Una battaglia ambientale lunga tre anni, che ha visto
contrapposta la politica con la p minuscola, una proprietà interessata a
resistere e i cittadini, i quali chiedevano a gran voce (E ORA HANNO OTTENUTO) la
tutela della loro salute e della qualità della vita, attraverso la
delocalizzazione degli impianti.
Il Comitato Salute Ambiente Calzolaro Trestina Altotevere
Sud, il WWF di Perugia hanno da subito schierato il Loro legale, l’Avv.
ambientalista Valeria Passeri, la quale ha iniziato da subito ad agire con gli
strumenti di legge, avendo scoperto le lavorazioni pericolose di questa Azienda Insalubre di I° Classe, come
poi certificato dall’Istituto Superiore di Sanità.
Quello che va stigmatizzato, è che quando sono le Associazioni,
i Comitati Cittadini a dover scendere in campo, ad organizzarsi per difendere i
propri diritti, la salute e la qualità della vita, …è evidente che la politica
è assente e ha fallito il proprio ruolo.
Nel caso specifico, hanno fallito quei politici, che non
sono riusciti a tutelare i propri cittadini, a interpretarne le giuste istanze,
a farsi interpreti di una politica attiva e decisionista a tutela dalla salute
pubblica, ma si sono limitati ad un ruolo notarile passivo, aspettando e
rincorrendo gli eventi, senza farsi parte lungimirante in favore della
cittadinanza.
Ovviamente la multinazionale e la proprietà, prima di arrivare
allo schianto finale, ovvero alla decisione di delocalizzare, cedendo il passo
alle armi, ha posto in essere tutto il suo volume di fuoco legale, a colpi di
carte bollate, ricorsi, pressioni lecite ed anche azioni risarcitorie
pretestuose, chiedendo 50.000 euro di danni, ma
a nulla sono valse contro la pervicacia, la competenza e la
determinazione dell’Avv. Valeria Passeri, del Comitato e del WWF di Perugia,
che sono oggi arrivati dopo una solitaria battaglia, all’affermazione che la
tutela della salute e della qualità della vita è l’unico e primario obiettivo
possibile non contrattabile, battaglia anche di principi, che come sempre
accade, oggi vede salire sul carro dei vincitori, molti attori sconosciuti.
Quando ciò accade, non ci può mai essere un ricatto
occupazionale da barattare né si può consentire un profitto privato e un danno
pubblico a scapito di un bene primario, la salute.
La parola fine a questa annosa vicenda ha contribuito a
metterla anche l’Istituto Superiore di Sanità, che correttamente afferma: è
l’imprenditore che gestisce un’Industria Insalubre di prima classe che DEVE
DIMOSTRARE -A SUE SPESE- CHE LE SUE LAVORAZIONI (emissioni, rumori,
inquinamento, disturbo, lavorazioni e cautele) NON NUOCIONO ALLA COLLETTIVITA’.
Il resto è storia nota, evidentemente i costi d’adeguamento,
di delocalizzazione degli impianti, di aggiornamento alle migliore tecnologie
possibili erano insostenibili, tanto da decidere di DELOCALIZZARE e tornare,
con ogni probabilità, alla casa madre di Trento.
Purtroppo (uscendo dallo specifico contesto della vicenda
Color Glass), le battaglie che il WWF ha spesso portato avanti in altri
casi, confermano il ripetersi e la
presenza di una “morale immorale”: se la proprietà di un qualsiasi impianto
industriale non intende investire per migliorare le tecnologie attuali, non
intende adeguarsi alle migliori tecnologie per evitare emissioni,
sicurezza, rumori ed eventuali
inquinanti per continuare le proprie lavorazioni, non ritenendole più
remunerativi e convenienti, allora drammaticamente ciò sta a significare che,
quello che non si è speso nel tempo per la tutela della salute, della sicurezza,
la qualità della vita e il rispetto del limite delle emissioni, diventa quella
parte del profitto privato di certo modo
di far imprenditoria, a scapito della collettività, che non si può condividere,
né tollerare.
WWF Perugia (sempre dalla parte della Giustizia)
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