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Il Giappone avrà la prima filiera dell’idrogeno al mondo nel 2030

Tokyo è nella fase di rodaggio con alcuni progetti pilota, tra cui una nave per il trasporto via mare su lunga distanza dell’idrogeno in forma liquida. E adesso vuole accelerare su ricerca, tecnologie e partnership strategiche




Il Giappone fissa al 2030 la data in cui sarà operativa la sua prima filiera dell’idrogeno. L’annuncio del piano che contribuirà a ridurre le emissioni di carbonio del paese è stato dato ieri dal ministro all’Industria Hiroshi Kajiyama. Per raggiungere questo obiettivo, Tokyo si impegna ad accelerare alcuni processi già in atto. Su tutti, gli sviluppi tecnologici necessari a rendere l’idrogeno commercialmente conveniente.

Il perno del piano giapponese è il trasporto via mare di ingenti quantità di idrogeno liquido. Il paese nipponico su questo fronte è all’avanguardia. Lo scorso dicembre è stata varata la prima nave commerciale al mondo per il trasporto dell’idrogeno sotto forma liquida. La Suiso Frontier – questo il nome dell’imbarcazione – è frutto della partnership tra Kawasaki Heavy Industries, un vasto conglomerato industriale giapponese attivo nel settore nautico, aerospaziale e ferroviario, insieme a Iwatani Corporation, Shell Japan e J-Power.

Secondo quanto annunciato da Kajiyama, dopo questi mesi di rodaggio la Suiso Frontier entrerà in funzione a inizio 2021 con il primo carico dall’Australia. Sarà il primo embrione di una filiera dell’idrogeno vera e propria. In linea con gli impegni presi con la strategia nazionale sull’idrogeno del 2017, il governo intende continuare a supportare questo processo tramite una voce apposita del budget statale. Per l’anno fiscale 2021 il ministro ha annunciato un aumento del 20%, che porta l’ammontare a circa 800 milioni di dollari. Denaro destinato sia alla ricerca e allo sviluppo tecnologico, sia alla creazione delle infrastrutture nazionali necessarie per l’importazione e la distribuzione di questo vettore energetico.

Con questo sforzo ulteriore, il Giappone punta a raggiungere il suo obiettivo strategico di diventare la prima “società a idrogeno” al mondo. Vale a dire: sfruttare questo vettore in modo trasversale e integrato, dai trasporti alla produzione di energia, al riscaldamento. Il piano coinvolge anche le principali aziende nazionali. Non a caso, sempre il 14 ottobre Toyota Motor e altre 8 compagnie hanno annunciato che entro dicembre formeranno una nuova rete nazionale che ha lo scopo di promuovere la creazione di filiere dell’idrogeno (e quindi accelerare l’emergere di un mercato specifico) e di alleanze globali.

Punto chiave per la riuscita della strategia è l’abbattimento dei costi. Attualmente, i prezzi al dettaglio battono sui 100 yen/Nm3 (circa 80 centesimo di euro). La strategia nazionale giapponese per l’idrogeno punta a scendere fino a 30 yen/Nm3 al 2030 (0,24 euro). E a 20 yen/Nm3 (16 centesimi) nel lungo periodo. Già nel breve-medio periodo, suggeriscono però gli analisti, il successo del piano giapponese si potrà misurare con un singolo indicatore. Ovvero l’adozione (o meno) dell’idrogeno a livello commerciale nella produzione di energia. Questo perché le centrali ne dovrebbero consumare quantità ingenti. Lo slittamento del comparto verso l’idrogeno potrebbe quindi accelerare la fattibilità della diffusione dell’idrogeno anche in altri settori.

fonte: www.rinnovabili.it


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WaveStar: Energia pulita illimitata dalle onde del mare in Danimarca
















La traduzione letterale dall’inglese di WaveStar, è appunto Stella delle Onde, e sta a significare una brillante idea per la produzione di energia pulita illimitata, sfruttando la forza continua delle onde, superando il concetto di sfruttamento del forte vento del mare con gli impianti eolici offshore.

Idea e concetto innovativo di WaveStar

Il concetto è stato inventato dagli appassionati di vela Niels e Keld Hansen nel 2000. La sfida era quella di creare una produzione regolare di energia onde oceaniche distanti 5-10 secondi.
Ciò è stato ottenuto con una fila di boe semisommerse, che si alzano e si abbassano a loro volta mentre l’onda passa, formando la parte iconica del design di Wavestar. Ciò consente di produrre continuamente energia nonostante le onde siano periodiche.
L’esclusivo sistema di protezione dalle tempeste della macchina, uno dei molti aspetti brevettati del progetto, garantisce la sopravvivenza in mare della macchina e rappresenta una vera pietra miliare nello sviluppo delle macchine a energia d’onda.
L’energia delle onde svolgerà un ruolo cruciale nel garantire il nostro futuro energetico, ma sopravviveranno solo le macchine in grado di resistere alle tempeste più forti.
Le questioni climatiche e ambientali richiedono una rapida diversificazione verso più fonti rinnovabili al fine di soddisfare le nostre future esigenze energetiche. Wavestar lavorerà in armonia con altri metodi di energia pulita per supportare il movimento di energia alternativa e garantire un approvvigionamento continuo di energia pulita. Immagina cosa possiamo fare insieme.

Come funziona

L’impianto di WaveStar trae energia dalla potenza delle onde con galleggianti che salgono e scendono con il movimento su e giù delle onde. I galleggianti sono fissati con le braccia a una piattaforma che si trova su enormi gambe fissate al fondo del mare. Il movimento dei galleggianti viene trasferito tramite propulsione idraulica nella rotazione di un generatore, producendo elettricità.















Si possono vedere i grandi galleggianti che assorbono l’energia delle onde e lo traducono in energia elettrica pulita e illimitata.

Le onde percorrono la lunghezza della macchina, sollevando a sua volta 20 galleggianti. Alimentare il motore e il generatore in questo modo consente una produzione continua di energia e una produzione regolare.
Questo è un nuovo standard radicale e un concetto unico nell’energia dalle onde oceaniche o marine; è uno dei pochi modi per convertire la potenza delle onde fluttuanti nella rotazione ad alta velocità necessaria per generare elettricità.

Gli aspetti positivi di WaveStar e il futuro energetico

La macchina Wavestar è meno visibile e più silenziosa delle turbine eoliche e ha anche un impatto positivo sulla fauna selvatica sotto la macchina, creando una zona protetta dalla pesca.
Le macchine di prova e ricerca operano nel Mare del Nord e nei fiordi danesi dal 2006 e sono tra le prime macchine a energia d’onda ad essere collegate alla rete.
Con la macchina da 500 kW in fase di sviluppo, l’azienda ha conquistato una posizione tra i principali sviluppatori di energia alternativa al mondo.
WaveStar punta a renderla la prima macchina da 1 MW prodotta in serie per grandi oceani, pronta per la vendita nel 2017.Wave Star non si ferma qui però. La macchina sarà quindi raddoppiata per dimensioni, in grado di gestire il doppio dell’altezza dell’onda.
Ciò aumenterà la potenza di ogni macchina a 6 MW, consentendo a una singola macchina di fornire energia per 4.000 case.
Almeno sulla carta, questi sono numeri impressionanti. Il progetto Wavestar punta davvero ad essere una delle più importanti innovazioni nel mondo delle energie rinnovabili. Gli oceani del globo insieme rappresentano circa 1,35 miliardi di chilometri cubi. Sono 1.260.000.000.000.000.000.000 di litri d’acqua.

Gli studiosi più importanti del settore credono che se solo una frazione del potere cinetico delle maree oceaniche venisse catturato, ciò soddisferebbe le esigenze energetiche del mondo più volte.
Per questo auspichiamo che il nuovo governo italiano, che si è presentato con un’aurea green e ha messo tra i suoi punti lo sviluppo sostenibile al minimo impatto ambientale attraverso tutte le forme di energia pulita, vista l’abbondanza di territorio marino nazionale, possa individuare quanto prima dei siti adatti a questo tipo di impianti e iniziare a lavorare sin da subito su questo tipo di innovazione tecnologica.
fonte: https://www.ambientebio.it

Energia, in Francia la prima centrale nucleare pulita e senza scorie che aiuterà a salvare il clima. Con 1,2 miliardi di tecnologia italiana

La fusione, reazione che alimenta il sole e le stelle, è altamente efficiente e la sua fonte di partenza è l’acqua. Ma rappresenta una sfida scientifica e ingegneristica. Nel 2025 partiranno i test in un impianto frutto della collaborazione di Cina, Giappone, India, Corea del Sud, Russia, Usa, Ue e Svizzera, di dimensioni paragonabili a quelle di una centrale elettrica. Le imprese italiane hanno fornito materiali per il 60% del valore dei bandi per componenti ad alto contenuto tecnologico














Ci sono 1,2 miliardi di euro di tecnologia italiana nella centrale nucleare del futuro. Un impianto per generare energia basato sulla fusione termonucleare. Cioè la reazione naturale che alimenta il sole e tutte le stelle: un processo pulito che non genera scorie. Si tratta di una frontiera tecnologica su cui molti paesi – tra cui l’Italia con Enea e i suoi partner – concentrano la loro ricerca da anni e che si è concretizzata nel 2007 in un progetto internazionale da 20 miliardi di dollari battezzato Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor). La settimana scorsa è stato inaugurato in Francia l’edificio destinato ad accogliere il reattore sperimentale. E nel 2025 i partecipanti – CinaGiappone, India, Corea del Sud, RussiaUsaUe e Svizzera – attiveranno a Cadarache la prima centrale a fusione termonucleare al mondo, con dimensioni paragonabili a quelle di una centrale elettrica convenzionale. Affiancata alle fonti rinnovabili, la fusione termonucleare potrebbe significativamente contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici. Anche se bisognerà attendere il 2035, quando dopo 10 anni di test il progetto si chiuderà e potranno partire le centrali commerciali.
La fusione nucleare è considerata altamente efficiente e pulita perché la sua fonte di partenza è l’acqua e non genera scorie. Ma rappresenta una vera sfida scientifica e ingegneristica, coinvolgendo campi come la superconduttività, la criogenia e il vuoto spinto. L’Italia sta dando un contributo fondamentale: abbiamo superato la soglia degli 1,2 miliardi di euro di contratti acquisiti per la realizzazione del progetto, sottolinea la rivista Enea Energia Ambiente e Innovazione. Considerando solo le componenti ad alto contenuto tecnologico, le imprese italiane – da Angelantoni Test Technologies ad Ansaldo Nucleare e Walter Tosto – hanno fornito materiali per il 60% del valore dei bandi di Fusion for Energy (F4E), l’Agenzia dell’Unione europea che gestisce il contributo Ue alla costruzione di Iter, sottolinea Aldo Pizzuto, responsabile dipartimento Fusione e Tecnologie per la sicurezza nucleare di Enea e coordinatore del Progetto DTT. Il dipartimento e i Centri di Ricerca di Frascati e del Brasimone fanno di Enea il punto di riferimento italiano nel progetto.


© ITER Organization, http://www.iter.org/
Iter è in pratica un reattore deuterio-trizio (due isotopi dell’idrogeno) dove la reazione nucleare avviene grazie a un plasma (gas ionizzato che fa da combustibile) confinato in una macchina chiamata Tokamak dove si crea un potentissimo campo magnetico. Lo scopo principale di Iter è dimostrare la fattibilità scientifica e tecnologica della fusione come fonte di energia, raggiungendo una reazione di fusione stabile. La prima reazione (ignizione del primo plasma) è prevista nel 2025 e la durata di Iter sarà di dieci anni. Gli scienziati di Enea sono stati tra i primi a realizzare impianti per lo studio dei plasmi a confinamento magnetico e macchine per la fusione come il Frascati Tokamak e il Frascati Tokamak Upgrade. Nell’ambito del progetto Iter, il centro di ricerca di Enea a Frascati è stato scelto per ospitare il DTT o Divertor Tokamak Test facility finanziato con circa 500 milioni di euro di fondi privati e pubblici, tra cui 250 milioni di euro dalla Bei. Si tratta di un cilindro ipertecnologico alto 10 metri con raggio di 5 metri basato su tecnologie made in Italy e ideato da Enea in collaborazione con Cnr, Istituto nazionale di fisica nucleare, Consorzio Rfx, Consorzio di Ricerca per l’Energia, l’Automazione e le Tecnologie dell’Elettromagnetismo e diverse università. DTT dovrà testare il funzionamento di Iter: vi sarà confinato plasma portato a 100 milioni di gradi centigradi con un’intensità di corrente di 6 milioni di Ampere e campo magnetico di 60mila Gauss circondato da una rete di oltre 40 km di cavi superconduttori che si troverà a -269 gradi.
La fusione nucleare è la reazione naturale che alimenta il sole e tutte le stelle, ma non è banale da ottenere sul pianeta Terra. Occorre portare gli ioni a temperature gigantesche e far prevalere le forze di attrazione nucleare rispetto a quelle di repulsione elettrica. Per questo si usano campi magnetici giganteschi o, spiega Pizzuto, la tecnica del “confinamento magnetico”: un contenitore con magneti superconduttori più temperature elevatissime che permettono di rompere la barriera elettrica, oltrepassata la quale le particelle si attraggono e si uniscono producendo energia. DTT (mettendo a frutto anche brevetti Enea) testerà questa tecnica mentre cercherà una soluzione alle questioni fondamentali che restano aperte: incanalare l’energia prodotta in modo efficiente (oggi sono necessari enormi spazi), mantenere la stabilità del sistema, abbassare i costi dell’intero processo di generazione per renderlo competitivo con le altre fonti e ottenere la stessa enorme efficienza in centrali di taglio piccolo. Per questo l’Italia continua a lavorare sui superconduttori più performanti che creano campi magnetici maggiori in volumi più piccoli.
Ma sulla percorribilità pratica del sistema i partner di Iter sono “molto fiduciosi”, afferma Pizzuto: l’elettricità da fusione termonucleare si farà. Le promesse sono entusiasmanti: la reazione è pulita perché non brucia combustibili fossili ed è sicura, non solo perché priva di scorie ma perché nel Tokamak, se i parametri vanno fuori range, il processo si spegne. Affiancata alle fonti rinnovabili, la fusione termonucleare potrebbe significativamente contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici. Dopo il 2035. 
fonte: www.ilfattoquotidiano.it

Il mercato energetico apre alle famiglie: l’Uk testa il peer-to-peer

Gli scienziati informatici dell’Università di Bristol stanno cercando di realizzare una piattaforma di “libero scambio”  per l’energia pulita prodotta dai micro-generatori
















E se l’energia pulita facesse a meno delle grandi società di distribuzione e potesse essere venduta direttamente dai piccoli produttori domestici agli altri consumatori? Un progetto nel Regno Unito sta cercando di capire come realizzare tutto ciò, ossia come tagliare gli intermediari per realizzare un nuovo mercato energetico peer-to-peer (traducibile come rete paritariadelle rinnovabili. Il progetto è frutto di un gruppo di informatici dell’Università di Bristol finanziati dal Consiglio di ricerca in Scienze Ingegneristiche e Fisiche (EPSRC).

Negli ultimi anni la Gran Bretagna ha assistito ad un exploit della generazione distribuita su piccola scala: un numero sempre più alto di individui e organizzazioni hanno installato sulle rispettive proprietà micro impianti per la produzione di energia solare o eolica. Attualmente quello che non viene consumato dal proprietario è venduto alla rete nazionale ad un prezzo prestabilito. Ed è proprio qui che si inserisce il progetto dell’ateneo UK: gli scienziati stanno cercando di creare un mercato peer-to-peer che permetta alle famiglie di acquistare o vendere direttamente il surplus le une con le altre, senza servizi d’intermediazione o terze parti.

L’obiettivo, come spiega la dottoressa Ruzanna Chitchyan, che dirige il progetto, è creare un mercato democratizzato“Se hai installato alcuni pannelli solari potresti voler cedere il tuo surplus al vicino rifugio per senzatetto invece di venderlo al fornitore di servizi pubblici. Oppure farlo comprare a qualcun altro ad un prezzo migliore”, commenta Chitchyan. “Le famiglie che producono l’energia dovrebbero poter decidere cosa farne. Allo stesso modo, i consumatori dovrebbero essere in grado di stabilire quale energia acquistare e a quale prezzo. La piattaforma di trading HoSEM supporterà questa libertà di scelta”.

In realtà simili piattaforme peer-to-peer esistono già in altri mercati; basti pensare ad Airbnb nel settore alberghiero o Uber nei trasporti taxi (anche se entrambi impongono ancora notevoli costi di centralizzazione e di intermediazione). La ricerca dell’Università di Bristol coinvolgerà EDF Energy come partner industriale. La società sta infatti già testando il concetto di scambio P2P tra le famiglie di un condominio londinese come parte di un suo progetto.
Gli scienziati, assieme ai colleghi delle università di Exeter e Leicester, sono attualmente impegnati nello sviluppo sviluppando una piattaforma tecnica che supporti il trading energetico a livello domestico. Ciò consentirà ai partecipanti al mercato di gestire le transizioni attraverso un registro che le renda sicure, facilmente verificabili e protette.

fonte: www.rinnovabili.it

OsservatorioBorgoGiglione: Laboratori per Ecodistretto e Cena - Domenica 7 aprile dalle ore 17.30

Chiamiamo tutte e tutti, le altre associazioni del territorio, a partecipare all'incontro conviviale e ai laboratori per l'ecodistretto, già fissati per domenica 7 aprile a Maestrello, per condividere la festa e l'impegno per il futuro.


fonte: osservatorioborgogiglione.it

C’è Salina tra le isole UE dell’energia pulita

Sono 6 le isole minori del Vecchio Continente selezionate per un progetto pilota di transizione verso l’autosufficienza energetica e la sostenibilità

















C’è anche un pezzo di Italia nelle sei isole pilota del Vecchio Continente scelte dalla Commissione Europea per la transizione verso l’energia pulita, nell’ambito dell’iniziativa “Clean Energy for EU Islands”, che intende favorire un percorso verso l’autosufficienza, la sostenibilità e la creazione di nuovi posti di lavoro nelle isole minori. Si tratta dell’isola di Salina, nell’arcipelago delle Eolie. Oltre all’isola siciliana, fanno parte del programma Cres-Lošinj (Croazia), le Isole Aran (Irlanda), Sifnos (Grecia), Culatra (Portogallo) e La Palma (Canarie, Spagna). Altre 20 isole dell’Unione, fra cui Favignana e Pantelleria per l’Italia, avvieranno le attività entro l’estate 2020.
Le attività previste da “Clean Energy for EU Islands” saranno  avviate nei prossimi mesi con la redazione del Piano per la transizione energetica dell’isola, grazie al supporto di ENEA, Regione Siciliana e Segretariato europeo “Clean Energy”.

Il percorso di Salina verso la sostenibilità ambientale non comincia oggi. Prima isola in Italia a essere scelta per questa iniziativa, Salina ha iniziato la sua strada green nel 2013 con la firma del “Patto delle isole”, grazie al quale i tre Comuni isolani hanno elaborato i bilanci di energia ed emissioni di CO2 e i Piani d’azione per l’energia sostenibile (PAES). Poi la candidatura al programma europeo, promossa promossa da ENEA e Regione Siciliana, assieme alle tre amministrazioni comunali dell’isola (Malfa, Santa Marina di Salina e Leni), all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e alle associazioni locali.
La best practice di Salina sarà la base su cui pianificare la transizione sostenibile di Pantelleria e Favignana, ma anche di altre isole minori della Sicilia – ha spiegato Francesco Cappello del dipartimento ENEA Unità Efficienza Energetica – La pianificazione della transizione energetica al 2050 del maggior numero di isole minori, fra le 14 presenti negli arcipelaghi siciliani, è infatti prevista dal documento preliminare del nuovo Piano Energetico Regionale, coordinato dal Dipartimento dell’Energia della Regione Siciliana e messo a punto da enti tecnico scientifici , fra i quali ENEA, Università siciliane, CNR e GSE”.

fonte: www.rinnovabili.it

Tamburrano: «Solo le energie rinnovabili possono salvarci dalla tempesta perfetta climatica»

L'osservatorio indipendente Vote Watch lo ha inserito fra i cinque parlamentari europei più autorevoli (su 751) in materia di politiche energetiche. Lui è Dario Tamburrano, europarlamentare dal 2014 per il Movimento 5 Stelle che sta ottenendo notevoli risultati nell'ambito delle energie rinnovabili.




Dario Tamburrano siede al Parlamento europeo dal 2014 per il M5S. Romano, 49 anni, è "cresciuto" politicamente nei meetup occupandosi di ambiente, sicurezza alimentare ed economia circolare. E' stato membro di ASPO Italia (l'associazione che studia il picco del petrolio) e tra i fondatori del nodo italiano di Transition Town. Ha curato la traduzione italiana di saggi su ambiente e risorse, fra i quali i lavori di Lester Brown e di Benoit Thévard (le traduzioni sono gratuitamente disponibili QUI). Oggi è coordinatore della commissione parlamentare ITRE (energia, industria, ricerca, telecomunicazioni), membro supplente della commissione parlamentare TRAN (trasporti e turismo) e vicepresidente dell'intergruppo parlamentare “Beni comuni e servizi pubblici”.
L'osservatorio indipendente Vote Watch, che si occupa di politiche europee, lo ha inserito fra i cinque parlamentari europei – su 751 – più autorevoli in materia di politiche energetiche.
Dario, su quali temi si è mosso principalmente in questi anni di impegno all'europarlamento?
Energia, o meglio energie rinnovabili. Ritengo che siano l'unico strumento per salvarci dalla tempesta perfetta climatica, energetica ed economica. Sono ormai sotto gli occhi di tutti i cambiamenti climatici dovuti all'uso dei combustibili fossili e alla conseguente emissione di gas serra nell'atmosfera, ma non solo: dal punto di vista geopolitico, si impone la constatazione che l'UE non possiede riserve di combustibili fossili sufficienti ai suoi bisogni. La dipendenza energetica ha come effetto collaterale l’impossibilità di essere liberi da condizionamenti politici esterni. E’ un problema pertanto non solo ambientale, ma di libertà e democrazia.
Quali attenzioni e impegni trasversali è riuscito a far convergere sulle tematiche a lei care?
Il frutto più bello è stato riuscire a costruire un'ampia maggioranza, all'interno del Parlamento Europeo, a favore dei diritti dei piccoli produttori-consumatori di energie rinnovabili: i prosumer, siano essi singoli individui o riuniti in cooperative (comunità dell’energia). In assenza di questo riconoscimento, Paesi come Spagna ed Italia hanno ad esempio potuto stroncare a suon di tasse e balzelli la produzione diffusa di energia solare. Nell'ambito della revisione della direttiva rinnovabili, nel gennaio scorso, il Parlamento Europeo - su nostra proposta - ha sancito che tutti hanno diritto a produrre, stoccare e consumare l'energia rinnovabile senza pagare tasse, e a scambiarsi le eventuali eccedenze. Sempre in base a quanto è stato approvato dal Parlamento Europeo, il prezzo dell'eventuale surplus di energia ceduto dai prosumer alla rete elettrica non deve riflettere solo il prezzo di mercato, ma anche il valore aggiunto dell'energia prodotta in forma decentrata. Abbiamo lavorato anni per ottenere questo risultato.
Quali sono i successi maggiori ottenuto sul fronte della salvaguardia ambientale, delle energie rinnovabili e della sostenibilità ai quali la sua attività ha contribuito?
Quello relativo ai diritti dei prosumer è un successo del quale vado particolarmente orgoglioso. I dettagli della mia attività parlamentare sono sul mio blog. Altre soddisfazioni importanti sono venute dal nuovo regolamento per le etichette che indicano l'efficienza energetica di apparecchiature quali lavatrici, aspirapolveri, lavastoviglie eccetera. Sono stato il relatore di questo regolamento (significa che ho guidato l'azione legislativa del Parlamento Europeo), che entrerà in vigore gradatamente dalla fine del 2019. Le nuove etichette spazzano via l'attuale giungla basata su scale diverse di efficienza, ma soprattutto, per così dire, guardano lontano: anziché rincorrere il presente (come di solito fa la legislazione), hanno due caratteristiche che assecondano i futuri sviluppi dell'efficienza energetica. La prima di queste due caratteristiche è la creazione di un database online pubblico di tutti i prodotti coperti da etichettatura. Si potrà accedere al database da ogni etichetta, attraverso un QR code (o simili) riportato sull'etichetta stessa e leggibile con uno smartphone. Il database consentirà di sviluppare applicazioni in grado di effettuare confronti immediati fra i vari modelli e di individuare quello che offre il maggiore risparmio di energia rispetto alle abitudini personali di impiego. Inoltre – ed è la seconda caratteristica – sarà possibile inserire sulle etichette il simbolo che indica la capacità di un'apparecchiatura di essere smart, cioè di entrare in funzione quando l'energia elettrica costa meno o è più abbondante. E' la nuova frontiera dell'efficienza energetica: un risparmio di energia non solo di tipo quantitativo ma anche qualitativo (relativo cioé a quando e a dove viene utilizzata l’energia) che contribuisce all'indispensabile bilanciamento di una rete elettrica nella quale viene immessa una crescente quantità di energia rinnovabile, per sua natura discontinua e non programmabile.
Come e in che misura il Parlamento europeo incide sulle decisioni della UE?
Siamo abituati a pensare che un parlamento approvi le leggi e abbia facoltà di iniziativa legislativa: o almeno, a scuola ci hanno insegnato che queste sono le prerogative del Parlamento italiano, anche se di fatto ha abdicato a gran parte di esse. Il Parlamento Europeo non ha queste facoltà nemmeno sulla carta: è uno dei due co-legislatori europei insieme al Consiglio UE, la “voce” dei Governi degli Stati membri. L'iniziativa legislativa invece appartiene esclusivamente alla Commissione Europea. Tradotto in pratica, questo significa che il Parlamento Europeo approva le modifiche che, a giudizio della sua maggioranza, andrebbero apportate alle proposte legislative della Commissione Europea. Lo stesso, separatamente, fa il Consiglio UE. Poi i rappresentanti di Parlamento e Consiglio UE si riuniscono nei cosiddetti triloghi, le trattative politiche per conciliare fin nei minimi dettagli le rispettive posizioni. Il testo legislativo uscito da questa trattativa viene poi approvato separatamente, nell'identica forma, da Parlamento Europeo e Consiglio UE. Ora, ad esempio, è in fase di trilogo la direttiva rinnovabili che contiene i diritti dei prosumer sanciti dal Parlamento Europeo. L'unica facoltà di un eurodeputato come me è quella di battersi affinché i risultati ottenuti nel Parlamento non vengano cancellati durante il trilogo. Eppure il Parlamento Europeo è l'unica istituzione UE eletta direttamente dai cittadini... E' una delle contraddizioni dell'UE. Di questa UE. Detto questo, molti pensano che il Parlamento Europeo non conti nulla o che sia un luogo di ritrovo di sfaccendati. Non è affatto vero. Il lavoro, se lo si vuol fare, è intensissimo e le decisioni che vengono prese hanno il loro peso. Altrimenti non saremmo contattati da lobbisti espressione di vari interessi che provano a influenzare le nostre decisioni.
Su quali fronti ritiene più urgente intervenire oggi, sia per quanto riguarda il fronte italiano che quello più complessivo europeo?
È indispensabile investire massicciamente, anche con politiche monetarie e finanziarie ad hoc, per una rapida transizione verso una società basata sulle rinnovabili e sull'efficienza energetica. Oltre a presentare i ben noti vantaggi ecologici, una politica del genere metterebbe al riparo la nostra economia dall’oscillazione dei prezzi dell'energia e sarebbe in grado di generare prosperità diffusa tramite una miriade di piccoli e piccolissimi impianti per la produzione di energia rinnovabile. Indipendenza energetica inoltre significa maggiore indipendenza politica: l’Unione Europea può liberarsi sia dai ricatti di chi minaccia di interrompere le forniture, sia dal coinvolgimento in tensioni geopolitiche e potenziali conflitti.
Cosa sta accadendo con TTIP e CETA e quale peso gli interessi che stanno dietro questi trattati hanno sulla politica e sui politici?
Il TTIP è finito in freezer con l'insediamento alla Casa Bianca di Trump che, al contrario del suo predecessore, sembrerebbe non amare questo trattato. Il CETA invece, dopo l'ok di Consiglio UE e di Parlamento Europeo (i 5 Stelle hanno votato contro), nel settembre 2017 è entrato in vigore a titolo provvisorio e a tempo indeterminato. L'entrata in vigore definitiva avverrà solo dopo la ratifica da parte di tutti i Parlamenti degli Stati UE. Le ratifiche non procedono speditamente: in Italia, ad esempio, sembrava che il voto dovesse avvenire la scorsa estate, ma tutto si è fermato in seguito alle proteste dei cittadini e di parte del mondo dell’agricoltura. L'unica, piccola buona notizia è che la clausola ISDS-ICS del CETA (la clausola che consente alle grandi corporation di citare in giudizio per danni gli Stati davanti a un tribunale speciale) sarà operativa solo dopo la ratifica del CETA da parte di tutti i parlamenti, ma il Parlamento della Vallonia belga ha già detto che non ratificherà il CETA proprio a causa della clausola ISDS-ICS.
Come viene vista l'Italia da altri paesi di maggior peso in Europa, come per esempio Francia e Germania?
Nelle istituzioni europee, frequento essenzialmente le assemblee plenarie del Parlamento e le commissioni parlamentari: luoghi in cui, con ritmi il più delle volte frenetici, si discutono idee, si limano emendamenti e si vota. Non c'è gran tempo per le chiacchiere... Posso però dire che noi italiani del M5S, all'inizio guardati con l'aria di sufficienza riservata agli ultimi arrivati (peraltro una campagna stampa estera ci aveva dipinto come degli sgangherati neonazisti incompetenti), ci siamo guadagnati i gradi sul campo: i colleghi ci stimano ed apprezzano perchè dimostriamo preparazione, passione ed impegno costante.

fonte: http://www.ilcambiamento.it

Energia pulita dai reflui: in Piemonte il 1° depuratore a fuel cell

L’impianto è il primo al mondo ad auto alimentarsi con il biogas ottenuto dal trattamento dei reflui,: succede a Collegno nella centrale di depurazione della SMAT


















Taglio del nastro, presso la centrale di trattamento delle acque reflue di Collegno, in Piemonte, del primo di tre moduli fuel cell. Una volta completati i lavori di installazione, il depuratore sarà il primo impianto di taglia industriale in Europa a generare energia pulita dai reflui urbani attraverso la tecnologica delle celle a combustibile ad ossidi solidi (SOFC). E, soprattutto il primo al mondo ad auto-alimentarsi tramite la produzione di biogas.


Dietro a questi primati c’è il lavoro di una nutrita squadra, quella del progetto europeo DEMOSOFC, coordinato dal Politecnico di Torino e condotto da un partenariato di istituti accademici e aziende europee: la Società Metropolitana Acque di Torino (SMAT) che gestisce il depuratore, l’azienda finlandese Convion Oy, produttrice di sistemi SOFC, il centro di ricerca finlandese VTT ed l’Imperial College of Science, Technology and Medicine (Londra).
L’iniziava, di cui Rinnovabili aveva già parlato in occasione della sua presentazione nel 2015, è ormai matura per passare alla pratica.



Energia pulita dalle acque reflue, come funziona?


I fanghi, filtrati dalle acque reflue urbane, sono sottoposti a digestione anaerobica per ricavare biogas. Il combustibile viene purificato, separando zolfo e altri contaminanti; quindi è inviato agli elettrodi della cella dove  le sue molecole vengono “spezzate” in ioni positivi ed elettroni, producendo corrente. Il sistema è cogenerativo, in quanto consente inoltre il parziale recupero del calore rilasciato dalle fuell cell. La particolarità della tecnologia SOFC (Solid Oxide Fuel Cell) è, infatti, quella di funzionare a circa 800°C.

Il processo che permette non solo di ottenere energia elettrica e calore, ma anche altri due “prodotti”: acqua pulita e il ri-fissaggio del contenuto di carbonio del combustibile primario (biogas) in forma di biomassa che può essere reimpiegata.

L’impianto piemontese si avvale di tre moduli ed in grado di fornire in cogenerazione 175 kW elettrici e 90 kW termici, con un’efficienza elettrica del 53%: produrrà un milione di m3 di biogas l’anno a partire dal trattamento di reflui urbani di 180mila persone. L’energia pulita prodotta permetterà di coprire fino al 30% dei bisogni elettrici del depuratore. Il che significa minori emissioni e un risparmio in bolletta per l’azienda di quasi 200mila euro l’anno.

fonte: www.rinnovabili.it