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Comunicato stampa “C’E’ RESILIENZA E RESILIENZA”

 










“C’E’ RESILIENZA E RESILIENZA”

Il giorno 13 aprile 2021 il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria ha respinto l’ennesimo ricorso presentato da Agri Flor s.r.l. avverso il provvedimento, con cui il Comune di Perugia, in data 31 agosto 2017, ha rigettato l’istanza di sanatoria della stessa Azienda, intesa alla regolarizzazione di vari interventi edilizi da essa realizzati in difetto di titolo abilitativo, intimando, al contempo, la rimessa in pristino dello stato dei luoghi. Tale sentenza, ovviamente, nel confermare la legittimità dei provvedimenti demolitori emessi dal Comune di Perugia, sottintende che resti valida l’intimazione alla demolizione degli abusi edilizi, pena una sanzione pecuniaria da 2000 a 20000 euro in aggiunta alla demolizione che va comunque eseguita, eventualmente in maniera forzata dal Comune, ma a spese dell’Azienda.

Nel frattempo, l’Azienda continua imperterrita a lavorare rifiuti nel centro abitato di Villa Pitignano, nonostante le molteplici sentenze avverse ne abbiano altresì riconosciuto l’incompatibilità urbanistica, nel prevedere che l’autorizzazione al trattamento dei rifiuti non opera, in questo caso, come variante urbanistica automatica di P.R.G.. Pertanto l’area, dove viene svolta l’attività di stoccaggio e compostaggio rifiuti da parte di Agri Flor, resta di particolare interesse agricolo e come tale è incompatibile con detta attività.

Allora, si torna a chiedere a Regione e Comune di Perugia: a quando una “sana” delocalizzazione dell’impianto in area compatibile con la peculiarità della produzione, magari in una prospettiva di grande sviluppo e conseguente creazione di nuovi posti di lavoro?

L’era dei recovery fund potrebbe essere l’occasione opportuna per favorire tale delocalizzazione e, con essa, l’effettiva tutela di ambiente, salute e lavoro.

Lungi dal far chiudere aziende e pregiudicare chi lavora, è questa, infatti, la nostra “resilenza”, nell’obiettivo positivo di valorizzare attività, che seppure insalubri per legge, potrebbero ricostruirsi e valorizzarsi in siti “ambientalmente” adeguati.

Comitato Spontaneo Antipuzza di Villa Pitignano Ponte Felcino Bosco e Ramazzano

WWF Perugia


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COMITATO SALUTE AMBIENTE CALZOLARO TRESTINA ALTOTEVERE SUD: Tanto tuonò che piovve!




















Nella giornata odierna, il comunicato stampa del Comune di Città di Castello, con il quale viene resa pubblica la notizia della volontà di delocalizzazione da parte di Color Glass, ha scatenato una ridda di prese di posizione da parte di tanti che, a vario titolo, si attribuiscono il merito di un risultato che descritto con le parole di Manzoni: “ e il giunge, e tiene un premio ch’era follia sperar; ”



In effetti sono passati circa tre anni dalla prima raccolta di firme ( oltre 1.300 in un giorno ) con le quali il comitato chiedeva alla conferenza di servizi della regione Umbria di non rinnovare l’autorizzazione unica ambientale alla ditta Color Glass S.p.a. Le motivazioni, evidenziate in più occasioni, erano la preoccupazione per le emissioni in atmosfera dei fumi combusti del forno calcinatore (per la cronaca allora indicati come “vapore acqueo”). 



Senza dilungarci sul racconto delle peripezie che la vicenda ha causato, oggi tutta la popolazione è a conoscenza sia dell’ansia vissuta intorno ad un problema reale che dell’ostracismo perpetrato nel tempo dalle amministrazioni Comunale e Regionale insieme alle agenzie di controllo del territorio Usl e Arpa.



Tuttavia, l’incessante quanto tenace impegno del comitato che si è avvalso della collaborazione dell’avv. Valeria Passeri, della consulenza tecnico/scientifica dell’ing. Luciano Blois e dell’esperienza e conoscenza medico/scientifica dei rappresentanti di Isde Dr. Carlo Romagnoli, Dr. Giovanni Vantaggi e Dr. Massimo Formica, ha determinato una crescita ed una presa di coscienza delle problematiche da parte di tutta la popolazione della zona Sud del nostro Comune.



Inoltre, non vogliamo dimenticare l’impegno di alcuni gruppi di opposizione del Comune di Città di Castello che in Consiglio Comunale ed in commissione hanno sempre sostenuto le ragioni del Comitato e le legittime preoccupazioni della popolazione.



Quindi se merito c’è stato per aver approfondito e sviscerato le varie problematiche, questo merito và in primis attribuito al Comitato Salute Ambiente Calzolaro Trestina Altotevere Sud ed a ognuno dei suoi componenti che con serietà, impegno e determinazione hanno lavorato in questi anni dimostrando capacità, organizzazione e resilienza.



Quanto alla scelta aziendale ci limitiamo a riflettere circa l’ipotesi di una eventuale valutazione dei vantaggi economico e finanziari derivanti dall’insediamento dell’attività in una zona adeguata, in locali di proprietà e vicino alla produzione della materia prima lavorata.


Comitato Salute Ambiente Calzolaro Trestina Altotevere Sud – NON CI FERMEREMO



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Color Glass torna a casa. Delocalizza …se ne và!

Una battaglia ambientale lunga tre anni, che ha visto contrapposta la politica con la p minuscola, una proprietà interessata a resistere e i cittadini, i quali chiedevano a gran voce (E ORA HANNO OTTENUTO) la tutela della loro salute e della qualità della vita, attraverso la delocalizzazione degli impianti.




Il Comitato Salute Ambiente Calzolaro Trestina Altotevere Sud, il WWF di Perugia hanno da subito schierato il Loro legale, l’Avv. ambientalista Valeria Passeri, la quale ha iniziato da subito ad agire con gli strumenti di legge, avendo scoperto le lavorazioni pericolose  di questa Azienda Insalubre di I° Classe, come poi certificato dall’Istituto Superiore di Sanità.
Quello che va stigmatizzato, è che quando sono le Associazioni, i Comitati Cittadini a dover scendere in campo, ad organizzarsi per difendere i propri diritti, la salute e la qualità della vita, …è evidente che la politica è assente e ha fallito il proprio ruolo.
Nel caso specifico, hanno fallito quei politici, che non sono riusciti a tutelare i propri cittadini, a interpretarne le giuste istanze, a farsi interpreti di una politica attiva e decisionista a tutela dalla salute pubblica, ma si sono limitati ad un ruolo notarile passivo, aspettando e rincorrendo gli eventi, senza farsi parte lungimirante in favore della cittadinanza.
Ovviamente la multinazionale e la proprietà, prima di arrivare allo schianto finale, ovvero alla decisione di delocalizzare, cedendo il passo alle armi, ha posto in essere tutto il suo volume di fuoco legale, a colpi di carte bollate, ricorsi, pressioni lecite ed anche azioni risarcitorie pretestuose, chiedendo 50.000 euro di danni, ma  a nulla sono valse contro la pervicacia, la competenza e la determinazione dell’Avv. Valeria Passeri, del Comitato e del WWF di Perugia, che sono oggi arrivati dopo una solitaria battaglia, all’affermazione che la tutela della salute e della qualità della vita è l’unico e primario obiettivo possibile non contrattabile, battaglia anche di principi, che come sempre accade, oggi vede salire sul carro dei vincitori, molti attori sconosciuti.
Quando ciò accade, non ci può mai essere un ricatto occupazionale da barattare né si può consentire un profitto privato e un danno pubblico a scapito di un bene primario, la salute.
La parola fine a questa annosa vicenda ha contribuito a metterla anche l’Istituto Superiore di Sanità, che correttamente afferma: è l’imprenditore che gestisce un’Industria Insalubre di prima classe che DEVE DIMOSTRARE -A SUE SPESE- CHE LE SUE LAVORAZIONI (emissioni, rumori, inquinamento, disturbo, lavorazioni e cautele) NON NUOCIONO ALLA COLLETTIVITA’.
Il resto è storia nota, evidentemente i costi d’adeguamento, di delocalizzazione degli impianti, di aggiornamento alle migliore tecnologie possibili erano insostenibili, tanto da decidere di DELOCALIZZARE e tornare, con ogni probabilità, alla casa madre di Trento.
Purtroppo (uscendo dallo specifico contesto della vicenda Color Glass), le battaglie che il WWF ha spesso portato avanti in altri casi,  confermano il ripetersi e la presenza di una “morale immorale”: se la proprietà di un qualsiasi impianto industriale non intende investire per migliorare le tecnologie attuali, non intende adeguarsi alle migliori tecnologie per evitare emissioni, sicurezza,  rumori ed eventuali inquinanti per continuare le proprie lavorazioni, non ritenendole più remunerativi e convenienti, allora drammaticamente ciò sta a significare che, quello che non si è speso nel tempo per la tutela della salute, della sicurezza, la qualità della vita e il rispetto del limite delle emissioni, diventa quella parte del  profitto privato di certo modo di far imprenditoria, a scapito della collettività, che non si può condividere, né tollerare.


WWF Perugia (sempre dalla parte della Giustizia)


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Agriflor: Nuova “Arrampicata Sugli Specchi”!




Nuova incursione di Agriflor nel campo tortuoso dei cavilli giuridici, nel tentativo – sempre più ai confini tra l’arroganza e la disperazione! – di rimandare il più possibile l’inevitabile: la delocalizzazione, se non la chiusura, dell’azienda, unica misura adottabile per sanare definitivamente una situazione irrimediabilmente illegale e potenzialmente pericolosa per la salute pubblica. L’azienda ha infatti richiesto (con apprezzamento da parte della Regione) un “parere” tecnico al prof. avv. Angelo Clarizia del Foro di Roma (nientemeno!) “in ordine all’efficacia in termini di variante automatica, al piano regolatore comunale, del provvedimento con il quale viene rilasciata e/o modificata l’Autorizzazione Integrata Ambientale…” (il riferimento è all’AIA n. 2917 del 6/7/15 rilasciata dalla provincia di Perugia). Naturalmente, dall’alto della sua competenza ed esperienza professionale e – si suppone – accademica, il professore si profonde in tutta una serie di argomentazioni suffragate da citazioni, articoli di legge, sentenze di una lunga letteratura pregressa per giungere a… dar ragione (sostenendo che l’autorizzazione integrata ambientale opererebbe come variante automatica per gli impianti “preesistenti”), ad Agriflor che, tra il 2016 (ricorso n. 325) e il 2017 (ricorso n. 9) aveva impugnato davanti al T.A.R. dell’Umbria le determinazioni e le prescrizioni di Regione, Provincia e Comune emanate durante l’anno 2016 contro Agriflor, tutti ricorsi sistematicamente e inequivocabilmente rigettati dal T.A.R.! Né evidentemente ha per il Luminare alcun fondamento giuridico la delibera del Comune di Perugia (la n. 59 dell’11 giugno 2018) che respinge il progetto di variante al PRG presentato da Agriflor, adducendo comprovate argomentazioni (e fondate ragioni appunto giuridiche) di natura urbanistica e ambientale-paesaggistica (estrema vicinanza all’abitato, contesto agricolo di particolare interesse, l’insistenza su zona soggetta ad esondazione del Tevere e a salvaguardia paesaggistica dei corsi d’acqua, ecc.).

L’egregio professore ignora dunque il particolare forse per lui trascurabile che l’azienda sorge, nel centro abitato di Villa Pitignano, su terreno agricolo di pregio e su una zona sottoposta a vincolo ambientale! Invece, con il suo pur esimio parere, di fatto avalla la presentazione, cui l’azienda ha già del resto provveduto, dell’ennesimo progetto di ristrutturazione degli impianti, che trasformerebbero l’azienda in una specie di Disneyland della produzione del compostaggio, una ipotesi talmente virtuale che altrimenti ci si dovrebbe chiedere perché, con tutti i soldi che occorrerebbero, l’azienda non preferisca più semplicemente andare da un’altra parte! No: l’azienda e il suo perito legale di parte gradiscono piuttosto ingigantire la prospettiva di pericolo ambientale!!! Da non credere…

E tuttavia, nonostante l’encomiabile tentativo (certamente ben ricompensato) di tal perito (di parte), si tratta di un parere ampiamente superato dalla Sentenza del Consiglio di Stato dell’11 ottobre 2018, che rigetta in toto l’impugnazione, da parte di Agriflor, della sentenza del T.A.R. dell’Umbria, una sentenza, peraltro, che lo stesso professore vorrebbe contestare!

Allora ci chiediamo, da modesti cittadini che vorrebbero solo vivere nel rispetto della legalità e della salubrità dei luoghi: è possibile che nemmeno la sentenza del Supremo Giudice Amministrativo possa mettere la parola fine ad una situazione di accertata illegalità ed evidente pericolosità per il bene pubblico? E’ possibile che la pervicacia degli interessi privati debba continuare all’infinito ad opporsi a quello stesso bene pubblico, senza che nessuno, nemmeno il Consiglio di Stato, riesca a porvi un limite definitivo, anche in presenza di ormai assodati, autorevoli, giuridicamente ineccepibili interventi delle autorità competenti?

Valga, da ultimo, l’evidenza della seguente citazione tratta dalla suddetta Sentenza del Consiglio di Stato, che dovrebbe zittire senza se e senza ma qualunque arbitraria “arrampicata sugli specchi”:

“19.1. E’ vero che l’art. 208 del d.lgs. n. 52/2006 prevede che l’approvazione dell’autorizzazione costituisca, ove occorra, variante allo strumento urbanistico, ma tale ipotesi va ritenuta di stretta interpretazione (cfr. Cons Stato, sez. V, 11 dicembre 2015 n. 5658), come tale non estensibile a casi diversi rispetto a quelli ivi contemplati relativi alla sola autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero rifiuti (non anche per la modifica di quelli già esistenti sottoposti al diverso regime autorizzatorio di cui all’art. 29 quater d.lgs. n. 152/2006)".



Se non basta questo, cos’altro volete? La Nostra salute?



F.to: Comitato “Antipuzza” di Villa Pitignano, Ponte Felcino, Bosco e Ramazzano

e con la condivisione di: ITALIA NOSTRA SEZIONE DI PERUGIA, WWF UMBRIA e mon di Fondo Mondiale