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Spazi verdi in città e benessere dell'infanzia

Una corretta pianificazione del verde costituisce una strategia di mitigazione da promuovere nelle nostre città, per renderle così più sane e sostenibili




Numerose ricerche hanno permesso di quantificare il beneficio ambientale che la vegetazione, con le sue diverse tipologie, offre alle nostre città, dalla rimozione di inquinanti atmosferici come PM10 e ozono (si veda la scheda RIAS Verde urbano e miglioramento della qualità dell'aria) alla mitigazione dell'isola di calore. Per questo è ormai riconosciuta come fondamentale la valorizzazione della rete di infrastrutture verdi nelle aree urbane; citiamo a titolo di esempio il modello delle green city che le inserisce tra gli obiettivi strategici della rigenerazione urbana e le indicazioni di ANCI che nel suo documento sulle linee guida per il Recovery Fund le definisce essenziali per un futuro più resiliente delle città.

Vale la pena ricordare qui il progetto Forestami, promosso tra gli altri dal Comune di Milano, che prevede la messa a dimora di 3 milioni di alberi entro il 2030, per pulire l’aria, migliorare la vita della città e contrastare gli effetti del cambiamento climatico. In Toscana, la Regione, in linea con quanto stabilito nel suo Piano regionale per la qualità dell’aria, ha destinato ai Comuni che presentano maggiore criticità dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico un bando che finanzia interventi di piantumazione di specie arboree e arbustive in ambito urbano.



La valorizzazione delle aree verdi è finalizzata al raggiungimento dello sviluppo sostenibile delle città, in linea anche con l’obiettivo 11 dell’Agenda 2030 “Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili”, e naturalmente del benessere e della salute dei cittadini che vi abitano.

Su quest’ultimo aspetto vale la pena soffermarci su una determinata fascia di popolazione, ovvero i bambini, che crescono sempre più in contesti urbani esposti a diversi fattori di rischio ambientale, subendone spesso il carico maggiore, insieme ad altre categorie fragili.

Ci piace citare a questo proposito il manifesto per “I diritti naturali dei bambini e delle bambine”, in cui l’educatore Gianfranco Zavalloni, alcuni anni fa, enucleava 10 concetti che ci possono far comprendere quanto le nostre città siano attualmente poco “adatte” al benessere dei bambini, siano cioè poco rispettose del loro bisogno di spazi aperti e natura:
Il diritto all’ozio, a vivere momenti di tempo non programmato dagli adulti
Il diritto a sporcarsi, a giocare con la sabbia, la terra, l'erba, le foglie, l'acqua, i sassi, i rametti
Il diritto agli odori, a percepirne il gusto, riconoscere i profumi offerti dalla natura
Il diritto al dialogo, ad ascoltatore e poter prendere la parola, interloquire e dialogare
Il diritto all’uso delle mani, a piantare chiodi, segare e raspare legni, scartavetrare, incollare, plasmare la creta, legare corde, accendere un fuoco
Il diritto ad un buon inizio, a mangiare cibi sani fin dalla nascita, bere acqua pulita e respirare aria pura,
Il diritto alla strada, a giocare in piazza liberamente, a camminare per le strade
Il diritto al selvaggio, a costruire un rifugio-gioco nei boschetti, ad avere canneti in cui nascondersi, alberi su cui arrampicarsi
Il diritto al silenzio, ad ascoltare il soffio del vento, il canto degli uccelli, il gorgogliare dell'acqua
Il diritto alle sfumature, a vedere il sorgere del sole e il suo tramonto, ad ammirare, nella notte, la luna e le stelle






















Ma perché la vita all’aperto, a contatto con la natura, aiuterebbe il benessere dei bambini anche e soprattutto nelle nostre città? La risposta, che WWF ci riassume nel suo decalogo “10 cose che non sai”, ovvero i benefici della natura sui bambini (vedi infografica a fianco che è possibile ingrandire), ci giunge da numerosi studi e sperimentazioni, come quella svolta in Inghilterra e raccontata nel report di Wildlife Trust Children and Nature: dopo aver trascorso del tempo in ambiente naturale, il 90% dei bambini partecipanti allo studio ha detto di aver imparato qualcosa di nuovo sulla natura, l’84% si ritiene capace di cose nuove, il 79% si è sentito più sicuro di sé. Ecco perché secondo Wildlife Trust, i bambini dovrebbero passare almeno un’ora al giorno imparando e giocando nella natura, per migliorare il loro benessere e la loro autostima.

Di quanto il contatto con l’ambiente naturale sia un fattore importante per il benessere psicofisico del bambino si è parlato in occasione di uno degli incontri del ciclo Mobilityamoci, dedicato alla mobilità scolastica sostenibile. Nel promuovere una mobilità attiva nei percorsi casa-scuola, è stata infatti citata la teoria del “restauro dell’attenzione” secondo cui l’ambiente aperto avrebbe un effetto positivo, riparatore, sulle capacità attentive del bambino, consentendo di prevenire e/o curare stati di stress o irritabilità: trascorrere del tempo in prossimità delle aree verdi cattura infatti l’attenzione spontanea, permettendo all’attenzione diretta di "riposare" e quindi "ripristinarsi".

In linea con questo aspetto riparatore delle aree verdi, ricordiamo il cosiddetto “disturbo pediatrico da deficit di natura”, definito per la prima volta da Richard Louv, giornalista e scrittore americano, nel 2005 e poi studiato e osservato da medici e ricercatori, che coinvolge proprio i bambini che vivono in agglomerati urbani e che non hanno contatti frequenti con ambienti verdi. Secondo questa teoria, stare in mezzo alla natura aiuterebbe a muoversi e socializzare in modo diretto e autentico, favorendo l’attività sportiva e la buona salute psicofisica, e la vegetazione, anche quella cittadina, migliorerebbe le qualità dell’aria respirata e anche solo la visione di un paesaggio verde costituirebbe un’immagine positiva a livello mentale.

















Per questa fascia di età, i benefici provenienti dal verde urbano possono toccare altre importanti sfere, come ad esempio lo sviluppo cognitivo. L'esposizione al verde e i suoi effetti benefici su diversi aspetti cognitivi e comportamentali sono stati analizzati attraverso alcuni studi di coorte, come quello condotto in Belgio, che ha mostrato come lo spazio verde residenziale possa essere utile per lo sviluppo intellettuale e comportamentale dei bambini che vivono nelle aree urbane, o quello svolto a Roma dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale, che ha associato l’esposizione al verde urbano ad un miglioramento nelle performance dei test riguardanti attenzione, concentrazione e ragionamento aritmetico.

Uno dei focus del progetto I primi 1000 giorni, finalizzato a capire in che modo l’ambiente e l’esposizione ad agenti inquinanti influiscano sui primi 1000 giorni del bambino, riguarda proprio il verde urbano, che, come abbiamo già accennato, svolge un ruolo importante di mitigazione nell’ambiente urbano, esercita un’azione di controllo della temperatura, della pioggia che cade al suolo e fornisce una barriera contro il rumore e l’inquinamento atmosferico.






















Il progetto intende dunque promuovere la corretta gestione e manutenzione del verde come misura di mitigazione da implementare, anche nelle scuole. Mettere a disposizione infatti dei cittadini, soprattutto giovanissimi, spazi per l’attività fisica e ricreativa, percorsi per spostarsi a piedi o in bicicletta, stimola la crescita della sensibilità ambientale e favorisce i contatti sociali. La mancata gestione e manutenzione del verde urbano, anche negli spazi scolastici, tra l’altro, può essere anche associata ad una maggiore prevalenza di piante allergizzanti, con effetti negativi nei soggetti più sensibili con asma o allergia, anche per la possibile interazione tra pollini e inquinamento atmosferico.

Chiudiamo richiamando con piacere alcuni dei consigli che il progetto I primi 1000 giorni propone sul suo sito Web, finalizzati a proteggere la salute dei bambini dai fattori di rischio ambientali:
Programmare attività fisica dei bambini in spazi verdi
Ricordare che il gioco con gli altri bambini in aree verdi favorisce anche la socializzazione e lo sviluppo psico-fisico
Limitare la frequentazione di parchi/giardini per bambini che sono affetti da patologie allergiche durante i periodi di fioritura.
In estate evitare attività all’aria aperta dalle 12 alle 18, quando i livelli di ozono sono più elevati.

fonte: www.arpat.toscana.it/

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Liberiamoci dai pesticidi





















Nasce all’insegna di un orizzonte condiviso di rispetto per l’ambiente e tutela della salute la partnership tra la rete europea delle Città Libere dai Pesticidi e l’Associazione Comuni Virtuosi.

Le Città Libere dai Pesticidi sono un network europeo nato da PAN Europe(ONG con base a Bruxelles) con l’obiettivo di creare una piattaforma di comuni che hanno deciso di vietare l’uso dei pesticidi chimici nelle aree verdi destinate ai cittadini, come parchi urbani, aiuole, cimiteri, campi sportivi.

“Il nostro impegno per contrastare l’uso dei pesticidi va avanti dal lontano 1987 e negli anni è cresciuta la consapevolezza da parte dei cittadini europei dei pericoli derivanti dall’esposizione ai pesticidi, soprattutto per i soggetti più vulnerabili, come bambini e nascituri. Da questa consapevolezza è nata la Rete delle Città Libere dai Pesticidi, che conta circa cinquanta comuni italiani, tra capoluoghi di provincia e piccoli borghi. Una rete per scambiarsi buone pratiche, per avere visibilità europea, per formarsi e informarsi sulle pratiche sostenibili nella gestione del verde urbano” – dice Michela Bilotta, coordinatrice del progetto per l’Italia.

L’Associazione nazionale dei Comuni Virtuosi è una rete di Enti locali, che opera a favore di una gestione sostenibile dei propri territori, sperimentando buone pratiche attraverso l’attuazione di progetti concreti legati alla gestione del territorio, all’efficienza e al risparmio energetico, a nuovi stili di vita e alla partecipazione attiva dei cittadini.

“Il nostro è un impegno che si articola in svariate iniziative, campagne e attività in favore dell’ambiente, pertanto, quando abbiamo proposto al nostro direttivo di entrare a far parte della rete delle Città Libere dai Pesticidi l’idea è stata accolta con entusiasmo. Questo passaggio, infatti, si colloca in linea con la nostra politica e rappresenta un ulteriore passo verso la direzione della sostenibilità” – dice Elena Carletti, presidente di Comuni Virtuosi.

La partnership nasce dalla volontà di collaborare fattivamente per migliorare la qualità della vita dei cittadini e per proteggere la biodiversità dei territori. Questo particolare momento storico ha contribuito a diffondere la consapevolezza di quanto sia delicato l’equilibrio che lega l’uomo alla natura e sulle conseguenze disastrose che la rottura di questo equilibrio può determinare. Il momento è più che ormai opportuno per rivedere i nostri stili di vita e preferire, anche nelle scelte di viaggio, località sostenibili e pesticide free, per scoprire o riscoprire le tante bellezze naturali vicino a noi, i prodotti tipici dei territori e per esperire il potere benefico della natura sul nostro benessere mentale e fisico.

“Nella scelta della propria destinazione di vacanza, sapere che il luogo che ci ospita non utilizza pesticidi chimici è un forte attrattore, soprattutto per le famiglie con bambini, più vulnerabili all’esposizione ai pesticidi” – aggiunge Michela Bilotta.

Le prossime iniziative vedono la rete delle Città Libere dai Pesticidi e i comuni aderenti impegnati in diverse iniziative: un webinar sulla gestione del verde urbano, l’ampliamento della rete a livello internazionale (di cui fanno parte anche capitali europee come Tallin e Zagabria), l’organizzazione di un evento al Parlamento europeo per consentire ai comuni di confrontarsi con gli eurodeputati delle commissioni Agricoltura e Ambiente. Un accordo, dunque, quello tra Città Libere dai Pesticidi e Comuni Virtuosi che si preannuncia proficuo, fattivo e prolifico di iniziative, a testimonianza di come anche dai momenti difficili possano nascere grandi opportunità di cambiamento.

fonte: https://comunivirtuosi.org


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Gli alberi che possono cambiare il volto (e l’aria) delle nostre città

Gli alberi sono fondamentali per ridurre le emissioni di CO2 e lo smog nelle grandi città. Uno studio del Cnr di Bologna, ha indicato le specie più adatte.















Dalle metropoli cinesi alle città europee, la maggior parte dei grandi centri urbani lotta da decenni col problema dell’inquinamento. C’è chi, come nel caso di Parigi, ha proposto un piano draconiano di riforma della mobilità, proponendo di bloccare in futuro l’accesso a tutte le auto più inquinanti. Ma per risolvere il problema c’è un altro elemento che risulta determinante: la quantità di superficie dedicata agli spazi verdi urbani. Puntare sul ruolo degli alberi in città è determinante non soltanto per migliorare la qualità dell’aria a livello locale, ma anche per lottare contro i cambiamenti climatici, cercando di centrare gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi.
Il verde, infatti, è fonte di benessere per tutti gli essere viventi, uomo compreso. Negli agglomerati urbani può svolgere svariate funzioni, dalla riduzione dell’effetto “isola di calore” con la conseguente riduzione della temperatura, alla riduzione degli agenti inquinanti, alla ben nota capacità di assorbimento della CO2 presente nell’atmosfera. Ma ci sono delle specie arboree più indicate, in particolare per quanto concerne i climi del Nord Italia, con caratteristiche fisiche e fisiologiche più marcate. Da preferire quindi nel caso di nuove piantumazioni. Eccone una selezione.

Gli alberi capaci capaci di assorbire lo smog

A redigere una sorta di lista è stato l’Istituto di Biometeorologia (Ibimet) del Cnr di Bologna, guidato dalla dottoressa Rita Baraldi. “Questo studio nasce da un progetto europeo Life+ in collaborazione con il comune di Bologna. L’obiettivo è stato di capire quali fossero le migliori piante da utilizzare in una città come Bologna”, spiega la dottoressa Baraldi. Per ogni specie è stata calcolata, in un ciclo di vita lungo 30 anni, la capacità di assorbimento della CO2 e la conseguente trasformazione in biomassa; la capacità di fissare elementi come benzene, ossidi di azoto, diossina e molte altre sostanze attraverso la cuticola e i peli fogliari. Zone che permettono agli alberi di svolgere un’azione disintossicante, perché capaci di metabolizzare gli inquinanti che compongono lo smog cittadino.
Inoltre, per ogni pianta è stata calcolata la capacità di formare composti volatili organici (i cosiddetti Voc, ovvero sostanze odorose percepite sia dall’uomo che dagli animali), in grado in questo caso di aumentare le concentrazioni di ozono atmosferico. Per queste specie si dovrebbe quindi limitarne la presenza, almeno per quanto riguarda aree densamente abitate.
“Abbiamo classificato le piante in base all’accumulo di CO2, ovvero più di 2 tonnellate in 30 anni, e all’interno di queste categorie abbiamo realizzato altre classificazioni per quanto riguarda la mitigazione degli inquinanti e del particolato”, continua la professoressa Baraldi. Ne è scaturita una lista indicativa, da prendere come spunto sia per le amministrazioni pubbliche, che per i cittadini.

Il Bagolaro (Celtis australis), l’albero che pulisce l’aria

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Un esemplare di bagolaro al Jardin Des Plantes di Parigi. © Chris Waits/Flickr
Pianta dal rapido accrescimento rapido, che può arrivare fino ai 20-25 metri di altezza. Presenta una capacità particolarmente sviluppata di immagazzinare il biossido di carbonio (3.660 kg in 20 anni) e di catturare e assorbire altri inquinanti.

L’olmo comune (Ulmus minor), per assorbire la CO2

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Un esemplare secolare di olmo comune. © Manuel/Flickr
Altro grande albero, dal portamento colonnare, può arrivare ai 30 metri di altezza. Anch’esso ha la capacità di trasformare in biomassa migliaia di chilogrammi di CO2, con una potenzialità di assorbimento degli inquinanti medio alta.

L’imponente frassino comune (Fraxinus excelsior)

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Un maestoso esemplare di frassino in aperta campagna. ©
AJC ajcann.wordpress.com/Flickr
Grande albero deciduo, che può superare i 30 metri di altezza. A rapido accrescimento in particolare nei primi anni, è capace di immagazzinare più di 3 tonnellate di CO2 in 30 anni. Anche questa è un’ottima piante per ridurre gli inquinanti.

Il tiglio selvatico (Tilia cordata), tipico dei centri urbani

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Un viale di tigli in autunno. © Pablo Flores/Flickr
Varietà di grandi dimensioni, è uno degli antenati del tiglio comune. Di grandi dimensioni, sono tipici delle città e dei giardini. Anche questa varietà è un’ottima cattura CO2 e ha un’elevata capacità di ridurre lo smog.

L’acero riccio (Acer platanoides) assorbe quasi 5 tonnellate di Co2 in 30 anni

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Un acero in un parco a Vancouver. © Wendy Cutler/Flickr
Albero a rapida crescita, ampio, che raggiunge i 25 metri di altezza. Ha un’elevata capacità di immagazzinare CO2 (4.807 kg in 30 anni).

Il maestoso cerro (Quercus cerri)

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Un bellissimo esemplare di cerro nel sud del Regno Unito. © Rockman of Zymurgy/Flickr
Grande albero della famiglia delle Fagacae, può arrivare anche ai 35 metri di altezza. Alti valori di assorbimento dell’anidride carbonica (4000 tonnellate), sia se piantumato in città che in un parco.

Il ginkgo (Ginkgo biloba), il “dinosauro” degli alberi

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Il gingko in autunno si colora di un giallo oro, creando paesaggi unici. © Luca Boldrini/Flickr
Unico esemplare sopravvissuto di un antico gruppo di piante ormai estinte. Si tratta di un dinosauro vivente. Dal ritmo di accrescimento lento, ha un’ottima capacità di ripulire l’aria e di assorbire la CO2.

Il tiglio nostrano (Tilia platyphyllos), alleato fedele delle città

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Un imponente esemplare di tiglio in tutta la sua maestosità.
Pianta a rapida crescita, molto utilizzata nei viali delle città e nei parchi. Anche questa specie ha alte capacità di riduzione dello smog cittadino.
fonte: www.lifegate.it