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Ellen, il traghetto elettrico danese che batte il diesel

La scorsa settimana il più grande traghetto al mondo “full electric” ha completato la parte sperimentale, dimostrando di essere l’alternativa più economica sul mercato in termini di costi operativi




Ellen, il traghetto elettrico del progetto europeo e-Ferry, ha completato i suoi 10 mesi di prova in mare e i risultati premiano gli sforzi infusi sino ad ora. Il mezzo si è dimostrato, infatti, super efficiente e in grado di far risparmiare soldi ed emissioni.

L’iniziativa, finanziata dal programma H2020, era stata avviata nel 2015 con l’obiettivo di creare un’imbarcazione “a batterie” adatta al trasporto di persone e veicoli su distanze a medio raggio. Dopo 48 mesi aveva sfornato il primo prototipo: un battello in grado di coprire 22 miglia nautiche, grazie ad un design estremamente efficiente e ad un sistema d’accumulo da 4 MW. Da settembre 2019 Ellen ha dato prova delle proprie capacità nelle acque danesi, dal porto di Søby agli attracchi di Fynshav e Faaborg (un percorso di circa 40 km andata e ritorno).

Il risultato? L’imbarcazione possiede un indice di efficienza energetica dell’85 per cento, quasi il doppio di quella dei traghetti diesel. Un successo che ha un impatto diretto sui costi operativi. “I calcoli– spiega il team del progetto in una nota stampa – mostrano che la pura energia elettrica è la migliore soluzione economica per un operatore di traghetti, anche in termini di riduzione delle emissioni inquinanti e di gas serra”.

Ovviamente i costi di investimento sono più elevati rispetto le controparti a combustibile, dal momento che la tecnologia degli e-ferry è relativamente nuova. Tuttavia i risparmi in termini di costi operativi compensano la spesa iniziale “dopo 4-8 anni“. Il dato dipende dalle condizioni, tecniche e regolamentari, applicabili alla rotta.

“Poiché la durata di vita di un traghetto è in genere di circa 30 anni, un operatore può aspettarsi risparmi significativi dopo alcuni anni di funzionamento”, continua il team. “A contribuire a queste cifre sorprendenti sono anche i prezzi delle batterie, che sono diminuiti rapidamente negli ultimi anni, mentre la densità energetica è aumentata costantemente”.
I “trucchi green” del traghetto elettrico

Il sistema d’accumulo è il vero protagonista del traghetto elettrico. È stato suddiviso in 20 unità collegate a convertitori separati, in maniera da contenere perdite di potenza in caso di problemi ad una delle batterie.

Ma i risultati raggiunti devono molto al particolare design di Ellen. I progettisti hanno reso il battello il più leggero possibile. Tra i “trucchi” usati per ridurne il peso complessivo, quello di aver realizzato il ponte in allumino anziché acciaio; o di aver impiegato carta riciclata anziché legno per i mobili.

E una volta in acqua il traghetto elettrico permette anche di risparmiare emissioni climalteranti. Secondo il team potrebbe evitare fino a 2.250 tonnellate di CO2 ogni anno, utilizzando solo energia rinnovabile per la ricarica.

fonte: www.rinnovabili.it


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Più riciclo, meno incenerimento: la Danimarca non vuole più bruciare la plastica

L'esecutivo di Copenaghen ha deciso una serie di iniziative per garantire molto più riciclo e molta meno combustione. L’obiettivo è quello di rimuovere, da qui al 2030, l'80% delle attuali 370mila tonnellate di plastica dagli impianti di incenerimento



















Per gli inceneritoristi nostrani è un po’ La Mecca dello smaltimento rifiuti, il paese dove puoi addirittura sciare sopra un avveniristico impianto di combustione da 500mila tonnellate annue, che però non si riuscirebbe a riempire senza rifiuti importati dall’estero. Eppure anche per la Danimarca i tempi cambiano e il paese accelera sempre di più verso la dismissione dei suoi impianti di incenerimento, passando, anche, dalla plastica.
Ogni anno nel paese scandinavo vengono bruciate 370.000 tonnellate di rifiuti plastici (dati del ministero dell’Ambiente). Di questo passo nel 2030 le emissioni di CO2 dovute al solo incenerimento della plastica arriveranno ad un milione di tonnellate, troppe per un Governo che ha più volte dichiarato di voler contribuire con decisione ad affrontare la crisi climatica globale e che aveva già iniziato la sua exit strategy dall’incenerimento nel 2014. Pertanto l'esecutivo di Copenaghen ha deciso una serie di iniziative per garantire molto più riciclo e molta meno combustione. Martedì 19 maggio la ministra dell’Ambiente, Lea Wermelin, e il ministro dell’energia, Dan Jørgensen, le hanno presentate alla stampa.
L’obiettivo è quello di rimuovere, da qui al 2030, l'80% della plastica dagli impianti di incenerimento. Una delle iniziative è quella di semplificare e migliorare la raccolta differenziata, sia a casa che al lavoro, in modo che diventi più facile ordinare i rifiuti per l’avvio al riciclo. “Bruciamo troppo e ricicliamo troppo poco – dice la ministra Lea Wermelin - Ci sono molti oggetti di plastica usa e getta come vassoi di carne, bottiglie, sacchetti per il congelatore che per la maggior parte finiscono dispersi o bruciati. Per cui adesso chiediamo ai danesi di iniziare a fare una differenziata migliore”.
Meno rifiuti e più riciclo significheranno infatti meno necessità di incenerimento. Ma il Governo sta anche discutendo sulla diminuzione dei rifiuti importati dall’estero, che in larga parte vengono usati proprio per riempire i tanti inceneritori del paese. ”La Danimarca è nel mezzo di una crisi senza precedenti – dice il ministro dell’energia Dan Jørgensen - L'economia è sotto pressione. Dobbiamo pensare a nuove idee, reinventarci e cogliere l'opportunità per un cambiamento ecologico. Più riciclo, un'economia circolare rafforzata e meno combustione sono passi fondamentali in questa direzione”.

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Pfas, il Mario Negri individua 20 possibili sostanze alternative. Lo studio promosso dal ministero dell’Ambiente

















Il laboratorio di chimica e tossicologia dell’ambiente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano ha individuato una ventina di composti che potrebbero essere utilizzati in sostituzione dei famigerati Pfas, gli acidi perfluroroalchilici che stanno causando un numero crescente di problemi all’ambiente e alla salute umana. La scoperta è arrivata nell’ambito di uno studio condotto con il ministero dell’Ambiente.
Al di là del dettaglio tecnico, il lavoro ha il pregio di dimostrare che, quando ci sono la volontà e il sostegno economico necessario, è possibile sviluppare composti chimici con caratteristiche analoghe a quelle di altre sostanze potenzialmente pericolose.
I Pfas sono presenti in una quantità incredibile di prodotti perché sono acidi molto forti e quindi particolarmente resistenti ai diversi tipi di degradazione. Sono molto stabili agli agenti chimici e termici, e impermeabili ad acqua e grassi. Si trovano:
  • negli oggetti domestici: nelle pentole come antiaderenti, nei detersivi come emulsionanti, tensioattivi o umettanti, in scarpe e abiti come pellicole invisibili idrorepellenti, e sempre come strati esterni in tappeti e rivestimenti di vario tipo; nei materiali da costruzione;
  • negli articoli medicali: la loro natura inerte li rende utilissimi per le protesi e per tutta una serie di dispositivi sia monouso che permanenti usati in ogni settore della medicina, compresi i camici;
  • nella lavorazione dei metalli, dei minerali e dei petroli;
  • nella carta e negli imballaggi repellenti a olio e acqua;
  • nell’aviazione e nel settore aerospaziale; nelle auto;
  • nei cavi, nei cablaggi e nei materiali elettronici;
  • nei prodotti antincendio.
acqua del rubinetto
I Pfas hanno contaminato le acque sotterranee delle province di Padova e Verona, in Veneto
La loro diffusione ha provocato vere e proprie crisi, perché se non gestiti adeguatamente possono filtrare nelle acque, accumularsi nelle piante ed entrare nella catena alimentare, con conseguenze sulla salute. Sono considerati interferenti endocrini, e anche se gli effetti sono ancora in via di definizione, si ritiene che l’assunzione vada evitata il più possibile. In Italia c’è stato il caso del Veneto, dove dal 2013 è stata segnalata la presenza di Pfas in acque sotterranee delle province di Padova e Verona. Nell’area colpita è stato necessario applicare con urgenza filtri al carbone per l’acqua potabile e, contestualmente, compiere analisi dettagliate e definire limiti della concentrazione accettabile, nonché avviare studio ancora in corso sulle conseguenze a lungo termine. La crisi ha provocato danni che ammontano almeno a 137 milioni di euro.
Nel frattempo paesi come la Danimarca stanno ragionando sul bando ai Pfas negli imballaggi alimentari, e l’Efsa, nel 2018, ha abbassato notevolmente i valori soglia, a riprova della grande preoccupazione attorno a queste sostanze.
Lo studio del Negri dimostra che i Pfas non sono insostituibili e che esistono almeno una ventina di sostanze che potrebbero prenderne il posto. Si legge nel comunicato: “A partire da questa lista il ministero ha l’obbiettivo di fornire degli orientamenti precisi alle aziende che ne fanno maggiore uso.” Si spera che lo faccia al più presto, e che le aziende lo ascoltino.
fonte: www.ilfattoalimentare.it

La plastica riciclata in aiuto della stampa 3D, il progetto arriva dalla Danimarca



















Mogens Hinge con Gitte Buk Larsen


Il Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Aarhus, in Danimarca, vuole rivoluzionare l’uso della plastica riciclata nella stampa 3D. L’obiettivo è riciclare i rifiuti di plastica in un prodotto a filamento standard, poiché l’industria non ha gli standard del filamento di qualità di stampa. Questo schema proviene in particolare dal dipartimento di ingegneria, e dal professore associato Mogens Hinge in collaborazione con la società di trasformazione e riciclaggio della plastica Aage Vestergaard Larsen A / S. Il progetto ha già ricevuto finanziamenti per 84.000 euro.

“Se il progetto avrà successo, rivoluzionerò il consumo di materiale delle stampanti 3D. Stiamo parlando della possibilità di utilizzare i rifiuti di plastica per creare nuovi filamenti di alta qualità. Avrà un impatto significativo per l’ambiente e il clima a lungo termine. ” ha dichiarato Gitte Buk Larsen responsabile marketing di Aage Vestergaard Larsen A / S.

Secondo il professor Hinge, la necessità della riforma è dovuta alla crescente necessità di filamenti di stampa 3D, poiché l’industria è in rapida crescita e la pratica dell’uso della plastica è spesso fatto ad hoc e priva di standard. Questo rende l’industria dell’utilizzo della plastica nella stampa 3D un “selvaggio West”.

Secondo Hinge, il filamento per la stampa 3D può variare in termini di qualità, anche se il prodotto è realizzato con lo stesso tipo di plastica e proviene dallo stesso fornitore.

L’obiettivo finale del progetto dell’università è quello di produrre un filamento standardizzato e completamente documentato che sia, naturalmente, di alta qualità e stabile, e come detto è realizzato in plastica riciclata.
Impatto positivo sull’ambiente?


Oggi l’industria è principalmente costituita da materie plastiche nuove o vergini, spiega Mogens Hinge. Il riciclaggio della plastica ha minori emissioni di CO2. Diverse aziende stanno affrontando il problema dei rifiuti di plastica della stampa 3D e il 2020 è destinato a essere un anno di rinnovata attenzione e impegno per la sostenibilità.

Il professor Hinge ritiene che l’industria della stampa 3D apprezzerà l’approccio: “È già possibile, ma non è ancora stato fatto. Penso che questo sia il prossimo passo necessario per mettere in produzione la tecnologia di stampa 3D (FDM). ” Il progetto si chiama “Sviluppo di filamenti per la stampa 3D a base di plastica riciclata” è diretto da Aage Vestergaard Larsen A / S.

fonte: https://www.digitalic.it

Danimarca: la metà dell’elettricità 2019 è arrivata dai parchi eolici

Un nuovo record per il più piccolo Stato scandinavo, favorito da forti riduzioni dei costi e dal miglioramento della tecnologia offshore













La politica pro energia dal vento, messa in atto dalla Danimarca, continua dare i propri frutti e a farsi notare nel panorama mondiale. Lo scorso anno il Paese scandinavo ha segnato un nuovo e importante record rinnovabile: i suoi parchi eolici hanno prodotto ben il 47 per cento dell’elettricità impiegata a livello nazionale durante l’anno. I dati arrivano direttamente dall’operatore di rete Energinet, che al pari degli altri gestori europei delle infrastrutture di trasmissione snocciolano in questi giorni i dati a consuntivo del 2019. Si scopre così che non solo gli aerogeneratori danesi si sono riconfermati la principale forma di produzione elettrica della Nazione ma che il dato è in netta crescita: più 6 punti percentuali rispetto al 2018 e 4 punti percentuali sopra al 2017, anno che fino a ieri deteneva il primato per il contributo eolico. Con il piccolo aiuto del fotovoltaico, il 2019 danese ha superato la quota del 50 per cento di energia pulita nel mix.
La Danimarca mantiene dunque la corona di regina del vento europeo, seguita a grande distanza da Irlanda e Portogallo, due territori dove le turbine riescono a garantire, rispettivamente, circa il 28 per cento e il 24 per cento dell’elettricità nei rispettivi mix nazionali.
Per il piccolo paese scandinavo si tratta però di un punto di partenza e non di arrivo. Il governo ha recentemente approvato una legge che impone la riduzione del 70 per cento delle emissioni nazionali di gas serra entro il 2030. Lo strumento principe per ottenere tale taglio saranno le tecnologie verdi, eolico e idrogeno in primis. Tra i progetti che stanno prendendo corpo per centrare il target, c’è anche un gigantesco hub offshore da 10 GW di capacità da realizzare nelle acque del Mare del Nord. Un’iniziativa faraonica che dovrebbe costare agli investitori tra i 27 e i 40 miliardi di euro, ma generare in cambio abbastanza elettricità da soddisfare le esigenze di 10 milioni di famiglie“Una volta pensavamo che il sistema di alimentazione potesse gestire il massimo del 5% della potenza prodotta mentre il vento soffiava e il sole splendeva – ha spiegato la stessa Energie – Fortunatamente, siamo diventati più intelligenti!”.

fonte: www.rinnovabili.it

WaveStar: Energia pulita illimitata dalle onde del mare in Danimarca
















La traduzione letterale dall’inglese di WaveStar, è appunto Stella delle Onde, e sta a significare una brillante idea per la produzione di energia pulita illimitata, sfruttando la forza continua delle onde, superando il concetto di sfruttamento del forte vento del mare con gli impianti eolici offshore.

Idea e concetto innovativo di WaveStar

Il concetto è stato inventato dagli appassionati di vela Niels e Keld Hansen nel 2000. La sfida era quella di creare una produzione regolare di energia onde oceaniche distanti 5-10 secondi.
Ciò è stato ottenuto con una fila di boe semisommerse, che si alzano e si abbassano a loro volta mentre l’onda passa, formando la parte iconica del design di Wavestar. Ciò consente di produrre continuamente energia nonostante le onde siano periodiche.
L’esclusivo sistema di protezione dalle tempeste della macchina, uno dei molti aspetti brevettati del progetto, garantisce la sopravvivenza in mare della macchina e rappresenta una vera pietra miliare nello sviluppo delle macchine a energia d’onda.
L’energia delle onde svolgerà un ruolo cruciale nel garantire il nostro futuro energetico, ma sopravviveranno solo le macchine in grado di resistere alle tempeste più forti.
Le questioni climatiche e ambientali richiedono una rapida diversificazione verso più fonti rinnovabili al fine di soddisfare le nostre future esigenze energetiche. Wavestar lavorerà in armonia con altri metodi di energia pulita per supportare il movimento di energia alternativa e garantire un approvvigionamento continuo di energia pulita. Immagina cosa possiamo fare insieme.

Come funziona

L’impianto di WaveStar trae energia dalla potenza delle onde con galleggianti che salgono e scendono con il movimento su e giù delle onde. I galleggianti sono fissati con le braccia a una piattaforma che si trova su enormi gambe fissate al fondo del mare. Il movimento dei galleggianti viene trasferito tramite propulsione idraulica nella rotazione di un generatore, producendo elettricità.















Si possono vedere i grandi galleggianti che assorbono l’energia delle onde e lo traducono in energia elettrica pulita e illimitata.

Le onde percorrono la lunghezza della macchina, sollevando a sua volta 20 galleggianti. Alimentare il motore e il generatore in questo modo consente una produzione continua di energia e una produzione regolare.
Questo è un nuovo standard radicale e un concetto unico nell’energia dalle onde oceaniche o marine; è uno dei pochi modi per convertire la potenza delle onde fluttuanti nella rotazione ad alta velocità necessaria per generare elettricità.

Gli aspetti positivi di WaveStar e il futuro energetico

La macchina Wavestar è meno visibile e più silenziosa delle turbine eoliche e ha anche un impatto positivo sulla fauna selvatica sotto la macchina, creando una zona protetta dalla pesca.
Le macchine di prova e ricerca operano nel Mare del Nord e nei fiordi danesi dal 2006 e sono tra le prime macchine a energia d’onda ad essere collegate alla rete.
Con la macchina da 500 kW in fase di sviluppo, l’azienda ha conquistato una posizione tra i principali sviluppatori di energia alternativa al mondo.
WaveStar punta a renderla la prima macchina da 1 MW prodotta in serie per grandi oceani, pronta per la vendita nel 2017.Wave Star non si ferma qui però. La macchina sarà quindi raddoppiata per dimensioni, in grado di gestire il doppio dell’altezza dell’onda.
Ciò aumenterà la potenza di ogni macchina a 6 MW, consentendo a una singola macchina di fornire energia per 4.000 case.
Almeno sulla carta, questi sono numeri impressionanti. Il progetto Wavestar punta davvero ad essere una delle più importanti innovazioni nel mondo delle energie rinnovabili. Gli oceani del globo insieme rappresentano circa 1,35 miliardi di chilometri cubi. Sono 1.260.000.000.000.000.000.000 di litri d’acqua.

Gli studiosi più importanti del settore credono che se solo una frazione del potere cinetico delle maree oceaniche venisse catturato, ciò soddisferebbe le esigenze energetiche del mondo più volte.
Per questo auspichiamo che il nuovo governo italiano, che si è presentato con un’aurea green e ha messo tra i suoi punti lo sviluppo sostenibile al minimo impatto ambientale attraverso tutte le forme di energia pulita, vista l’abbondanza di territorio marino nazionale, possa individuare quanto prima dei siti adatti a questo tipo di impianti e iniziare a lavorare sin da subito su questo tipo di innovazione tecnologica.
fonte: https://www.ambientebio.it

La Danimarca vieta l’utilizzo dei PFAS nei contenitori alimentari

Il Governo danese è il primo a porre restrizioni sull’uso di sostanze perfluoroalchiliche nel packaging e nei contenitori da asporto.



















La Danimarca diventerà il primo Paese al mondo a vietare le sostanze perfluoroalchiliche (i cosiddetti PFAS) nella fabbricazioni di contenitori ad uso alimentare: il bando, che entrerà in vigore dal luglio del 2020, è stato annunciato lunedì dal Ministro dell’Ambiente, Mogens Jensen.

Il divieto riguarda l’uso di composti PFAS in materiali a contatto con alimenti di cartone e carta. Le sostanze perfluoroalchiliche dovrebbero poter essere ancora utilizzati in contenitori alimentari ma solo a condizione di essere separati dai cibi attraverso una barriera che ne impedisca qualsiasi forma di contaminazione.

I PFAS, sono catene alchiliche idrofobiche fluorurate ovvero acidi liquidi resistenti alle alte temperature e ai processi di degradazione in natura. Sono stati usati fin dagli anni ’40 in svariati settori industriali, dal trattamento delle pelli, alla produzione di contenitori, carta e imballaggi per uso alimentare, dai rivestimenti antiaderenti delle padelle alla realizzazione di abbigliamento tecnico.
Le proprietà idrorepellenti e di resistenza all’assorbimento dei grassi hanno garantito ai PFAS largo utilizzo nell’industria del packaging alimentare e nei contenitori per pasti da asporto, in particolare quelli biodegradabili.

Nel 2018, il Centers for Disease Control, una delle agenzie per la salute pubblica USA, aveva appurato che l’esposizione ai perfluorurati può aumentare il rischio di cancro, quello di incorrere in malattie che compromettono il sistema immunitario, rischia di diminuire la fertilità femminile e di alzare i livelli di colesterolo oltre a limitare lo sviluppo mentale e fisico dei bambini.


“Non possiamo accettare il rischio che sostanze perfluoroalchiliche potenzialmente pericolose migrino dal packaging nei nostri alimenti – ha commentato il ministro danese Mogens Jensen – Queste sostanze rappresentano un tale problema per la salute da non poterci permettere di aspettare le decisioni in materia dell’Ue”.

fonte: www.rinnovabili.it

C'è del marcio negli inceneritori in Danimarca
















L'uscita del vice-ministro Salvini che, a sorpresa, fuori dal contratto con i 5 Stelle, ha rilanciato il salvifico ruolo dei termovalorizzatori per far sparire i roghi di rifiuti bruciati all'aperto in Campania e le decine di incendi, più o meno dolosi, di magazzini pieni di scarti differenziati, ha seguito una studiata tempistica.

Nei prossimi giorni a Copenhagen si inaugurerà un inceneritore con recupero energetico, di ultimissima generazione, la cui sicurezza è sottolineata dalla possibilità di sciarci sopra.

E il ministro multi-ruolo ha già annunciato che ci andrà, sci in spalla e in divisa da sciatore.

Dubitiamo che i selfie che il suo staff per la propaganda diffonderanno, per la gioia dei fan del capitano, ci faranno ammirare  il panorama intorno, che è quello che potete vedere nella foto che segue: in primo piano gli sciatori felici, sullo sfondo una selva di camini.

Il panorama ad ovest dell'inceneritore con pista da sci


Il fatto è che siamo sull'isola di Amager, a quasi due chilometri di distanza dalla Sirenetta e a quattro chilometri dal centro della città, isola da sempre utilizzata per scopi industriali e che ospita anche l'aeroporto internazionale.


Isola di Amager. Il cerchio rosso localizza i depositi di ceneri.

Se poi lo staff del primo ministro mandasse un drone ad esplorare i dintorni ( il cerchio rosso nella foto sopra) potremmo ammirare quest'altro panorama: i grandi depositi di ceneri prodotte dalla combustione dei rifiuti, da sempre usate dai danesi per riempire il fondo delle loro autostrade.

Depositi di ceneri prodotte dagli inceneritori di Copenhagen


Il nuovo inceneritore, nelle inedite vesti di parco dei divertimenti, brucerà 325.000 tonnellate anno di scarti prodotti dai danesi, ma, per le leggi della chimica, questa massa non sarà trasformata tutta in energia e l'inceneritore produrrà un bel pò di rifiuti: 66.500 tonnellate di cenere pesanti e 6.500 tonnellate di ceneri leggere e quest'ultime, prodotte dai sistemi di filtrazione dell'aria, sono inevitabilmente cariche di sostanze pericolose e quindi, a tutti gli effetti, sono rifiuti tossici da smaltire con molta attenzione e con elevati costi.

Trasformare rifiuti urbani, al massimo puzzolenti, in rifiuti tossici a me non sembra una grande furbata.

A riguardo, posso fornire qualche dato sui nostri inceneritori, pardon, "termovalorizzatori": in media in un chilo di ceneri pesanti prodotte dai nostri impianti si trovano 34 nanogrammi di diossine, in un chilo di ceneri leggere, i nanogrammi di diossine salgono a , 311.

Per la cronaca, in un chilo di rifiuti nostrani inceneriti si trovano, in media, 2 nanogrammi di diossine. 

Lascio ai miei lettori la valutazione di quanto sia furba la scelta di privilegiare la "termovalorizzazione" al riciclo.

E ritorniamo al termovalorizzatore con pista da sci: quanto gli costa?

Questa meraviglia ha richiesto 520 milioni di euro, a cui si devono aggiungere i costi di esercizio, di manutenzione e quelli per la inertizzazione e lo smaltimento delle ceneri. 

Una bella cifra. che i danesi dovranno pagare producendo tutti i rifiuti che servono ad alimentare l'impianto e questo per almeno 25 anni, quanti ne servono per ammortizzare l'investimento.

Con queste scelte, 27 inceneritori in funzione, i cittadini di Copenhagen e tutti i Danesi  possono dare un addio a serie politiche di riduzione dei rifiuti e di riciclo.

Produzione e trattamenti di scarti urbani (2015) nei paesi membri dell'Unione Europea  

Ed è proprio cosi: un danese produce ogni anno 788 chili di scarti urbani, di cui il 54% è incenerito e il 42% riciclato, un vero record europeo.

Noi italiani, con tutti i nostri difetti, di scarti ne produciamo quasi la metà (488 chili),  di cui ricicliamo il 47,5% ( meglio dei danesi) e se i 5 Stelle al governo riuscissero a realizzare quanto previsto nel contratto, ovvero estendere a tutto il paese il sistema di raccolta "porta a porta " adottato nel Trevigiano, con oltre il 65% di raccolta differenziata, potremmo certamente chiudere tutte le discariche e dare un addio ai termovalorizzatori nostrani.

Per la cronaca è quello che ha deciso di fare la regione Liguria, a guida forza Italia e Lega: nessun inceneritore, bocciati per i costi eccessivi, differenziata al 65% con il porta a porta, produzione di metano da immettere in rete dalle frazioni organiche, massimo recupero di materiali da usare in nuove produzioni. 
E questa scelta la possiamo fare proprio grazie al fatto che una decina di anni fa abbiamo bloccato un inceneritore ( anche lui su modello danese) sotto la Lanterna ( il faro simbolo della citta) e anche perchè la grande discarica di Scarpino, alle spalle della città, finalmente Sima messa in regola e non potrà più ricevere gli scarti indifferenziati.

Se poi anche Salvini, che ama gli italiani, volesse abolire l'anomalia tutta nazionale, di aver fatto diventare per legge i nostri scarti una fonte di energia rinnovabile, gliene saremmo grati.

Questa norma, che la solita anonima manina ha introdotto quando abbiamo recepito una norma europea per incentivare le energie rinnovabili, ci costa 300 milioni di euro all'anno, tanto vale il regalo fatto ai gestori degli inceneritori nostrani.

Sono soldi pagati, a loro insaputa, da tutti gli italiani con la bolletta della luce, nella voce A3 delle tasse a carico.

Andate a controllare, per avere un'idea di quanto vi costa mantenere una cinquantina di "termovalorizzatori".

Pensateci, quando tra qualche giorno vedrete Salvini in trasferta sciistica in Danimarca.

Federico Valerio

fonte: https://federico-valerio.blogspot.com/