Cosa vuol dire “economia circolare”? Significa concretizzare un
cambiamento nel modo di concepire la nostra presenza sulla Terra. Non si
tratta solo di agire su singoli aspetti della produzione industriale,
ma di ripensare totalmente l’organizzazione delle nostre comunità,
economie e relazioni, nonché il nostro rapporto con il resto della Vita
di questo Pianeta.

Comincia a diventare “di moda” parlare di
economia circolare:
troverete in giro per la rete per lo più articoli che raccontano come
creare nuovi prodotti riciclati da alcuni rifiuti urbani o come
recuperare preziose materie prime (plastiche e carta in primis, ma anche
metalli più o meno nobili) per ricominciare il ciclo produttivo di
altri beni di consumo. Talvolta si spingono ancora più in là e citano il
design industriale come il detentore dell’arduo (??) compito di creare
oggetti che si possano facilmente smontare: a fine utilizzo si potrà
facilmente ridurre l’oggetto in sottoparti in modo da consentirne il
recupero e il riciclo dei vari componenti.
Ma economia circolare vuol dire solo riciclo dei rifiuti? Io dico di
no e voglio spingermi veramente oltre. Perché è solo spingendoci oltre
che la nostra capacità immaginifica potrà riprogettare un mondo davvero
differente.
Cosa significa davvero “economia circolare”?
Significa
concretizzare un cambiamento
nel modo di concepire la nostra presenza in questo pianeta, anche e
soprattutto economica. Non si tratta solo di agire su singoli aspetti
della produzione industriale o di considerarne qualcuno separatamente
dagli altri, ma si tratta di ripensare totalmente l’organizzazione delle
nostre comunità, delle nostre economie e imprese, delle nostre
relazioni in generale e del nostro rapporto con il resto della Vita di
questo pianeta.
Significa ripensare al ruolo della nostra economia, che passerebbe da una realtà predatoria, quale è oggi, ad una
realtà integrata con l’ambiente circostante.
Ambiente inteso come totalità delle relazioni che abbiamo con il mondo,
dal tempo atmosferico ai bisogni spirituali dell’Uomo, dalle piante e
animali alle conseguenze delle nostre decisioni e comportamenti, dai
batteri e componenti del suolo alle nostre nuove creazioni. Per una
trasformazione di questo tipo dobbiamo fare dei passaggi intermedi, a
piccoli passi, perché lo stato attuale dell’economia non è in grado di
fare un cambiamento così intenso e repentino.
Economia circolare vuol dire che ad ogni passaggio produttivo si
generano materie prime per un ulteriore e/o nuovo processo dal quale
nascono nuove opportunità, nuove imprese, nuove utilità. Significa, da
un lato,
ripensare tutto il processo produttivo e,
dall’altro, di saper vedere opportunità imprenditoriali dove i più
vedono rifiuti e imbarazzo. Significa che nel “sistema del valore” (1)
ciascuno ha la responsabilità e il compito di occuparsi delle
implicazioni sui processi economici dei precedenti e dei successivi
soggetti nella catena delle relazioni: si deve agire come un sistema,
non come un singolo isolato dagli altri e in competizione; ogni azione
distorta o egoistica ritornerebbe al proprietario tramite il meccanismo
della ciclicità e retroazione.
Di conseguenza implica anche ripensare il sistema complessivamente: economia circolare vuol dire economia del
necessario e sufficiente:
nulla deve essere di troppo e ogni passaggio deve essere totalmente
riassorbito nel sistema stesso. In un’economia dello spreco, l’economia
circolare vuol dire ribaltare totalmente tutte le nostre impostazioni e
ripensare il nostro vivere, in senso rispettoso e comunitario, dove
vince sul mercato chi elimina piuttosto che chi ingombra, chi ha uno
scopo integrato piuttosto che chi compete per la supremazia (o la
sopravvivenza).
Sappiamo benissimo, da numerosi teorici economici che troviamo sui
libri universitari, che i bisogni reali di un uomo, soddisfacibili
tramite
processi economici (o resi tali), sono
pochissimi: mangiare, vestire, un tetto e pochi altri che potrebbero in
realtà uscire dal processo produttivo economico. I veri bisogni di un
uomo sono relazionali, sociali e spirituali, tutti aspetti che con
l’economia, questa economia dello spreco e dei bisogni indotti, non
c’entrano proprio nulla.
Per capire meglio possiamo ispirarci all’esempio di circolarità di successo per eccellenza: la
Natura.
In natura nulla va sprecato e niente viene generato per caso. Ogni
elemento ha un suo senso e un suo scopo e ciò che è termine di un ciclo
in un contesto, diventa materia prima in un contesto del tutto
differente. In questo senso ha una sua logica evidente parlare di
connessioni di utilità: ogni punto è un elemento di un sistema complesso
che trova costantemente equilibrio e cambiamento come espressioni della
sua stessa Vita. L’essere umano ha il compito di rientrare in questo
sistema cercando soluzioni al suo modo di vivere: attualmente,
soprattutto in chiave economica, l’uomo si trova pericolosamente al di
fuori di questo senso di sé, di esistere e di operare nel suo stesso
ambiente.
Ecco perché l’economia va ripensata: perché è il nostro atto di vita
con il peggiore impatto su un equilibrio desiderabile e l’economia
circolare, se pensata con una
visione sistemica, è
un’opportunità di cambiamento organizzativo delle imprese, del vivere
comune e degli atti economici, verso un agire più intelligente, anche da
un punto di vista imprenditoriale.

È
chiaro che usando l’economia circolare come pretesto per ripensare
l’intero scopo dell’economia, il concetto di globalizzazione,
consumismo, spreco, standardizzazione per una maggiore efficienza
produttiva (per riciclare i rifiuti!) perdono di senso e di interesse.
Il
reintegro nel nostro ambiente di riferimento,
ripensando le attività produttive in chiave ciclica, comporterà una
modifica anche delle nostre comunità, che diventano piccole ma aperte,
originali, creative, cooperative e resilienti, in un contesto in cui, lo
dico provocatoriamente, il denaro non sarebbe neppure più necessario,
esattamente come non esiste in Natura: il valore di scambio non sarebbe
più considerato come singolo guadagno della singola azione, ma come
contributo ad un sistema complesso di interazioni per le quali ciascuno
contribuirebbe all’equilibrio e all’evoluzione e riceverebbe per quanto
ha necessità.
Il
concetto di dare-avere, tipico della contabilità,
si sposta dal singolo individuo al complesso delle relazioni nella
nostra comunità che vive in un ambiente ben preciso. Ciascuno darebbe
come atto di Vita all’interno di processi integrati, ciclici e circolari
che mirano ad un equilibrio desiderabile, soddisfacente per i bisogni
essenziali concreti ma soprattutto liberando spazio, tempo ed energie
per i bisogni di tipo sociale, relazionale, spirituale e di
miglioramento delle nostre stesse nuove comunità.
Non limitiamoci a considerare l’economia circolare come una buona
pratica di riciclo dei rifiuti perché sarebbe riduttivo. Economia
circolare significa quindi un
ampio atto di coraggio
che i più accorti porteranno nelle proprie esperienze per trasformarle
fermamente verso pratiche di cooperazione e relazione in cui l’obiettivo
principale sarà quello di creare sistemi produttivi integrati con un
vivere più sano e… meno rischioso per la nostra stessa vita. Riusciremo,
con questa molla, a trasformare in modo definitivo, via via, i processi
produttivi, far uscire spreco e consumismo dai nostri desideri,
ricreare abitudini in cui i nostri veri bisogni immateriali verranno
soddisfatti.
1. Termine tecnico che indica i vari soggetti che entrano nella
filiera, dalla materia prima al rifiuto del consumatore finale, compresi
tutti quelli che in un qualche modo partecipano al processo.
fonte: http://www.italiachecambia.org
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