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Riciclato e certificato

 








TUV Austria lancia il nuovo schema di certificazione OK recycled basato sulle norme EN 15343 e ISO 14021.

In vista dell'applicazione della Direttiva sugli

L'Austria rende le riparazioni più convenienti

 

Le cose si stanno muovendo velocemente per le riparazioni in Austria!


Negli ultimi mesi la coalizione di governo ha concordato una riduzione dell'IVA sulle “piccole riparazioni” di bici, abbigliamento e scarpe.

In concreto, l'IVA per questi tipi di riparazioni sarà ridotta dal 20% al 10%, rendendo più interessante dal punto di vista finanziario riparare questi prodotti piuttosto che buttarli via e acquistarne di nuovi. Lo “sgravio fiscale per piccoli servizi di riparazione e vendita di prodotti riparati” come viene chiamato era già incluso nel programma governativo (pubblicato a gennaio 2020). Il prossimo passo sarà trasformarlo in legislazione.

Nel frattempo, diversi stati federali austriaci (Stiria, Alta Austria, Bassa Austria e Salisburgo) e la città di Graz hanno implementato un "bonus di riparazione" che si è rivelato un grande successo. Questo bonus finanzia fino al 50% del costo totale di una riparazione, fino a un massimo di 100 €. Questo vale solo per gli elettrodomestici grandi e piccoli di stabilimenti commerciali. I consumatori devono richiedere il rimborso una volta che la riparazione è stata effettuata e una fattura è stata pagata.

A Vienna, il governo locale ha appena approvato un programma di finanziamento per la riparazione di 1,6 milioni di euro per il periodo dal 2020 al 2023 in collaborazione con Repair Network Vienna, RepaNet e l'Istituto austriaco di ecologia.

A partire dal 21 settembre, sarà possibile per i consumatori registrarsi sul sito web di una città, scaricare un voucher e utilizzarlo direttamente presso una delle organizzazioni membri di Repair Network Vienna che partecipano al programma di finanziamento.

Analogamente ad altre regioni, il programma finanzierà il 50% del costo di una riparazione fino a un massimo di 100 €. Se una riparazione non è possibile, sarà coperto il 100% dei costi stimati, fino a 45 €.

Questa iniziativa si applica a tutti i prodotti che necessitano di fissaggio, indipendentemente dalla residenza del consumatore. Gli unici criteri per le organizzazioni da coinvolgere nella rete di riparazione sono che il 50% della loro forza lavoro deve essere riparatori e che forniscono riparazioni per una vasta gamma di marchi.

Questa serie di incentivi finanziari e sgravi fiscali mostra che la riparazione è in cima all'agenda politica in Austria e che la legislazione sul diritto alla riparazione può assumere molte forme per rendere la riparazione tradizionale e accessibile.

fonte: repair.eu


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Via dal carbone: Svezia e Austria spengono le ultime centrali

Altri sei paesi europei dovrebbero uscire definitivamente da questa fonte fossile entro il 2025, tra cui l'Italia.



Con due anni di anticipo sulla tabella di marcia prevista, la Svezia ha abbandonato definitivamente il carbone; è il secondo paese europeo ad aver centrato l’obiettivo in pochissimi giorni, visto che in Austria è appena stato fermato l’ultimo impianto che impiegava la fonte fossile più inquinante, quello gestito dall’utility Verbund a Mellach.

In Svezia ha chiuso per sempre i battenti l’ultima centrale a cogenerazione alimentata a carbone in tutto il paese, l’unità KVV6 a Värtaverket, che forniva non solo elettricità ma anche calore alla capitale Stoccolma tramite la rete di teleriscaldamento.

La chiusura, afferma in una nota la società proprietaria dell’impianto, Exergi AB, è una “pietra miliare” per l’azienda e più in generale per il cambiamento che sta interessando il mix energetico svedese sempre più orientato verso le rinnovabili.

L’obiettivo di Exergi, prosegue poi la nota, è testare soluzioni per produrre energia da biomasse integrando sistemi CCS (carbon capture and storage) che permettono di catturare la CO2 e di conseguenza realizzare un ciclo di produzione energetica a emissioni negative, perché l’anidride carbonica rilasciata con la combustione delle biomasse è recuperata e immagazzinata nel sottosuolo.

In una nota, il movimento Europe Beyond Coal ricorda che altri sei paesi sono intenzionati a uscire totalmente dal carbone entro il 2025 o prima: la Francia nel 2022, Slovacchia e Portogallo nel 2023, poi la Gran Bretagna l’anno successivo seguita da Italia e Irlanda nel 2025.

Altri cinque paesi faranno altrettanto tra 2025 e 2030: Grecia, Olanda, Finlandia, Ungheria e Danimarca, mentre la Germania punta ad azzerare il carbone entro il 2038.

Tornando all’Austria, ricordiamo infine che il nuovo governo di verdi e conservatori punta al 100% di energia elettrica rinnovabile nel 2030.

fonte: https://www.qualenergia.it


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Austria: un milione di case solari entro il 2030

Il nuovo governo austriaco ha promesso un ambizioso programma di coperture fotovoltaiche per il Paese come parte del suo piano per raggiungere la neutralità climatica


















Un milione di case solari entro il 2030. Questa la promessa del nuovo governo austriaco di colazione tra Conservatori (OVP) e Verdi, per il futuro energetico della nazione. Nel programma, presentato in questi giorni dall’esecutivo, si sente l’impronta impressa da Werner Kogler, il 58enne leader de Die Grünen a da quest’anno vice cancelliere del paese. A cominciare dall’istituzione di un nuovo “super ministero” per la protezione del clima e dell’ambiente, che assumerà anche le competenze del settore energia, innovazione e trasporti. La carica è stata assegnata alla verde Leonore Gewessler che, fin dalle prime battute, ha posto i riflettori sul nuovo obiettivo nazionale: raggiungere la neutralità climatica entro il 2o40. E per riuscirci tutta l’energia elettrica consumata dovrà provenire da fonti rinnovabili già entro il 2030.

Il progetto delle case solari in programma per il periodo 2020-2024 è solo un tassello del nuovo piano governativo, ma costituirà anche il banco di prova per l’ambizione verde. “Il fotovoltaico in generale e il programma da un milione di tetti solari in particolare contribuiranno in modo sostanziale a questi obiettivi in un mondo in cui la mobilità deve essere passata alla guida elettrica e anche i sistemi di riscaldamento fossile dovranno essere sostituiti rapidamente nei prossimi decenni”, ha spiegato il neo ministro a Forbes.com. “Questo progetto (delle case solari) ha anche il sostegno politico di Neos (Partito liberale) e SPÖ (socialdemocratici), quindi dovrebbe esserci un’ampia maggioranza a favore delle necessarie decisioni legali e finanziarie”. Non sono stati rivelati ancora dettagli: per ora si sa solo che il piano coinvolgerà diverse proprietà, includendo anche strutture secondarie come i parcheggi.
Il progetto è stato ben accolto dall’associazione SolarPower Europe. “Ci aspettiamo di vedere un maggior numero di azioni di questo tipo dato che gli anni 2020 saranno un ‘decennio solare’, con i paesi dell’UE sempre più orientati verso il fotovoltaico per raggiungere l’obiettivo del 32% di energia rinnovabile entro il 2030”, ha affermato il CEO Walburga Hemetsberger. Se si materializzassero a pieno, le ambizioni solari della nuova coalizione darebbero un forte impulso all’ecosistema austriaco. Secondo l’associazione, la capacità fotovoltaica installata si è attestata a 1,4 GW alla fine del 2018 e aggiungerà un altro 1,8 GW tra il 2019 e il 2023.

fonte: www.rinnovabili.it

L’Austria non vieta più il glifosato: sbagliata la procedura di notifica alla Commissione europea


















Il bando al glifosato in Austria non s’ha da fare (per ora). La Cancelliera Brigitte Bierlein ha annunciato che non firmerà la legge che avrebbe stabilito il primo divieto totale in un paese dell’Unione Europea per il controverso erbicida, sospettato di essere cancerogeno. A far infuriare le associazioni ambientaliste però è il motivo: non è stata seguita la giusta procedura di notifica alla Commissione europea. Un errore tecnico, quindi.
La decisione senza precedenti di vietare tutti gli utilizzi del glifosato sul suolo austriaco era arrivata nel luglio di quest’anno, anticipando tutti gli altri paesi europei e la stessa UE, che nel 2017 ha rinnovato per altri cinque anni l’autorizzazione all’uso dell’erbicida sul territorio dell’Unione. Ed era stato lo stesso esecutivo Bierlein, un governo di transizione, ad approvare il divieto che ora viene bloccato perché non è stata seguita la procedura di notifica esplicitamente citata nella legge come condizione per la sua entrata in vigore.
Secondo quanto riportato da Reuters, secondo i sondaggi, la maggioranza dei cittadini austriaci e dei membri del parlamento sono a favore del divieto: l’Austria, infatti, è il paese europeo con la più alta percentuale di superficie agricola dedicata al biologico, oltre a contare molto sui turisti che visitano le sue montagne.
Intanto, in Francia, l’Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, ambientale e dei lavoratori (Anses) ha annunciato che entro il 2020 saranno ritirati dal commercio 36 prodotti a base di glifosato perché non sono stati forniti dati sufficienti per la valutazione del rischio. Entro la fine del prossimo anno, inoltre, sarà completata la revisione di tutti i prodotti che contengono l’erbicida, che saranno ritirati se esistono alternative e non ci sono prove adeguate della loro sicurezza.
fonte: www.ilfattoalimentare.it

Progetto Europeo EVA+ tra Italia ed Austria

La collaborazione tra società di erogazione di energia elettrica, case costruttrici di veicoli elettrici e le amministrazioni dei due paesi hanno reso possibile l’interoperabilità tra stalli e veicoli e tariffe in modo transnazionale






















L’esigenza di offrire, al crescente numero di possessori europei di auto elettriche od ibride, la possibilità di potersi muovere liberamente tra i paesi dell’Unione e l’esigenza di annullare potenziali difficoltà di ricarica, dovute alla reperibilità delle colonnine ed ai diversi sistemi/protocolli di allaccio, ha esortato l’Unione Europea ad investire risorse nello sviluppo di iniziative e programmi volti a rendere agevole anche l’uso di strade di collegamento a lunga percorrenza.
L’impegno dell’Unione Europea è quello di diminuire se non annullare, negli utilizzatori di veicoli elettrici, l’ansia da autonomia che ad oggi risulta il primo deterrente all’acquisto di un veicolo elettrico.
In questo contesto s’inserisce il programma di co-finanziamento “Connecting Europe Facility” - CEF  volto a semplificare gli spostamenti tra i paesi membri dell’Unione, incrementare la sostenibilità, ampliare l’uso delle energie rinnovabili e facilitare l’interazione transfrontaliera tra pubbliche amministrazioni, soggetti economici e cittadini. Il programma, operando in questa direzione, intende attivare un effetto volano per attrarre da un lato risorse dai settori privati e dell’altro il coinvolgimento degli attori pubblici.
Il progetto di mobilità elettrica EVA+ (Electric Vehicles Arteries in Italy and Austria) ne è un esempio, l’intesa raggiunta tra Enel X e le Società Verbund e Smatrics ha coinvolto anche le case automobilistiche Renault – Nissan, BMW Group e Volkswagen Group Italia rendendo possibile l’installazione sul tutto il territorio nazionale di 200 infrastrutture/stalli di ricarica, di cui 15 posizionate in Toscana.
Enel X, impegnata nello sviluppo di prodotti innovativi e soluzioni digitali in settori in cui l’energia sta evidenziando il maggiore potenziale di trasformazione tra cui la mobilità elettrica, ha stretto una collaborazione con la Soc. Verbund AG , la maggiore compagnia austriaca di energia idro-elettrica in grado di coprire il 40% del fabbisogno nazionale. Smatrics, facente parte sempre del gruppo Verbund AG, è la società impegnata sul territorio austriaco nell’installazione dei punti di ricarica veloce (fast charging) la cui elettricità fornita deriva completamente da fonti rinnovabili, offrendo punti di ricarica per una “mobilità su misura” (tilor-made).
Pro 2 connettori.jpgL’infrastruttura di 15 stalli di ricarica veloce (fast charging) creata in Toscana corrisponde a 30 postazioni (due per ogni colonnina), interamente sviluppate ed installate da Enel X; sono in grado di erogare fino a 50kW , permettendo la ricarica contemporanea di due veicoli in circa 30 minuti.
Caratteristica importante di queste stazioni di ricarica è che sono compatibili con tutti i modelli di auto elettriche attualmente sul mercato, soddisfacendo gli standard internazionali nell’ambito dell’e-mobility: CCS, ChdeMO e Type 2. Si tratta di ricarica diretta in corrente continua fino a 200A, 400V.
Con questo sistema è possibile ricaricare i veicoli in alcuni minuti, il caricabatteria è esterno al veicolo (nella colonnina) e gli allacci possono essere tipo CHAdeMO (Giapponese) o CCS Combined Charging System (Europeo). Il connettore Type 2 è il connettore ufficialmente raccomandato dall’ACEA (European Automobile manifacturer’s Association) e scelto dalla Commissione Europea come standard nei paesi membri e per tali motivo risulta essere ampiamente diffuso nei paesi dell’Unione.
Le 200 stazioni di ricarica corrispondenti a 400 allacci sono state distribuite lungo tutto la penisola seguendo il tracciato delle strade a lunga percorrenza di Italia ed Austria. Le 30 postazioni toscane sono state situate nelle immediate vicinanze dei caselli autostradali di Firenze, Barberino del Mugello, Terranuova Bracciolini, Foiano della Chiana, Chianciano Terme, Lucca, Massa e Cozzile, Massarosa, Viareggio.
Le stazioni di ricarica veloce EVA + permetteranno all’utenza dei due paesi, ma non solo a loro, di poter affrontare un viaggio in auto elettrica dalla Sicilia all’Austria, con soste di breve durata e soprattutto senza il timore di rimanere a corto di energia.
L’interoperabilità tra i sistemi di ricarica proposti da Enel x e Smatrics permetterà di accedere alle reti di ricarica nazionali in totale libertà senza limiti territoriali tra i due paesi.
fonte: http://www.arpat.toscana.it/

Austria: glifosato addio. È il primo paese europeo a bandire totalmente il controverso erbicida. Ma manca ancora l’approvazione definitiva

















Con una decisione senza precedenti, l’Austria dichiara guerra al glifosato attraverso una legge che prevede il bando totale dell’erbicida. La norma è già stata approvata dalla Camera Bassa del Parlamento ed è in attesa della conferma definitiva e della successiva firma del Presidente della Repubblica Alexander Van der Belle, ex leader dei Verdi.
La scelta dell’Austria è dunque quella di anticipare eventuali provvedimenti dell’Unione Europea, che per il momento ha deciso per una moratoria fino al 2022, e di indicare la via agli altri paesi, dimostrando anche che è possibile rinunciare a un prodotto utile, ma sul quale gravano sospetti e accuse così pesanti.
Altri paesi, come ad esempio la Francia, hanno intrapreso strade che vanno nella stessa direzione, ma finora si è sempre trattato di bandi parziali. Ciò è dovuto all’oggettiva scarsità di sostituti validi, al continuo alternarsi di studi e perizie contraddittorie che hanno fornito, di volta in volta, argomenti ai sostenitori e ai detrattori e, ancora, alla difficoltà di prendere iniziative apertamente in conflitto con le decisioni europee, che in materie come questa dovrebbero essere vincolanti. Ma l’Austria si è schierata in maniera netta, anche a costo di essere poi costretta a tornare sui suoi passi.
Come Il Fatto Alimentare ha raccontato più volte, già dal 2015 lo IARC di Lione, l’agenzia delle Nazioni Unite per la ricerca sul cancro, ha affermato che il glifosato è un probabile cancerogeno e aumenta il rischio di sviluppare varie tipologie di tumori, in primo luogo, dei linfomi non-Hodgkin. Nel 2017, però, l’EFSA, così come poco dopo le autorità elvetiche, ha sostenuto tra mille polemiche che non ci sarebbero prove definitive. Altri enti di ricerca, come l’Istituto Ramazzini di Bologna, hanno nel frattempo messo in luce ulteriori possibili rischi come quelli sul sistema neuroendocrino e immunitario. Negli Stati Uniti, intanto, l’azienda che ha rilevato il primo produttore Monsanto, ovvero la Bayer, sta fronteggiando migliaia di cause per danni.
pesticidi erbicidi campi agricoltura uomo+Camera Bassa del Parlamento austriaco ha approvato una legge per bandire totalmente il glifosato
Accanto a tutto ciò il mercato segue le sue dinamiche, e poiché il brevetto del glifosato è scaduto, da qualche tempo si assiste una moltiplicazione di prodotti che lo contengono in varie forme e percentuali, oltre al celeberrimo Roundup, con ulteriore aumento della sua diffusione. Probabilmente anche per questo il Parlamento austriaco, paese che detiene il più alto numero di fattorie biologiche (il 23% del totale, contro una media europea del 7%) e che punta molto sul turismo verde, ha rotto gli indugi e deciso di dire basta.
Resta da capire se si tratterà di una scelta isolata o se la nuova Unione Europea, nella quale i Verdi hanno acquistato un peso decisamente superiore rispetto al passato, prenderà quella decisione a modello e si muoverà verso un’agricoltura priva di glifosato o se continuerà a permetterne l’uso, almeno fino a quando non saranno disponibili prodotti altrettanto efficaci e molto più sicuri.
fonte: www.ilfattoalimentare.it

L’Austria è pronta a vietare integralmente l’uso del glifosato

Convergenza tra il partito di estrema destra FPÖ (al Governo) e Social democratici per vietare in via definitiva la discussa sostanza.




Austria, in dirittura d’arrivo il processo per vietare l’utilizzo di prodotti fitosanitari a base di glifosato: la nuova direzione del Partito della libertà (FPÖ), di estrema destra, ha annunciato il sostegno alla proposta avanzata dai Social Democratici per vietare l’uso del discusso pesticida.

“Esistono abbastanza studi che dimostrano adeguatamente il rischio posto dal glifosato all’ambiente e alla salute umana – ha spiegato il leader di FPÖ, Norbert Hofer – Metterlo al bando, quindi, è segno di una politica ambientale responsabile”.

Il sostegno dell’ FPÖ è stato accolto con favore dalla leader dei Social democratici, Pamela Rendi-Wagner, che si è detta “soddisfatta” per il riconoscimento alla lotta portata avanti da diverso tempo dal suo partito.

Othmar Karas, deputato del Partito Popolare Austriaco con cui l’FPÖ forma la coalizione di Governo, si è invece opposto fortemente a un bando integrale del glifosato, richiamando alla possibilità di meglio regolamentarne l’utilizzo in terra austriaca.

Spetterà ora alla Commissione parlamentare sull’agricoltura stilare un emendamento per modificare la Legge, approvata nel 2011, che regola l’utilizzo di agenti chimici per la protezione di colture e piante in Austria. Secondo quanto riportato dal quotidiano Die Presse, la discussione potrebbe arrivare in Parlamento già nella prima settimana di Luglio, mentre è più probabile che il bando definitivo entrerà in vigore più avanti tra il 2019 e il 2020, dando così possibilità ad agricoltori e imprese di consumare le scorte di pesticidi già acquistate.

Il dibattito sul glifosato è ancora estremamente aperto: nel 2015, l’Organizzazione mondiale della Sanità aveva dichiarato il principio attivo “probabilmente cancerogeno per gli esseri umani”, opinione contestata dall’EPA, l’Agenzia statunitense per l’Ambiente e la Salute, che nel 2017 e nel 2019 ha catalogato il glifosato come non cancerogeno per gli esseri umani.

L’Unione europea, sempre nel 2017, ha autorizzato l’utilizzo di pesticidi a base di glifosato fino al 2022, invitando tutti i Paesi membri a fornire report scientifici per ritornare sulla questione alla scadenza della concessione.

Nel frattempo il fronte antiglifosato si è allargato: pochi mesi fa il Ministro dell’Ambiente francese ha annunciato l’intenzione di eliminare dal mercato i prodotti a base di glifosato entro il 2021, mentre il Vietnam ha inserito il glifosato tra le sostanze vietate nel Paese.

fonte: www.rinnovabili.it

Trovate microplastiche anche nell'uomo. "Metà popolazione potrebbe averle"

Un nuovo studio ha trovato residui di polimeri nelle feci umane. L'allarme degli scienziati: possibili collegamenti con malattie gastrointestinali














LE MICROPLASTICHE sono dentro di noi e ne ingeriamo una quantità superiore a quella prevista. Con le otto tonnellate di plastica che ogni anno finiscono negli oceani e con le analisi su pesci, sale da cucina, acqua del rubinetto e perfino quella in bottiglia, tutti contenenti residui percentuali di microplastiche, era inevitabile che anche l'uomo non fosse coinvolto direttamente con questo materiale. Adesso una nuova ricerca portata avanti da scienziati austriaci lo conferma: sono state trovate per la prima volta microplastiche anche nelle feci umane.
 
Minuscole particelle di polimeri entrare grazie alla catena alimentare, probabilmente ingerendo cibo o liquidi contenenti residui di plastica. La conclusione dei ricercatori è ancor più scioccante, anche se deve essere verificata con studi su larga scala: "Le microplastiche potrebbero essere presenti nel 50% della popolazione mondiale".
 
Lo studio per ora è stato effettuato dai ricercatori dell'Agenzia dell'Ambiente austriaca su un piccolo gruppo di otto partecipanti provenienti da Europa, Giappone e Russia. Nelle feci di tutti coloro che sono stati esaminati sono state trovate particelle di microplastiche: ben nove tipi diversi di polimeri su dieci varietà testate. Le più comuni? Polipropilene e polietilene tereftalato. Le dimensioni delle particelle andavano da 50 a 500 micrometri.  
 
In media sono state trovate 20 particelle di microplastiche (in generale si intende tutte quelle inferiori a 5mm) in ogni dieci grammi di feci. Si suppone che possano essere entrate nel corpo umano attraverso la catena alimentare o anche, in qualche modo, per prodotti legati alla cosmesi dove l'uso di microsfere di plastica, anche se presto saranno al bando in Europa, è molto comune. 
 
"Questo è il primo studio nel suo genere e conferma ciò che sospettavamo da tempo,  ovvero che la plastica alla fine raggiunge l'intestino umano" ha spiegato Philipp Schwabl, ricercatore presso l'Università di Medicina di Vienna che ha diretto lo studio,  precisando che i nuovi esami potrebbero indicare anche la possibilità che ci siano collegamenti con malattie gastrointestinali.
 
"Le particelle microplastiche più piccole sono in grado di entrare nel flusso sanguigno, nel sistema linfatico e possono persino raggiungere il fegato" ha detto Schwabl.  "Ora che abbiamo le prime prove di microplastiche negli esseri umani, abbiamo bisogno di ulteriori ricerche per capire cosa questo significhi per la salute umana."
 
Da stabilire anche se le particelle influenzino la risposta immunitaria del sistema digestivo o veicolino la trasmissione di sostanze tossiche nel nostro corpo. E' stato comprovato ad esempio, nelle microplastiche trovate in mare, che metalli pesanti e policarbonati come il Pcb spesso si attaccano sulla superficie di queste particelle.
 
Gli otto partecipanti allo studio prima del test hanno tenuto un diario della loro dieta alimentare ma come siano "entrate" le particelle resta un mistero: lo studio precisa che i partecipanti non erano vegetariani e sei di loro mangiavano regolarmente pesce. 
 
Gli autori della ricerca hanno sottolineato infine la necessità di continuare a ridurre l'uso di plastica, aumentare il riciclaggio e migliorare lo smaltimento. Se in Italia, a partire dal Ministero dell'Ambiente diventato "plastic free", si stanno adottando vari metodi per cercare di frenare l'inquinamento da plastica, in Gran Bretagna lo stesso processo sta rapidamente accelerando. Monouso e cannucce di plastica potrebbero essere infatti banditi a breve, entro un anno, così come i cotton fioc.
Diverse nazioni hanno già detto addio completamente ai sacchetti di plastica e anche gli Usa, grandi consumatori di plastica, sembrano muoversi in questa direzione. Misure considerate "necessarie" seppur tardive da parte di molti ambientalisti.

fonte: www.repubblica.it

Due studi individuano nuove alternative naturali al glifosato



















Dall’Università di Pisa e dalla collaborazione tra Austria, Svizzera e Alto Adige due nuove sperimentazioni potrebbero aprire la strada a un’agricoltura sostenibile e libera dall’uso di glifosato, dannoso per l’uomo e per l’ambiente.
In California, un giudice ha condannato la Monsanto a un maxi risarcimento di 289 milioni di dollari nei confronti di un giardiniere al quale l'uso del glifosato ha provocato il cancro. Intanto, anche in Europa il dibattito sulla possibilità di vietare questo diserbante si fa sempre più acceso.
Con l’accendersi della discussione, crescono anche le iniziative per trovare alternative all’uso di diserbanti nocivi per la salute dell’uomo e dell’ambiente. Tra queste, il recente accordo tra il governo bavarese, austriaco ed altoatesino per una comune ricerca e sperimentazione in ambito agricolo e forestale con lo scopo di trovare una soluzione ecosostenibile per la sostituzione degli erbicidi.
Il progetto si fonda sulla possibilità di realizzare un telo biodegradabile per la pacciamatura, ovvero la pratica di ricoprire il terreno con uno strato di materiale adatto a prevenire la crescita di erbacce, a mantenere la giusta umidità del suolo e prevenire l’erosione. Un primo incontro tenutosi nella primavera di quest’anno ha permesso di identificare un obiettivo comune dal quale partire: la gestione delle piante infestanti senza il ricorso a prodotti erbicidi, coinvolgendo diversi istituti di ricerca.
 

Il telo pacciamante biodegradabile è stato sviluppato presso il Kompetenzzentrum für Nachwachsende Rohstoffe (“Centro di Competenza per le materie prime rinnovabili”) di Straubing (Baviera) ed è stato realizzato utilizzando esclusivamente materiali rinnovabili. Il telo viene sparso sul terreno in forma liquida e, una volta rappreso, si tramuta in un’efficiente copertura che impedisce la crescita delle infestanti.
Il telo costituisce il primo step pratico di una collaborazione destinata a farsi più stringente tra gli enti e che coinvolge anche il Centro di Sperimentazione Laimburg, al quale è stato affidato il compito di testare, in campi sperimentali, diverse possibilità di utilizzo in frutticoltura e viticoltura della soluzione sviluppata, per verificarne l’efficacia ed eventualmente effettuare interventi migliorativi.
Nel frattempo, un altro progetto per l’individuazione di alternative all’uso di glifosato è in corso nei laboratori dell’Università di Pisa e la soluzione potrebbe risiedere proprio in elementi da sempre sotto i nostri occhi. Quelle che vengono comunemente considerate “erbacce”, come l’achillea, l’assenzio annuale, l’assenzio dei fratelli Verlot, la santolina delle spiagge e la nappola, contengono oli essenziali capaci di bloccare la germinazione e inibire la crescita delle piantine infestanti.
Ai test condotti in laboratorio dovrà far seguito una sperimentazione più su ampia scala, ma le potenzialità di questa scoperta hanno già destato l’interesse internazionale, non solo nell’ambito dell’agricoltura sostenibile: la nebulizzazione di questi oli essenziali, infatti, potrebbe essere particolarmente utile (se sufficientemente efficace) ad esempio nelle aree urbane, dove le zone da diserbare sono spesso vicino a quelle abitate e frequentate da un elevato numero di persone.

fonte: https://www.nonsoloambiente.it

Idrogeno sostenibile, l’Unione Europea inizia a fare sul serio?

In occasione del pre-Consiglio sull’energia l’Austria lancia l’Hydrogen Initiative e ottiene il consenso di altri 24 Stati Membri, Italia inclusa. Crippa: “Interessante per gestire le rinnovabili quando c’è un eccesso di produzione”






















Rendere l’idrogeno sostenibile vettore della decarbonizzazione europea. Di questa opzione si è discusso ieri e oggi a Linz, in Austria fra esponenti della politica europea e big dell’industria. La città ha fatto da palco a due eventi d’alto livello, dal pre-Consiglio dell’UE sull’energia alla conferenza “Charge for Change: tecnologie innovative per le industrie ad alta intensità energetica”. Appuntamenti differenti che hanno tuttavia acceso i riflettori sul ruolo e le potenzialità dell’idrogeno sostenibile all’interno del sistema energetico del vecchio Continente. La stessa scelta della città non è stato un caso: a Linz è nato, infatti, il più grande impianto di produzione verde per questo vettore 

E l’Austria, a cui spetta fino alla fine di dicembre 2018 la presidenza del Consiglio dell’UE, è fortemente intenzionata a fare entrare questo tema nel programma energetico comunitario. Anche per questo motivo la nazione ha presentato l’Hydrogen Initiative, strategia per massimizzarne il potenziale tecnologico all’interno dei confini comunitari. “In questa iniziativa, – spiega Elisabeth Köstinger, attuale presidente del Consiglio UE – gli stati firmatari, le organizzazioni e le aziende sono impegnate a proseguire le ricerche e gli investimenti nella produzione e nell’uso dell’idrogeno come tecnologia lungimirante“.

I primi consensi sia da parte degli Stati Membri che dalle aziende non sono tardate ad arrivare. L’Hydrogen Initiative ha raccolto anche il plauso del commissario europeo all’energia Miguel Arias Canete, tra i primi firmatari del documento d’intenti. Nel dettaglio l’iniziativa – non vincolante e approvata finora da 25 nazioni dell’UE – richiede ai governi di aumentare la cooperazione nella ricerca sul potenziale utilizzo del vettore H2 nello stoccaggio di energia, nei trasporti, nell’elettricità e nel riscaldamento. “L’accelerazione verso una rapida attuazione e una più ampia applicazione della tecnologia dell’idrogeno sostenibile è in grado di contribuire alla competitività economica dell’Unione dell’energia”, si legge nel documento.

Per l’Italia era presente il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Davide Crippa che, a margine dell’incontro ministeriale, ha affidato a twitter le sue impressioni “È uno strumento molto importante. […] bisogna lavorare affinchè l’idrogeno possa essere un vettore per accumulare energia e per gestire le rinnovabili quando c’è un eccesso di produzione”Anche il governo italiano sposa dunque l’Hydrogen Initiative ricordando come sia necessario, oggi più che mai, “uno sforzo politico comune” per diffondere sfruttare e diffondere le potenzialità di questa tecnologia. “Il documento che abbiamo appena siglato nasce da questa esigenza – aggiunge Crippa –. Sono fiducioso che l’idrogeno possa fornire un contributo fondamentale alla transizione e che l’Italia possa fare la sua parte con i propri centri di ricerca e le aziende già attive da tempo in questo settore.”

All’ordine del giorno dei Ventotto anche i progressi compiuti sul “Pacchetto Energia pulita”. “La conclusione di questo pacchetto è una priorità chiave della politica energetica della nostra presidenza”, ha aggiunto Köstinger. “La Presidenza bulgara ha svolto un gran lavoro di base con il completamento dei tre dossier sulle energie rinnovabili, l’efficienza energetica e la governance. Ci ha dato dei passi fondamentali, e sono fiducioso che riusciremo a completare questo storico pacchetto”.

fonte: www.rinnovabili.it

Sacchetti per frutta e verdura, Spar sperimenta le retine



















L’insegna austriaca introduce a Vienna, ma a breve in tutto il paese, retine riutilizzabili al posto dei sacchetti di plastica nel reparto ortofrutta


Mentre in Italia la telenovela sull’introduzione degli ormai famosi sacchetti bio a pagamento nel reparto ortofrutta non è ancora terminata e attende, come prossima puntata, la disposizione ufficiale da parte del Ministero della Salute dopo l’ultimo parere del Consiglio di Stato, altrove si continuano a sperimentare soluzioni completamente alternative all’utilizzo dei sacchetti di plastica nel reparto ortofrutta.

Spar, nota insegna della grande distribuzione austriaca ha deciso introdurre la vendita e l’utilizzo di retine riutilizzabili per confezionare frutta e verdura: una novità per ora disponibile solo a Vienna nei supermercati Spar e Interspar, ma che a partire da maggio verrà estesa in tutti i punti vendita del paese.

Le retine sono trasparenti, in poliestere, lavabili a 30 gradi e riutilizzabili: vengono vendute in confezioni da 4 pezzi a 1,49 euro. Come capienza possono arrivare a contenere sino a 8 mele ed essere chiuse con un cordino: inoltre hanno anche una parte in panno cucita laterlamente sulla quale è possibile attaccare l’etichetta con il prezzo dei frutti e ortaggi pesati sulla bilancia.

Secondo la catena di supermercati austriaca questa è la soluzione migliore per rispettare realmente l’ambiente, anche rispetto ai sacchetti di carta o quelli in bioplastiche, sacchetti che si sarebbero rivelati secondo Spar poco pratici: a partire dal sesto utilizzo le retine consentirebbero, invece, di ridurre realmente l’emissione di CO2rispetto ai tradizionali sacchetti di plastica.

Spar non è la prima insegna a testare retine riutilizzabili nel reparto ortofrutta: questa soluzione, infatti, è già stata presa da Rewe in Germania e da Coop in Svizzera.


fonte: http://www.myfruit.it