Idrogeno in mare, la Germania inizia a fare sul serio
Il Governo tedesco pubblica l’ordinanza sull’assegnazione delle aree di produzione di energia nella zona economica esclusiva
La Germania è pronta a
Glifosato, stop in Germania dal 2024. Il piano per la protezione degli insetti diventa legge
Per cercare di arginare la scomparsa degli insetti, la Germania ha deciso di adottare diverse misure, come la protezione di ambienti naturali e strutture artificiali dove possono costruire nidi e procacciare cibo, ma anche la riduzione dell’inquinamento luminoso, che ne disturba i ritmi. Un altro gruppo di misure è volto a restringere e vietare l’uso di pesticidi ed erbicidi. Tra le sostanze cadute sotto la scure dei legislatori tedeschi c’è anche il glifosato, che dal 1° gennaio 2024 non potrà più essere utilizzato in Germania.
Nel corso dei due anni tra l’annuncio e l’approvazione, il piano ha provocato tensioni tra ministeri con competenze differenti, e forti scontri tra ambientalisti, favorevoli a regole molto restrittive, e agricoltori che temono contraccolpi economici. Per questo motivo, il testo finale della legge contiene stanziamenti di 150 milioni di euro all’anno per aiutare il settore agricolo a fare i cambiamenti necessari per adeguarsi alle nuove regole.
La riforma della legge per la protezione del clima, invece, anticipa al 2045 l’obiettivo della Germania di raggiungere la carbon neutrality, cioè il bilanciamento tra le emissioni del Paese e le attività di rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera. Inoltre, la riforma stabilisce un target di riduzione delle emissioni di CO2 del 65% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, un obiettivo più ambizioso rispetto al precedente 55%.
fonte: www.ilfattoalimentare.it
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Gli ostacoli alla riduzione della plastica
Secondo l'indagine, il 96% dei consumatori tedeschi ritiene importante ridurre i rifiuti di imballaggio, tuttavia il loro consumo, in Germania, è cresciuto in modo costante fino a toccare 3,2 milioni di tonnellate nel 2018, con un raddoppio dei rifiuti generati rispetto al 1997. Con 228 chilogrammi pro capite, il consumo di imballaggi in Germania risulta molto superiore alla media europea, pari a 174 chili pro capite.
I ricercatori hanno identificato 12 ostacoli alla riduzione di rifiuti da imballaggio e packaging in plastica:
Abitudini d'acquisto: i partecipanti al focus group fanno la spesa principalmente nei supermercati o nei discount piuttosto che nei mercati o nei negozi a rifiuti zero e la maggior parte non porta le proprie borse da casa. Inoltre, gli alimenti confezionati sono popolari.
Scarsa informazione: i ricercatori hanno osservato che i consumatori intervistati erano spesso incerti su quali tipi di imballaggi fossero più sostenibili di altri.
Igiene: molti partecipanti nutrono riserve sulle proprietà igieniche degli espositori di merci non imballate a libero accesso, sull'uso di contenitori portati da casa e, più in generale, sulle soluzioni di imballaggio riutilizzabile.
Proprietà del materiale: i partecipanti spesso preferiscono gli imballaggi in plastica a causa delle loro proprietà, come leggerezza, infrangibilità e resistenza.
Priorità: secondo alcuni partecipanti al focus group, gli sforzi per utilizzare meno imballaggi in plastica si scontrano con altre priorità della loro vita quotidiana, ad esempio i genitori non vogliono appesantire gli zaini scolastici dei figli e, di conseguenza, preferiscono usare la plastica invece delle bottiglie di vetro.
Prezzo: in generale, gli alimenti confezionati nella plastica sono più convenienti di quelli imballati con altri materiali.

Percezione della responsabilità: secondo i partecipanti, sia gli individui che l'industria hanno la responsabilità di risolvere il "problema della plastica": da un lato, poiché l'industria è responsabile del fatto che così tanti prodotti sono confezionati in plastica, dovrebbe offrire soluzioni. Tuttavia, viene anche sottolineato che i consumatori dovrebbero acquistare in modo più consapevole.
Prossimità e infrastrutture: i partecipanti hanno sottolineato che negozi a rifiuti zero o mercati rionali sono spesso difficili da raggiungere e richiedono più tempo e sforzi per accedervi rispetto a supermercati o discount locali.
Tempo: questa è un'altra barriera cruciale per uno shopping più sostenibile. L'accesso a negozi e mercati a "rifiuti zero" richiederebbe più tempo per la maggior parte delle persone. I partecipanti hanno sottolineato che anche per la spesa servirebbe più tempo impiegando contenitori riutilizzabili, oltre alla pulizia degli stessi. Inoltre, la preparazione di alimenti non trasformati richiede anch'essa un maggor dispendio di tempo.
Comodità: i partecipanti trovano anche scomodo portare i propri contenitori da casa, se hanno altre incombenze da sbrigare o fanno la spesa dopo il lavoro.
Cultura: i consumatori intervistati non attribuiscono molta importanza alla disponibilità di una "vasta gamma di prodotti" durante gli acquisti. Tuttavia, molti sottolineano l'importanza di trovare prodotti specifici nei punti vendita. Ciò si traduce in una domanda indiretta di un'ampia gamma di prodotti di largo consumo, difficile da implementare in negozi "a zero rifiuti" o a basso contenuto di plastica. Le discussioni nei focus group hanno anche mostrato che la cultura del consumo spontaneo e in movimento rende difficile ridurre gli imballaggi. Molti partecipanti all'indagine non si rendono conto che gli alimenti non regionali e non stagionali, consumati tutti i giorni, devono essere per forza confezionati per garantire la conservazione e la freschezza durante il trasporto e lo stoccaggio.
“I risultati dello studio mostrano che attualmente sono necessari molti sforzi e una maggiore informazione affinché i consumatori riducano l'utilizzo di imballaggi in plastica - spiega Katharina Beyerl, coautrice della ricerca -. Se vogliamo rendere le merci a basso tasso di spreco e senza imballaggi monouso in plastica l'opzione più economica e conveniente, dobbiamo modificare le infrastrutture, gli incentivi economici e le condizioni di contorno, non basta chiedere ai consumatori di fare acquisti solo nei negozi a rifiuti zero".
fonte: www.polimerica.it
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Riutilizzo dei contenitori per acqua e bibite, stop alla discarica. Il modello tedesco
Le restrizioni durante il lockdown hanno avuto un impatto enorme sul settore della ristorazione tanto che gli italiani hanno riscoperto i servizi di asporto e delivery diventati, negli ultimi tempi, quasi un’abitudine. La consegna a domicilio di piatti pronti ha registrato nel nostro Paese una crescita pari al 56% in solo un anno, secondo i dati dell’Osservatorio e commerce B2c del Politecnico di Milano.
Conseguenza inevitabile è stata un’impennata, senza precedenti, nel numero di imballaggi e contenitori da smaltire dopo un singolo uso. Si tratta di un trend in controtendenza rispetto agli obiettivi di circolarità cui ambiscono le politiche comunitarie, concretizzatesi con il rilascio della direttiva Singles use plastics (Sup) sul monouso. Una rapida occhiata alla piramide dei rifiuti (come definita dalla Direttiva quadro rifiuti) mostra come l’opzione meno favorevole per gestirli sia proprio lo smaltimento in discarica.
Ben più conveniente, a livello ambientale e non solo, sarebbe la possibilità di riutilizzo questi contenitori. Ed è in questa direzione che si è mosso Il Bundestag – Parlamento federale tedesco – introducendo una modifica di legge che prevede per ristoranti, bistrot e caffè, l’obbligo di offrire bevande e cibo da asporto in contenitori riutilizzabili. La norma dovrebbe portare i rivenditori a trovare delle soluzioni riutilizzabili nei formati che meglio si adattano al prodotto cui sono destinati, siano essi bicchieri, tazze o altre tipologie, con o senza coperchio, e la strada privilegiata potrebbe essere quella del deposito su cauzione: un sistema che, dati alla mano, consente in maniera semplice ed efficace il riutilizzo, riducendo i rifiuti da imballaggio.
Anche sul fronte della diffusione di questo sistema ci sono ottime notizie: dal rapporto Global Deposit Book 2020 pubblicato dalla piattaforma Reloop (organizzazione no profit che mette insieme Ong, industrie e governi per lavorare verso l’obiettivo della transizione circolare) emerge che entro la fine del 2023 i sistemi di deposito cauzionale per i contenitori di bevande serviranno almeno 500 milioni di persone (oggi sono 291 milioni).
Al fine di evitare pratiche sleali, la legge tedesca precisa che l’asporto in contenitori riutilizzabili non dovrà pesare sulle tasche del consumatore: il prezzo dovrà essere identico a quello fissato per il medesimo prodotto venduto in imballaggio monouso. Solo i piccoli punti vendita come snack bar, negozi aperti fino a tarda notte e chioschi in cui lavorano massimo cinque dipendenti e con una superficie di vendita non superiore agli 80 metri quadrati potranno non attrezzarsi in tal senso, ma dovranno comunque consentire ai propri clienti di usare contenitori riutilizzabili portati da casa.
Ma c’è di più. I consumatori tedeschi dovranno misurarsi con un deposito di 25 centesimi da pagare su tutte le bottiglie e lattine per bevande non ricaricabili, indipendentemente dal contenuto. Si tratta di una misura emanata in un’ottica di tutela dell’ambiente: i contenitori soggetti a un deposito finiscono in natura meno spesso di quelle senza deposito e la qualità del riciclo aumenta in maniera considerevole.
Inoltre a partire dal 2025, le bottiglie in PET non ricaricabili dovranno essere costituite per almeno il 25% da plastica riciclata e dal 2030 la quota salirà al 30%, come prevede la direttiva Sup (Single use plastics).
Avuto il via libera del Bundestag, la nuova normativa dovrà essere approvata dal Bundesrat (il Consiglio federale) e offre numerosi spunti attuabili anche in Italia.
Le politiche di riutilizzo attuate in Germania hanno reso il Paese il primo in Europa come quota di vuoto a rendere, tra bottiglie ricaricabili in vetro e Pet, sulla quantità complessiva di bevande: il 54% nel 2019.
Altro dato importante emerge dal recente studio What we waste: i Paesi con sistemi di deposito cauzionali e con una quota di mercato di vuoto a rendere con bottiglie ricaricabili superiore al 25% sono quelli che hanno ottenuto i risultati migliori in termini di minore dispersione degli imballaggi.
Il rapporto rivela che in Europa si sprecano 41 miliardi di bottiglie e lattine ogni anno. Sono in Italia i contenitori annualmente sprecati sono oltre sette miliardi: un numero esorbitante che, rapportato a livello pro capite, corrisponde a 119 contenitori “buttati via” in media da ogni italiano all’anno.
fonte: www.ilfattoalimentare.it
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Dal 2023 in Germania gli imballaggi riutilizzabili per cibo e bevande saranno lo standard

Dal 2023 i ristoranti, bistrot e caffetterie che offrono bevande e cibo da asporto dovranno attrezzarsi per poter vendere ai clienti i loro prodotti anche in contenitori riutilizzabili e farsi carico del loro recupero. L’obbligo, introdotto recentemente da un emendamento alla legge sugli imballaggi approvato dal Bundestag (il Parlamento federale tedesco), vale anche per le consegne a domicilio.
Questa misura è frutto di una proposta del ministro federale dell’ambiente Svenja Schulze (Spd) che ha dichiarato: “Anche quando la pandemia finirà, il cibo da asporto continuerà ad essere un’abitudine per molti. La maggior parte dei piatti e delle bevande viene servita in imballaggi usa e getta. Se l’usa e getta è ancora la norma il mio obiettivo è rendere il riutilizzabile il nuovo standard. I consumatori dovranno essere messi in grado di acquistare facilmente cibo e bevande da asporto in contenitori riutilizzabili. Stanno già emergendo molte soluzioni praticabili anche in collaborazione con i servizi di consegna. Solo così sarà possibile porre un freno al proliferare degli imballaggi nel settore ‘to-go’ “.
Sì alla cauzione ma il costo dei prodotti non deve cambiare
Questo emendamento che consente a tutti i consumatori di ricevere cibi e bevande da asporto in imballaggi riutilizzabili non deve però comportare un aggravio sul costo, che deve rimanere identico a quello del prodotto venduto in un imballaggio monouso.
I contenitori riutilizzabili, dunque, potranno anche essere consegnati ai clienti a fronte di un deposito cauzionale che ne faciliti la restituzione al rivenditore. La norma dovrebbe spingere i rivenditori a trovare delle soluzioni riutilizzabili nei formati che meglio si adattano al prodotto da asporto che contengono, siano essi bicchieri, tazze o altre tipologie, con o senza coperchio.
Sono esentati dall’obbligo solo i piccoli punti vendita quali snack bar, negozi aperti fino a tarda notte e chioschi in cui lavorano un massimo di cinque dipendenti e con una superficie di vendita non superiore agli 80 metri quadrati. Tuttavia, tutti gli esercizi dovranno consentire ai propri clienti di impiegare contenitori riutilizzabili portati da casa.
Con la nuova legge sugli imballaggi (VerpackG), entrata in vigore il 1° gennaio 2019, la Germania vuole aumentare le percentuali di riciclaggio dei materiali che compongono il packaging dei prodotti. I produttori vengono chiamati ad assumersi maggiori responsabilità per quanto concerne il riuso, il riciclo e lo smaltimento dei propri imballaggi.

Berlino amplia il sistema di deposito attuale
Dal 1 ° luglio 2022 la Germania estenderà l’obbligo di partecipazione al sistema di deposito su cauzione in vigore: saranno comprese anche le categorie di bevande che finora ne erano escluse. Finora, ad esempio, bevande come i succhi di frutta erano escluse dal sistema mentre altre bevande gassate come gli spritz, che contengono percentuali di succhi, erano invece incluse. L’emendamento alla legge attuale pone pertanto fine alle precedenti esenzioni per alcune bevande , sia quando commercializzate in lattine ,che in bottiglie monouso. Per latte e prodotti lattiero-caseari si applicherà invece un periodo di transizione fino al 2024.
“L’espansione del deposito cauzionale a tutte le categorie di bevande facilita la vita ai consumatori – ha chiarito la ministra Svenja Schulze – , che in futuro si misureranno con un deposito di 25 centesimi da pagare su tutte le bottiglie e lattine per bevande non ricaricabili, indipendentemente dal contenuto. In questo modo ci garantiamo un minore inquinamento ambientale. Perché le bottiglie o le lattine soggette a un deposito finiscono in natura molto meno spesso di quelle senza deposito”.
Un sistema di deposito, come ha spiegato la ministra, permette infatti un riciclaggio di alta qualità: le bottiglie di plastica si possono così trasformare più facilmente in nuove bottiglie ad uso alimentare in un processo denominato “bottle to bottle”, che comporta cicli di utilizzo efficaci e senza dispersioni (closed loop).
Al fine di aumentare ulteriormente il riciclaggio delle bottiglie di plastica, le bottiglie per bevande in PET non ricaricabili – come prevede la direttiva SUP, Single Use Plastics – dovranno essere costituite per almeno il 25% da plastica riciclata a partire dal 2025. Dal 2030 questa quota salirà al 30% e i produttori potranno decidere autonomamente come soddisfare questo requisito. Se quindi immettere nel mercato tutte bottiglie con tale quota minima di contenuto riciclato, oppure decidere di raggiungere gli obiettivi come quota media di contenuto riciclato contenuto nella loro produzione annuale di bottiglie immesse al mercato. In questo secondo caso, potranno concorrere alla media sia bottiglie che non hanno percentuali di contenuto riciclato sia bottiglie che ne contengono percentuali sino al 100%.
Nuove regole anche per gli imballaggi importati dall’estero
La norma approvata dal Parlamento federale tedesco contiene anche numerose disposizioni intese a migliorare l’attuazione della legge sugli imballaggi, in particolare per quanto riguarda gli imballaggi importati. In futuro, chi importa beni confezionati in Germania (anche gli operatori del commercio online) dovrà verificare che i produttori dei beni confezionati siano iscritti al registro degli imballaggi “LUCID”, e che partecipino al Sistema Duale.
Il sistema che si occupa della gestione degli imballaggi in Germania viene chiamato duale perché complementare al sistema di raccolta dei rifiuti ordinari: gli operatori sono società private in concorrenza tra loro che garantiscono un servizio di raccolta differenziata dei rifiuti da imballaggio.
Dopo il via libera del Bundestag (il Parlamento) la nuova normativa deve essere ancora approvata dal Bundesrat (il Consiglio federale). La maggior delle misure entrerà in vigore il prossimo 3 luglio 2021.
Spunti per l’Italia da Germania e Francia
Anche nel nostro Paese, e in particolare a causa della pandemia, si è verificato un aumento nel consumo da imballaggi dovuto al settore da asporto, oltre che al commercio online.
La legge tedesca sugli imballaggi (VerpackG) offre numerosi spunti che il legislatore italiano dovrebbe prendere in considerazione. In particolare, gli obiettivi di riuso obbligatori per legge che i produttori di bevande devono perseguire ogni anno si sono dimostrati estremamente efficaci. Questa misura ha portato la Germania ad essere il primo Paese in Europa come quota di vuoto a rendere, tra bottiglie ricaricabili in vetro e PET, sull’immesso al consumo di bevande: il 54% al 2019.
Come emerge dal recente studio What we waste i Paesi con sistemi di deposito cauzionali e con una quota di mercato di vuoto a rendere con bottiglie ricaricabili superiore al 25% sono quelli che hanno ottenuto i risultati migliori in termini di minore dispersione degli imballaggi.
Tornando al tema del riuso dei contenitori da asporto, questa proposta può avere un impatto dirompente non solamente per i benefici di ordine ambientale ed economico, ma anche a livello culturale. I cittadini vengono messi in condizione di dare un contributo alla soluzione dei problemi, evitando di alimentarli, potendo abbracciare nella vita di tutti i giorni abitudini di consumo più consone alla crisi climatica e di risorse che stiamo vivendo.
Se aggiungiamo all’implementazione di una legge ispirata a questa tedesca anche la proposta contenuta nel progetto di legge francese “clima e resilienza”, i modelli di business basati sul riuso dei contenitori potrebbero subire un deciso cambio di passo e uscire dal recinto delle sperimentazioni volontarie. Stando alla proposta di legge voluta dal presidente Macron e dalla ministra della Transizione ecologica Barbara Pompili, entro il 2030 un quinto dei prodotti in vendita nei supermercati francesi potrebbe essere venduto sfuso in contenitori riutilizzabili.
Oltre le sperimentazioni
Alla politica spetta dare forma e dignità a una delle strategie chiave dei modelli di economia circolare che è attualmente bloccata da impedimenti di ordine igienico-sanitario (vedasi il caso dei sacchetti ortofrutta riutilizzabili) o relegato a singole sperimentazioni come nel caso dei contenitori da asporto.
Quanto previsto all’art. 7 della legge n. 141/2019 ( intitolato “Misure per l’incentivazione di prodotti sfusi o alla spina”), che ha formalizzato per la prima volta la possibilità per i consumatori di usare i propri contenitori riutilizzabili per l’acquisto di prodotti alimentari, ha aperto la strada a qualche sperimentazione, ma non è sufficiente.
Servono altre specifiche misure di carattere economico e fiscale che possano favorire la nascita e il consolidamento di nuovi modelli di business ispirati al riuso e in particolare al modello “PaaS – Product as a Service” che potrebbero riguardare un’ampia gamma di imballaggi sia primari, quelli che gestiamo noi come cittadini una volta svuotati, che industriali e commerciali. I sistemi riutilizzabili sono il futuro perché convengono sia sotto l’aspetto economico che ambientale.
Silvia Ricci
fonte: economiacircolare.com
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In Europa aumentano i rifiuti, ma crescono riciclo e compostaggio: ecco tutti i dati
Negli ultimi anni c’è stato infatti un costante incremento della produzione media di rifiuti urbani e si è passati dai 478 kg del 2013 agli attuali 502 kg. Una crescita che stando ai numeri più recenti si conferma stabile anche in molti Paesi Ue: la Danimarca nel 2019 ha generato il più alto volume di rifiuti di tutt’Europa (844 kg) peggiorando decisamente le sue performance in termini di scarti urbani (814kg) rispetto al 2018 e lo stesso vale per il Lussemburgo (791 kg), la Norvegia (776 kg) e la Svizzera (709 kg).
La Germania si trova al settimo posto di questa triste classifica con 609 kg, più tre kg rispetto al 2018, e ancora in decima posizione troviamo la Francia (546 kg), cui fanno seguito Grecia (524 kg), Portogallo (513 kg) e Olanda con 508 kg.
Anche l’Italia torna in lieve crescita (504 kg) e sale al quattordicesimo posto, mentre tra i Paesi più virtuosi risultano Polonia (336kg), Estonia (369 kg), e Ungheria (387 kg).
Il nostro Paese si mantiene al di sopra della media europea che nel 2019 è di 402 kg pro capite: già partire dal 2017, infatti, i livelli di produzione di rifiuti hanno ricominciato a crescere in maniera costante e per il momento non accennano a diminuire.
Tutti i dati sul riciclo e il compostaggio dei rifiuti urbani
Numeri allarmanti, attenuati solo in parte dai dati positivi sul riciclo e il compostaggio che mostrano come dal 1995 al 2019 risultano pressoché dimezzati i rifiuti smaltiti in discarica, mentre sono addirittura triplicati i materiali riciclati, che passano da 37 milioni di tonnellate (87 kg per persona) a 107 milioni di tonnellate (239 kg a persona).
La capacità di gestione della raccolta differenziata, l’innovazione dei processi produttivi, e la crescente consapevolezza dei cittadini hanno certamente contribuito in maniera significativa a questo risultato ma per un cambio di rotta decisivo serve una strategia comune e l’adozione di modelli di economia circolare che riescano a ridurre la continua generazione di rifiuti.
Rifiuti urbani ed economia circolare: serve un cambio di paradigma
Per raggiungere quest’obiettivo, la Ellen MacArthur Foundation (Emaf) ha già stilato gli obiettivi politici fondamentali che ciascun Paese dovrebbe perseguire: ecodesign, incentivi “green”, formazione specializzata e valorizzazione dei prodotti sono solo alcune delle parole chiave che dovrebbero orientare le scelte delle prossime politiche industriali dei Paesi europei. Per l’Italia molti di questi risultati dipenderanno dalla capacità di gestione delle risorse in arrivo con il Recovery Fund e dalle strategie che il governo Draghi deciderà di mettere in campo con il nuovo Piano per la Ripresa e la Resilienza (Pnrr) approvato dal precedente esecutivo.
fonte: economiacircolare.com
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Quasi 100% di riciclo bottiglie PET in Germania
Secondo uno studio condotto dalla società tedesca GVM, che si occupa di ricerche di mercato ("Aufkommen und Verwertung von PET-Getränkeflaschen in Deutschland 2019”, emergenza e riciclo di bottiglie PET in Germania nel 2019), il modello tedesco sembra essere in grado di fornire una risposta al recupero delle bottiglie PET per bevande, anche grazie all'introduzione del deposito su cauzione ('pfandsystem').
Dallo studio emerge infatti che il 94% di tutte le bottiglie per bevande in PET immesse al consumo viene recuperato e il tasso di riciclo è pari al 97,5% che sale al 99,9% considerando anche il recupero energetico.
fonte: www.polimerica.it
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Ecco Luca, l’auto elettrica riciclata che nasce dai nostri rifiuti

Come rendere la mobilità elettrica ancora più sostenibile? Inserendo il suo ciclo di vita in un perfetto schema circolare. Una delle migliori dimostrazioni in tal senso arriva oggi dai Paesi Bassi. Qui un gruppo di studenti dell’Università Tecnica di Eindhoven (TU/e) ha progettato e realizzato un’e-car a partire quasi esclusivamente dai rifiuti. Nasce così Luca, auto elettrica riciclata, simbolo della nuova economia circolare.
Costruire il mezzo ha richiesto circa 18 mesi e il lavoro costante di 22 ragazzi. Ma il risultato è sorprendente e non solo sulla carta. Luca è una citycar compatta in grado di raggiungere una velocità massima di 90 chilometri orari e con un’autonomia di 220 chilometri. Il merito è di due motori particolarmente efficienti e del peso ridotto: appena 360 kg senza batterie. Il dato è di per sé basso, ma viene ulteriormente aiutato da quello riguardante l’accumulo. L’auto elettrica riciclata della TU/e ha bisogno, infatti, solo di sessanta chili di batterie contro i centinaia di chili a bordo delle tradizionali e-car.
Ovviamente la parte più stupefacente riguarda la sua composizione: telaio, carrozzeria, vetri e interni sono tutti realizzati da materiali di recupero. “Con questa macchina, vogliamo dimostrare che i rifiuti sono un materiale prezioso, anche in applicazioni complesse come un’automobile”, afferma Matthijs van Wijk, membro del gruppo della TU/e
Anatomia di una macchina elettrica
Il telaio di Luca è costituito da un pannello sandwich sviluppato dagli studenti in collaborazione con diverse aziende. Fibre di lino combinate con plastica pescata dall’oceano, costituiscono gli strati esterni, mentre PET riciclato da vecchie bottiglie forma la trama a nido d’ape del nucleo. “Il PET può essere riciclato non più di dieci volte, quindi la sua durata può essere notevolmente estesa utilizzandolo in un’auto”, spiega l’ateneo olandese. “Dopotutto, dieci auto durano più di dieci bottiglie di plastica”.
La carrozzeria impiega l’acrilonitrile-butadiene-stirene o ABS, un polimero termoplastico da tempo usato dall’industria automobilistica. Ma la fonte, in questo caso, sono rifiuti domestici. Anche i finestrini laterali e posteriori, così come gli interni sono realizzati con materiale di recupero. I cuscini di Luca, ad esempio, vengono da una combinazione di scarti del cocco e crine di cavallo. Il tessuto che li circonda è realizzato in PET riciclato ma al tatto imita la pelle scamosciata. Non solo. Tutti i rifiuti di produzione dell’auto elettrica riciclata sono stati reimpiegati in altri prodotti.
Infine, spiegano i progettisti, “l’auto prende il suo colore giallo grazie a una pellicola colorata anziché da una verniciatura. Questo film può essere rimosso anche senza lasciare residui […] semplificando il riciclo finale della carrozzeria”. Non manca neppure il lato smart. “Le auto moderne hanno grandi schermi di infotainment. Crediamo che questo sia uno spreco di risorse, poiché i mezzi sono fermi per il 96% del tempo. Luca utilizzerà quindi il tuo telefono come sistema di infotainment. E poiché vogliamo che ti concentri sulla strada, visualizzeremo le informazioni più importanti sul parabrezza attraverso un display a comparsa”.
fonte: www.rinnovabili.it
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Ricarica auto elettriche ultrarapida e da rinnovabili, prove di futuro sull’autostrada tedesca

Come saranno le stazioni di rifornimento dedicate alle auto elettriche?
Un esempio arriva dalla Germania, dove è stata inaugurata una stazione, Ladepark Kreuz Hilden (all’intersezione tra le autostrade A3-A46 presso Düsseldorf), che è la più grande del paese a utilizzare le colonnine per la ricarica veloce.
Il progetto è figlio della collaborazione tra la compagnia olandese Fastned, Tesla e Seed & Greet (un bistro-caffetteria). In totale la stazione può contare su otto colonnine Fastned, dove altrettante vetture possono ricaricare circa 300 km di autonomia in appena 15 minuti, e su 20 supercharger Tesla.
Ma questa è solo la prima fase dell’intero progetto, che porterà la mega-stazione di ricarica ad avere oltre cento colonnine tra supercharger, punti Fastned fino a 350 kW e punti per la ricarica più lenta a 22 kW dedicati agli impiegati e clienti di Seed & Greet.
Tra i punti di forza della nuova infrastruttura, c’è la possibilità di ricaricare l’auto con energia elettrica 100% rinnovabile, in parte generata in loco da un impianto fotovoltaico da 336 kW – che sarà ampliato fino a 700 kW – installato sulle pensiline del parcheggio, e in parte da due piccole turbine eoliche.
Nella stazione c’è anche un sistema di batterie al litio da 2 MWh fornito dalla società tedesca Tesvolt, in modo da gestire con maggiore flessibilità le ricariche delle auto: le batterie, infatti, possono accumulare l’energia prodotta in eccesso dai pannelli e-o dalle turbine eoliche (o accumulare energia prelevata dalla rete nei momenti in cui l’elettricità costa meno), e fornire energia immediata per coprire i picchi di consumo quando diverse vetture si connettono contemporaneamente alle colonnine.
fonte: www.qualenergia.it
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Una gigafactory per l’idrogeno: il piano condiviso di Francia e Germania

Si consolida l’asse energetico Francia-Germania. Dopo i progetti comuni avviati nel settore dell’accumulo, le due nazioni cercano ora un punto di contatto sul nuovo oro verde della transizione energetica: l’idrogeno. Lo scorso venerdì il ministro dell’economia francese Bruno Le Maire si è recato a Berlino per incontrare il suo omologo, Peter Altmaier. L’obiettivo dell’incontro era quello di definire le modalità con cui i rispettivi piani nazionali di sviluppo e resilienza potessero completarsi a vicenda, aumentando l’impatto sulla ripresa economica. Una riunione proficua da cui sono usciti alcuni progetti congiunti in ambito spaziale, digitale ed energetico. E che hanno fatto compiere passi avanti alla visione franco-tedesca in tema di idrogeno.
L’interesse a collaborare sul celebre vettore era stato annunciato quest’estate ed entrambi i Paesi possono già contare su strategie e investimenti dedicati.
Il governo francese ha da poco pubblicato il suo piano di ripresa destinando all’idrogeno 7,2 miliardi di euro. Una cifra che dovrebbe bastare per realizzare una capacità di generazione da 6,5 GW entro il 2030, diffondendo il vettore nel settore industriale e in quello dei trasporti. Nei sui documenti Parigi parla di “hydrogène vert” (idrogeno verde), etichetta che viene assegnata alla produzione sostenuta da rinnovabili. Tuttavia è molto probabile che il nucleare sia la fonte d’alimentazione primaria per gli impianti di elettrolisi (idrogeno rosa).
Il governo tedesco intende, invece, investire nel comparto 9 miliardi di euro grazie ai quali portare la capacità di elettrolisi a 5 GW entro il 2030 e 10 GW entro il 2040. Il piano non contempla solo l’idrogeno verde ma anche quello “blu“, ossia ottenuto dal gas naturale con l’aggiunta della rimozione della CO2. Dei fondi sopracitati, 2 miliardi di euro saranno destinati esclusivamente alle partnership internazionali per l’approvvigionamento. L’idea è quella creare uno schema delocalizzato nei paesi del Golfo e in Nord Africa sfruttando l’energia solare per alimentare le centrali produttive.
Cosa faranno insieme le due economie? Secondo quanto riportato oggi da Euractiv, il piano è quello di costituire una “gigafactory” per l’idrogeno, iniziativa che ricalca da vicino i progetti comuni sulle batterie ricaricabili. Per l’impianto, le due nazioni potrebbero fornire 1,5 miliardi di euro, richiedendo a Bruxelles all’UE lo status di “Progetto di comune interesse europeo” (IPCEI). Prima di poter avviare la collaborazione, le due economie dovranno necessariamente trovare un accordo sulla tipologia di produzione dal momento che il conflitto rosa/blu per ora crea un alto muro tra le ambizioni di Germania e Francia.
fonte: www.rinnovabili.it
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Porre fine alla produzione e all’imbottigliamento in vuoti a perdere di plastica.
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Plastiche monouso, la Germania avvia l'iter per recepire la direttiva SUP

La Germania avvia l’iter legislativo per il recepimento della Direttiva europea UE 2019/904 sulla “riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente”, meglio conosciuta come direttiva SUP.
A darne notizia è stata la ministra dell'Ambiente, Svenja Schulze, affermando che questo è il primo e più significativo passo della Germania contro la cultura dell’usa e getta. Di fatto l’avvio dell’iter è il primo atto ufficiale del Bundeskabinett da quando la Germania ha assunto la guida del semestre di presidenza europeo. L'entrata in vigore della direttiva europea è prevista per il 3 luglio 2021.
L’annuncio della ministra ha permesso ad ambientalisti e società di smaltimento dei rifiuti urbani di chiedere miglioramenti nell'attuazione. Per Patrick Hasenkamp (Vice Presidente dell'Associazione delle imprese comunali – VKU) i prodotti vietati dalla Sup rappresentano circa un decimo del volume dei rifiuti urbani intercettati nei contenitori pubblici e alcune volte raggiungono la percentuale del 20%. “Quando si tratta di attuare la direttiva UE, il diavolo è nei dettagli – dice Hasenkamp - la plastica usa e getta non dovrebbe semplicemente essere sostituita da prodotti usa e getta realizzati con altri materiali e i prodotti usa e getta non dovrebbero semplicemente essere dichiarati "riutilizzabili".
Anche il mondo dell’ambientalismo tedesco non è del tutto soddisfatto. “Schulze vuole solo soddisfare i requisiti minimi dell'UE - ha affermato l'esperto di rifiuti Thomas Fischer dell'agenzia di stampa Dpa – Sarebbe necessaria una estensione del divieto a le tazze usa e getta per bevande e al packaging in plastica per alimenti”.
fonte: www.ecodallecitta.it
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Germania: il piano di ripresa punta sulle auto elettriche

La Germania ha annunciato che obbligherà tutte le stazioni di servizio ad offrire servizi di ricarica per auto elettriche. L’obiettivo di questa decisione è agevolare la crescita della domanda di veicoli “verdi” nell’ambito della sua strategia di ripresa economica da 130 miliardi di euro, che include delle tasse per penalizzare la proprietà di grandi veicoli inquinanti e un sussidio di 6.000 euro per l’acquisto di auto elettriche.
Secondo The Mobility House, società di consulenza tecnologica, quello tedesco è “un chiaro impegno nei confronti dei veicoli alimentati a batteria, che vede nella mobilità elettrica una tecnologia del futuro e pone la Germania nel gruppo leader nel supporto di veicoli elettrici a batteria”.
Nel programma di stimolo del governo di Berlino, infatti, si prevede una spesa di 2,5 miliardi di euro per la produzione di celle a batteria e per l’infrastruttura di ricarica, un campo in cui le major petrolifere, i servizi pubblici e le case automobilistiche, tra cui Shell, Engie e Tesla, si contendono il dominio.
Negli ultimi anni, la domanda di auto elettriche è stata limitata proprio dalle preoccupazioni relative alla gamma operativa limitata dei veicoli. L’anno scorso, in Germania, le auto elettriche rappresentavano solo l’1,8% delle immatricolazioni di nuove autovetture, con le auto diesel e benzina che rappresentavano rispettivamente il 32% e il 59,2%. Delle 168.148 nuove immatricolazioni registrate a maggio, solo 5.578 (3,3%) sono state auto elettriche.
Tuttavia, secondo Diego Biasi, presidente e co-fondatore di Quercus Real Assets, il piano tedesco fornirà un notevole impulso all’adozione di veicoli elettrici. “Sappiamo che uno dei principali motivi per cui non si acquistano auto elettriche è l’ansia da autonomia. La mossa tedesca è un modo per cercare di risolvere questo problema”.
Secondo BDEW, l’Associazione tedesca per l’industria dell’energia e dell’acqua, in Germania sono necessarie almeno 70.000 stazioni di ricarica e 7.000 stazioni di ricarica rapida per raggiungere un mercato di massa dei veicoli elettrici. Questo, insieme ai miglioramenti nelle prestazioni, riguardanti soprattutto il design delle batterie e il funzionamento delle celle, potrebbe rappresentare un considerevole passo in avanti.
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Le facciate edilizie si trasformano in pannelli solari termici

Quando si parla di impianti rinnovabili integrati nella facciate edilizie, il primo pensiero va quasi alla tecnologia fotovoltaica. C’è però chi, ormai da quattro anni, sta lavorando per portare sulle pareti esterne anche i pannelli solari termici. Parliamo Arkol, progetto tedesco guidato dal Fraunhofer Institute for Solar Energy Systems. L’iniziativa ha preso il via nel 2016 con il sostegno del governo federale e un preciso obiettivo: sviluppare involucri multifunzionali.
A febbraio di quest’anno la ricerca si è conclusa e i risultati hanno mostrato che le speranze riposte non erano sbagliate. Il progetto, a cui hanno collaborato anche le società DAW SE e Priedemann Façade-Lab e l’Istituto Borderstep, è riuscito a dare nuove forme ai tradizionali pannelli solari termici. Nel dettaglio, i ricercatori di Arkol hanno creato due tipi di impianti differenti: un sistema a strisce e delle veneziane.
“Lo scopo del progetto era quello di sfruttare l’ampio potenziale superficiale delle facciate per la generazione di calore, dando nel contempo agli architetti una maggiore libertà di progettazione. Fino ad ora infatti le riserve dei potenziali clienti sull’aspetto dei collettori sono sempre state un ostacolo al diffuso uso della tecnologia”, spiega l’ingegnere Michael Hermann. “Allo stesso tempo, volevamo ridurre gli sforzi in fase di pianificazione, rendendo semplice l’installazione”.
Le facciate presentano numerosi vantaggi rispetto alla classica installazione sul tetto quando si parla di pannelli solari termici. Durante l’inverno, quando il sole è più basso, la la parte è illuminata con un angolo più favorevole rispetto al tetto e può quindi offrire una resa maggiore. In estate, invece, i collettori per facciate lavoreranno di meno. Ma dal momento che in questo periodo il fabbisogno termico è essenzialmente legato alla produzione di acqua calda sanitaria, si tratta di un aspetto positivo. In altre parole, nei mesi più caldi genereranno meno calore, riducendo il carico sul fluido termovettore e consentendo una maggiore durata.
Le strisce solari
Il pannello solare a striscia o “Strip Collector” combina un elevato livello di efficienza con un’ampia possibilità di progettazione architettonica. Il design permette di utilizzare materiali di rivestimento classici, come il legno o il gesso, nella zona compresa tra le strisce. La struttura modulare il trasferimento “a secco” del calore dall’assorbitore al condotto di raccolta, permettono di superare i tradizionali problemi idraulici rendendo più semplice installazione e manutenzione. Questo collettori possono essere appesi nella sottostruttura di una facciata a ventilazione posteriore (VHF) sia su nuovi edifici sia che durante i lavori di ristrutturazione.

Le tapparelle solari
Il design prevede di integrare gli heat pipe (o tubo di calore) sono integrati in una sorta di alette di tapparelle, che fungono da assorbitori; anche in questo caso il trasferimento di calore avviene “a secco”, senza un liquido termovettore. Grazie a questa progettazione, le lamelle possono essere spostate come nelle tradizionali veneziane. “Le tende solari termiche – spiegano i ricercatori – possono muoversi liberamente come normali persiane, ma allo stesso tempo, fornire calore e ridurre la quantità di energia che entra all’interno dell’edificio”.
fonte: www.rinnovabili.it