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Avvocato Valeria Passeri: Non bruciamoci il futuro!


















Avv Valeria Passeri (esperta in diritto ambientale): “Avendo ascoltato le dichiarazioni addotte nella Conferenza stampa di ieri 6 giugno dalla Vicesindaco di Gubbio, Ing. Tasso, devo rilevare quanto segue: 
1. Estendere la tipologia dei rifiuti ai CSS (combustibili solidi secondari, tra cui: plastica, pneumatici ecc.),  significa modificare la qualità/quantità delle emissioni in atmosfera, per cui si tratta di una modifica sostanziale dell'AIA ai sensi dell' art. 5, comma 1, lettera l bis, d.lgs.152/2006, che impone la procedura ex art. 29 quater, richiamata dall'art 29 octies d.lgs 152/2006 sul riesame dell'AIA.
2. Sul riesame dell'AIA si richiama infatti sempre l’Art. 29 quater sul procedimento da applicare per l'adozione dell'AIA, che prevede il ricorso alla conferenza di servizi, come avvenuto per il caso "Acea", citato dalla Vicesindaco, con la partecipazione del Comune, Asl, Arpa etc. nonché  di comitati/cittadini, attraverso, questi ultimi, le loro osservazioni da far pervenire alla Regione (servizio autorizzazioni ambientali dott. Andrea Monsignori).
3. La modifica è comunque sostanziale per legge (!), da qui la necessità della conferenza di servizi, perché, si ribadisce, estendendo la tipologia dei combustibili, ne deriva un' evidente modifica delle emissioni in atmosfera per quantità e qualità.
Sempre a proposito del caso Terni, nel 2019 il Comitato No inceneritori  fece le osservazioni nel procedimento di riesame dell'AIA di Acea, relativo proprio all'estensione della tipologia di rifiuti/materiali conferibili nell'inceneritore, diversi dal pulper di cartiera, in un procedimento che ha impegnato più sessioni della conferenza di servizi ai sensi dell'art. 29 octies d.lgs.152/2005 sul riesame dell'AIA, nel pieno contraddittorio tecnico, secondo il principio costituzionale del "giusto procedimento". Solo così è garantita l'indefettibile partecipazione del pubblico nelle scelte ambientali, riconosciuta dalla Convenzione di Rio de Janeiro del 1992 e dalla Convenzione di Aarhus del 1998".

Firma la nostra Petizione 


Avv.Valeria Passeri

VicePresidente del #WWFPerugia e membro del direttivo @Cru_rz #RifiutiZeroUmbria


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La plastica riciclata in aiuto della stampa 3D, il progetto arriva dalla Danimarca



















Mogens Hinge con Gitte Buk Larsen


Il Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Aarhus, in Danimarca, vuole rivoluzionare l’uso della plastica riciclata nella stampa 3D. L’obiettivo è riciclare i rifiuti di plastica in un prodotto a filamento standard, poiché l’industria non ha gli standard del filamento di qualità di stampa. Questo schema proviene in particolare dal dipartimento di ingegneria, e dal professore associato Mogens Hinge in collaborazione con la società di trasformazione e riciclaggio della plastica Aage Vestergaard Larsen A / S. Il progetto ha già ricevuto finanziamenti per 84.000 euro.

“Se il progetto avrà successo, rivoluzionerò il consumo di materiale delle stampanti 3D. Stiamo parlando della possibilità di utilizzare i rifiuti di plastica per creare nuovi filamenti di alta qualità. Avrà un impatto significativo per l’ambiente e il clima a lungo termine. ” ha dichiarato Gitte Buk Larsen responsabile marketing di Aage Vestergaard Larsen A / S.

Secondo il professor Hinge, la necessità della riforma è dovuta alla crescente necessità di filamenti di stampa 3D, poiché l’industria è in rapida crescita e la pratica dell’uso della plastica è spesso fatto ad hoc e priva di standard. Questo rende l’industria dell’utilizzo della plastica nella stampa 3D un “selvaggio West”.

Secondo Hinge, il filamento per la stampa 3D può variare in termini di qualità, anche se il prodotto è realizzato con lo stesso tipo di plastica e proviene dallo stesso fornitore.

L’obiettivo finale del progetto dell’università è quello di produrre un filamento standardizzato e completamente documentato che sia, naturalmente, di alta qualità e stabile, e come detto è realizzato in plastica riciclata.
Impatto positivo sull’ambiente?


Oggi l’industria è principalmente costituita da materie plastiche nuove o vergini, spiega Mogens Hinge. Il riciclaggio della plastica ha minori emissioni di CO2. Diverse aziende stanno affrontando il problema dei rifiuti di plastica della stampa 3D e il 2020 è destinato a essere un anno di rinnovata attenzione e impegno per la sostenibilità.

Il professor Hinge ritiene che l’industria della stampa 3D apprezzerà l’approccio: “È già possibile, ma non è ancora stato fatto. Penso che questo sia il prossimo passo necessario per mettere in produzione la tecnologia di stampa 3D (FDM). ” Il progetto si chiama “Sviluppo di filamenti per la stampa 3D a base di plastica riciclata” è diretto da Aage Vestergaard Larsen A / S.

fonte: https://www.digitalic.it

Giudizio Universale contro lo Stato

Anche in Italia si prepara la prima azione legale contro lo Stato, responsabile di aver messo in campo, nell’ipotesi più benevola, politiche inefficaci contro i cambiamenti climatici. Quelle promosse con la campagna Giudizio Universale non sono affatto azioni dal valore meramente simbolico. Vogliono aprire una strategia inedita per la difesa dei cittadini destinata a segnare un cambiamento concreto su questi temi nel rapporto tra libertà e autorità e tra la democrazia, la legittimità dei poteri e la responsabilità politica verso le attuali e le future generazioni. L’8 agosto la campagna viene presentata a Cortina




Anche in Italia parte la prima causa climatica contro lo Stato. Si chiama “giudiziouniversale.eu”. Associazioni e movimenti ambientalisti, cittadini e genitori in rappresentanza dei figli e delle generazioni future agiranno nella veste di “difensori dei diritti umani”, come ammesso dalla Dichiarazione Onu del 1998 e sulla base della Convenzione di Aarhus.

Assistiti da un team legale composto dagli avvocati Luca Saltalamacchia, esperto di tutela dei diritti umani e ambientali, e Raffaele Cesari, esperto di Diritto civile dell’ambiente, affiancati dai professori Michele Carducci, dell’Università del Salento, esperto di Diritto climatico, ed Enzo Di Salvatore, dell’Università di Teramo, esperto di Diritto dell’energia, i cittadini citeranno in giudizio lo Stato, in forza dell’art. 2043 del Codice civile, per vederlo condannare nei suoi inadempimenti nella lotta contro i cambiamenti climatici.

Nel mondo si contano ormai diverse centinaia di cause legali climatiche, raggruppabili in tre categorie: cause contro lo Stato; cause contro imprese di estrazione o produzione fossile; cause contro progetti autorizzati e formalmente valutati compatibili con l’ambiente, ma climalteranti rispetto alle acquisizioni scientifiche internazionali.

Le cause legali climatiche non sono riconducibili alle ordinarie cause per danno ambientale. Questo deriva non solo dal fatto che clima e ambiente non identificano, dal punto di vista giuridico, il medesimo oggetto di normazione e tutela (il clima è definito un “iper-oggetto” giuridico, per la sua proiezione interspaziale e intertemporale). In estrema sintesi, l’esperienza ad oggi maturata dimostra che quelle climatiche sono cause differenziate da almeno quattro elementi:

1) non si fondano su questioni scientifiche controverse, ma sul loro esatto contrario, ovvero sulla condivisione, a livello internazionale, di acquisizioni scientifiche, in tema di origini e rimedi dei cambiamenti climatici, che gli Stati hanno accettato, impegnandosi ad adottare una serie di iniziative (si pensi all’Accordo di Parigi e ai Report dell’IPCC ma anche ai 17 SDGs di “Agenda 2030”), per le quali possono essere chiamati a dar conto davanti a un giudice (il dato è significativo, perché attesta che il c.d. “negazionismo climatico” è giuridicamente irrilevante);

2) se citati davanti a un giudice, gli Stati devono dimostrare di aver agito secondo “buona fede”, come richiede la Convenzione di Vienna sulla interpretazione dei Trattati internazionali, ma con la specificazione che tale “buona fede” è inevitabilmente “orientata dalla scienza”, ossia deve rispettare le acquisizioni scientifiche condivise (per es., in merito ai tempi di azione, ai limiti di riduzione dell’innalzamento della temperatura o delle emissioni, alle modalità di azione ecc….);

3) di conseguenza, la discrezionalità politica statale non è né illimitata né insindacabile, giacché anch’essa risulterà “orientata dalla scienza” e quindi vincolata all’onere della prova scientifica circa l’efficacia climatica delle decisioni statali;

4) di fronte a questo scenario, i cittadini possono rivendicare non solo il diritto alla tutela della propria vita e della propria salute, ma anche diritti più specifici, come quello a essere informati sulle basi scientifiche che orientano le decisioni dello Stato (secondo la Convenzione di Aarhus e la normativa europea) nonché il diritto umano al clima sicuro (desumibile da numerosi strumenti internazionali), ovvero il diritto a pretendere che le azioni attuali dello Stato garantiscano uno spazio operativo sicuro, di medio e lungo periodo, di controllo e stabilità dei cambiamenti climatici.

Pertanto, questo tipo di azioni non ha affatto un valore meramente simbolico. Servirà a imporre un modo nuovo di agire dello Stato, più attento ai diritti umani dei cittadini verso l’ambiente, il clima, le generazioni future.

Con la causa “Giudizio universale”, si inaugura una inedita strategia di difesa cittadina per la giustizia climatica, destinata a segnare un rapporto diverso tra libertà e autorità, legittimazione democratica dei poteri e responsabilità intergenerazionale della politica.

Anche solo per questo, vale la pena aderirvi.

fonte: https://comune-info.net/

Gratis i Costi di Giustizia per gli Ambientalisti

Una sentenza fissa un precedente importante per le associazioni che difendono il territorio: le associazioni ambientaliste non devono pagare i costi di accesso alla giustizia
















Marco Preve su la Repubblica

È una sentenza che segna un punto e un importantissimo precedente a favore delle onlus ambientaliste quella con cui la Commissione Tributaria regionale della Liguria ha accolto il ricorso dell’associazione Vas (Verdi, Ambiente Società) annullando una disposizione della segreteria del Tar che obbligava il Vas a pagare il cosiddetto contributo unificato relativo all’instaurazione di una causa davanti allo stesso Tribunale amministrativo regionale …
I giudici tributari regionali hanno accolto il ricorso del Vas presentato dall’avvocato Daniele Granara ribaltando così la sentenza di primo grado della Commissione Tributaria Provinciale che era invece favorevole all’obbligo di pagamento.
La sentenza si basa sul rispetto della Convenzione di Aarhus (firmata nella cittadina di Aarhus, in Danimarca, nel 1998) “ratificata – spiegano i giudici – dalla Repubblica Italiana con la legge 108 del 2001, impegna gli stati membri a prevedere l’adeguato riconoscimento e sostegno delle organizzazioni che promuovono la tutela dell’ambiente e a provvedere affinché l’ordinamento si conformi a tale obbligo, specie in materia di accesso alla giustizia, negare l’esenzione dal pagamento del contributo unificato per atti quali i ricorsi giurisdizionali finalizzati alla difesa di interessi collettivi diffusi in materia ambientale, porterebbe ad un evidente contrasto tra il diritto interno e le norme europee di pari rango, in quanto recepite nella legislazione nazionale, le quali mettono chiaramente in evidenza che il costo dei procedimenti giurisdizionali sopra indicati debba essere gratuito o non eccessivamente oneroso”.
Negli ultimi anni proprio questi costi sono aumentati e in passato l’ex presidente del Tar Liguria Santo Balba aveva spiegato come tale scelta scoraggiasse di fatto molti cittadini impossibilitati a versare alcune migliaia di euro solo per avviare la causa.
Nel caso in questione i Vas avevano impugnato davanti al Tar una deliberazione della Regione del 2014 che riguardava il “Progetto di coltivazione congiunta e recupero ambientale delle cave Gneo, Giunchetto e Vecchie Fornaci”.
Poiché il contributo unificato muta a seconda del valore della causa, per il business in ballo i questa vicenda i Vas avrebbero dovuto sborsare seimila euro in partenza.

È evidente che proprio tali costi siano un fortissimo deterrente per molte associazioni che si battono sul territorio per la difesa dell’ambiente e del paesaggio. La sentenza della Commissione Tributaria fissa un precedente importante che faciliterà l’azione delle associazioni di difesa del territorio.


fonte: http://www.casolenostra.org/


Convenzione di Aarhus, MinAmbiente informa su stato di attuazione

Il Ministero dell'ambiente l'8 febbraio 2017 ha pubblicato il quarto aggiornamento sull'attuazione della Convenzione di Aarhus sulla partecipazione del pubblico ai processi decisionali ambientali.
Il Rapporto elaborato dopo una fase di consultazione chiusasi il 15 novembre 2016, copre il triennio 2014-2016 e passa in rassegna le pr incipali politiche realizzate a livello nazionale e locale per promuovere la trasparenza, l'educazione ambientale, l'accesso alla giustizia e la partecipazione del pubblico a piani, programmi e politiche in materia ambientale sulla partecipazione pubblica ai processi decisionali ambientali.
La Convenzione di Aarhus (ratificata dall'Italia con legge 108/2001) prevede l'obbligo per i Paesi sottoscrittori di inviare rapporti periodici sull'attuazione. La Convenzione di Aarhus sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale è stata sottoscritta il 25 giugno 1998. L'Unione europea ha ratificato la Convenzione emanando la direttiva 2003/4/Ce recepita dall'Italia dal Dlgs 195/2005.


documenti di riferimento

Area Normativa / Disposizioni trasversali/Aua / Documentazione Complementare
Rapporto MinAmbiente 20 gennaio 2017
Quarto aggiornamento del Rapporto nazionale per l'attuazione della Convenzione di Aarhus in Italia 2017
Area Normativa / Disposizioni trasversali/Aua / Documentazione Complementare
Convenzione di Aarhus
Convenzione sull'accesso all'informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e alla giustizia in
materia ambientale - Fatta ad Aarhus il 25 giugno 1998
Area Normativa / Disposizioni trasversali/Aua / Normativa Vigente
Legge 16 marzo 2001, n. 108
Ratifica della Convenzione di Aarhus sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi
decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale
Area Normativa / Disposizioni trasversali/Aua / Normativa Vigente
Dlgs 19 agosto 2005, n. 195
Attuazione della direttiva 2003/4/Ce sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale
Area Normativa / Disposizioni trasversali/Aua / Normativa Vigente
Direttiva Parlamento europeo e Consiglio Ue 2003/4/Ce
Accesso del pubblico all'informazione ambientale

fonte: www.reteambiente.it