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Comunicato stampa “C’E’ RESILIENZA E RESILIENZA”

 










“C’E’ RESILIENZA E RESILIENZA”

Il giorno 13 aprile 2021 il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria ha respinto l’ennesimo ricorso presentato da Agri Flor s.r.l. avverso il provvedimento, con cui il Comune di Perugia, in data 31 agosto 2017, ha rigettato l’istanza di sanatoria della stessa Azienda, intesa alla regolarizzazione di vari interventi edilizi da essa realizzati in difetto di titolo abilitativo, intimando, al contempo, la rimessa in pristino dello stato dei luoghi. Tale sentenza, ovviamente, nel confermare la legittimità dei provvedimenti demolitori emessi dal Comune di Perugia, sottintende che resti valida l’intimazione alla demolizione degli abusi edilizi, pena una sanzione pecuniaria da 2000 a 20000 euro in aggiunta alla demolizione che va comunque eseguita, eventualmente in maniera forzata dal Comune, ma a spese dell’Azienda.

Nel frattempo, l’Azienda continua imperterrita a lavorare rifiuti nel centro abitato di Villa Pitignano, nonostante le molteplici sentenze avverse ne abbiano altresì riconosciuto l’incompatibilità urbanistica, nel prevedere che l’autorizzazione al trattamento dei rifiuti non opera, in questo caso, come variante urbanistica automatica di P.R.G.. Pertanto l’area, dove viene svolta l’attività di stoccaggio e compostaggio rifiuti da parte di Agri Flor, resta di particolare interesse agricolo e come tale è incompatibile con detta attività.

Allora, si torna a chiedere a Regione e Comune di Perugia: a quando una “sana” delocalizzazione dell’impianto in area compatibile con la peculiarità della produzione, magari in una prospettiva di grande sviluppo e conseguente creazione di nuovi posti di lavoro?

L’era dei recovery fund potrebbe essere l’occasione opportuna per favorire tale delocalizzazione e, con essa, l’effettiva tutela di ambiente, salute e lavoro.

Lungi dal far chiudere aziende e pregiudicare chi lavora, è questa, infatti, la nostra “resilenza”, nell’obiettivo positivo di valorizzare attività, che seppure insalubri per legge, potrebbero ricostruirsi e valorizzarsi in siti “ambientalmente” adeguati.

Comitato Spontaneo Antipuzza di Villa Pitignano Ponte Felcino Bosco e Ramazzano

WWF Perugia


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La guerra del combustibile dai rifiuti. I comitati del no scrivono anche al Papa

Dopo la sentenza del Tar che ha riconfermato la validità del decreto del 2013 si organizzano le associazioni contrarie all’uso del Combustibile solido secondario


Dopo la sentenza del Tar Lazio, 60 comitati di tutt’Italia contrari all’uso del combustibile solido secondario si organizzano e scrivono lettere aperte al ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e otto di questi comitati si sono rivolti perfino al Papa Francesco. Chiedono che venga annullato il decreto che nel 2013 ne aveva definito le modalità d’uso.

Il decreto del 2013
Nel 2013 il ministro dell’Ambiente (era Corrado Clini) emanò un decreto applicativo per determinare gli standard di produzione e utilizzo del combustibile solido secondario (Css) in linea con il resto d’Europa. Il Css deve essere ottenuto da rifiuti selezionati, come carta e plastica, privi di componenti pericolose, e può essere utilizzato in sostituzione di combustibili più inquinanti come carbone o pet coke da petrolio in impianti come cementifici e centrali elettriche, a patto che le emissioni non siano quelle permissive consentite ai combustibili fossili negli impianti industriali bensì quelle molto rigorose imposte alla combustione di rifiuti.

La sentenza del Tar
Circa 180 cittadini della val d’Arda (Piacenza) insieme con alcune associazioni avevano fatto ricorso al Tar contro la Regione Emilia-Romagna per l’autorizzazione concessa in base al decreto al cementificio Buzzi Unicem di Vernasca. Il Tar ha invece dato ragione al cementificio e alla Regione, bocciando in modo netto la posizione dei comitati piacentini, per esempio rigettando la definizione estensiva di principio di precauzione. Secondo i giudici amministrativi, l’impatto sulla salute umana è documentato dagli atti e “non è contraddetto con argomenti specifici di segno contrario”. Le contestazioni sull’aumento del traffico di camion per alimentare il forno di cementeria riguarderebbero “6/8 mezzi al giorno nell’ipotesi estrema, ritenendola pienamente sostenibile dal punto di vista dell’ambientale e della salute”. Secondo i giudici l’accusa che il combustibile solido secondario avrebbe prodotto emissioni peggiori rispetto al pet coke è stata smentita dall’andamento delle emissioni: le “conseguenti variazioni negative”, dicono i magistrati, “sono smentiti dal rilievo effettuato a processo avviato”.

La lettera aperta di 60 comitati
Per questo motivo, 60 comitati hanno mandato una lettera aperta al ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, e per conoscenza a quello della Salute, Roberto Speranza.
I comitati sottoscrittori sono di ogni tipo e tra i promotori vi sono gli attivissimi comitati di Gubbio, quelli di Monselice e ovviamente quelli di Piacenza, ma la lettera è stata sottoscritta anche da altre associazioni. Qualche nome: Acqua Bene Comune di Pistoia, Antipuzza di Assisi, Basta Nocività in Val d’Arda, Coppula Tisa, Giustizia per Taranto, Gubbio Salute Ambiente, Isde, Lasciateci Respirare, Legamjonici, Legge Rifiuti Zero, Mamme contro l’Inceneritore, Mamme Libere per la Tutela dei Figli, Mamme No Pfas, Medicina Democratica, Movimento Sconforto Generale, No Antenna, Obiettivo Periferia, Rete Mamme da Nord a Sud, Salute Pubblica, Stop Solvay, Stop Veleni, Umbria Rifiuti Zero, Wwf Perugia, Wwf Salento, Zero Waste Lazio.

Che cosa dicono
Nella lunga e dettagliata lettera, 16 pagine di cui la metà di testo e la metà di firme, si chiede di abrogare il decreto del ministero dell'Ambiente n° 22 del 14 febbraio 2013 e di scongiurare l’approvazione di qualunque altro provvedimento per l’incenerimento e il coincenerimento di rifiuti e loro derivati.
A parere dei comitati, “la combustione di Css nei cementifici non è affatto un contributo alla gestione dei rifiuti e non può configurarsi come la “chiusura del ciclo”. Essa non rappresenta neanche una soluzione migliorativa riguardo all'inquinamento da CO2 prodotto dagli impianti di produzione del cemento, alimentati purtroppo con combustibili derivati per lo più dagli scarti del petrolio, perché più economici rispetto ad altri. Sostituire con i CSS una quota di pet-coke, il peggiore tra i combustibili fossili (a sua volta, in ultima analisi, un “rifiuto”), anche se il più utilizzato nei cementifici, potrebbe ridurre alcuni inquinanti gassosi, come gli ossidi di azoto, ma questa riduzione non è affatto significativa”.
Oltre alle emissioni, andrebbe considerato l’inglobamento delle ceneri prodotte dalla combustione dei rifiuti nel prodotto finale, “vale a dire quel cemento che ritroviamo poi nelle nostre case, scuole, ospedali e strade”.

Chi usa questo combustibile
Sono più di 20 le cementerie italiane autorizzate a sostituire il pet coke con Css e, secondo l’industria del cemento, il nostro Paese è arretrato rispetto agli altri dell’Unione europea: il tasso di sostituzione calorica con combustibili di recupero è oggi al 20,7%, mentre in Germania i combustibili derivati dai rifiuti rappresentano due terzi dei consumi. È un contributo a ridurre la pressione dei rifiuti nelle discariche. Secondo Federbeton, usare questi combustibili alternativo “nel solco dell’economia circolare e dell’impegno alla mitigazione dei cambiamenti climatici” è necessario “un intervento da parte della politica a favore del superamento della sindrome Nimby (acronimo di Not in my back yard), così come la semplificazione dei processi autorizzativi, di durata incerta, che scoraggiano le aziende dal porre in essere investimenti, anche economicamente onerosi, senza alcuna ragionevole certezza sugli esiti dei procedimenti”.

fonte: www.e-gazette.it

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Borgarello: come fermare la costruzione di un centro commerciale e vivere felici

Dopo vent’anni di lotte e cause legali, il piccolo Comune in provincia di Pavia guidato da Nicola Lamberti è riuscito a evitare la realizzazione di un immenso centro commerciale. “Viene prima il bene di tutti”, ha raccontato a novembre il sindaco. Lo ha fatto di fronte ai cittadini di Abbiategrasso (MI), mobilitati contro una maxi operazione immobiliare. L’editoriale del direttore di Altreconomia, Duccio Facchini


Nicola Lamberti è il sindaco di Borgarello, 2.700 abitanti, in provincia di Pavia. A metà novembre di quest’anno è intervenuto dai banchi della Giunta di fronte a una sala consiliare affollata. Non era la “sua” sala, giocava in trasferta: Abbiategrasso, nel Parco del Ticino, dista 30 chilometri da Borgarello, e Lamberti era lì per raccontare a un neonato comitato di cittadini, sorto contro un’operazione immobiliare che cementificherebbe 26 ettari, come si può fermare la quasi certa realizzazione di un centro commerciale e vivere felici (vedi Ae 191). Resistendo a cause di risarcimento, minacce di bancarotta e vincendo nel 2019 una battaglia legale giunta fino alla Corte costituzionale.
Qualche numero. Borgarello è un comune piccolo, dove il terreno costruito non supera complessivamente i 400mila metri quadrati. Vent’anni fa, però, qualcuno immagina di raddoppiare l’esistente e realizzare su terreni liberi, trasformati in edificabili, qualcosa come 230mila metri quadrati di area commerciale, precursori di altri 185mila di asfalto per una “bretella” collegata alla Provinciale 35 dei Giovi che collega Pavia e Milano. Nel 2009, il Comune è tra i primi in Italia ad adottare il Piano di governo del territorio (Pgt), il vecchio Piano regolatore, prevedendo espressamente la realizzazione del centro commerciale. Poco dopo arrivano anche il via libera al piano di lottizzazione e l’autorizzazione commerciale. Sembra finita. Nel 2011 Italia Nostra e Legambiente, insieme ad altre amministrazioni locali, fanno ricorso al Tar e due anni dopo ottengono la revoca dell’autorizzazione commerciale.
È proprio allora che entra in carica l’amministrazione di Nicola Lamberti. Il sindaco ingrana la retromarcia e non si accontenta del classico “Non c’è più niente da fare”. È impermeabile alle seducenti promesse dei proponenti del centro commerciale: 1.200 posti di lavoro, 12 milioni di euro di investimento sul territorio, una villa del Settecento da 2mila metri quadrati nel centro storico in regalo al Comune che non ha nemmeno un’aula consiliare, 3 milioni di euro di oneri di urbanizzazione. Lamberti e la sua squadra pensano però al “bene di tutti”, al naviglio, alla Certosa: idee indigeribili per qualcuno. Così, nel 2014, i promotori dell’operazione immobiliare citano in sede civile l’amministrazione comunale chiedendo 19,2 milioni di euro di danni (tra lucro cessante e danno emergente). Borgarello ha un bilancio che sfiora complessivamente 1 milione di euro, tenere i nervi saldi non è facile. L’amministrazione (un sindaco, due assessori, sei consiglieri comunali in tutto, a proposito di taglio ai costi della politica) resiste all’urto, smonta la favola dei posti di lavoro (a cose fatte se ne sarebbero persi 300 secondo le stime della Camera di Commercio di Pavia), misura gli impatti di nuovo cemento sui suoli (dati ISPRA alla mano), i maggiori costi per la perdita di preziosi servizi ecosistemici, l’esplosione del traffico e nel 2016 approva il nuovo Pgt, classificando di nuovo come agricoli gli appetiti 400mila metri quadrati. Un anno dopo vince pure la causa in sede civile. È finita? No. Contestandogli di aver modificato il Pgt contro il dettato della legge urbanistica lombarda (LR 12/2005), il privato trascina il pubblico dinanzi al Tar pretendendo questa volta 31 milioni di euro di risarcimento. Anche con “29/30” di ragione, dovendo “solo” 1 milione, Borgarello avrebbe dovuto dichiarare default. “Doveva andare tutto perfettamente bene, non bene”, ricorda il sindaco. A causa del conflitto di competenze tra Regione e Comune, il Tar sospende la causa e si rimette alla Corte costituzionale. Nel maggio 2019 arriva la sentenza, pubblicata a luglio: aveva ragione Borgarello, aveva ragione la squadra di Lamberti. I cittadini di Abbiategrasso lo avrebbero ascoltato ancora per ore. Lui invece termina presto, raccoglie l’applauso liberatorio, minimizza -“Non ho fatto nulla di speciale”- e aggiunge: “Ricordate la villa settecentesca che ci avevano promesso in regalo? L’abbiamo comprata e ristrutturata con le nostre forze”. Modello Borgarello.
fonte: https://altreconomia.it

COMITATO SALUTE AMBIENTE CALZOLARO TRESTINA: L’intervento della magistratura evidenzia il fallimento della politica!!


Rimaniamo stupiti da alcune esternazioni fatte, nella fase delle comunicazioni del Consiglio Comunale Tifernate del 30 Luglio u.s.,  da taluni consiglieri  in relazione alla vicenda Color Glass.
“ E’ un problema secondario “ questo è l’incipit dell’intervento, sic transit gloria mundi, della maggioranza,  circa la discussione riguardo la sentenza del TAR dell’Umbria sugli abusi edilizi contestati,  per inciso, circa centonovantametriquadri.
In tutta franchezza ci appare  sempre più chiaro il perché, troppo spesso, sia nella nostra regione  che a livello nazionale, gli organi d’informazione ci raccontano di indagini, rinvii a giudizio e condanne, per diverse tipologie di reati, che coinvolgono personaggi politici, amministratori pubblici e uomini delle istituzioni.
Il rispetto delle regole, su cui dovrebbe poggiare la civile convivenza di un paese democratico, viene relegata, da taluni politici, ad un mera questione secondaria. Per questo motivo riteniamo che l’azione importante della magistratura sia assolutamente indispensabile.
Bisogna risolvere i problemi politicamente!  Questa tiritera che viene ripetuta continuamente,  dopo anni di assemblee, commissioni, consigli comunali, conferenze dei servizi, e quant’altro, non ha prodotto finora nessun tipo di risultato. Tuttavia, per qualche pseudo politico, è meglio puntare il dito su avvocati e giudici,  per giustificare la propria insipienza, arroganza, ed incapacità, piuttosto che risolvere i problemi della comunità con gli strumenti che la legislazione Nazionale ed Europea mette loro a disposizione.
Cosa dobbiamo pensare noi cittadini difronte a simili comportamenti?  Quali conclusioni dobbiamo trarre dalle sentenze di condanna  che vengono puntualmente emesse dai giudici per fatti e misfatti quotidiani?
Siamo convinti che se questo è il pensiero dominante sul quale si formano certi raggruppamenti politici, è logico che ci sia una reazione contraria da parte dei  cittadini che  invece credono nel rispetto delle regole, nella legalità e nella giustizia. C’è bisogno dei circa trenta comitati in Umbria per analizzare  e portare all’attenzione pubblica le diverse problematiche ambientali?
Ritornando alla vicenda locale quindi, ci preme precisare che sia per il doveroso rispetto dei giudici amministrativi  che dei cittadini Tifernati,  auspichiamo la puntuale attenzione del nostro comune sul rispetto della sentenza del TAR .  Teniamo inoltre a  puntualizzare che in virtù di quello spiccato senso di giustizia, che caratterizza l’azione del comitato, non demorderemo né sulla questione abusi né sulla classificazione di azienda insalubre per la definizione della quale non avremo alcuna perplessità a ricorrere ai diversi Tribunali.
Una breve notazione infine ci porta a stigmatizzare l’intervento di chi, in virtù della propria professione,  si occupa quotidianamente di costruzioni, che minimizza l’abuso edilizio quasi come se, visto che ce ne sono tanti, fosse una cosa del tutto normale.
NON CI FERMEREMO
COMITATO SALUTE AMBIENTE CALZOLARO TRESTINA ALTOTEVERE SUD

Comitato Salute Ambiente Calzolaro Trestina: Pubblicata la sentenza del TAR dell’Umbria su ricorsi Color Glass


Pubblicata la sentenza del TAR dell’Umbria su ricorsi Color Glass

Rimane valida l’ordinanza del comune, gli abusi vanno demoliti !


Si aggiunge un altro tassello alla vicenda Color Glass, questa volta si tratta dei ricorsi al Tar per gli abusi edilizi e relative richieste di sanatoria al comune di Città di Castello.

La Sentenza in nome del popolo Italiano, pubblicata ieri 26 luglio, è chiara ed inequivocabile :

“P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui riuniti ricorsi, come in epigrafe proposti:

a) dichiara inammissibile l’impugnativa avverso il silenzio rigetto sull’istanza di sanatoria;

b) dichiara improcedibile l’impugnativa avverso l’ordinanza di demolizione n. 202 del 30 luglio 2018;

c) accoglie la domanda di annullamento del provvedimento soprassessorio del 17 dicembre 2018;

d) respinge la domanda di annullamento del provvedimento del 21 gennaio 2019 di rigetto della richiesta di permesso di costruire.”

Il Comune dovrà quindi ora garantirci che l'azienda ottemperi all’ordinanza di demolizione n. 202 del 30 luglio 2018: intimazione di ripristino di opere eseguite in assenza/difformità di atti autorizzativi in località Trestina Via 1° Maggio N°5.

Ci piace ricordare a tal proposito la proiezione delle slides, all’inizio dell’assemblea tenuta dal Comitato a Trestina il 14 dicembre 2018, dove le anomalie edilizie venivano evidenziate in maniera chiara e puntuale.

Il nostro impegno civile continua, a tutela di salute e ambiente, nelle competenti sedi giudiziarie, ricordando che la lavorazione a Trestina dei fanghi, provenienti da Ferrara, rientra a pieno titolo nell’elenco del D.M. 5 settembre 1994 – Elenco Industrie Insalubri di prima classe di cui all’art. 216 del Testo Unico della Sanità. Le aziende Insalubri di Prima classe non possono essere ubicate vicino a scuole e abitazioni civili, per evidenti motivi di pericolosità per la salute.

NON CI FERMEREMO


COMITATO SALUTE AMBIENTE CALZOLARO TRESTINA ALTOTEVERE SUD

LA CONFERENZA DI SERVIZI INDETTA PER IL 16 MAGGIO NON PUO’ CONCEDERE ALCUNA AUTORIZZAZIONE IN MANCANZA DELLA VIA (Valutazione di Impatto Ambientale).


















Apprendiamo dalla stampa il resoconto dei lavori della commissione Comunale Permanente Assetto del Territorio del Comune di Città di Castello, che si è riunita il 9 maggio u.s..

Con un certo stupore leggiamo che “commissione e comitato hanno convenuto sull’opportunità di riunire la Conferenza di servizi prima del verdetto del Tar ma di chiedere che venga tenuta aperta fino a quando non potrà decidere sia sul fronte ambientale che su quello urbanistico.”

Nello smentire qualsiasi tipo di accordo preso con la commissione, anche perché se è pur vero che è stato consentito al rappresentante del Comitato di intervenire, il comitato stesso non ha alcuna possibilità di esprimersi con votazioni, che sono naturalmente riservate ai soli membri effettivi della commissione stessa.

Il Comitato ritiene infatti pleonastica e inutile la convocazione della Conferenza di Servizi del 16 maggio p.v..

Vorremmo tuttavia al riguardo, puntualizzare alcuni aspetti del nostro intervento che non rileviamo dalla lettura dell’articolo.

Il motivo centrale della nostra relazione in Commissione, così come delle osservazioni – diffida del nostro avvocato Valeria Passeri in vista della prossima conferenza di servizi, è stato quello di fornire certezze documentali sulla produzione del biossido di titanio da parte di Color Glass.

Sono stati depositati dalla stessa Color Glass documenti in cui si dichiara esplicitamente che l’oggetto della lavorazione è la produzione di biossido di titanio, come, tra i tanti, nella “Relazione Tecnica n° 60 quater/16” del 27 gennaio 2016, nello Studio Preliminare Ambientale del 31 marzo 2016.

Visto che il Testo Unico delle leggi sanitarie del 27/07/1934 n. 1265 art 216 e del successivo D.M. 5 settembre 1994, contengono gli elenchi delle attività considerate AZIENDE INSALUBRI, l’azienda in questione è da considerare per stessa previsione di legge AZIENDA INSALUBRE DI PRIMA CLASSE e pertanto va ubicata in apposita zona, individuata dal P.R.G. del Comune, lontano da abitazioni, scuole, attività commerciali ecc. 

#ComitatoSaluteAmbienteCalzolaro

Ricominciano Le Emissioni Dai Comignoli Di Color Glass



E’ con grande stupore che ieri sabato 24 novembre gli abitanti di Trestina hanno visto, malgrado la giornata nebbiosa, ricominciare a fumare i comignoli di Color Glass.
Con altrettanto stupore abbiamo appreso che in data 22 novembre si è tenuta la seconda riunione della Conferenza dei Servizi presso gli uffici della Regione Umbria, dove la ditta ha presentato richiesta per il rinnovo dell’autorizzazione alla produzione, alla faccia della tanto decantata delocalizzazione, sbandierata con enfasi anche dai politici del Comune di Città di Castello, vale forse ricordare gli impegni assunti dal capogruppo di maggioranza all’ultima riunione di Trestina.
Tuttavia, in questa triste vicenda, ciò che ci lascia più perplessi sono gli atteggiamenti subdoli di chi è chiamato a tutelare la salute dei cittadini e dell’ambiente, che, con una certa nonchalance, rilascia PARERI FAVOREVOLI ad una attività INSALUBRE di prima classe , a pochi metri dalle case e dalle scuole e su capannoni gravati da ordinanza di demolizione per abusi edilizi, non tutti rimossi.
Della serie, per usare le parole del Marchese del Grillo: Noi siamo noi e voi non siete un …….
Qualsiasi persona di buon senso, al di là delle norme e dei regolamenti, avrebbe serie perplessità nel consentire ad aziende, anche solo potenzialmente pericolose per la salute, lo svolgimento della propria attività in mezzo ad un paese.
Evidentemente c’è chi, dall’alto sua sapienza, ritiene normale ricavare biossido di titanio da fanghi industriali, provenienti da Ferrara, al centro di Trestina, nonostante le molteplici anomalie riscontrate sia riguardo alle emissioni sia in ordine alle condizioni urbanistiche. C’è chi si si prodiga in tutti i modi per trovare soluzioni per consentire alla ditta di continuare il proprio business, a sacrificio di salute e ambiente.
Se ci riflettiamo, la determinazione della Regione di rinnovare l’Autorizzazione Unica, senza aver mai fatto la Valutazione di Impatto Ambientale ( VIA ), la citazione di un politico del passato sorge spontanea : “A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”.
Allora chiediamo a quei rappresentanti politici, che si sarebbero fatti garanti della delocalizzazione - oggi, più che mai reclamata a fronte della sopravvenuta scoperta di un pendente procedimento penale per inquinamento ambientale ex art. 452 bis c.p., oltre che per le violazioni amministrative, e a fronte dell’avvenuta sospensione dell’attività per le stesse violazioni, letto inoltre il quadro delle emissioni promananti dall’impianto - che fine hanno fatto quelle promesse di delocalizzazione? La nostra salute vale meno delle richieste risarcitorie di Color Glass preannunciate nel ricorso al TAR ?
Perché dobbiamo pagare, con la nostra salute ed il nostro ambiente, l’errore di aver autorizzato, a suo tempo, un’industria insalubre di prima classe vicino ad abitazioni e scuole?

E’ ovvio che il Comitato Salute Ambiente Calzolaro Trestina Altotevere Sud non si fermerà e intraprenderà tutte le iniziative giudiziali e stragiudiziali al fine di tutelare i cittadini di Trestina e dell’intera zona Sud del Comune.  



Comitato Salute Ambiente Calzolaro Trestina Altotevere Sud

CSA Calzolaro: SI CONTRAVVIENE AL GIUDICE PUR DI SALVARE IL PRIVATO.














Al peggio non c’è mai fine.
Il TAR Umbria, con ordinanza cautelare N. 103 del 27 Giugno 2018, aveva rigettato la domanda cautelare, presentata da Color Glass, di sospensione della Determinazione Dirigenziale Regionale n. 4932 del 17 maggio 2018, con la quale si diffidava la ditta Color Glass S.p.A.: al ripristino entro 60 giorni del layout impiantistico come da elaborato planimetrico PL01 allegato alla D.D. n. 7644 del 03/09/2013, ovvero all’ottenimento della necessaria autorizzazione prima della ripresa dell’attività; a rispettare le condizioni e prescrizioni previste nell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera rilasciata dalla Provincia di Perugia con D.D. n. 8750 del 04/10/2013 e D.D. n. 8085 del 27/10/2014 e contestualmente a sospendere ai sensi della citata norma la medesima autorizzazione, fino al ripristino delle condizioni e prescrizioni contenute nei vigenti atti autorizzativi; di porre obbligo alla ditta, ai fini della ripresa dell’attività, di trasmettere una relazione tecnica descrittiva, asseverata da tecnico abilitato, degli interventi necessari volti a garantire il rispetto delle condizioni autorizzative, precisando altresì che le eventuali modifiche potranno essere effettuate previo ottenimento dei titoli autorizzativi; di condizionare il riavvio dell’attività all’esito positivo delle valutazioni di quanto richiesto al punto 3.
In data 26 luglio 2018, arriva l’ordinanza sindacale n. 195 di revoca della precedente ordinanza municipale n. 118 del 16/05/2018, con la quale si era sospesa l’attività del forno dell’unità produttiva (ratificata dalla citata Determinazione Dirigenziale Regionale n. 4932 del 17 maggio 2018). Ciò sulla base delle verifiche e valutazioni svolte da ARPA Umbria e dalla Regione Umbria in concerto con la stessa Color Glass, dalle quali si evincerebbe (non potrebbe essere diversamente!) l’ottemperanza alle prescrizioni della suddetta determinazione dirigenziale di sospensione attività del 17 maggio 2018.
Ha del grottesco la vicenda che si sta delineando. Mentre solo un paio di mesi fa venivano evidenziate, da una ispezione a sorpresa dell’Arpa, anomalie sulle emissioni in atmosfera e sulla presenza di sostanze non autorizzate all’interno dell’azienda, al punto da indurre sia la Dirigenza Regionale che il Sindaco del Comune di Città di Castello ad emettere ordinanza di sospensione dell’attività, oggi con la stessa ARPA  sostiene che: “dal controllo effettuato a posteriori dei parametri di esercizio del forno di essiccazione, al momento in cui si sono eseguiti i campionamenti, è stato possibile verificare l’evidente presenza di un’anomalia di funzionamento […] Risulta evidente che tale andamento anomalo ha influenzato le portate e flussi d’aria aspiranti e quindi, inevitabilmente, anche i risultati delle emissioni al camino E1.”
La riattivazione dell’impianto avviene sulla base del croprogramma predisposto dalla stessa Color Glass e “la messa in esercizio e a regime degli impianti dovrà avvenire nel rispetto del cronoprogramma di cui all’allegato A del presente atto, comunicando ad ARPA Umbria la conclusione di ciascuno degli interventi e le date in cui verranno eseguiti i campionamenti”.
Insomma, una sorta di autocontrollo, dove i cittadini vengono completamente isolati.
Sarebbe come se una ditta che vende per anni tagliatelle fatte con uova scadute o piene di salmonella, dopo varie segnalazioni e ricoveri, si vede arrivare l’ARPA che, costretta a controllare, si accorge di ciò e sospende l’attività. Il proprietario, dopo qualche giorno, chiama ARPA  e dice: “Scusate ma avevo il frigorifero rotto e non mi ero accorto, adesso potete venire che l’ho riparato e tutto funziona perfettamente e ARPA così, in maniera disinvolta, consente la riapertura dell’attività”.
Talune  affermazioni, che ci lasciano  perplessi e dubbiosi, hanno uno strano sapore  che ci riporta alla mente situazioni non del tutto chiare, approdate nelle aule di giustizia in un recente passato.
Con la salute non si scherza e non accetteremo mai  compromessi di alcun tipo, ribadiamo pertanto che il Comitato salute Ambiente Calzolaro Trestina Altotevere Sud, anche con l’appoggio degli altri Comitati, d’Italia Nostra e WWF, continuerà la propria battaglia in tutte le forme e le sedi opportune, intanto andiamo al TAR contro un’ordinanza subdola quanto ingiusta e questa volta saremo Noi a chiedere i danni.
NON CI FERMEREMO

COMITATO SALUTE AMBIENTE CALZOLARO TRESTINA ALTOTEVERE SUD

Addio all’inceneritore



In venti anni di lotta siamo riusciti ad annullare il folle piano provinciale dei rifiuti che ne prevedeva ben 3 nella provincia di Firenze. Hera può tornare a casa. Alia può cominciare a fare come si deve la raccolta differenziata. Sconfitto il PD che ha sempre difeso a spada tratta l’inceneritore di Firenze, da Renzi a Nardella.
Oggi,il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), ha respinto definitivamente, l’appello principale dell’ATO Toscana Centro e quelli incidentali della Città Metropolitana di Firenze e di HERA, che invano hanno tentato di ricorrere contro la prima sentenza del TAR del 2016, che aveva bloccato la realizzazione dell’impianto.
No boschi, No inceneritore
Il punto dirimente dell’intera questione è che i famosi boschi della Piana, le cosiddette misure di mitigazione e riqualificazione ambientale, “contrappeso al peggioramento ambientale derivante dal nuovo insediamento” dell’inceneritore, NON sono stati fatti, per negligente arroganza? per autolesionismo? per l’aeroporto?

La previsione di dette misure di mitigazione era pre-condizione necessaria e imprescindibile per la realizzazione del progettato impianto di incenerimento, ed era stata recepita anche da tutti gli atti di pianificazione successivi, quali il Piano Provinciale di gestione dei rifiuti solidi urbani e assimilati di FirenzeSecondo la VIS (Valutazione di Impatto Sanitario), doveva  essere realizzato il parco periurbano denominato “Boschi della piana” di circa 20 ha boscati secondo il modello realizzato dall’Università di Firenze, con funzioni di abbattimento degli inquinanti atmosferici.
Infatti la Provincia di Firenze aveva approvato, con D.G.P. n 36 del 4 marzo 2008, il progetto preliminare dell’intervento denominato “I Boschi della Piana”, relativo alla realizzazione di un parco periurbano di circa 30 ettari nell’ area della Piana Fiorentina. E poi con Delibera di Giunta Provinciale n. 62 del 17 aprile 2014.
‘..le opere di rinaturalizzazione dovevano essere eseguite prima della realizzazione e messa in esercizio dell’impianto: del resto ciò, oltre che conforme alla lettera delle prescrizioni del Protocollo, è logico, ragionevole e coerente, in quanto, diversamente opinando, sarebbe frustrata la finalità stessa delle misure di rinaturalizzazione, volte a mitigare l’impatto ambientale del realizzando termovalorizzatore. ‘ sta scritto nella sentenza del TAR.
Nel frattempo anche il Presidente Rossi si è illuminato sulla via di Damasco ed è contro l’inceneritore!
E ora pensiamo a bloccare il nuovo aeroporto!

Gian Luca Garetti
fonte: http://www.perunaltracitta.org

Conferenza stampa di approfondimento sull'ordinanza del TAR Lazio






















Cari amici,

riteniamo che il risultato straordinario ottenuto con il lavoro di tutti noi, ognuno per la sua competenza e capacità, ci dia uno straordinario incentivo a proseguire e moltiplicare gli sforzi sino alla sentenza finale dalla Corte di giustizia europea.

La notizia è già uscita su una parte della stampa ma non è ancora di dominio pubblico sui media in quanto crediamo ci sia l'interesse a tenerla sotto silenzio, e la conferenza stampa è prevista per VENERDI' 4 MAGGIO ore 11,00 appuntamento all'obelisco di Montecitorio (Camera dei deputati).

Per questo è necessario amplificare la notizia ed insieme prospettare i prossimi passi da fare sia sul piano giudiziario che su quello politico, in quanto non credo sfugga a nessuno che occorre mettere in sinergia la mobilitazione civica contro il piano per vecchi e nuovi inceneritori contenuto nel DPCM del 10/8/2017 promosso dal ministro Galletti tuttora in carica.

Sul piano giudiziario lo studio Pernazza-Ciervo e lo studio Auriemma stanno lavorando a costruire atti per la richiesta di sospensione "di fatto" del DPCM e per la verifica della tempistica alla Corte di giustizia europea e come accelerarla.

Sul piano politico riteniamo sia possibile che tali passaggi possano essere inseriti nell'agenda politica sia del parlamento italiano che di quello europeo, dato che la sentenza finale avrà applicazione per tutti i paesi dell'Unione Europea !!!!

La conferenza stampa è organizzata da noi, in quanto Movimento scrivente ed associazioni promotrici e sostenitrici, con l'invito esteso a tutti i gruppi parlamentari ed in particolare a quelli che si sono sempre schierati contro questo ignobile ed illegittimo provvedimento di legge.

Come da prassi per accedere in parlamento occorre fornire un elenco delle singole persone che saranno presenti, quindi vi invito a confermare a brevissimo giro entro lunedi sera la presenza vostra e di vostri associati (gli uomini con giacca e cravatta).

Vi ricordo anche l'importanza di registrare con il telefonino un vostro selfie in cui dite chi siete / dove siete e pronunciate la frase SBLOCCA ITALIA GAME OVER, alzando subito dopo ad altezza petto un cartello bianco con scritto in nero a caratteri grandi #sbloccaitaliagameover  che è lo slogan che vi chiediamo di diffondere insieme al banner che vi riallego DAPPERTUTTO.

I vostri video saranno montati e proiettati in apertura / chiusura della conferenza stampa stessa e per questo serve che siano inviati a questo indirizzo mail (leggerifiutizero@gmail.com) entro e non oltre MERCOLEDI SERA.


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Massimo Piras
Coordinatore nazionale

Movimento Legge Rifiuti Zero
per l'Economia Circolare

Sede in Roma piazza V. Emanuele II n. 2



Gratis i Costi di Giustizia per gli Ambientalisti

Una sentenza fissa un precedente importante per le associazioni che difendono il territorio: le associazioni ambientaliste non devono pagare i costi di accesso alla giustizia
















Marco Preve su la Repubblica

È una sentenza che segna un punto e un importantissimo precedente a favore delle onlus ambientaliste quella con cui la Commissione Tributaria regionale della Liguria ha accolto il ricorso dell’associazione Vas (Verdi, Ambiente Società) annullando una disposizione della segreteria del Tar che obbligava il Vas a pagare il cosiddetto contributo unificato relativo all’instaurazione di una causa davanti allo stesso Tribunale amministrativo regionale …
I giudici tributari regionali hanno accolto il ricorso del Vas presentato dall’avvocato Daniele Granara ribaltando così la sentenza di primo grado della Commissione Tributaria Provinciale che era invece favorevole all’obbligo di pagamento.
La sentenza si basa sul rispetto della Convenzione di Aarhus (firmata nella cittadina di Aarhus, in Danimarca, nel 1998) “ratificata – spiegano i giudici – dalla Repubblica Italiana con la legge 108 del 2001, impegna gli stati membri a prevedere l’adeguato riconoscimento e sostegno delle organizzazioni che promuovono la tutela dell’ambiente e a provvedere affinché l’ordinamento si conformi a tale obbligo, specie in materia di accesso alla giustizia, negare l’esenzione dal pagamento del contributo unificato per atti quali i ricorsi giurisdizionali finalizzati alla difesa di interessi collettivi diffusi in materia ambientale, porterebbe ad un evidente contrasto tra il diritto interno e le norme europee di pari rango, in quanto recepite nella legislazione nazionale, le quali mettono chiaramente in evidenza che il costo dei procedimenti giurisdizionali sopra indicati debba essere gratuito o non eccessivamente oneroso”.
Negli ultimi anni proprio questi costi sono aumentati e in passato l’ex presidente del Tar Liguria Santo Balba aveva spiegato come tale scelta scoraggiasse di fatto molti cittadini impossibilitati a versare alcune migliaia di euro solo per avviare la causa.
Nel caso in questione i Vas avevano impugnato davanti al Tar una deliberazione della Regione del 2014 che riguardava il “Progetto di coltivazione congiunta e recupero ambientale delle cave Gneo, Giunchetto e Vecchie Fornaci”.
Poiché il contributo unificato muta a seconda del valore della causa, per il business in ballo i questa vicenda i Vas avrebbero dovuto sborsare seimila euro in partenza.

È evidente che proprio tali costi siano un fortissimo deterrente per molte associazioni che si battono sul territorio per la difesa dell’ambiente e del paesaggio. La sentenza della Commissione Tributaria fissa un precedente importante che faciliterà l’azione delle associazioni di difesa del territorio.


fonte: http://www.casolenostra.org/


Il Comune non ha i soldi? Può derogare dagli obblighi sull’energia rinnovabile

Una dirompente sentenza del Tar Piemonte potrebbe fare da apripista per altre simili interpretazioni: bastano impedimenti economici per un ente locale per non rispettare gli obblighi di integrazione delle rinnovabili negli edifici nuovi o sottoposti a ristrutturazioni rilevanti. E poi che fare per i costi di gestione?

























Cosa accade se il bilancio di un Comune non consente di rispettare gli obblighi cogenti di integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici nuovi o sottoposti a ristrutturazioni rilevanti? Una sentenza del Tar Piemonte ha deciso che una scappatoia c’è.
Andiamo per ordine. Ricordiamo che il decreto 28/2011, che ha accolto la direttiva europea 28/2009 sulla promozione delle rinnovabili, prevede, allegato 3, alcune disposizioni, cioè percentuali obbligatorie di copertura del fabbisogno di acqua calda sanitaria e riscaldamento/raffrescamento con fonti pulite (QualEnergia.it, Obbligo rinnovabili negli edifici: quote aggiornate e problemi tecnici).
Da queste regole non è possibile derogare se non in casi eccezionali, come nel caso in cui vi sia impossibilità tecnica di realizzare determinati impianti oppure quando sia possibile allacciare l’edificio a una rete di teleriscaldamento (anche non alimentata a rinnovabili) in grado di coprire l’intera richiesta di calore per la produzione di acqua calda e il riscaldamento.
Tuttavia la sentenza del TAR Piemonte n 161 del 7 febbraio 2018 (allegata in basso) ha stabilito che, in riferimento alla costruzione di una nuova scuola pubblica, ci può essere anche un’altra eccezione, o meglio due: farebbe fede il bando di appalto e, soprattutto, l’incapacità economica per l’ente locale di realizzare un impianto energetico che soddisfi la normativa.
È chiaro che una sentenza di questa portata può fare da apripista a scelte delle amministrazioni locali, ma anche di privati, non conformi alla legislazione.
In questo specifico caso il Comune di Venaus, in Val di Susa, ha conferito l’appalto della costruzione della scuola a una ditta che aveva previsto un impianto di riscaldamento con caldaia a Gpl e solare termico. Non era previsto alcun impianto fotovoltaico, mentre erano state considerate valide soluzioni di minimizzazione della dispersione di calore (infissi, vetrature, schermature, isolamenti).
Come peraltro si indica nella sentenza, la soluzione progettuale prescelta dall’amministrazione (caldaia a Gpl e impianto solare termico) non va a soddisfare l’obbligo di copertura minimo del 38,5% dei consumi totali previsti per acqua calda sanitaria, riscaldamento e raffrescamento (obbligo del 35% + 10% per enti locali), così come richiesto dalla normativa in vigore (la ditta vincitrice avrebbe comunque soddisfatto l’obbligo di copertura per l’acqua calda sanitaria con rinnovabili che nel caso è pari al 60%).
Ma la decisione del Comune, di fatto, è stata presa, non tanto per l’impossibilità tecnica di altre alternative, come quella indicata della società ricorrente o da altre ditte, e cioè pompa di calore e fotovoltaico, ma per una incapacità di natura economica da parte amministrazione.
Ora questa motivazione, che ha portato al rigetto del ricorso da parte del Tar Piemonte, può essere un precedente molto preoccupante, visto che un Comune (e in Italia ce ne sono tanti in difficoltà col bilancio) può derogare agli obblighi per motivi di spesa e non solo per questioni di carattere tecnico.
Ma attenzione, stiamo parlando di una spesa in conto capitale, e non di esercizio. Infatti, per la ditta ricorrente, seconda nella graduatoria del bando, la soluzione pompa di calore+fotovoltaico avrebbe consentito un risparmio annuale di costi energetici piuttosto rilevante: la stima del ricorrente è di un divario di 18mila €/anno, rispetto alla soluzione caldaia Gpl+solare termico.
Un punto non di poco conto per le stesse casse comunali (per i prossimi 20 o 30 anni?) che tuttavia sembra essere stato ignorato dalle perizie tecniche a supporto della sentenza.
Sull’aspetto dell’obbligo di copertura del fabbisogno di energia elettrica da fonte rinnovabile (nel caso specifico 20 kW di potenza), l’amministrazione ha chiarito che tale obbligo verrà soddisfatto dalla realizzazione, con separato appalto, di un impianto di microgenerazione idroelettrica con potenza di picco di oltre 25 kWe, da installare in area pertinenziale alla scuola, anche se non si sa capisce con quali tempistiche.
Una sentenza di questo tipo richiederà di essere attentamente valutata perché potrebbe avere diverse implicazioni come quella di applicare in modo discrezionale una importante normativa nazionale ed europea, peraltro, con un occhio al bilancio dell’ente limitato solo al brevissimo periodo.
Esattamente il contrario di quanto prevederebbe la filosofia della legislazione in vigore che intende, appunto, ridurre i consumi di energia da fonti fossile e le conseguenti emissioni.
Il seguente documento è riservato agli abbonati a QualEnergia.it PRO:

fonte: http://www.qualenergia.it

ASSEMBLEA APERTA NAZIONALE ROMA 29 aprile 2017 - di Giovanni Vantaggi






ASSEMBLEA APERTA NAZIONALE  ROMA 29 aprile 2017

Presso sala cittadina via Boemondo 7


Premesso che ci sarà un verbale ufficiale e la videoregistrazione dell’assemblea, ecco il mio sunto:  

Problema economico: il ricorso al Tar e relative spese sono state coperte dai fondi reperiti grazie alla raccolta firme per il REFERENDUM “Blocca lo sblocca Italia”. CRURZ, come altri comitati, hanno dichiarato la difficoltà economica per cui gli stessi avvocati presenti e coinvolti hanno confermato che per il loro lavoro volontario il lato economico è un macigno!

Sgombrato il campo da ciò, dopo una introduzione di Massimo Piras e della Battelli (Sardegna) che hanno fatto la cronistoria del ricorso al TAR, è intervenuto l’avvocato ANTONELLO CIERVO (giovane docente universitario il cui intervento è stato molto apprezzato dal Prof Paolo Maddalena). La sentenza del Tar presenta dei vizi per cui essa è stata impugnata e chiesta la sospensiva. I vizi rilevati sono:


  • 1)     Il netto contrasto della sentenza con l’ordinamento UE

  • 2)     Il fatto che nuovi impianti per legge, non possono fare riferimento (ex-ante) a VAS precedenti ma alla nuova VAS varata proprio dallo stesso governo.





L’avvocato ha fatto l’esempio che se io ho un VAS per un campo di calcio e questo poi lo trasformo successivamente in un palazzetto dello sport è chiaro che l’ex-ante non può essere valido ma occorre una nuova VAS. Da qui appunto la richiesta di SOSPENSIVA della sentenza sia per i problemi relativi all’impiantistica che ai possibili danni sulla salute. Fa ben sperare il fatto che all’udienza per la sospensiva, il TAR avrebbe dovuto presentare una memoria difensiva, per legge 20 giorni prima, invece è stata presentata il sabato precedente l’udienza) 3 giorni prima!

Come ripeto questo intervento è stato molto apprezzato e lodato dallo stesso Maddalena che è stato vicepresidente della Corte Costituzionale e che nel suo intervento a largo respiro tra le altre cose ha inserito la sua iniziativa, già avviata, di creare un pool (volontario e gratuito) di avvocati in tutta Italia, che mettano a disposizione, delle comunità che si oppongono a leggi comportamenti e  impianti che vanno contro l bene comuni: aria, acqua, territorio…) le loro competenze. Noi da parte nostra abbiamo subito messo in contatto con la segreteria di Maddalena la nostra Valeria Passeri. con i riferimenti datici da lui stesso (sia cellulare diretto che e mail: Segreteria Dott Di Giacomo: 33349054495 – email: segreteriamaddalena@gmail.com.

Nel suo intervento Maddalena ha invocato anche di ricorrere alla rapporto causa effetto tra inquinamento e malattia, al che sono intervenuto io come medico ISDE dicendo che purtroppo quasi tutte le sentenze non tengono conto di ciò, nonostante le prove scientifiche e casi eclatanti, per cui è un’arma a doppio taglio che riguarda, poi, la richiesta di danni (forti indennizzi) all’immagine da parte dell’azienda. Cosa confermata dall’altro avvocato presente Carmela Auriemma che ha riportato la situazione di Acerra, dove il comune ha raggiunto la raccolta differenziata all’80% ma che l’inceneritore brucia circa 650.000 ton di rifiuti INDIFFERENZIATI ma solo tritovagliati (quindi non CDR o CSS) con l’intenzione di portare le ton bruciate a 950.000. Questo perché l’azienda, più pesano i rifiuti (grazie alla loro umidità) più vengono pagati per la loro combustione. (anche questo intervento è stato molto apprezzato da Maddalena).

Conclusione di Piras e dell’assemblea sentito anche l’intervento di Maddalena e di un altro avvocato di Padova della LIP-RZ che ha puntato sul PRINCIPIO DI PRECAUZIONE più che sel rapporto inquinamento-malattia:


  • 1)     Proseguiamo con il ricorso al Consiglio di stato e quindi se negativo all Corte Europea?

  • 2)     Indurre la politica a fare una legge per tassa sui rifiut (WASTE-TAX) perché chi incenerisce in Italia paga dai 5 ai 25 € a ton, mentre nel resto della UE è di 45 € a ton.

  • 3)     Legge, inesistente, contro le PUZZE (=INQUINAMENTO OLFATTIVO). 




Piras ha aggiunto che si sta approntando un sito movimentorifiutizero.org e che sarebbe bene che ogni realtà faccia presentir una memoria dettagliata (con i crismi legali) della loro situazione; pensavo per l’Umbra a: Borgogiglione, Pietramelina, Colognola, Terni, Gubbio (cementifici-rifiuti)…



Gubbio 30 aprile 2017                                                                                              

Dr. Giovanni Vantaggi

Medico per Ambiente ISDE - Direttivo Cru-Rz