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Stop pesticidi, lettera aperta di “Salviamo le api” ai decisori italiani. Firmiamo l’appello europeo

 



L’agricoltura europea sta raggiungendo un vicolo cieco. Le politiche agricole che erano orientate unilateralmente verso l’aumento dei raccolti incrementando l’uso di prodotti chimici tossici hanno portato l’ecosistema sull’orlo del collasso. Le conseguenze per la natura sono disastrose: api, farfalle e altri insetti stanno scomparendo dai nostri paesaggi e uccelli precedentemente diffusi hanno smesso di cantare nei nostri campi. I nostri torrenti e fiumi vengono inquinati e siamo esposti a un cocktail quotidiano di pesticidi sintetici attraverso il nostro cibo. L’eliminazione graduale dei pesticidi sintetici è quindi il prerequisito fondamentale e la leva più forte per la transizione dall’attuale modello agricolo ad alta intensità di input a un modello di miglioramento della biodiversità basato su cicli naturali.

Le associazioni italiane aderenti all’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) “Salviamo Api e Agricoltori” hanno inviato una lettera ai decisori politici per ricordare gli impegni dell’Italia per la riduzione dell’uso dei pesticidi. La Commissione Europea ha fissato col Green Deal l‘obiettivo di ridurre l’uso dei pesticidi del 50% entro il 2030. Ma questo obiettivo è sotto attacco da parte dell’industria, di lobby e corporazioni. Nella lettera – ricorda Help Consumatori – le associazioni sostengono che «la biodiversità, in particolare quella delle api e di altri impollinatori negli ecosistemi agricoli, è in drastico calo sia in Italia che in Europa e nel mondo. E sottolineano che una delle cause di questo declino è proprio l’uso dei 
 pesticidi chimici in agricoltura.

L’appello di Salviamo le api a cui hanno aderito decine di associazioni

Nel testo, la coalizione composta da decine di associazioni, chiede dunque ai decisori politici «di assumere posizioni ed iniziative coraggiose e lungimiranti per rafforzare gli obiettivi delle due Strategie UE “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030”.Bisogna adottare piani e programmi nazionali coerenti, recuperando i gravi ritardi nell’aggiornamento del Pan pesticidi, nella redazione del Piano strategico nazionale della PAC post 2023 e nell’approvazione della Legge nazionale per l’agricoltura biologica. Tutti strumenti indispensabili per proteggere gli impollinatori, l’agricoltura, l’ambiente e la salute dei cittadini».

Il coordinamento italiano di “Salviamo le api ” ricorda, nella lettera inviata ai ministri e ai decisori competenti in materia di regolamentazione dell’uso dei pesticidi, che «il Piano di azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari è scaduto nel febbraio 2018 e il nuovo testo presentato per la consultazione pubblica nel 2019 è stato superato dagli obiettivi delle Strategie UE “Farm to Fork” e “Biodiversità” che indicano il traguardo della riduzione del 50% dell’uso dei pesticidi in Europa entro il 2030».
“Salviamo le api e gli agricoltori” il logo della petizione

La petizione “Salviamo le api e gli agricoltori” – continua Help Consumatori – si può firmare fino a giugno. Se l’ICE avrà successo raccogliendo 1 milione di firme, la Commissione Europea sarà legalmente tenuta ad esaminare le richieste avanzate e proporre atti legali vincolanti per gli Stati membri per l’implementazione degli obiettivi delle Strategie UE “Farm to Fork” e “Biodiversità”. Oltre 533 mila cittadini europei (di cui 20 mila italiani) hanno sottoscritto l’ICE “Salviamo Api e Agricoltori”, sostenuta da oltre 250 organizzazioni in tutta Europa, e la raccolta di firme continuerà fino al prossimo mese di giugno. L’eliminazione graduale dei pesticidi sintetici è quindi il prerequisito fondamentale e la leva più forte per la transizione dall’attuale modello agricolo ad alta intensità di input a un modello di miglioramento della biodiversità basato su cicli naturali

La raccolta delle firme è importante per sollecitare gli Stati membri dell’Unione Europea ad elaborare Piani d’Azione Nazionali con obiettivi concreti per ridurre significativamente l’uso di pesticidi nei prossimi anni e trasformare l’obiettivo del 50% di riduzione dell’uso di pesticidi fissato dalle strategia “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030” in una norma vincolante per i Governi nazionali. Per firmare clicca qui.

fonte: www.ilfattoalimentare.it


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In cauda venenum


Il confinamento pandemico ci ha proibito le grandi e belle tavolate, ma c’è da augurarsi che almeno nell’intimità i pranzi e le cene natalizi non siano mancati. Molte saranno le persone preoccupate per le sentenze che generalmente dopo le feste emettono le bilance. Almeno altrettanto dovrebbero esserlo, però, per la quantità di pesticidi assunti, quasi sempre a fine pasto, soprattutto con la frutta: il veleno è nella coda, con puntuale riferimento all’incolpevole scorpione, recita una nota locuzione latina. Non si tratta, naturalmente, di colpevolizzare chi mangia qualche mandarino di troppo ma di segnalare, ancora una volta, le responsabilità del modello imperante di agricoltura intensiva e di ricordare, per fare solo un esempio, che l’Italia ha incredibilmente posticipato la messa al bando del glifosato al 2022. I dati che ha reso noti nei giorni scorsi la campagna Stop Pesticidi di Legambiente sono pessimi: solo il 52% dei campioni analizzati sono privi di tracce di pesticidi e i numeri peggiori riguardano proprio la frutta. L’89,2% dell’uva da tavola e l’85,9% delle pere contiene almeno uno di quei residui che, cumulati, possono favorire l’insorgere di asma allergica e di altre malattie respiratorie che possono creare un quadro nefasto sempre, ma particolarmente rischioso in periodi come questi. Liberare l’agricoltura dalla dipendenza della chimica è più necessario e urgente che mai

foto tratta da Pixabay

Il dossier Stop Pesticidi, elaborato da Legambiente e presentato questa mattina nella diretta streaming trasmessa su www.legambiente.it, http://agricoltura.legambiente.it, www.lanuovaecologia.it e sui rispettivi canali social e realizzato in collaborazione con Alce Nero, ci dice che i pesticidi più diffusi negli alimenti in Italia sono Boscalid, Dimethomorph, Fludioxonil, Acetamiprid, Pyraclostrobin, Tebuconazole, Azoxystrobin, Metalaxyl, Methoxyfenozide, Chlorpyrifos, Imidacloprid, Pirimiphos-methyl e Metrafenone. Sono per la maggior parte fungicidi e insetticidi utilizzati in agricoltura che arrivano sulle nostre tavole e che, giorno dopo giorno, mettono a repentaglio la nostra salute. I consumatori stanno chiedendo prodotti sempre più sani e sostenibili ma il business dell’agricoltura intensiva sembra non voler cedere il passo. L’edizione 2020 del rapporto dell’associazione ambientalista fotografa una situazione che vede risultare regolare e privo di residui di pesticidi solo il 52% dei campioni analizzati. Senza dubbio, un risultato non positivo e che lascia spazio a molti timori in merito alla presenza di prodotti fitosanitari negli alimenti e nell’ambiente. Analizzando nel dettaglio i dati negativi, si apprende che i campioni fuorilegge non superano l’1,2% del totale ma che il 46,8% di campioni regolari presentano uno o più residui di pesticidi.

Cattive notizie anche in merito alla quantità di residui derivanti dall’impiego di prodotti fitosanitari in agricoltura: i laboratori pubblici regionali ne hanno trovato traccia in campioni di ortofrutta e prodotti trasformati in elevata quantità. Preoccupanti inoltre i dati del multiresiduo, che – è bene ricordarlo – la legislazione europea non considera non conforme a meno che ogni singolo livello di residuo non superi il limite massimo consentito, benché sia noto da anni che le interazioni di più e diversi principi attivi tra loro possano provocare effetti additivi o addirittura sinergici a scapito dell’organismo umano. Proprio il multiresiduo risulta essere più frequente del monoresiduo, essendo stato rintracciato nel 27,6% del totale dei campioni analizzati, rispetto al 17,3% dei campioni con un solo residuo.

Pixabay

Come negli anni passati, la frutta è la categoria in cui si concentra la percentuale maggiore di campioni regolari multiresiduo. Ad essere privo di residui di pesticidi è solo il 28,5% dei campioni analizzati, mentre l’1,3% è irregolare e oltre il 70%, nonostante sia considerato regolare, presenta uno o più residui chimici. L’89,2% dell’uva da tavola, l’85,9% delle pere, e l’83,5% delle pesche sono campioni regolari con almeno un residuo. Le mele spiccano con il 75,9% di campioni regolari con residui e registrano l’1,8% di campioni irregolari. Alcuni campioni di pere presentano inoltre fino a 11 residui contemporaneamente. Situazione analoga per il pompelmo rosso e per le bacche di goji che raggiungono quota 10 residui. Diverso il quadro per la verdura: se, da una parte, si registra un incoraggiante 64,1% di campioni senza alcun residuo, dall’altro fanno preoccupare le significative percentuali di irregolarità in alcuni prodotti come i peperoni in cui si registra l’8,1% di irregolarità, il 6,3% negli ortaggi da fusto e oltre il 4% nei legumi. Tali dati, se analizzati in riferimento alla media degli irregolari per gli ortaggi, che è dell’1,6%, destano preoccupazione. Ad accomunare la gran parte delle irregolarità è il superamento dei limiti massimi di residuo consentiti per i pesticidi (54,4%) ma non mancano casi in cui è stato rintracciato l’utilizzo di sostanze non consentite per la coltura (17,6%). Nel 19,1% dei casi, poi, sono presenti entrambe le circostanze. Le sostanze attive che più hanno determinato l’irregolarità sono l’organofosforico Chlorpyrifos nell’11% dei casi e il neonicotinoide Acetamiprid nell’8% dei casi. Altro dato da sottolineare è la presenza di oltre 165 sostanze attive nei campioni analizzati. L’uva da tavola e i pomodori risultano quelli che ne contengono la maggior varietà, mostrando rispettivamente 51 e 65 miscele differenti.

Tra i campioni esteri, la Cina presenta il tasso di irregolarità maggiore (38%), seguita da Turchia (23%) e Argentina (15%). In alcuni di questi alimenti non solo sono presenti sostanze attive irregolari, ma anche un cospicuo numero di multiresiduo. È il caso, ad esempio, di un campione di bacca di goji (10 residui) e di uno di tè verde (7 residui), entrambi provenienti dalla Cina. Degno di nota è anche un campione di foglie di curry proveniente dalla Malesia nel quale, su 5 residui individuati, 3 sono irregolari. Sul fronte dell’agricoltura biologica, su 359 campioni analizzati 353 risultano regolari e senza residui, ad eccezione di un solo campione di olive, di cui però non si conosce l’origine. Non è quindi possibile, allo stato attuale, sapere se l’irregolarità è da imputare a una contaminazione accidentale, all’effetto deriva o a un uso illegale di fitofarmaci. L’ottimo risultato è ottenuto, tra le altre cose, grazie all’applicazione di ampie rotazioni colturali e pratiche agronomiche preventive, che contribuiscono a contrastare lo sviluppo di malattie e a potenziare la lotta biologica tramite insetti utili nel campo coltivato.

foto Pixabay

“Serve una drastica diminuzione dell’utilizzo delle molecole di sintesi in ambito agricolo, grazie a un’azione responsabile di cui essere tutti protagonisti – ha dichiarato Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente -. Per capire l’urgenza di questa transizione, si pensi alla questione del glifosato, l’erbicida consentito fino al 2022, nonostante il 48% degli Stati membri dell’Ue abbia deciso di limitarne o bandirne l’impiego per la sua pericolosità; l’Italia inizi dalla sua messa al bando. Inoltre, per diminuire la chimica che ci arriva nel piatto è necessario adeguare la normativa sull’uso dei neonicotinoidi, seguendo l’esempio della Francia che da anni ha messo al bando i 5 composti consentiti dall’Ue, e approvare al più presto il nuovo Piano di Azione Nazionale sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari”.

“Occorre liberare l’agricoltura dalla dipendenza dalla chimica – ha aggiunto il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – per diminuire i carichi emissivi e favorire un nuovo modello, che sposi pienamente la sostenibilità ecologica come asse portante dell’economia made in Italy, diventando un settore strategico per il contrasto della crisi climatica. Riteniamo anche necessaria una svolta radicale delle politiche agricole dell’Unione, con una revisione della Politica Agricola Comune che superi la logica dei finanziamenti a pioggia e per ettaro per trasformarsi in sostegno all’agroecologia e a chi pratica agricoltura sostenibile e biologica. Le risorse europee, comprese quelle del piano nazionale di ripresa e resilienza, vanno indirizzate all’agroecologia, in modo da accelerare la transizione verso una concreta diminuzione della dipendenza dalle molecole pericolose di sintesi, promuovendo la sostenibilità nell’agricoltura integrata e in quella biologica come apripista del modello agricolo nazionale, con l’obiettivo di giungere in Italia al 40 % di superficie coltivata a biologico entro il 2030”.

Legambiente torna a chiedere che l’Italia allinei le sue politiche al Green deal e a quanto previsto dalle strategie europee Farm to fork e Biodiversità che ambiscono a ridurre entro il 2030 del 50% l’impiego di pesticidi, del 20% di fertilizzanti, del 50% di antibiotici per gli allevamenti, destinando una percentuale minima del 10% di superficie agricola ad habitat naturali. Ritiene, inoltre, strategico approvare la legge sull’agricoltura biologica, ferma al Senato della Repubblica, come strumento per sostenere il settore. Altro aspetto da non trascurare è quello dell’etica del cibo e della legalità: se gli alimenti devono essere sani, lo deve essere anche il lavoro che li produce così come sono rilevanti i rischi per la salute dei braccianti non regolarizzati derivanti dall’esposizione diretta ai pesticidi, in assenza dei più elementari dispositivi di protezione individuale previsti dalla normativa vigente. Per questo è importante attuare misure specifiche rispetto al fenomeno del caporalato, sia attraverso politiche di prevenzione che di controllo e vigilanza e di assistenza, reintegrazione e inserimento socio-lavorativo dei braccianti sfruttati e approvare con la massima urgenza la normativa contro le aste al doppio ribasso di prodotti agroalimentari da parte della grande distribuzione.

Nota metodologica dossier Stop pesticidi

Il dossier di Legambiente Stop Pesticidi riporta i dati elaborati nel 2019 dai laboratori pubblici italiani accreditati per il controllo ufficiale dei residui di prodotti fitosanitari negli alimenti. Tali strutture hanno inviato i risultati di 5.835 campioni di alimenti di origine vegetale, di provenienza italiana ed estera, genericamente etichettati dai laboratori come campioni da agricoltura non biologica. L’elaborazione dei dati prevede la loro distinzione in frutta, verdura, trasformati e altre matrici.

fonte: comune-info.net


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Lanciano campagna contro l’uso di pesticidi nella produzione di mele in Alto Adige, trascinati in tribunale per diffamazione due attivisti




’Alto Adige è una distesa infinita di meleti: ettari ed ettari di terreno coltivati a mele. Ma per combattere insetti nocivi, parassiti, erbacce e funghi patogeni, la stragrande maggioranza dei coltivatori agricoli utilizza pesticidi (e non solo per le mele, ma anche per il vino, la cui produzione in tutto il Trentino Alto Adige è altrettanto elevata). Tutto normale? Non proprio. È per questo che due attivisti hanno denunciato il massiccio impiego di fitofarmaci. E – paradosso – sono stati trascinati in una causa per diffamazione.

Tutto è cominciato quando l’Umweltinstitut München, l’Istituto per l’Ambiente di Monaco di Baviera, nel 2017, realizzò una campagna informativa dal titolo “Pestizidtirol” per sensibilizzare l’opinione pubblica sul largo uso di pesticidi in Alto Adige ed espose per qualche giorno un manifesto di denuncia nella fermata della metropolitana di Monaco di Karlsplatz.

Portavoce della campagna era Karl Bär, responsabile delle politiche agricole e commerciali dell’Istituto Bavarese. Sempre in quell’anno, poi, l’autore Alexander Schiebel pubblicò il libro Das Wunder von Mals (Il miracolo di Malles), la cittadina dell’Alto Adige/Südtirol che nel 2014 indisse un referendum per mettere al bando una serie di pesticidi.

Di fatto, in Alto Adige sono oltre 18 mila gli ettari di terreno agricolo utilizzati per la melicoltura. Ogni anno vengono raccolte più di 900mila tonnellate di mele (nel 2017 sono stati raccolti 9.107.670 quintali di mele, secondo dati ASTAT, Istituto provinciale di statistica), quasi la metà della produzione italiana e circa il 10% di quella dell’Unione europea. Secondo recenti dati Istat, inoltre, solo nella Provincia Autonoma di Bolzano la vendita di pesticidi in rapporto alla superficie trattabile supera di oltre sei volte la media nazionale.

La mossa di Karl Bär e di Alexander Schiebel non è evidentemente piaciuta all’assessore all’agricoltura della Provincia Autonoma di Bolzano, Arnold Schuler, che li ha così denunciati per diffamazione (insieme all’assessore ci sono più di mille agricoltori locali). I due attivisti sono insomma “colpevoli” di avere denunciato il largo impiego di pesticidi nei meleti altoatesini e i conseguenti rischi per la salute e l’ambiente.

Il processo si terrà al tribunale provinciale di Bolzano il prossimo 15 settembre. Bär e l’Istituto per cui lavora denunciano che questo è un “attacco alla libertà di espressione” e una “strategia sempre più comune in Europa per mettere il bavaglio a giornalisti e attivisti”.

Forza Karl, lottare contro i rischi ormai ben noti dei pesticidi ti fa onore. D’altronde, perché coltivare e mettere in vendita mele trattate con sostanze potenzialmente tossiche se esistono metodi altrettanto validi basati sull’agricoltura naturale?

fonte: www.greenme.it

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Liberiamoci dai pesticidi





















Nasce all’insegna di un orizzonte condiviso di rispetto per l’ambiente e tutela della salute la partnership tra la rete europea delle Città Libere dai Pesticidi e l’Associazione Comuni Virtuosi.

Le Città Libere dai Pesticidi sono un network europeo nato da PAN Europe(ONG con base a Bruxelles) con l’obiettivo di creare una piattaforma di comuni che hanno deciso di vietare l’uso dei pesticidi chimici nelle aree verdi destinate ai cittadini, come parchi urbani, aiuole, cimiteri, campi sportivi.

“Il nostro impegno per contrastare l’uso dei pesticidi va avanti dal lontano 1987 e negli anni è cresciuta la consapevolezza da parte dei cittadini europei dei pericoli derivanti dall’esposizione ai pesticidi, soprattutto per i soggetti più vulnerabili, come bambini e nascituri. Da questa consapevolezza è nata la Rete delle Città Libere dai Pesticidi, che conta circa cinquanta comuni italiani, tra capoluoghi di provincia e piccoli borghi. Una rete per scambiarsi buone pratiche, per avere visibilità europea, per formarsi e informarsi sulle pratiche sostenibili nella gestione del verde urbano” – dice Michela Bilotta, coordinatrice del progetto per l’Italia.

L’Associazione nazionale dei Comuni Virtuosi è una rete di Enti locali, che opera a favore di una gestione sostenibile dei propri territori, sperimentando buone pratiche attraverso l’attuazione di progetti concreti legati alla gestione del territorio, all’efficienza e al risparmio energetico, a nuovi stili di vita e alla partecipazione attiva dei cittadini.

“Il nostro è un impegno che si articola in svariate iniziative, campagne e attività in favore dell’ambiente, pertanto, quando abbiamo proposto al nostro direttivo di entrare a far parte della rete delle Città Libere dai Pesticidi l’idea è stata accolta con entusiasmo. Questo passaggio, infatti, si colloca in linea con la nostra politica e rappresenta un ulteriore passo verso la direzione della sostenibilità” – dice Elena Carletti, presidente di Comuni Virtuosi.

La partnership nasce dalla volontà di collaborare fattivamente per migliorare la qualità della vita dei cittadini e per proteggere la biodiversità dei territori. Questo particolare momento storico ha contribuito a diffondere la consapevolezza di quanto sia delicato l’equilibrio che lega l’uomo alla natura e sulle conseguenze disastrose che la rottura di questo equilibrio può determinare. Il momento è più che ormai opportuno per rivedere i nostri stili di vita e preferire, anche nelle scelte di viaggio, località sostenibili e pesticide free, per scoprire o riscoprire le tante bellezze naturali vicino a noi, i prodotti tipici dei territori e per esperire il potere benefico della natura sul nostro benessere mentale e fisico.

“Nella scelta della propria destinazione di vacanza, sapere che il luogo che ci ospita non utilizza pesticidi chimici è un forte attrattore, soprattutto per le famiglie con bambini, più vulnerabili all’esposizione ai pesticidi” – aggiunge Michela Bilotta.

Le prossime iniziative vedono la rete delle Città Libere dai Pesticidi e i comuni aderenti impegnati in diverse iniziative: un webinar sulla gestione del verde urbano, l’ampliamento della rete a livello internazionale (di cui fanno parte anche capitali europee come Tallin e Zagabria), l’organizzazione di un evento al Parlamento europeo per consentire ai comuni di confrontarsi con gli eurodeputati delle commissioni Agricoltura e Ambiente. Un accordo, dunque, quello tra Città Libere dai Pesticidi e Comuni Virtuosi che si preannuncia proficuo, fattivo e prolifico di iniziative, a testimonianza di come anche dai momenti difficili possano nascere grandi opportunità di cambiamento.

fonte: https://comunivirtuosi.org


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Report EFSA: per le associazioni ambientaliste e del biologico è un maldestro tentativo di assoluzione dei pesticidi e dell’attuale modello di agricoltura non più sostenibile




















Dichiarazione di ISDE, WWF, Legambiente, FederBio, Slow Food, Apab, Aiab, Lipu, Pro Natura

Le scorse settimane è stato pubblicato un rapporto di EFSA (l’agenzia europea che si occupa della sicurezza alimentare) dal titolo “Cumulative dietary risk characterisation of pesticides that have chronic effects on the thyroid”.

Il report, riguardante i risultati di due studi pilota retrospettivi su rischi per la salute umana da esposizione cumulativa a multiresiduo di pesticidi per via alimentare, è giunto alla rassicurante conclusione che da tale esposizione non vi sarebbero conseguenze negative per alcuni effetti cronici sulla tiroide e per due effetti acuti sul Sistema Nervoso Centrale (gli unici indagati)

Lo studio affronta un problema di cruciale importanza per la salute pubblica, data la presenza di residui di uno o più pesticidi nel 40.6% degli alimenti, come riportato da EFSA in un report del 2018, in cui però non si faceva distinzione fra multiresiduo e singolo residuo. Dagli ultimi controlli eseguiti in Italia il multiresiduo è in aumento, sono presenti più di un pesticida nel 40% dei campioni di frutta e nel 15% delle verdure, con un massimo di 9 diversi pesticidi nelle fragole e 6 nell’uva da tavola.

Le associazioni ISDE, WWF, Legambiente, FederBio, Slow Food, Apab, Aiab, Lipu e Pro Natura ritengono che questo report dell’EFSA sia solo un esercizio di tipo matematico-statistico, costruito su un modello gravemente lacunoso, in cui si è ricercato solo quello che a priori era prevedibile non trovare, senza invece indagare su ciò che la comunità scientifica da tempo segnala. Per le Associazioni il report di EFSA è un grande “castello di carta”, le cui rassicuranti conclusioni non possono essere in alcun modo condivise. Esistono, infatti, numerose criticità sia di ordine generale che metodologico bene evidenziate nel documento di analisi prodotto dalle stesse Associazioni ambientaliste: Considerazioni sul report EFSA “Cumulative dietary risk characterisation of pesticides that have chronic effects on the thyroid”.

“Il report appare, più che uno studio finalizzato a tutelare la salute pubblica, un maldestro tentativo di assoluzione dei pesticidi e dell’attuale modello agricolo dipendente dalle sostanze chimiche di sintesi – dichiarano le Associazioni – la presenza di multiresiduo negli alimenti rappresenta un problema di grande rilievo per la salute pubblica ed è fonte di preoccupazione nella comunità scientifica e nella società civile, specie per gli effetti sulle componenti più sensibili della popolazione come i bambini, anche perché si assiste ad un aumento della percentuale di campioni con multiresiduo e del numero dei pesticidi presenti”.

Le Associazioni evidenziano inoltre che “la letteratura dispone ormai di consolidate conoscenze che attestano i vantaggi per la salute derivanti da una alimentazione biologica il cui incremento comporta riduzione nella incidenza di infertilità, malformazioni, allergie, otite media, ipertensione in gravidanza, sindrome metabolica, elevato indice di massa corporea, linfomi non Hodgkin. La salute dell’uomo non si può disgiungere da quella degli ecosistemi del Pianeta e sempre più si afferma, anche nel mondo accademico un modello agricolo che rigetta l’uso della chimica e si fonda su un paradigma completamente diverso, quello dell’agricoltura biologica che è l’implementazione pratica dei principi dell’Agroecologia”

In definitiva con questo report, l’EFSA, ha perso una buona occasione per recuperare credibilità e riconquistare la fiducia dei cittadini europei, valori già pesantemente offuscati dalla vicenda glifosate e dai pesanti conflitti d’interesse che hanno caratterizzato il percorso autorizzativo dell’erbicida per il suo utilizzo fino al 2022.


CLICCA QUA PER SCARICARE IL DOCUMENTO COMPLETO 

fonte: www.isde.it


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La Corte dei Conti europea sull’uso dei pesticidi

Vari Stati membri hanno recepito in ritardo l’insieme delle disposizioni della direttiva sull’uso sostenibile dei pesticidi, mentre gli agricoltori sono ancora poco incentivati ad adottare metodi alternativi. In aggiunta, la Commissione europea non ha la possibilità, secondo la Corte, di monitorare con precisione gli effetti o i rischi dovuti all’uso di pesticidi




















La Corte dei Conti europea ha pubblicato la relazione “Uso sostenibile dei prodotti fitosanitari: limitati progressi nella misurazione e nella riduzione dei rischi”. La Corte presenta le proprie relazioni al Parlamento europeo e al Consiglio dell’UE, nonché ad altre parti interessate, come i parlamenti nazionali, i portatori di interesse del settore e i rappresentanti della società civile. In passato su queste pagine abbiamo parlato delle relazioni sull‘inquinamento atmosferico e sulla gestione dei rifiuti.
I prodotti fitosanitari (“pesticidi”) vengono utilizzati per proteggere le colture da organismi nocivi, parassiti e malattie. Comprendono insetticidi, fungicidi ed erbicidi, che possono esercitare pressioni sull’ambiente e comportare rischi per la salute umana. L’UE dispone dal 1991 di norme comuni per la loro autorizzazione e il loro utilizzo e, nel 2009, ha adottato la direttiva sull’uso sostenibile dei pesticidi.
La Corte ha verificato se l’azione dell’UE al riguardo abbia avuto un esito positivo.
Vari Stati membri dell’UE hanno recepito in ritardo la direttiva nel diritto nazionale e, nel 2012, sono state avviate procedure di infrazione nei confronti di due di essi. La Corte ha inoltre constatato che la Commissione europea non aveva debitamente verificato la completezza o l’esattezza del recepimento.



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Ad esempio, non tutti gli Stati membri avevano recepito nel diritto nazionale l’obbligo per gli agricoltori di applicare la difesa integrata. La Corte riconosce però che, a partire dal 2016, la Commissione ha intensificato gli interventi per far rispettare l’attuazione della direttiva sull’uso sostenibile dei pesticidi.
In linea con la direttiva, la difesa integrata è divenuta obbligatoria per gli agricoltori. Essa consiste nel ricorrere ai pesticidi solo se la prevenzione e altri metodi falliscono o non sono efficaci. Secondo la Corte, non sono però stabiliti criteri chiari o requisiti specifici che aiutino a rendere esecutivo questo obbligo e a verificarne il rispetto. Parallelamente, è stata creata una categoria di “prodotti fitosanitari a basso rischio”. A oggi, tuttavia, sono disponibili all’impiego solo 16 sostanze di questo tipo su 487 (3 %) e non sono sufficienti.
Nella relazione si osserva, inoltre, che gli agricoltori sono poco incentivati a ridurre la propria dipendenza dai pesticidi. In particolare – segnala la Corte – l’applicazione dei princìpi di difesa integrata non è prevista come condizione per percepire i pagamenti PAC (Politica Agricola Comune).
La Corte ha rilevato che le statistiche sulle sostanze attive e sul loro uso pubblicate dalla Commissione (Eurostat) non erano abbastanza dettagliate per essere utili. Né i dati forniti dagli Stati membri erano sufficientemente armonizzati o aggiornati.
Infine, gli indicatori nazionali per misurare i rischi e l’impatto che alcuni Stati membri hanno pur sviluppato non erano comparabili nell’intera UE. I tentativi iniziali della Commissione di sviluppare tali indicatori a livello UE non hanno avuto successo per la mancanza di dati pertinenti. I primi due indicatori di rischio a livello UE sono stati introdotti solo nel novembre 2019, dieci anni dopo l’adozione della direttiva, e nessuno dei due tiene conto del modo, del momento e del luogo in cui i pesticidi sono utilizzati. Alla Commissione, pertanto, manca ancora una solida base di dati concreti per stabilire se la direttiva abbia conseguito l’obiettivo dell’UE di rendere sostenibile l’uso dei pesticidi, conclude la Corte.
Poiché la Commissione europea sta attualmente valutando la legislazione in questo settore d’intervento a fronte della crescente preoccupazione manifestata dai cittadini e nelle aule parlamentari, la Corte raccomanda di:
  • verificare la difesa integrata a livello di azienda agricola;
  • consentire il collegamento della difesa integrata ai pagamenti a titolo della nuova PAC;
  • migliorare le statistiche sui prodotti fitosanitari;
  • sviluppare migliori indicatori di rischio.

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fonte: https://www.snpambiente.it

Isde: Coalizione di 90 associazione in 17 paesi europei lanciano raccolta firme ICE (Iniziativa Cittadini Europei) per vietare pesticidi, trasformare agricoltura e salvare natura

Lancio della grande campagna europea per vietare i pesticidi, trasformare l’agricoltura e salvare la natura, l’Associazione Medici per l’Ambiente- ISDE Italia tra le associazioni che raccoglieranno le firme nei prossimi 11 mesi per chiedere una normativa più severa per l’uso dei pesticidi


























Parte oggi ufficialmente la raccolta delle firme per una nuova Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) finalizzata ad eliminare gradualmente i pesticidi sintetici entro il 2035, sostenere gli agricoltori e salvare la natura.
ISDE Italia aderisce a questa iniziativa e parteciperà attivamente alla raccolta delle firme per chiedere anche in Italia una normativa più severa per l’uso dei pesticidi in agricoltura e in città, iniziando dalla revisione del Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari.
Se saranno raccolte almeno un milione di firme in sette Paesi membri dell’Unione Europea, entro settembre 2020, la Commissione e il Parlamento UE saranno tenuti a valutare entro tre mesi la possibilità di trasformare le richieste dei cittadini che hanno sottoscritto questa campagna in provvedimenti normativi e, in ogni caso, dovrà giustificare la sua decisione. [1]
La campagna dal titolo “Salviamo le Api! Protezione della biodiversità e miglioramento degli habitat degli insetti in Europa“. è promossa da una coalizione di 90 organizzazioni in 17 diversi paesi europei, con il supporto delle Associazioni degli agricoltori biologici. Queste Associazioni chiedono alla Commissione Europea di “adottare una legislazione più efficace per preservare e migliorare gli habitat degli insetti in quanto indicatori di un ambiente incontaminato”.
Numerosi appelli di scienziati, da ogni parte del mondo, chiedono ai decisori politici l’avvio e un adeguato sostegno alla transizione ecologica dell’economia per fermare il collasso della natura. Un quarto degli animali selvatici europei è gravemente a rischio di estinzione, mentre la metà dei siti naturali è in condizioni ecologicamente sfavorevoli e i servizi ecosistemici che dipendono dalla biodiversità si stanno deteriorando.  [2]
Nel frattempo, la sostenibilità economica delle aziende agricole in Europa viene compromessa da dinamiche di mercato che impongono agli agricoltori prezzi iniqui per i loro prodotti e dalla mancanza di un adeguato ed equo sostegno politico ed economico attraverso una PAC (Politica Agricola Comune), che premia le rendite fondiarie e modelli di produzione intensivi che inquinano le acque, i suoli e uccidono la natura. Nel frattempo le grandi imprese multinazionali dell’agrochimica impongono il rinnovo di autorizzazioni per l’uso di sostanze chimiche di sintesi pericolose per la nostra salute e per gli ecosistemi naturali, come nel caso del glifosate. Quattro milioni di piccole aziende agricole sono scomparse nell’UE tra il 2005 e il 2016. [3]
Questa Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) invita la Commissione europea a presentare proposte legislative finalizzate a:
  1. Ridurre gradualmente ed eliminare i pesticidi di sintesi: eliminare gradualmente l’80% delle sostanze chimiche di sintesi nell’agricoltura europea entro il 2030, a cominciare dai più pericolosi, affinché l’agricoltura diventi libera al 100% dai pesticidi entro il 2035.
  2. Ridare spazio alla Natura e fermare la perdita di biodiversità: ripristinare gli ecosistemi naturali nelle zone agricole affinché l’agricoltura diventi un fattore di recupero e non la principale causa della perdita di biodiversità in Europa.
  3. Sostenere gli agricoltori nella transizione ecologica del settore primario: riformare la Politica Agricola Comune dando priorità all’agricoltura su piccola scala, diversificata e sostenibile, promuovendo un rapido aumento delle pratiche agroecologiche e biologiche, la formazione e la ricerca scientifica indipendente per una agricoltura senza pesticidi e OGM.
Per il lancio dell’ICE per la tutela delle api e degli agricoltori le Associazioni promotrici e aderenti si sono mobilitate in tutta Europa:
Patrizia Gentilini, Responsabile Agricoltura di ISDE Italia ha dichiarato“Il prezzo che stiamo pagando per questa agricoltura di morte basata sulla chimica di sintesi è folle. Questi veleni distruggono non solo la fertilità dei suoli e la biodiversità, ma anche la nostra salute e soprattutto quella dei bambini e delle bambine. Questi veleni, presenti nel nostro corpo, sono causa di patologie cronico degenerative, quali cancro, obesità, diabete, infertilità, malattie cardiologiche, della tiroide e del sistema nervoso. E questi rischi si documentano anche per esposizione residenziale nei bambini in cui aumentano deficit cognitivi, autismo, malformazioni e tumori.  Il modello agricolo industriale è fallito, non possiamo più perdere tempo e dobbiamo imboccare la strada dell’agroecologia, l’unica strada che può ridare vita e salute al Pianeta e alle Persone”.
Helmut Burtscher, esperto di pesticidi e prodotti chimici di Global 2000/Friends of the Earth Austria ha dichiarato: “Solo un’agricoltura sostenibile e priva di pesticidi può garantire l’approvvigionamento alimentare delle generazioni presenti e future e fornire risposte alle crescenti sfide poste dal cambiamento climatico. Inoltre, contribuisce alla conservazione della biodiversità e riduce le emissioni di gas serra. Una politica agricola europea responsabile deve quindi promuovere l’ulteriore sviluppo di metodi agroecologici e sostenere gli agricoltori nella loro transizione verso una produzione senza pesticidi“. 
Veronika Feicht dell’Istituto per l’ambiente di Monaco di Baviera ha dichiarato: “Stiamo portando la lotta contro i pesticidi sintetici a livello europeo, dando ai cittadini di tutta Europa che chiedono un nuovo sistema agricolo la possibilità di esprimersi con una sola voce. I cittadini reclamano un sistema che non danneggi la biodiversità e gli ecosistemi, che non metta a dura prova la salute dei consumatori, ma che invece garantisca il sostentamento per api e agricoltori ed sia più sano per le persone. Con la nostra iniziativa ci impegniamo a fare di questo tipo di agricoltura una realtà in tutta Europa“. 
François Veillerette, direttore di Générations Futures, ha dichiarato: “Invitiamo i cittadini europei a sostenere massivamente questa iniziativa per una graduale rapida eliminazione di tutti i pesticidi sintetici nell’UE. Speriamo che milioni di persone si uniscano presto alle nostre richieste di vietare i pesticidi, trasformare l’agricoltura, sostenere gli agricoltori nella transizione e salvare la biodiversità“.
La campagna ICE è gestita da un’ampia alleanza di Associazioni ed organizzazioni della società civile che si occupano di ambiente, salute, agricoltura e apicoltura. Tra molte altre, le organizzazioni promotrici comprendono le reti europee Friends of the Earth Europe e Pesticide Action Network (PAN), nonché l’Istituto per l’ambiente di Monaco di Baviera, la fondazione Aurelia (Germania), Générations Futures (Francia) e GLOBAL 2000/Friends of the Earth Austria. In Italia parteciperanno attivamente alla raccolta delle firme per questa ICE, il WWF Italia, FederBio, ISDE Medici per l’Ambiente, l’Istituto Ramazzini di Bologna, il Comitato Marcia Stop Pesticidi, il Comitato NO Pesticidi dell’Emilia Romagna, la Rete Contadina.
NOTE
Le api e gli altri impollinatori sono indispensabili per preservare i nostri ecosistemi e la biodiversità. Fino a un terzo della nostra produzione alimentare e due terzi della frutta e della verdura che consumiamo quotidianamente dipendono dall’impollinazione da parte delle api e di altri insetti. Tuttavia, la loro stessa esistenza è minacciata dalla costante contaminazione da pesticidi e dalla perdita del loro habitat a causa dell’agricoltura industriale.
[3] Il rapido declino delle piccole aziende agricole e della fauna selvatica è profondamente radicato nel nostro attuale modello di produzione agroalimentare che si basa fortemente sull’agricoltura monoculturale su larga scala e sull’uso di pesticidi sintetici. A peggiorare le cose, l’UE finanzia attivamente questa forma di agricoltura attraverso la sua attuale agenda agropolitica e il suo sistema di sovvenzioni che favorisce la produzione di massa rispetto ad un’agricoltura su piccola scala ed ecologica.
fonte: https://www.isde.it

Slovenia: la storia di un successo nella difesa delle api grazie a un lungimirante piano del governo


C’è un paese che sta vincendo la sua guerra in difesa delle api: la Slovenia. E la sua situazione, da questo punto di vista, è talmente positiva, rispetto al disastro generalizzato del resto del mondo, che da molte parti si studia il modello sloveno, anche con esperienze sul campo, e si cerca di mettere a punto piani nazionali che possano ottenere gli stessi risultati.
Oggi in Slovenia ci sono circa 10.000 apicoltori, cioè 5 ogni mille abitanti, contro, per esempio, un tasso di 0,4 per mille negli Stati Uniti: anche solo questo numero dimostra che le api si trovano a proprio agio, in quel paese. E c’è molto di più.
A raccontare in che cosa consista il segreto degli alveari sloveni è Civil Eats, che dopo aver premesso che il paese ha una lunga tradizione, testimoniata anche dal fatto che la prima giornata mondiale delle api, istituita quest’anno dalle Nazioni Unite, è stata fissata il 20 maggio, data di nascita di Anton Jansa, considerato il fondatore della moderna apicoltura (vissuto tra il 1734 e il 1773), riassume i punti essenziali del piano pro-api messi in campo fino dai primi anni duemila.
Eccoli:
1. Nel 2002 il governo ha dichiarato la specie locale, l’ape della Carnia, specie protetta, e ha vietato l’introduzione di altre specie provenienti dall’estero se non dietro strettissimi controlli. Ciò ha avuto immediate ripercussioni sulla sensibilità dei cittadini e sul benessere delle api.
2. Negli anni seguenti, con l’intento di incoraggiare la diffusione di alveari sui tetti, nei giardini e dovunque vi fossero le giuste condizioni, sempre le autorità hanno istituito corsi gratuiti per apicoltori, in modo che gli aspiranti tali fossero in grado di allevare correttamente le api e riconoscere tempestivamente infezioni come quella da Varroa che, se non controllata e fermata, si diffonde con estrema rapidità da un alveare all’altro.
api alveari miele apicoltura3. Per contenere parassiti e infezioni, sempre il Governo ha deciso di distribuire gratuitamente i farmaci, qualora necessari, e di dare vita a un fondo specifico per rimborsare chi perda l’alveare a causa di una malattia.
4. Anche se in Slovenia il Colony Collapse Disorder, la complessa sindrome multifattoriale che causa la morte degli alveari, è quasi sconosciuta, non lo sono una delle cause, ovvero i pesticidi e i fitofarmaci usati in agricoltura. Per questo il Governo, dopo la morte di alcuni alveari avvenuta nel 2011, ha vietato numerosi pesticidi potenzialmente pericolosi, soprattutto della famiglia dei neonicotinoidi.
5. Per far sì che la legge e i numerosi regolamenti specifici siano rispettati, ha istituito squadre di ispettori specializzati e stabilito multe e sanzioni.
6. L’allevamento di api, inoltre, non riguarda solo le campagne, ma anche città come la capitale Lubiana. Per favorire le api urbane e i loro allevatori, il Governo ha approvato una specifica legge impone ai residenti di insediare solo specie vegetali che producano nettare come il castagno, i girasoli, il lime, le erbe aromatiche e così via.
7. Per evitare che vi siano alveari privati troppo grandi e, viceversa, favorire la nascita di molti piccoli alveari diffusi, una norma impone che ogni sito non possa averne più di dieci, e che ciascuno sia a un raggio di 400 metri di distanza dal successivo.
8. Nel perimetro delle città, inoltre, sono vietati erbicidi e pesticidi, fatto che comporta più spese e la necessità di estirpare meccanicamente molte erbe infestanti, ma che ripaga con la buona salute delle api.
9. Poiché la situazione delle api slovene è ormai nota in tutto il mondo, il paese incoraggia poi l’apiturismo, ovvero visite guidate ad alveari e aziende di lavorazione, organizza corsi per stranieri e promuove iniziative legate alla storia millenaria del rapporto tra uomo e api.
10.È infine importante la consapevolezza della popolazione: per questo il Governo organizza e paga corsi in almeno 200 scuole, per far sì che le api slovene stiano bene anche in futuro.
Come dimostra tutto ciò, lo sforzo per proteggere le api, che solo negli Stati Uniti sostengono un mercato da 15 miliardi di dollari legato all’impollinazione delle piante, deve essere corale, poliedrico e promosso a ogni livello dalle autorità statali, affinché tutta la popolazione ne faccia parte.
fonte: www.ilfattoalimentare.it