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Evitare l’usa e getta si può, se sai come farlo

I primi prodotti in plastica monouso sono arrivati sul mercato all’inizio del 1900 con le lamette Gillette e da quel momento non ne abbiamo più fatto a meno, con costi ambientali altissimi per la loro produzione e smaltimento. Le alternative però ci sono, e sono tantissime. A volte basta un semplice accorgimento















Avete mai pensato a quante volte al giorno usiamo prodotti monouso? Dai bicchieri di plastica, alle cannucce per le bevande, alla palettina per girare il caffè: i prodotti usa e getta sono parte integrante della nostra quotidianità. Il problema sono le enormi conseguenze sull’ambiente date dalla loro produzione e utilizzo. I primi prodotti in plastica monouso sono arrivati sul mercato all’inizio del Novecento con le lamette Gillette e da quel momento non ne abbiamo più fatto a meno, con costi ambientali altissimi per la loro produzione e smaltimento.

Secondo la Commissione Europea, il 70% dei rifiuti presenti in mare sono plastiche monouso, e tra i dieci oggetti in plastica più comunemente individuati nelle spiagge europee ci sono posate monouso, bottiglie, buste, contenitori di cibo. In Italia, ogni 100 metri fatti sulle spiagge del paese incontriamo 35 stoviglie di plastica (bicchieri, posate, cannucce) e 45 bottiglie. Dati che fanno capire la gravità della situazione e la necessità di dover cambiare le nostre abitudini: basta utilizzare stoviglie monouso che sembrano più comode.

Dalla creatività fatta in casa ai materiali sostenibili

E’ bene ricordare che il monouso, anche quello realizzato con materiale biodegradabile, dovrebbe essere sempre evitato: le risorse che servono per produrlo sono comunque sproporzionate rispetto all’utilizzo. Chi ama fare picnic o spuntini fuori casa, può sempre fare affidamento su stoviglie e contenitori lavabili e riutilizzabili. C’è poi la possibilità di utilizzare i classici barattoli vuoti della marmellata per portare con sé qualcosa da mangiare senza la necessità di utilizzare contenitori usa e getta. Nelle vostre case troverete sempre qualcosa di più resistente, meno nocivo alla salute e meno inquinante di prodotti in plastica usa e getta. Nel caso delle bottiglie d’acqua, l’alternativa per eccellenza è la borraccia.

In molti contesti però è difficile eliminare del tutto i prodotti monouso, come nella ristorazione, negli eventi e nelle mense. Esistono numerose alternative plastic-free tra cui poter scegliere ma è sempre importante tenere a mente anche la sostenibilità dei processi produttivi e le procedure per lo smaltimento successivo di questi materiali alternativi. Per bar e eventi una soluzione possibile per eliminare la plastica usa e getta è avere dei prodotti resistenti e riutilizzabili che possono essere forniti al cliente come un servizio. Un’alternativa già utilizzata in alcuni locali e durante eventi è il noleggio di bicchieri o boccali per la birra: questa strategia incentiva i clienti a non rompere il bene e ovviamente toglie dalla circolazione prodotti monouso. Nel caso della realtà PCUP, i bicchieri restituiti vengono sterilizzati e riutilizzati oltre 2000 volte.

fonte: economiacircolare.com


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In un anno 250 mila pasti ''plastic free'' nelle scuole di Poggibonsi

Il percorso di sostituzione dei monouso ha coinvolto gradualmente nel complesso oltre 2.000 utenti. Con un supplemento di lavori che si è svolto nelle ultime settimane è oggi completo




“Numeri importanti e di forte impatto anche in chiave di sostenibilità ambientale – spiega l’assessore alle Politiche educative Susanna Salvadori -. Nelle nostre scuole la plastica ha lasciato da tempo il posto al materiale biodegradabile e compostabile ovvero a piatti, bicchieri e posate in materbì. Due anni fa, nella fase di rinnovo dell’affidamento, è stato introdotto ulteriore salto di qualità legato alla progressiva dismissione dei monouso a favore delle stoviglie riutilizzabili. Questo percorso si è sviluppato gradualmente interessando tutti i plessi già alla fine del precedente anno scolastico. Con un supplemento di lavori che si è svolto nelle ultime settimane alla scuola Marmocchi il percorso è oggi completo”. In ogni scuola infatti l’introduzione di piatti in ceramica e di bicchieri di vetro è stata conseguente all’allestimento da parte del gestore dell’apposita zona con attrezzature per il lavaggio delle stoviglie, condizione necessaria per dismettere i monouso in materbì. Tale allestimento si è completato anche alla Marmocchi dove dalla prossima settimana il servizio mensa vedrà l’introduzione di questa novità nelle stoviglie.

Tutti i lavori rientrano nel progetto del gestore del servizio di refezione, CIR food, per come definito nel capitolato di gara. Un complesso di lavori realizzati con progettazione concordata con l’Amministrazione, dal valore di oltre 250mila euro che si sono avviati negli anni scorsi con la ristrutturazione della cucina comunale, con installazione di nuove attrezzature, lavori per la dispensa e realizzazione di spogliatoi e servizi per i dipendenti.

“Interventi strutturali che hanno portato a migliorare gli spazi e le attrezzature e che si sono accompagnati anche ad altre scelte e azioni. Una di queste è stata la graduale dismissione delle stoviglie monouso in tutte le scuole che è andata di pari passo con l’introduzione dei fontanelli e delle brocche che hanno consentito di dimettere le bottiglie di plastica”, ricorda l’assessore. I fontanelli presenti nei plessi poggibonsesi sono diciassette ed erogano acqua microfiltrata. Sono stati installati modelli a colonna e sotto lavello a seconda delle possibilità dei singoli refettori, uno per ogni scuola dell’infanzia e in numero variabile (legato al numero di studenti e studentesse) alle Marmocchi, alle Calamandrei, alle Vittorio Veneto e alle Pieraccini. La presenza di acqua in bottiglie ad oggi è legata ai soli asili nido (dove viene mantenuta) ed è funzionale alla sola emergenza in caso di malfunzionamento degli impianti. “Il percorso di migliore prosegue – chiude l’assessore - parallelamente ad altre azioni promosse sempre tenendo presenti aspetti del servizio che ci vedono impegnati nel percorso costante in seno al Comitato mensa. Gli obiettivi sono quelli di migliorare la qualità del servizio e di valorizzare la corretta alimentazione anche facendo sensibilizzazione e promozione sulle buone pratiche alimentari e ambientali”.

fonte: http://www.sienafree.it/

Riciclabile e compostabile sono sinonimi di sostenibile?



















Dopo decenni nei quali l’umanità sembrava convinta, a dispetto del buon senso e delle evidenze scientifiche, che le capacità della Terra di sostenere i nostri modelli di vita e consumo, e digerirne le scorie, fosse infinita, sembra finalmente giunto il momento della consapevolezza dei limiti della biosfera.
Stimolate dall’impatto mediatico di alcune emergenze, prima tra tutte quella della plastica negli oceani, moltissime campagne vengono lanciate in tutto il mondo da istituzioni, imprese, associazioni, per tentare di fermare lo tsunami di rifiuti che sta travolgendo la terra e i mari.
Norme, linee guida e buone pratiche sul tema ci dicono che i materiali a fine vita debbono essere prima ridotti, poi riutilizzati, in seguito riciclati e, solo in mancanza di alternative, portati a smaltimento. Purtroppo, in molti casi questo flusso virtuoso viene ignorato nelle sue parti fondamentali, ripetendo l’errore che, da sempre, azzoppa la comunicazione sulla gestione dei rifiuti: si discute, anche animati da buone intenzioni, su come liberarsene, dimenticando di chiedersi se tutti quelli che produciamo siano proprio inevitabili.
Come sempre, la discussione è in balìa di troppi interessi economici che, cantando le magnifiche sorti e progressive garantite dalla tecnologia, ad esempio le plastiche compostabili, vogliono mantenere e alimentare business intrinsecamente insostenibili. Solo per fare qualche esempio, l’acqua in bottiglia, le stoviglie usa e getta o il caffè in capsule. Spostandosi sui prodotti durevoli, non si può non ricordare l’impatto dell’obsolescenza programmata di molti prodotti tecnologici, o della diffusione del fast fashion, veri attentati alla salute del Pianeta, con implicazioni non trascurabili anche sul piano sociale ed economico.
Sia chiaro, avere individuato soluzioni in grado di limitare gli impatti dei nostri rifiuti è altamente positivo: se una bottiglia di plastica viene dispersa nell’ambiente, è ovviamente meglio che sia in grado, in tempi ragionevoli, di degradarsi senza lasciare pericolosi residui. Per evitare di cadere in un “paradosso di Jevons della bioplastica”, dobbiamo però ricordarci che quella bottiglia, benché compostabile, è pur sempre un rifiuto. Dopo l’uso dovrà essere raccolta, trasportata, stoccata, trattata, con notevole dispendio di risorse ed energia. Siamo proprio sicuri che sia “ecologica”, “sostenibile”, come recita l’etichetta che la ricopre? È indispensabile che le scelte politiche e i nostri stili di vita si evolvano velocemente verso abitudini che conosciamo da sempre: limitazione del packaging, uso di stoviglie riutilizzabili, incentivazione del vuoto a rendere.
Solo così potremo sperare di venire a capo del problema: con la consapevolezza che gli unici rifiuti davvero sostenibili sono quelli che non produciamo.
fonte: https://www.envi.info