla Carta internazionale di Napoli della Zero Waste International Alliance».
Kanèsis è stata scelta non solo perché la bioplastica di canapa è completamente biodegradabile e compostabile, ma anche perché per creare il filamento per la stampa 3D dell’azienda, vengono usati materiali di scarto per creare un nuovo prodotto che però non dà origine a nuovi rifiuti. Accade nel caso della canapa, ma anche nei nuovi tipi di bioplastiche che i ragazzi intendono sviluppare, sempre con biomasse che ad oggi non vengono utilizzate, conservando i colori originali e conferendo ad ogni tipo di prodotto caratteristiche diverse di resistenza ed elasticità. Non dimentichiamo poi il forte valore ambientale che la coltivazione di canapa rappresenta ed ai molti benefici che porterebbe una coltivazione diffusa di questa pianta.
«Desidero ringraziare, a nome di tutto il team Kanèsis, Zero Waste Italy e il Comune di Capannori per questo prestigiosissimo premio», ha dichiarato Giovanni Milazzo. «Fino a qualche tempo fa non pensavano neanche di raggiungere questo obiettivo. Crediamo che per riappropriarci del nostro futuro dobbiamo tornare alla terra: questo non vuol dire regressione ma evoluzione. La nostra bioplastica è moderna, attuale e con sviluppi futuri infiniti. Eppure è totalmente verde».
La start-up è stata protagonista di recente di una raccolta fondi online: l’obiettivo, come ci ha raccontato Giovanni Milazzo, «è quello di acquistare un macchinario da laboratorio per continuare le sperimentazioni in autonomia invece che all’Università di Catania come abbiamo fatto fino ad oggi. Si tratta di un macchinario da sperimentazione per materiali innovativi con l’aggiunta di scarti vegetali».
A Ragusa, nel cuore della Sicilia, è dunque nata l’idea di un futuro diverso in grado di contagiare tutto il Paese e andare oltre, stringendo connessioni con un network internazionale che guarda oltre il petrolio ed i suoi derivati verso un futuro che profuma di terra baciata dal sole e soluzioni sostenibili.



«Il filamento in canapa è solo il primo di una lunga serie», hanno puntualizzato spiegando che «tutti saranno prodotti con biomasse di scarto ed ognuno con una finitura ed un colore proporzionale alla biomassa utilizzata. Quindi nel caso dell’arancia sarà arancione, ginestra giallo, carciofo verde, canapa marrone e così via ed ognuno con le proprie caratteristiche tecniche per sottolineare la polivalenza di sviluppo di materiali termoplastici di questo tipo».




Fonte DolceVitaonline 

Rivoluzione nel Parlamento britannico: via la plastica monouso, sì al compostabile

Entro ottobre 2018 Camera dei Comuni e Camera dei Lord disporranno di stoviglie, tazze e coperchi per il caffè, contenitori per zuppe e alimenti da asporto, scatole per insalate e cannucce realizzati con biopolimeri biodegradabili e compostabili






















Sempre più incisiva, nel Regno Unito, la guerra di governo e parlamento alla plastica usa e getta.
Il 20 settembre scorso il parlamento britannico ha annunciato che in tutti i suoi uffici verrà introdotta una nuova gamma di prodotti compostabili destinata a sostituire quelli in plastica attualmente in uso.
Camera dei Comuni e Camera dei Lord disporranno di stoviglie, tazze e coperchi per il caffè, contenitori per zuppe e alimenti da asporto, scatole per insalate e cannucce realizzati con biopolimeri biodegradabili e compostabili.
Questi prodotti, una volta usati, verranno raccolti in appositi contenitori e, dopo il trattamento, si trasformeranno in ottimo fertilizzante per il giardinaggio.
Tale misura – solo una delle numerose già annunciate dall'inizio di quest'anno per eliminare le plastiche monouso da entrambe le Camere entro il 2019 – verrà completata entro la fine di ottobre 2018 e andrà in parallelo con l’eliminazione della vendita di acqua in bottiglie di plastica, che consentirà di togliere dalla circolazione circa 120.000 bottiglie all’anno.
“Governo e policy maker britannici stanno combattendo l’inquinamento da plastica usa e getta con una determinazione ammirevole”, ha commentato Marco Versari, presidente di Assobioplastiche. “Coniugare la vision della politica in tema di sostenibilità ambientale alle opportunità offerte dall’industria dei nuovi materiali compostabili e dall’eco-design consente di passare dalle parole ai fatti, per la tutela della salute e per preservare il capitale naturale alle future generazioni”.
Anche in Italia, a partire dalle amministrazioni centrali e locali, sono sempre più le strutture impegnate a promuovere nuovi stili di vita e di consumo, partendo proprio dal bando dei prodotti usa e getta in plastica.
fonte: www.ecodallecitta.it

Ischia dice no alla plastica, stoviglie ecocompatibili e solidarietà alle famiglie in difficoltà

La Catena Alimentare Casamicciola e la Ekoe promuovono "Vivaischia per un futuro migliore"
















Un'isola deve essere difesa e preservata. Un'isola ha bisogno di piccole attenzioni. Ed ecco che Ischia sceglie di dire no alla plastica. Scegliere aiuta a difendere.

La Catena Alimentare Casamicciola ha siglato un accordo con la Ekoe, società cooperativa che commercializza stoviglie eco compostabili.

Fino a dicembre 2018, chi acquisterà piatti, bicchieri e altre stoviglie sul sito della Ekoe utilizzando il codice promozionale VIVAISCHIA devolverà la somma in euro del 10% dell'importo imponibile dell'acquisto totale di stoviglie compostabili, per le famgile di Ischia in difficoltà.

L'acquisto merce, valido su tutto il territorio nazionale, sarà gestito dalla Cooperativa Ekoe che non è nuova a queste iniziative, mentre la donazione sarà versata direttamente sul conto corrente dell'Associazione Catena Alimentare tramite bonifico bancario.


Sostenibilità per l'ambiente e solidarietà vanno di pari passo, dicendo no ai monouso, scegliendo solo stoviglie compostabili e aiutando così anche la catena alimentare che, da diversi anni, dona generi alimentari alle famiglie ischitane in difficoltà

"Grazie a Giuseppe Sarua Cinquegrana, responsabile funzione organizzazione presso Ekoe e a Luciana Morgera della Borsa Verde 3.0 - ha commentato il presidente Francesco Di Noto Morgera - l'opera iniziata da Nunzia Mattera continua a far del bene al prossimo e questa volta anche all'ambiente".


fonte: http://napoli.repubblica.it/

Carta e bioplastica, nuova frontiera packaging cibo

Consorzio riciclo carta, sempre più imballaggi compostabili




















Uno si sforza di comprare cibo buono e sano, magari pure biologico. Ma poi, questo cibo è quasi sempre confezionato in pellicole o retine di plastica, vassoi di polistirolo o polietilene, scatolette di metallo. Tutti imballaggi che spesso non vengono riciclati e finiscono per inquinare l'ambiente. Per questo, la nuova frontiera del settore alimentare è il packaging compostabile: imballaggi di carta e bioplastiche, altamente biodegradabili, che possano essere smaltiti come rifiuti organici insieme agli scarti alimentari.
"Negli ultimi anni le aziende hanno lavorato per dare agli imballaggi di carta le stesse performance della plastica - spiega Eliana Farotto, responsabile ricerca del Comieco, il consorzio delle aziende italiane che riciclano questo materiale -. La soluzione è l'accoppiamento della carta con le bioplastiche. Così il packaging può essere smaltito col cartone o, se sporco, con i rifiuti organici".
Il problema degli imballaggi inquinanti è diventato ancora più grave con la diffusione delle consegne di pasti a domicilio (i servizi di aziende come Foodora o Deliveroo). I bidoni della plastica delle famiglie italiane, già pieni di packaging dei supermarket, si sono saturati con una marea di piatti, vassoi, bottigliette e contenitori portati dai "rider".
Il nostro paese ricicla solo il 50% della plastica (la media Ue è ancora peggiore, 35%). Il resto viene bruciato nei termovalorizzatori (al Nord) o va in discarica (al Sud). Ma una parte finisce direttamente nell'ambiente.
Per evitare questi problemi, l'industria ha trovato diverse soluzioni: vassoi in carta con film esterno in bioplastica (soprattutto per l'ortofrutta), vassoi in carta accoppiata a bioplastica con film esterno in bioplastica (per la carne), confezioni interamente in bioplastica (per l'insalata in busta).
Queste soluzioni si stanno diffondendo soprattutto nei negozi bio. Le gelaterie Grom offrono già coppette compostabili. Tetra Pak, il colosso svedese dei cartocci per bevande, ha annunciato che entro la fine dell'anno metterà in commercio cannucce biodegradabili. E poi ci sono i cartoni per l'ortofrutta che rilasciano oli vegetali che contrastano la marcescenza, evitando l'uso di conservanti.
"I costi di questi materiali naturalmente sono maggiori - spiega Farotto -. Il problema è il passaggio a una dimensione industriale, che permetterebbe economie di scala e quindi prezzi inferiori. Noi italiani siamo viziati da packaging monouso e acqua in bottiglia. Ma noi di Comieco crediamo che i consumatori siano sempre più attenti ai temi ambientali, e chiedano ormai azioni concrete in questa direzione. Più che imposizioni per legge, serve educazione per i cittadini".

fonte: www.ansa.it

Compostabilità, biodegradabilità e rinnovabilità dei sacchetti: facciamo chiarezza










Torniamo sulla questione della comunicazione dei sacchetti biodegradabili. Oggi ci occupiamo di “codice comunicativo”, ovvero di come l’utilizzo di un certo lessico possa essere da ostacolo o rallentamento nel recapitare il messaggio al target.
Per farlo usiamo le parole di Assobioplastiche, l’Associazione Italiana delle Bioplastiche e dei Materiali Biodegradabili e Compostabili, in seguito a quanto emerso a inizio mese nel corso della trasmissione radiofonica “24 mattino con Oscar Giannino”, ripresa da altri organi di informazione e poi diffuso sul web. Ciò che si denota in generale è una scarsa conoscenza dei termini compostabilità, rinnovabilità e biodegradabilità di un sacchetto di bioplastica, in quanto le bioplastiche sono sia estratte dalle materie prime della terra sia da fonti fossili.
Ma vediamo cosa ha detto Assobioplastiche. L’associazione ha precisato che le borse per alimenti sfusi utilizzate come imballaggio primario, oltre a dover essere di spessore inferiore i 15 micron, biodegradabili e compostabili conformemente allo standard UNI EN 13432 e quindi riutilizzabili per la raccolta dell’umido, “devono avere un contenuto minimo di materia prima rinnovabile di almeno il 40%”.
Tale percentuale (40%), pertanto, fa riferimento al contenuto di materia prima rinnovabile (origine delle materie prime con cui è realizzato il prodotto), ossia al contenuto di carbonio organico, e non già alla compostabilità o alla biodegradabilità (fine vita del prodotto) che, invece, non solo devono essere superiori al 90% ma anche certificate conformi allo standard internazionale UNI EN 13432 dagli organismi accreditati.
Assobioplastiche, inoltre, precisa il corretto significato dei termini:
BIODEGRADABILITA’
La  biodegradabilità è la capacità di un materiale di essere degradato in sostanze più semplici mediante l’attività enzimatica di microorganismi. Al termine del processo di biodegradazione le sostanze organiche di partenza vengono trasformate in molecole inorganiche semplici: acqua, anidride carbonica e  metano, senza il rilascio di sostanze inquinanti.
Questa caratteristica non dipende dalla materia prima ma dalla natura chimica della materia prima, ragion per cui si può avere un prodotto da rinnovabile non biodegradabile e un prodotto da petrolio biodegradabile.
COMPOSTABILITA’
La compostabilità – che riguarda il fine vita di un prodotto – è la capacità di un materiale organico di essere riciclato organicamente assieme all’umido trasformandosi  in compost mediante il compostaggio, un processo di decomposizione biologica della sostanza organica che avviene in condizioni controllate. Al termine del processo di compostaggio si ottiene un prodotto biologicamente stabile, inerte e inodore. in cui la componente organica presenta un elevato grado di maturazione. Ricco in humus, in flora microbica attiva e in microelementi, il compost è la soluzione ideale contro la desertificazione dei suoli e l’impoverimento di carbonio nonché un  prodotto di impiego agronomico (fertilizzante per florovivaismo, colture praticate in campo).
RINNOVABILITA’
Riguarda l’origine di un prodotto e in particolare la caratteristica di quelle materie prime – prevalentemente di origine vegetale e animale – di rigenerarsi in tempi brevi (piante, alberi, loro derivati e scarti), in opposizione alle materie prime da fonte fossile (petrolio).
fonte: http://www.envi.info

Sacchetti biodegradabili. CIC: 'Otto verità per una migliore raccolta dell’umido domestico'

"La quasi totalità degli impianti (con poche eccezioni, dovute a particolari sistemi di pretrattamento) accetta e gestisce senza alcun problema la presenza di manufatti in plastica compostabile nel flusso di organico conferito, sia nel caso di processi biologici di solo compostaggio che nei processi integrati digestione/compostaggio"























“L’introduzione dell’obbligo dell’uso di sacchi per ortofrutta compostabili ci consente ancora una volta di tornare sul tema dei sacchetti biodegradabili e compostabili, sulla qualità delle raccolte differenziate e sul compostaggio dei rifiuti organici. Tuttavia, la mancanza di una comunicazione adeguata nei confronti dei cittadini e degli organi di stampa ha creato fraintendimenti e la diffusione di informazioni a nostro avviso non corrette, soprattutto per quanto riguarda la raccolta differenziata dell’umido e gli impianti di compostaggio”. Così Massimo Centemero, direttore del Consorzio Italiano Compostatori (CIC) commentando l’introduzione dell’obbligo dal 1° gennaio 2018 di utilizzare come imballaggio primario per alimenti sfusi sacchi leggeri e ultraleggeri biodegradabili e compostabili certificati secondo la norma UNI EN 13432.
Il CIC ricorda sinteticamente alcuni punti e alcune semplici regole per compiere una corretta raccolta della frazione organica, a partire dalla scelta del sacchetto, ribadendo la necessità di un intervento migliorativo relativo alle etichette: “è necessario che siano rese compostabili”.
  1. Sacchetti ortofrutta: idonei per la raccolta dell’umido
    I sacchetti ortofrutta, che dal 1 gennaio 2018 dovranno essere costituiti esclusivamente da materiale biodegradabile e compostabile, sono compatibili con il sistema impiantistico nazionale e con le modalità di raccolta diffusi sul territorio; pertanto possono essere utilizzati per il contenimento dell’umido domestico.
  2. Etichette: rimuoverle dal sacchetto
    Le etichette rappresentano effettivamente una criticità a cui sarebbe importante dare una risposta. Vale sia per quelle dei sacchetti ortofrutta che per quelle riportate direttamente su alcuni tipi di frutta e verdura, come ad esempio banane e mele. Gli impianti sono comunque attrezzati a rimuoverle; tuttavia, l’utente sensibile può apporre l’etichetta sul manico, così da toglierla prima di utilizzare il sacchetto per la raccolta dell’umido, senza inficiarne la tenuta.
  3. Impianti qualificati per gestire plastica biodegradabile e compostabile
    L’impiantistica dedicata al riciclo dei rifiuti organici si conferma come una filiera qualificata ed efficiente nella gestione degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile: la quasi totalità degli impianti (con poche eccezioni, dovute a particolari sistemi di pretrattamento) accetta e gestisce senza alcun problema la presenza di manufatti in plastica compostabile nel flusso di organico conferito, sia nel caso di processi biologici di solo compostaggio (aerobico NdRche nei processi integrati digestione/compostaggio(anaerobico/aerobico NdR - per maggiori informazioni su diversi processi di trattamento rimandiamo al seguente articolo di Eco dalle Città).
  4. Sacchetti strappati: vanno bene nell’organico 
    Un sacchetto strappato, ancorché non più a tenuta, può essere comunque conferito nel flusso dell’organico destinato al compostaggio (o digestione anaerobica abbinata al compostaggio) perchè biodegradabile e compostabile.
  5. Per l’organico solo sacchetti certificati
    Per un corretto trattamento dei rifiuti organici è fatto obbligo di utilizzare i sacchetti in materiale biodegradabile e compostabile certificati a NORMA UNI EN 13432 in carta o in bioplastica, per contribuire all'effettivo recupero dei rifiuti e alla produzione di compost di qualità.
  6. Verificare la certificazione del sacchetto
    Per riconoscere un sacchetto conforme alla legge bisogna controllare se riporta le scritte “biodegradabile e compostabile”, quella dello standard europeo EN 13432:2002 e la certificazione di compostabilità.
  7. Evitare le buste di plastica tradizionale
    Per raccogliere l’umido bisogna assolutamente evitare le buste di plastica tradizionale: è un materiale che risulta “indigesto” ai microorganismi che trasformano gli scarti alimentari e verdi in compost. Non può dunque essere riciclato nella filiera del recupero del rifiuto organico.
  8. Plastica tradizionale problema per il riciclo organico
    Le plastiche convenzionali presenti nel rifiuto organico si sono rivelate un grave problema: la loro rimozione pressoché integrale, per garantire il rispetto degli standard qualitativi del compost, rende necessari interventi di raffinazione impegnativi dal punto di vista delle energie investite e costosi per gli ingenti quantitativi di scarti prodotti.
“La Legge recentemente approvata ha un obiettivo condivisibile, in quanto mira a diminuire la presenza di plastica ultraleggera sostituendola con sacchetti compostabili. Un’evoluzione per il CIC importante e preziosa”, sottolinea Massimo Centemero, direttore CIC. “Il nostro auspicio per il futuro è un intervento migliorativo per rendere anche le etichette compostabili”.
Raccolta differenziata: Italia da 25 anni esempio mondiale per il rifiuto organico
La raccolta differenziata del rifiuto organico - ricorda il CIC - nasce in Italia nei prima anni ‘90: da allora, in modo progressivo e costante, sono aumentati i tassi di raccolta differenziata così come voluto dapprima dalle regioni (con le pianificazioni regionali sulla gestione dei rifiuti), poi dallo Stato (con il Decreto Ronchi del 1997 e con il Testo Unico Ambientale del 2006) ed ora anche dall’Unione Europea (con la imminente revisione della Direttiva quadro sui rifiuti). Volta per volta è stata alzata l’asticella della quota di raccolta differenziata, passando dal 35% al 50%, per arrivare ora al 65%
La raccolta differenziata del rifiuto organico (comunemente l’umido e il verde) ha contribuito e contribuirà in modo decisivo al raggiungimento degli obiettivi normativi e di politica ambientale stabiliti a diversi livelli (provinciale, regionale, statale e comunitario).  L’Italia negli ultimi 25 anni si è distinta, prime fra tutte non solo a livello europeo ma mondiale, introducendo un sistema che funziona e che consente il riciclo organico di circa 6 milioni di tonnellate all’anno; esempi concreti di efficienza e sostenibilità si trovano su tutto il territorio italiano, con casi di eccellenza mondiale - che fanno peraltro scuola all’estero - di sistemi, impianti, processi e prodotti.
Esistono chiaramente delle criticità: non si deve dimenticare il ritardo nello sviluppo delle raccolte di alcune grandi città, nel sud del Paese o degli impianti nel centro e nel sud. Si intravvedono però spiragli di crescita: nuovi elementi nel panorama nazionale che fanno ben sperare di raggiungere l’uniformità territoriale anche in questo settore.
Un altro elemento fondamentale per un buon riciclo, e questo vale per tutte le filiere, dalla carta alla plastica, dal vetro all’alluminio, è la qualità della raccolta differenziata: per una buona raccolta dell’umido è indispensabile abbassare il più possibile elementi indesiderati non compostabili.


Massimo Centemero

fonte: www.ecodallecitta.it