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I genitori di Taranto: «Sommersi da tempesta di veleni»

Maria Aloisio del Comitato Genitori tarantini, vicepresidente dell’associazione “LiberiAMO Taranto”, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” e ha parlato della nube rossa che si è rivista a Taranto: «Veniva dall'Ilva».



Maria Aloisio del Comitato Genitori tarantini, vicepresidente dell’associazione “LiberiAMO Taranto”, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, per parlare della nube rossa che si è rivista a Taranto.

“Noi questa nube la vediamo spesso, si è vista meglio lo scorso 4 luglio perché c’è stata una tromba d’aria. Siamo stati sommersi da una tempesta di veleni. Una nube rossa che veniva dall’Ilva e che sicuramente contiene degli inquinanti. Sapevamo che l’intervento che è stato fatto con la copertura dei parchi minerali non avrebbe risolto assolutamente il problema ambientale - ha detto, come riporta anche AgenPress - I cumuli di minerali sono comunque scoperti e in balia dei venti, così come i nastri trasportatori dei minerali. La polvere non si solleva dai capannoni coperti, ma da altre parti dell’acciaieria che sono scoperte e per cui non è prevista la copertura. Quando c’è il wind day, giornate di vento che soffiano dall’acciaieria verso la città, questi inquinanti vengono trasportati verso i centri abitati. Il problema non è relativo solo ai quartieri che sono a ridosso dell’Ilva».

«Il sindaco di Taranto ha posizioni che a me sembrano ambigue - ha proseguito Aloisio - Ha ignorato la nostra associazione, non ha mai voluto incontrarci e ha prodotto un’ordinanza che non è stata scritta con gli spunti validi che noi avevamo fornito. Tutte le associazioni ambientaliste di Taranto sono per la chiusura dell’Ilva. Non si può neanche più parlare del fattore occupazione. Negli anni 70 erano 30mila i dipendenti dell’Ilva, oggi sono 5mila in cig e 3mila realmente al lavoro».

«L’Ilva frena l’economia, frena la possibilità di sviluppo di Taranto, il turismo qui non è mai decollato, nonostante ci siano tante imprese pronte ad investire - ha aggiunto ancora Aloisio - Abbiamo un porto che è asservito completamente alla grande industria: Ilva ed Eni. Per la maggior parte dei tarantini Ilva è un ostacolo allo sviluppo, tutti i tentativi di tenerla in piedi sono tentativi che ammazzano Taranto. Se dobbiamo parlare di Green new deal, parliamo di un’economia che abbandona il fossile, invece ci propinano soluzioni che vedono ancora in piedi quest’azienda preistorica. C’è stata anche la sentenza Cedu, che ha condannato lo Stato. Lo Stato è colpevole di mantenere questa situazione e persevera, nel decreto Rilancio si parla addirittura di nazionalizzare l’Ilva. Si tratta di un aiuto ad Acerlor Mittal. Noi non vogliamo la conversione tecnologica, non vogliamo la conversione a gas che propone Emiliano, noi non vogliamo più produrre acciaio a Taranto, vogliamo sfruttare le risorse che abbiamo: storiche, turistiche e culturali».

«Vogliamo riappropriarci dei nostri spazi, respirare aria pulita ed avere un’economia che hanno le altre città portuali. Abbiamo la sensazione di essere una colonia di schiavi, sfruttata dal governo che non interagisce con noi. Decidono a porte chiuse a Roma, senza interloquire con le autorità locali e questo è molto umiliante».

fonte: www.ilcambiamento.it


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Agriflor: Nuova “Arrampicata Sugli Specchi”!




Nuova incursione di Agriflor nel campo tortuoso dei cavilli giuridici, nel tentativo – sempre più ai confini tra l’arroganza e la disperazione! – di rimandare il più possibile l’inevitabile: la delocalizzazione, se non la chiusura, dell’azienda, unica misura adottabile per sanare definitivamente una situazione irrimediabilmente illegale e potenzialmente pericolosa per la salute pubblica. L’azienda ha infatti richiesto (con apprezzamento da parte della Regione) un “parere” tecnico al prof. avv. Angelo Clarizia del Foro di Roma (nientemeno!) “in ordine all’efficacia in termini di variante automatica, al piano regolatore comunale, del provvedimento con il quale viene rilasciata e/o modificata l’Autorizzazione Integrata Ambientale…” (il riferimento è all’AIA n. 2917 del 6/7/15 rilasciata dalla provincia di Perugia). Naturalmente, dall’alto della sua competenza ed esperienza professionale e – si suppone – accademica, il professore si profonde in tutta una serie di argomentazioni suffragate da citazioni, articoli di legge, sentenze di una lunga letteratura pregressa per giungere a… dar ragione (sostenendo che l’autorizzazione integrata ambientale opererebbe come variante automatica per gli impianti “preesistenti”), ad Agriflor che, tra il 2016 (ricorso n. 325) e il 2017 (ricorso n. 9) aveva impugnato davanti al T.A.R. dell’Umbria le determinazioni e le prescrizioni di Regione, Provincia e Comune emanate durante l’anno 2016 contro Agriflor, tutti ricorsi sistematicamente e inequivocabilmente rigettati dal T.A.R.! Né evidentemente ha per il Luminare alcun fondamento giuridico la delibera del Comune di Perugia (la n. 59 dell’11 giugno 2018) che respinge il progetto di variante al PRG presentato da Agriflor, adducendo comprovate argomentazioni (e fondate ragioni appunto giuridiche) di natura urbanistica e ambientale-paesaggistica (estrema vicinanza all’abitato, contesto agricolo di particolare interesse, l’insistenza su zona soggetta ad esondazione del Tevere e a salvaguardia paesaggistica dei corsi d’acqua, ecc.).

L’egregio professore ignora dunque il particolare forse per lui trascurabile che l’azienda sorge, nel centro abitato di Villa Pitignano, su terreno agricolo di pregio e su una zona sottoposta a vincolo ambientale! Invece, con il suo pur esimio parere, di fatto avalla la presentazione, cui l’azienda ha già del resto provveduto, dell’ennesimo progetto di ristrutturazione degli impianti, che trasformerebbero l’azienda in una specie di Disneyland della produzione del compostaggio, una ipotesi talmente virtuale che altrimenti ci si dovrebbe chiedere perché, con tutti i soldi che occorrerebbero, l’azienda non preferisca più semplicemente andare da un’altra parte! No: l’azienda e il suo perito legale di parte gradiscono piuttosto ingigantire la prospettiva di pericolo ambientale!!! Da non credere…

E tuttavia, nonostante l’encomiabile tentativo (certamente ben ricompensato) di tal perito (di parte), si tratta di un parere ampiamente superato dalla Sentenza del Consiglio di Stato dell’11 ottobre 2018, che rigetta in toto l’impugnazione, da parte di Agriflor, della sentenza del T.A.R. dell’Umbria, una sentenza, peraltro, che lo stesso professore vorrebbe contestare!

Allora ci chiediamo, da modesti cittadini che vorrebbero solo vivere nel rispetto della legalità e della salubrità dei luoghi: è possibile che nemmeno la sentenza del Supremo Giudice Amministrativo possa mettere la parola fine ad una situazione di accertata illegalità ed evidente pericolosità per il bene pubblico? E’ possibile che la pervicacia degli interessi privati debba continuare all’infinito ad opporsi a quello stesso bene pubblico, senza che nessuno, nemmeno il Consiglio di Stato, riesca a porvi un limite definitivo, anche in presenza di ormai assodati, autorevoli, giuridicamente ineccepibili interventi delle autorità competenti?

Valga, da ultimo, l’evidenza della seguente citazione tratta dalla suddetta Sentenza del Consiglio di Stato, che dovrebbe zittire senza se e senza ma qualunque arbitraria “arrampicata sugli specchi”:

“19.1. E’ vero che l’art. 208 del d.lgs. n. 52/2006 prevede che l’approvazione dell’autorizzazione costituisca, ove occorra, variante allo strumento urbanistico, ma tale ipotesi va ritenuta di stretta interpretazione (cfr. Cons Stato, sez. V, 11 dicembre 2015 n. 5658), come tale non estensibile a casi diversi rispetto a quelli ivi contemplati relativi alla sola autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero rifiuti (non anche per la modifica di quelli già esistenti sottoposti al diverso regime autorizzatorio di cui all’art. 29 quater d.lgs. n. 152/2006)".



Se non basta questo, cos’altro volete? La Nostra salute?



F.to: Comitato “Antipuzza” di Villa Pitignano, Ponte Felcino, Bosco e Ramazzano

e con la condivisione di: ITALIA NOSTRA SEZIONE DI PERUGIA, WWF UMBRIA e mon di Fondo Mondiale