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Perché l’acciaio schiaccerà (e inquinerà) “doppiamente” Taranto: la beffa del nuovo accordo sull’Ilva

 










Invece di salvare Taranto si sommeranno due tipi di inquinamento. Le nuove tecnologie si aggiungeranno alle vecchie, che continueranno a funzionare. E l’inquinamento quindi aumenterà, a danno della salute dei cittadini e dell’ambiente.


E’ questo l’allarme lanciato su GreenMe.it da Alessandro Marescotti, presidente e tra i fondatori di Peacelink, che da anni segue la vicenda dell’Ilva di Taranto.

La notizia dell’accordo ArcelorMittal-Invitalia sta lasciando attoniti. Attesa da giorni, è piombata nel bel mezzo della notte con un comunicato da parte dell’azienda che non lascia spazio a dubbi. La sorte di Taranto è stata ancora una volta “schiacciata” dall’acciaio, finanziato in gran parte dello Stato, con la vecchia Ilva già fallita e la nuova Ilva che deve fronteggiare perdite ingenti, con tutto il peso che ha aggiunto la crisi legata al Covid.

Vediamo di capire meglio quello che non leggeremo di certo sui comunicati stampa che annunciano questo accordo, che si candida a essere un flop dal punto di vista della tutela dei posti di lavoro, della salute e dell’ambiente…

Quali saranno le conseguenze dell’accordo?

E’ difficile prevedere le conseguenze immediate dell’accordo, perché invece quelle che si possono ipotizzare con certezza ci dicono che il mercato internazionale dell’acciaio metterà in seria difficoltà il progetto di rilancio dell’Ilva, che somiglia di più a un intervento di carattere assistenziale per rimandare il problema. Nell’immediato, lo Stato sembra che metta 400 milioni di euro mentre dai comunicati si comprende che ArcelorMittal praticamente non metterà niente quindi questa ipotesi del 50% e 50% non si comprende su cosa si basi.

Quindi, non c’è alcuna speranza?

Io sono assolutamente pessimista sul fatto che questo sia un intervento che possa risolvere il problema. Già in passato lo Stato è intervenuto e nel giro di 2 anni ha accumulato 2,9 miliardi di perdite. Stiamo parlando di uno stabilimento che produce con serie difficoltà di mercato sotto il punto di equilibrio che è a 7 milioni. Si produce in perdita, con un’emorragia di risorse economiche talmente elevata che ArcelorMittal aveva scelto di abbandonare lo stabilimento di Taranto.

Perché Taranto ne pagherà doppiamente le conseguenze?

Le clausole di questo accordo sono particolarmente dure per la città di Taranto, perché si vincola la presenza di ArcelorMittal alla modifica del Piano ambientale. Quindi stiamo parlando di rinviare la decisione delle tecnologie che dovevano già essere installate da molto tempo. E quando si parla di nuovo Piano ambientale, quest’ultimo deve costare meno. Queste è una delle condizioni che vengono poste, l’altra è una produzione aumentata, che però è difficile immaginare in un mercato come quello attuale, con la crisi del Covid.

Taranto si prepara a una situazione ancora più difficile di quella attuale. Tutte le promesse che ha fatto il Governo di riduzione dell’inquinamento sono relative solamente ai nuovi impianti di cui vengono declamate le caratteristiche “verdi”, ma i vecchi impianti continueranno a funzionare.

In una prospettiva di aumento della produzione si fanno continuare a funzionare anche i vecchi sistemi, con l’inquinamento che conosciamo, aggiungendo però i nuovi. La sommatoria aggiunge nuovo inquinamento al vecchio, non c’è una prospettiva per la città di uscire dalla situazione molto difficile che è stata fotografata dalla Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario del 2019 che sancisce un aspetto inequivocabile: c’è un rischio inaccettabile dal punto di vista sanitario nel quartiere Tamburi, accanto al quale sorge lo stabilimento.

Ancora una volta l’acciaio sta schiacciando la salute dei cittadini e dell’ambiente…

Sì. E tra l’altro senza produrre profitti, ma solo perdite economiche, oltre alle perdite di vite.

fonte: www.greenme.it


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Taranto, ipotesi di impianto da 100mila tonnellate annue di Plasmix: tutti i dubbi di Zero Waste Puglia

Rifiuti plastici non riciclabili che diventerebbero SRA (Secondary Reducing Agent) da usare negli altoforni Ilva o C.S.S. da bruciare nei cementifici: "Proposta in contraddizione con l’agenda UE su rifiuti e plastiche"




Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa di Zero Waste Puglia che accende i riflettori sul progetto della milanese Unità di Misura, una proposta che secondo l'associazione "andrebbe rigettata in quanto in contraddizione con l’agenda UE su rifiuti e plastiche in corso di trasposizione nelle norme nazionali".

Un impianto per il trattamento di 100.000 tonnellate/anno di rifiuti plastici non riciclabili, cosiddetto plasmix, che opportunamente preparati diventano SRA (Secondary Reducing Agent) per utilizzo negli altoforni in sostituzione del carbone per la produzione di acciaio e/o C.S.S. (Combustibile Solido Secondario) da bruciare nei cementifici.


Secondo l’istanza presenta alla Provincia di Taranto da Unità di Misura S.r.l. di Milano per l’ottenimento del Provvedimento Autorizzativo Unico Regionale (PAUR), l’impianto avrà sede nell’area di sviluppo industriale di Taranto, in località Pantano sulla S.S. Jonica 106. Avrà una capacità di trattamento per tre volte la produzione di plasmix dell’intera regione Puglia e più di un quarto di tutta la plastica avviata a recupero energetico nel 2018 in Italia.

Il Proponente presenta come qualificante la tecnologia BEST che da una breve ricerca si è rilevata come precaria e senza precedenti operativi (vedi rif. https://bit.ly/2EANAwu, https://bit.ly/2D07Ozr ). In definitiva tale referenza non depone a favore della qualifica tecnico-organizzativa della società Proponente.

La tecnologia di preparazione dello SRA è sicuramente matura, ma in tutti gli esempi internazionalmente noti la sua messa a punto specifica ha visto la compartecipazione attiva dell'utilizzatore finale (l'acciaieria per intenderci). Prima di tutto l'alimentazione dello SRA comporta delle modifiche strutturali all'altoforno, incluso l'impianto di stoccaggio e alimentazione dello SRA. La composizione e la granulometria dello SRA sono decisivi nella validazione del suo uso nello specifico altoforno. Non siamo riusciti a determinare se ILVA ha già esperienza di uso dello SRA e se ha emesso delle specifiche tecniche cui i vari fornitori si devono conformare. Senza tale indicazione e garanzia, la fornitura di SRA a destinazione ex-ILVA o altra acciaieria è del tutto aleatoria. Facciamo notare che il prodotto finale dell'impianto proposto è definito dal Proponente come SRA oppure CSS (Relazione tecnica - pag.10). Chiunque noterebbe l'assurdità dell'investimento se fallisse la fornitura di SRA all’impianto ex-ILVA o altra acciaieria. Mentre il Proponente accenna a un accordo con COREPLA per la fornitura dei rifiuti in ingresso, non si accenna neanche minimamente ad accordi o sperimentazioni fatte con Arcelor Mittal o altra acciaieria relativamente all'utilizzo dello SRA prodotto negli altoforni.

Non abbiamo trovato traccia delle condizioni economiche di fornitura dello SRA, essenziale per valutare il piano finanziario su cui si regge l'iniziativa proposta. A nostro parere questo resta un'incognita decisiva da risolvere prima di qualsiasi validazione del progetto.

Nella Relazione Tecnica si cita la norma UNI10667-17 come standard tecnico per lo SRA. Ma non si afferma esplicitamente che tale normativa sarà seguita e garantita dal Proponente in fase operativa. Né si descrivono le procedure di controllo di conformità a tale normativa dello SRA prodotto.


Il Proponente definisce la produzione di SRA come un processo di "riciclo chimico". Abbiamo forti dubbi che l’Agente Riducente Secondario (SRA) sia considerato come riciclo dalle norme europee, visto che distrugge materia. Diventa però essenziale la garanzia che il prodotto finale sia destinato a SRA e non a CSS per cementifici. Nel secondo caso infatti NON potrebbe essere classificato come "riciclo" e tra l'altro penalizzerebbe l'obiettivo obbligatorio relativo alle quantità di plastica riciclata da raggiungere in accordo alle recenti normative UE. Da notare altresì che i recenti accordi fra Stati membri hanno incluso una nuova tassa sulla plastica non riciclata. Che - per la quota parte di prodotto destinata a CSS - sarebbe a carico dello Stato e non del Proponente.

Il Proponente elenca i codici CER relativi alle materie prime usate nell'impianto. A nostro parere sono inammissibili due di essi:

- 150102/rifiuti da imballaggi in plastica da RD. Non trattandosi di scarti della selezione, si rischierebbe una competizione negativa con le piattaforme di selezione meccanica della plastica da RD, da avviare al riciclo come nuovi imballaggi;

- 191219/CDR o CSS. Trattandosi di un materiale già trattato e destinato a recupero energetico non si capisce l'utilità di trattarlo ulteriormente per fargli fare la stessa fine.

La stima di riduzione delle emissioni di CO2 è basata sull'utilizzo dello SRA in sostituzione del 6-13% di coke negli altoforni. Tale beneficio verrebbe completamente meno se l'impianto producesse CSS invece di SRA.

Alcune osservazioni minori e formali sulla Relazione Tecnica:

- a pag. 7 si indica al 26% l'obiettivo di riciclo degli imballaggi in plastica, mentre le recenti Direttive UE impongono l'obiettivo del 50% al 2025. Questa osservazione rileva in quanto l'impianto proposto contribuirebbe al raggiungimento dell'obiettivo solo nella misura in cui producesse effettivamente SRA da utilizzare in acciaieria. Ragione per cui l'ottenimento della garanzia dell'utilizzo finale dello SRA dovrebbe far parte della procedura di rilascio dell'autorizzazione alla sua realizzazione ed esercizio;

- alle pag. 59 e 72 della Relazione Tecnica la terza colonna delle Tabelle 5-4, 5-5 e 9-2 deve essere corretta indicando (m3) e non (ton).

In conclusione a nostro parere sono eccessivi i dubbi sulla proposta e le evidenze ad essa contrarie. La proposta andrebbe dunque rigettata in quanto in contraddizione con l’agenda UE su rifiuti e plastiche in corso di trasposizione nelle norme nazionali.

fonte: www.ecodallecitta.it


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I genitori di Taranto: «Sommersi da tempesta di veleni»

Maria Aloisio del Comitato Genitori tarantini, vicepresidente dell’associazione “LiberiAMO Taranto”, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” e ha parlato della nube rossa che si è rivista a Taranto: «Veniva dall'Ilva».



Maria Aloisio del Comitato Genitori tarantini, vicepresidente dell’associazione “LiberiAMO Taranto”, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, per parlare della nube rossa che si è rivista a Taranto.

“Noi questa nube la vediamo spesso, si è vista meglio lo scorso 4 luglio perché c’è stata una tromba d’aria. Siamo stati sommersi da una tempesta di veleni. Una nube rossa che veniva dall’Ilva e che sicuramente contiene degli inquinanti. Sapevamo che l’intervento che è stato fatto con la copertura dei parchi minerali non avrebbe risolto assolutamente il problema ambientale - ha detto, come riporta anche AgenPress - I cumuli di minerali sono comunque scoperti e in balia dei venti, così come i nastri trasportatori dei minerali. La polvere non si solleva dai capannoni coperti, ma da altre parti dell’acciaieria che sono scoperte e per cui non è prevista la copertura. Quando c’è il wind day, giornate di vento che soffiano dall’acciaieria verso la città, questi inquinanti vengono trasportati verso i centri abitati. Il problema non è relativo solo ai quartieri che sono a ridosso dell’Ilva».

«Il sindaco di Taranto ha posizioni che a me sembrano ambigue - ha proseguito Aloisio - Ha ignorato la nostra associazione, non ha mai voluto incontrarci e ha prodotto un’ordinanza che non è stata scritta con gli spunti validi che noi avevamo fornito. Tutte le associazioni ambientaliste di Taranto sono per la chiusura dell’Ilva. Non si può neanche più parlare del fattore occupazione. Negli anni 70 erano 30mila i dipendenti dell’Ilva, oggi sono 5mila in cig e 3mila realmente al lavoro».

«L’Ilva frena l’economia, frena la possibilità di sviluppo di Taranto, il turismo qui non è mai decollato, nonostante ci siano tante imprese pronte ad investire - ha aggiunto ancora Aloisio - Abbiamo un porto che è asservito completamente alla grande industria: Ilva ed Eni. Per la maggior parte dei tarantini Ilva è un ostacolo allo sviluppo, tutti i tentativi di tenerla in piedi sono tentativi che ammazzano Taranto. Se dobbiamo parlare di Green new deal, parliamo di un’economia che abbandona il fossile, invece ci propinano soluzioni che vedono ancora in piedi quest’azienda preistorica. C’è stata anche la sentenza Cedu, che ha condannato lo Stato. Lo Stato è colpevole di mantenere questa situazione e persevera, nel decreto Rilancio si parla addirittura di nazionalizzare l’Ilva. Si tratta di un aiuto ad Acerlor Mittal. Noi non vogliamo la conversione tecnologica, non vogliamo la conversione a gas che propone Emiliano, noi non vogliamo più produrre acciaio a Taranto, vogliamo sfruttare le risorse che abbiamo: storiche, turistiche e culturali».

«Vogliamo riappropriarci dei nostri spazi, respirare aria pulita ed avere un’economia che hanno le altre città portuali. Abbiamo la sensazione di essere una colonia di schiavi, sfruttata dal governo che non interagisce con noi. Decidono a porte chiuse a Roma, senza interloquire con le autorità locali e questo è molto umiliante».

fonte: www.ilcambiamento.it


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Bombe sanitarie

Taranto, Terra dei Fuochi, Brescia, Livorno, Sicilia, Bussi e tanti altri. Il quinto rapporto Sentieri e quello dell'INAIL sulle malattie professionali nei siti di interesse nazionale documentano la mappa di un’Italia avvelenata e devastata in cui aumentano le malattie più gravi




Il 26 febbraio scorso moltissimi tarantini sono tornati in piazza, ad un anno di distanza dalla precedente analoga manifestazione, per chiedere la tutela della salute e una svolta vera e concreta sull’ex Ilva e l’inquinamento della città.

«Tutto l’acciaio del mondo non vale la vita di un solo bambino»: questo striscione sintetizza tutto il dramma e la voce di Taranto. Uno dei SIN (siti di interesse nazionale) più inquinati in Italia.

Quasi un anno fa è stato pubblicato il quinto rapporto Sentieri: inequivocabili le statistiche del dramma tarantino: «risulta in eccesso la mortalità per il tumore del polmone, per mesotelioma della pleura e per le malattie dell’apparato respiratorio, in particolare per le malattie respiratorie acute tra gli uomini e quelle croniche tra le donne», «l’inquinamento di origine industriale è risultato inoltre associato, nella coorte dei residenti, a un aumento del rischio di mortalità per tumori nel loro complesso e tumori della vescica, del pancreas, e leucemie», «nei sottogruppi di età infantile-giovanile, si evidenziano alcuni elementi di rilievo, quali gli eccessi in età pediatrica di tumori del sistema linfoemo-poietico totale e in particolare linfomi non Hodgkin e di sarcomi dei tessuti molli e altri extra ossei. In età giovanile si evidenzia un eccesso del 70% per l’incidenza dei tumori della tiroide al quale contribuisce soprattutto il genere femminile», «eccesso di incidenza per tutti i tumori maligni infantili pari a circa il 30%», «Neoplasie, malattie cardiache, respiratorie e digerenti tendono a concentrarsi nei quartieri prossimi al polo industriale», questi sono solo alcuni dei passaggi di un capitolo dedicato alla città. Il Rapporto INAIL 2019 relativo alle malattia professionali nei SIN, su Taranto viene rilevato che le percentuali maggiori sono negli uomini di malattie dell'orecchio interno, tumori maligni dell'apparato respiratorio e organi intratoracici, malattie della pleura, tumore maligno di tessuto mesoteliale e dei tessuti molli e nelle donne di dorsopatie, dermatiti ed eczemi e disturbi legati a stress e somatoformi.

Queste «bombe sanitarie» sono legate all’inquinamento, alla presenza di grandi industrie devastanti per l’ambiente e senza alcuno scrupolo nel distruggere la salute pubblica, ai traffici delle mafie con i rifiuti e a tanto altro. Il nostro viaggio non può che soffermarsi sulla «terra dei fuochi» campana, ma risalendo lo Stivale si trovano dati allarmanti e terribili anche nel cuore del nord.

Nel capitolo sul «Litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano» si afferma che: «la mortalità generale e per tutte le principali cause è in eccesso in entrambi i generi, rispetto alla media regionale» ed evidenzia «un eccesso del tumore del fegato in entrambi i generi», «eccessi di mortalità in entrambi i generi per cirrosi» e per epatite virale, «eccessi del tumore della mammella nelle donne», «le analisi condotte in questo studio su sottogruppi di età evidenziano un eccesso di ricoverati per linfoma non Hodgkin in età pediatrica. Sono presenti eccessi in entrambi i generi della mortalità per le malattie respiratorie nel loro complesso», «il tumore della vescica è in eccesso come causa di decesso e di ricovero nei soli uomini», «il tumore dello stomaco, è in eccesso in entrambi i generi, nelle analisi della mortalità». Il rapporto INAIL segnala maggiori frequenze negli uomini di malattie della pleura, malattie polmonari da agenti esterni, malattie dell'orecchio interno, tumore maligno dell'apparato respiratorio e degli organi intratoracici e del tessuto mesoteliale e dei tessuti molli, nelle donne di disturbi dell'apparato nervoso e delle malattie della pleura.

Il capitolo sull’«Area Litorale Vesuviano» inizia sottolineando che «la mortalità generale e quella per tutti i principali gruppi di cause risultano in eccesso, rispetto alla popolazione regionale, in entrambi i generi» ed è clamoroso che siano state riscontrate carenze delle certificazioni. «Si segnala un eccesso di decessi per tumori del sistema emolinfopoietico e in particolare di leucemia linfoide tra i giovani adulti. Seppur con maggior incertezza, si osservano eccessi anche per l’intera classe delle leucemie e dei linfomi, inclusi i sottogruppi del linfoma di Hodgkin e dei linfomi non Hodgkin». Il rapporto INAIL segnala maggiori frequenze negli uomini di malattie polmonari da agenti esterni, altre malattie della pleura, tumori maligni dell'apparato respiratorio e degli organi intratoracici e nelle donne delle malattie della pleura, delle malattie polmonari da agenti esterni e dei disturbi dei tessuti molli.

A Gela «il rischio complessivo per i tumori è in eccesso in entrambi i generi, negli uomini con stima incerta», incertezze e carenze che clamorosamente si ripetono ovunque a dimostrazione che sarebbe necessaria un’attenzione e mezzi molto più attrezzati sui più delicati e drammatici fronti sanitari italiani, «i casi totali di malformazioni congenite risultano superiori al numero di casi attesi definito su base regionale. Si osservano eccessi di malformazioni congenite della parete addominale, dei genitali, dell’apparato urinario e degli arti». Il rapporto INAIL segnala maggiori frequenze negli uomini frequenze maggiori di malattie dell'orecchio interno, malattie della pleura, malattie croniche delle basse vie respiratorie e delle malattie polmonari da agenti esterni.

A Milazzo «sono stati osservati eccessi di incidenza dei mesoteliomi tra gli uomini, e dei tumori del polmone e dell’ovaio tra le donne», «la mortalità per mesotelioma pleurico è risultata in eccesso tra gli uomini» e «si rileva un eccesso dell’incidenza del tumore del rene negli uomini e nelle donne (in queste ultime, su stima incerta) come l’eccesso dei ricoverati di genere maschile per malattie urinarie, della mortalità per malattie dell’apparato urinario e per insufficienza renale cronica in entrambi i generi. Un dato che si ritiene opportuno evidenziare sono gli eccessi dell’incidenza e dei ricoverati di entrambi i generi per tumori maligni della tiroide». Il rapporto INAIL segnala maggiori frequenze negli uomini di malattie della pleura, dell'orecchio interno e polmonari da agenti esterni e tumori maligni di tessuto mesoteliale e dei tessuti molli, nelle donne di malattie della pleura.

Nelle aree industriali di Porto Torres per la mortalità «eccessi per tutte le cause, tutti i tumori e le malattie respiratorie negli uomini e nelle donne» e nelle analisi dei ricoveri «eccessi per tutte le cause naturali e per le malattie dell’apparato respiratorio», il rapporto INAIL segnala maggiori frequenze per gli uomini delle malattie dell'orecchio interno, dei disturbi dell'apparato nervoso, di dorsopatie e disturbi dei tessuti molli e nelle donne di dorsopatie, dermatiti, eczemi, disturbi dell'apparato nervoso e dei tessuti molli. Nel Sulcis-Iglesiente-Guspinese «la mortalità per le principali cause è in eccesso per le malattie dell’apparato respiratorio in uomini e donne» e «l’analisi dei ricoverati per le principali cause mostra un eccesso per le malattie dell’apparato urinario in entrambi i generi». Il rapporto INAIL segnala maggiori frequenze di dorsopatie.

Soffermandoci sul centro Italia, riportiamo solo alcuni dati della Valle del Sacco nel Lazio, Bussi in Abruzzo, Piombino e Livorno in Toscana.

Valle del Sacco: «tra gli uomini la mortalità generale è in eccesso. In entrambi i generi si segnala un eccesso per patologie dell’apparato cardiovascolare», «non sono disponibili dati di incidenza oncologica per tutte le età in quanto il sito non è coperto da un registro tumori», «il numero di ricoverati per tutte le cause naturali è in eccesso nel primo anno di vita, in linea con l’atteso in età pediatrica e pediatrico-adolescenziale, e in difetto tra i giovani adulti. Nel primo anno di vita l’eccesso di ricoverati riguarda anche le condizioni morbose di origine perinatale». Il rapporto INAIL segnala maggiori frequenze di dorsopatie, malattie dell'orecchio interno, della pleura e tumori maligni di tessuto mesoteliale e dei tessuti molli mentre nelle donne di dorsopatie, disturbi dei tessuti molli e dell'apparato nervoso.

Bussi: «mortalità per malattie respiratorie, in eccesso nei soli uomini, e per le malattie dell’apparato digerente nelle sole donne», «sono risultati in eccesso in entrambi i generi i tumori maligni dello stomaco, anche se negli uomini la stima è incerta, e del colon retto nelle sole donne, anch’essa sulla base di una stima incerta», «il numero di ricoverati per tutte le cause naturali risulta in eccesso rispetto all’atteso in tutte le clas-si di età analizzate compreso il primo anno di vita, sottogruppo nel quale si osserva un eccesso anche per le condizioni morbose di origine perinatale», «si segnala un eccesso di ricoverati per linfomi non Hodgkin tra i giovani adulti, sebbene caratterizzato da incertezza nella stima», «tra le ospedalizzazioni si segnala, con stima incerta, l’eccesso del tumore della mammella fra gli uomini», «il linfoma non Hodgkin è risultato in eccesso come causa di de-cesso in entrambi i generi, anche se sulla base di stime incerte».

A Piombino «il numero complessivo di nati residenti nel periodo 2002-2015 è stato di 3.332; nello stesso periodo sono stati osservati 109 casi con malformazione congenita (MC), con una prevalenza superiore all’atteso calcolato su base regionale. Sono risultate superiori all’atte-so le anomalie congenite del cuore, dei genitali e degli arti», «si segnala un numero di decessi per pneumoconiosi negli uo-mini di 5 volte superiore all’atteso regionale». Il rapporto INAIL segnala maggiori frequenze negli uomini di malattie dell'orecchio interno, polmonari da agenti esterni e della pleura e di tumori maligni dell'apparato respiratorio e degli organi intratoracici, di tessuto mesoteliale e dei tessuti molli e nelle donne di dorsopatie, dermatiti, eczemi e dei disturbi dell'apparato nervoso.

A Livorno «eccessi si osservano negli uomini e nelle donne per tutti i tumori, mentre la mortalità per le malattie del sistema circolatorio e dell’apparato digerente ri-sulta in eccesso nelle sole donne», «si osserva un eccesso di mortalità per il tumore del polmone e per il mesotelioma pleurico in entrambi i generi» e «il numero di ricoverati per tutte le cause naturali e per tutti i tumori maligni è in eccesso in entrambi i generi; un eccesso di ricoverati si osserva per le malattie dell’apparato digerente nelle donne». Il rapporto INAIL segnala maggiori frequenze negli uomini di disturbi dei tessuti molli e dell'apparato nervoso e di malattie della pleura e nelle donne di malattie dell'apparato nervoso. Da Livorno è nato il progetto di un coordinamento dei comitati attivi nei SIN italiani - le Magliette Bianche - che chiedono con forza la bonifica e il risanamento dei territori e una svolta nelle politiche ambientali e industriali italiane.

Nel profondo nord non rimane fuori da questa Spoon River sanitaria neanche la regione più piccola d’Italia, la Valle d’Aosta, con Emarese dove si segnalano miniere, amianto e discariche. «La mortalità generale, anche se con stime incerte, mostra una tendenza all’aumento».

In Piemonte è d’obbligo citare Casale Monferrato, legata alla presenza di Eternit e ad una battaglia giudiziaria, dove «la mortalità generale, quella per tutti i tumori e quella per le malattie del sistema circolatorio sono in eccesso in entrambi i generi» e per l’ospedalizzazione «si osservano eccessi per tutte le cause, per tutti i tumori e per le malattie dell’apparato digerente e un difetto per le malattie dell’apparato urinario. Le malattie del sistema circolatorio sono in eccesso nelle donne». Il rapporto INAIL segnala maggiori frequenze negli uomini di tumori maligni del tessuto mesoteliale e dei tessuti molli, di malattie polmonari da agenti esterni, dorsopatie, malattie dell'orecchio interno e altri disturbi dei tessuti molli mentre nelle donne di disturbi dei tessuti molli e dell'apparato nervoso e tumori maligni del tessuto mesoteliale e dei tessuti molli.

Tanti sono gli altri ma quest’articolo non si può che chiudere con Brescia, nel cuore della Pianura Padana, dove da decenni si staglia l’ex Caffaro. Tre anni la commissione parlamentare ecomafie scrisse che «l’inquinamento si propaga da anni e si sta espandendo sempre di più verso i siti esterni dello stabilimento, interessando ad oggi anche aree esterne alla perimetrazione del SIN Brescia – Caffaro» e «l’acqua della falda acquifera emunta dallo stabilimento non è adeguatamente decontaminata e lo scarico di tali acque sta, a sua volta, contaminando sia le acque, sia i sedimenti delle rogge acquifere circostanti». Il rapporto Sentieri riporta, tra le altre statistiche, che «nel primo anno di vita si osserva un aumento della mortalità per le condizioni morbose di origine perinatale; tra gli adolescenti si rileva un aumento di decessi per tutti i tumori rispetto all’atteso», «un eccesso di tumori del sistema linfoemopoietico in età adolescenziale nel genere femminile» e «un eccesso di tumori delle cellule germinali e trofoblastici e gonadici in età giovanile, caratterizzato però da un grado di incertezza che ne limita l’interpretazione». Il rapporto INAIL segnala maggiori frequenze negli uomini di dorsopatie, tumori maligni dell'apparato respiratorio e degli organi intratoracici, del tessuto mesoteliale e dei tessuti molli, delle malattie croniche delle basse vie respiratorie e nelle donne di dorsopatie.

Nella parte iniziale il quinto rapporto Sentieri cita i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sull’inquinamento atmosferico, sempre sottovalutato e il cui contrasto viene sempre sacrificato alle ragioni del PIL, della crescita economica e degli interessi delle lobby industriali. Secondo le stime dell’organismo internazionale l’inquinamento atmosferico causa «nel mondo circa 3,7 milioni di decessi all’anno, 800.000 solo in Europa; esso è responsabile di 6,3 milioni di anni di vita persi e del 3% della mortalità cardio-respiratoria». Nelle pagine successive leggiamo che «negli ultimi cinquant’anni, nei Paesi industrializzati serviti da registri tumori, si è assistito a un incremento dell’incidenza dei tumori maligni della mammella femminile, prostata, testicolo, ovaio e tiroide. Anche se molteplici fattori possono avere contribuito a questa tendenza, la rapidità con cui è avvenuto l’incremento non può essere spiegata solo in termini di genetica, miglioramento delle tecniche diagnostiche e cambiamenti degli stili di vita. Attualmente, si sta rafforzando l’ipotesi che l’incremento di queste neoplasie possa essere parzialmente correlato all’esposizione a inquinanti ambientali, alcuni dei quali con proprietà di interferenza endocrina».

Ognuna di queste statistiche è frutto di storie, vicende, lotte, giustizia mai arrivata, drammi di popolazioni che da troppi decenni subiscono l’avvelenamento e la devastazione ambientale. E’ un dramma che quotidianamente si sta consumando accanto a noi, nella totale indifferenza. In queste settimane l’Italia ha scoperto gli effetti nefasti dei tagli alla sanità (ma anche della corruzione e del clientelismo imperanti), l’importanza della salute e che anche nel 2020 le malattie uccidono.

fonte: https://www.wordnews.it

"Un libro ogni 10 bottiglie di plastica", l'ecolibreria di Taranto raccoglie e ricicla centinaia di contenitori

I libri sono stati donati da librerie e associazioni ma anche da singoli cittadini: in un pomeriggio sono state raccolte oltre 500 bottiglie e distribuiti decine di volumi















Bottiglie di platica in cambio di libri. Da rifiuti destinati al cassonetto o raccolti per strada a titoli celebri come l'Alchimista di Paolo Coelho e Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde. Ha avuto un discreto successo l'iniziativa dell'associazione Plasticaqquà e della sua Ecolibreria nella pineta Cimino di Taranto.

All'interno di uno dei pochi polmoni verdi con affaccio sul mar Piccolo è apparso il cartello, contemporaneamente ad annunci social, dell'iniziativa: "Porta dieci bottiglie di plastica, ti regaliamo un libro". Così ne sono state raccolte 537, con punte record di 350 a opera di Piero, fanno sapere dall'associazione, nella fascia oraria prestabilita per l'iniziativa, dalle 10 alle 13 di sabato 8 febbraio. A queste si aggiungono 100 flaconi. Il materiale è finito nei cassonetti per la raccolta differenziata grazie alla collaborazione della municipalizzata Amiu.

"La raccolta delle bottiglie in plastica ha superato le nostre aspettative" fanno sapere i responsabili di Plasticaqquà, che ringraziano chi contribuisce alla dotazione dell'Ecolibreria. Donazioni provenienti da tutta la provincia, come quelle della biblioteca San Francesco di Grottaglie. L'Ecolibreria, del resto, è nata su base volontaria con questo intento.

"Sarà sicuramente attiva - spiega Giuseppe Internò di Plasticaqquà - il martedì dalle 19.30 alle 22 circa e poi il sabato dalle 10 alle 12. Stiamo cercando di inserire una mattina o un pomeriggio a metà settimana per fare anche il laboratorio per bambini e adulti sul riciclo creativo".


fonte: https://bari.repubblica.it

Riconvertire l’ex ILVA di Taranto in un Polo delle energie rinnovabili per rilanciare il Sud

Il possibile abbandono di ArcelorMittal dell'acciaieria ex ILVA di Taranto potrebbe essere l’occasione di un vero rilancio del Sud Italia aumentando l’occupazione, la salvaguardia dell’ambiente e la salute delle persone. Un'utopia? Assolutamente no.




Il possibile abbandono di ArcelorMittal dell'acciaieria ex ILVA di Taranto potrebbe essere l’occasione di un vero rilancio del Sud Italia aumentando l’occupazione, la salvaguardia dell’ambiente e la salute delle persone. Dopo anni di inquinamento, morti, sfruttamento e devastazione ambientale, finalmente sarebbe ora di un progetto sensato e sano, per la popolazione di Taranto e per il Sud, costretto ad accettare un modello industriale fallimentare e nocivo. Per ottenere eccezionali risultati basterebbe fare un piano di riconversione dell’ ex ILVA trasformandola in un Polo delle energie rinnovabili.

Un progetto del genere avrebbe un campo di applicazione vastissimo. L’Italia paese del sole infatti incredibilmente non è ai primi posti in Europa per la diffusione delle energie rinnovabili, che invece dovrebbero essere utilizzate massicciamente in tutte le loro molteplici funzioni. Sarebbe un grande segnale di riconversione industriale verso tecnologie utili e necessarie e che potrebbe poi indicare la strada a molti altri progetti simili. In un colpo solo l’Italia si ritroverebbe all’avanguardia nella lotta ai cambiamenti climatici.

Per il Polo delle energie rinnovabili ci sarebbe una diffusione enorme in tutto il Sud Italia che scoppia di sole e di vento e dove potrebbero essere installati centinaia di migliaia di impianti Made in Sud; così come un tempo c’era l’Alfasud, ora ci sarebbe il Solar Sud. Non solo quindi impianti da installare ovunque ma anche migliaia di installatori, migliaia di educatori ambientali da formare che vadano ovunque nelle scuole, negli edifici pubblici, nei negozi, nelle case private a spiegare l’importanza del risparmio energetico e delle energie rinnovabili e facciano da indispensabile supporto per la diffusione dei prodotti del Polo. E la diffusione non sarebbe solo in tutto il Sud e nel resto dell’Italia ma anche guardando al resto del mondo. Finalmente la capacità, l’inventiva, la creatività italica si esplicherebbe con quelle materie prime che abbiamo in abbondanza e ci farebbero diventare una vera e propria Potenza Solare che brillerebbe a livello internazionale. In questo modo non solo sarebbero velocemente riassorbiti tutti gli attuali diecimila lavoratori dell’ ex ILVA, dapprima per la bonifica del luogo e poi per la sua trasformazione ma ne servirebbero anche molti altri per le ulteriori varie occupazioni che seguirebbero.

Come si finanzia un piano del genere? Con i fondi europei che ci sono per riconversioni di questo tipo e poi utilizzando una parte dei soldi non più regalati dallo Stato alla fonti fossili che in Italia finanziamo ogni anno per più di 18 miliardi di euro. Visto che la situazione dei cambiamenti climatici è drammatica e il futuro è quello delle energie rinnovabili, quale occasione migliore per agire in questa direzione.

Abbiamo tutto, le competenze, le conoscenze, le tecnologie, i soldi, basta volerlo fare ed è la soluzione migliore da ogni punto di vista: politico, sanitario, ambientale, occupazionale, economico e sociale.

Paolo Ermani

fonte: www.ilcambiamento.it

L’economia circolare dell’ipocrisia

Non è uno scherzo di cattivo gusto: Eni ha scelto alcune città italiane, tra cui Taranto, per il progetto Circular school per insegnare ai più piccoli l’importanza dell’economia circolare e di uno stile diverso… Alla protesta di molti cittadini si affianca quella di Teachers For Future Italia che insieme alla redazione di Comune invita gli insegnanti “a segnalare casi analoghi in modo da creare una rete di solidarietà tra scuole che resistono”




Come Teachers For Future Italia, fin dal nostro primo Manifesto, pubblicato nei giorni precedenti al primo global strike del 15 marzo scorso, abbiamo chiesto l’aggiornamento delle linee guida per la gestione dell’emergenza climatica in modo tale da concedere spazio, sia presso le discipline scientifiche che umanistiche, all’attuale emergenza ambientale ed ecologica e ci siamo ripromessi di insegnare la verità nelle scuole, perché crediamo che vada ammesso, senza se e senza ma, il fallimento del nostro modello di sviluppo considerato ormai criminale e colpevole della distruzione dell’ecosistema. Ma soprattutto perché crediamo che sia necessaria una immediata riconversione industriale ed economica per la rigenerazione del pianeta.

Apprendiamo perciò, con grande sconcerto, da alcuni consiglieri comunali tarantini, dal Comitato “Cittadini lavoratori liberi e pensanti”, e dall’associazione Giustizia per Taranto la notizia che la Raffineria Eni ha scelto alcune città italiane, tra cui Taranto, per il progetto “Circular school” della divisione Eniscuola, per insegnare ai più piccoli l’importanza dell’economia circolare e di uno stile di vita più compatibile con l’ambiente. Un progetto che ufficialmente intenderebbe insegnare questo ai bambini ma che, in realtà, è esclusivamente finalizzato a evidenziare un illusorio impegno di Eni all’interno delle comunità nelle città in cui opera.



Abbiamo notizia che uno degli istituti comprensivi interessati sia il “Renato Moro” in cui pare che questo progetto, presentato in prima istanza alle classi quarte e quinte della scuola primaria, sia stato respinto con forza dai genitori dei bimbi potenzialmente coinvolti, ma successivamente presentato ed accettato dalle famiglie dalle terze classi. È previsto che il 5 novembre prossimo gli alunni trascorrano una intera giornata scolastica all’interno della Raffineria che a breve lavorerà, tra gli altri, il greggio grezzo proveniente dai giacimenti di “Tempa Rossa” in Val d’Agri.




Non possiamo perciò che unirci alle proteste dei tarantini e riteniamo inaccettabile che si insegni la sostenibilità portando dei bambini di otto anni in una raffineria che utilizza combustibili fossili, ci chiediamo quale offerta formativa intendano proporre questi dirigenti ai propri allievi, accettando di mandare dei bambini all’interno di una delle industrie più impattanti al mondo sull’ambiente e riteniamo inconcepibile permettere a una multinazionale che sfrutta il fossile di utilizzarli al solo scopo di rifarsi una verginità.

Come Teachers For Future Italia invitiamo, altresì, i docenti a segnalare casi analoghi in modo da creare una rete di solidarietà tra scuole che resistono, o vorrebbero resistere, contro queste forme odiose di strumentalizzazione”.

fonte: https://comune-info.net/

SAVE THE DATE : TARANTO 13 APRILE 2019

INFORMAZIONE DI SERVIZIO : CHI DESIDERA (IN PARTICOLARE LE SEZIONI DI MEDICINA DEMOCRATICA) RICEVERE COPIA DEI MANIFESTI E/O DELLE LOCANDINE PRENDA CONTATTO CON MAURIZIO LOSCHI : maloschi@alice.it


Ecco il programma degli interventi
– Perché questo convegno e perché a Taranto – Enzo Ferrara – Direttore Responsabile della rivista Medicina Democratica
– La giurisprudenza nazionale ed europea, in materia di inquinamento ambientale e tutela della salute, dopo la sentenza Cedu – Avv. Stefano Palmisano
– Studi epidemiologici e valutazioni di impatto sanitario a Taranto – dr.ssa Lucia Bisceglia. Agenzia regionale Strategica per la Salute e il Sociale. Taranto
– La lotta per la salute dall’interno della fabbrica. L’autorganizzazione a Taranto. Antonio Ferrari – Segretario Nazionale FLMUniti CUB
– Perchè gli operai ILVA sono ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo– avv. Iolanda De Francesco.
– Referto Epidemiologico del comune di Taranto 2010/2017 – dr. Valerio Gennaro, IRCCS Policlinico San Martino, Genova
– Una campagna per lo screening del tumore al polmone nelle aree ad alta mortalità – Dr. Maurizio Portaluri. Associazione Salute Pubblica. Brindisi
– Dignità e Giustizia per le vittime dell’amianto, l’importanza della sorveglianza sanitaria – Murgia Mario – AIEA Valbasento
– Dalla denuncia alla proposta: il progetto partecipativo del Piano Taranto – Un Rappresentante delle Associazioni e dei cittadini che hanno redatto il Piano Taranto: Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, Tamburi Combattenti, Taranto respira, Giustizia per Taranto, Tutta mia la Città, FLMUniti CUB.
– La metodologia del Gruppo di Prevenzione e Igiene Ambientale della Montedison di Castellanza sulla individuazione dei rischi e i loro superamento – Un Rappresentante del Centro per la salute Giulio Maccacaro di Castellanza. Varese
– La non neutralità della scienza ed il ruolo dei tecnici nelle cause per la salute – prof. Annibale Biggeri università di Firenze
– L’impegno di MD nelle cause legali affianca la lotta dei lavoratori e delle popolazioni nelle battaglie per la salute – avv. Laura Mara – Legale di Medicina Democratica
– La lotta per la salute in fabbrica e nel territorio: l’esperienza di Sesto San Giovanni – Michele Michelino – Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio – Milano
– Convivere con l’acciaieria tra malattie e percezione del rischio – Dr.ssa Maria Filomena Valentino – Vicepresidente della sezione ISDE di Taranto
– Il caso delle Fonderie Pisano, la nostra piccola Ilva – Lorenzo Forte – Comitato salute e vita – Salerno
– L’utilità e gli scopi dello sportello salute – Maurizio Loschi – Medicina Democratica – Savona
– Un’esperienza di lotta sul territorio – Rosa Porcu -Associazione Bianca Lancia – Coordinamento Ricerca Partecipata – Manfredonia
– Taranto nelle statistiche di mortalità dei lavoratori e cittadini- Ph.D Stefano Cervellera – Dipartimento Jonico – UniBa – Ufficio Statistica del Comune di Taranto– Peacelink Taranto
– Il disagio lavorativo, le malattie professionali conseguenti ed i contenziosi con l’INAIL – dr. Gino Carpentiero – Avv. Alessandro Rombolà – Sportello Salute Medicina Democratica di Firenze –
– TARANTO, SIDERURGICO E MARINA: le morti invisibili, una verità scomoda – Luciano CARLEO – CONTRAMIANTO E ALTRI RISCHI ONLUS
– Gli strumenti in possesso dei lavoratori per difendere la propria salute – Ing. Marco Spezia – Md la Spezia.
– Dibattito pubblico (max 5 minuti x intervento)
– Conclusioni Marco Caldiroli presidente di MD
fonte: https://www.medicinademocratica.org

Cavallucci marini bloccati nella plastica: succede a Taranto

Nel mare di Taranto sono stati rinvenuti dei cavallucci marini bloccati dalla plastica: serve un'azione immediata per proteggere i mari.
















mari sono sempre più ricolmi di rifiuti di plastica e, a farne le spese, è soprattutto la fauna acquatica. Da diversi anni, ormai, si vedono con preoccupante frequenza le immagini di animali intrappolati in reti e sacchetti di plastica, in particolare delfini, tartarughe marine e uccelli. Ma anche i piccoli abitanti del mare ne sono colpiti, come i cavallucci marini: è quanto testimonia una notizia proveniente dal Mar Piccolo di Taranto.
Così come riferisce Repubblica, l’analisi dei fondali del Mar Piccolo hanno confermato un elevato inquinamento da rifiuti di plastica, come borse, reti, confezioni, vasetti e molto altro ancora. Nelle acque della località pugliese, ad esempio, sono stati trovati cavallucci marini impigliati nelle reti per la raccolta delle cozze, ma anche pesci che hanno costruito tane in barattoli di vetro e di plastica, nonché piante e alghe che cercano di farsi largo tra i rifiuti.
Un mare da proteggere, così come lo stesso quotidiano sottolinea, poiché i rifiuti stanno mettendo a repentaglio un patrimonio di biodiversità importantissimo, fatto di nubibranchi, spugne, microorganismi acquatici e molto altro ancora. La testata ha pubblicato anche delle immagini, realizzate durante un’immersione da Alessandro Caiulo, il quale ha provveduto a ripulire l’area dei fondali da lui esplorata, per quanto possibile.

Diversi studi hanno dimostrato come, senza un approccio preciso per contrastare l’uso della plastica, entro il 2050 ci potrebbero essere nell’oceano più frammenti di questo materiale che pesci. Rifiuti che ormai sono giunti ovunque, anche a migliaia di chilometri dai luoghi di origine: basti pensare al Pacific Vortex, l’isola di immondizia e plastica che si è venuta a creare nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico. È quindi importante agire sin da subito, modificando le proprie abitudini di consumo, evitando la plastica monouso e preferendo, invece, materiali completamente biodegradabili.

Cozze contaminate da diossina e Pcb a Taranto, Ilva nel mirino















Rimane alto a Taranto l’allarme attorno alle cozze, mitili che stanno risentendo in maniera particolare l’inquinamento dell’Ilva e la presenza della diossina, tanto che secondo le analisi effettuate di recente dalla Asl vedono un contenuto di diossina quasi tre volte più elevato al limite stabilito dalla legge.

In particolare, secondo i dati rilevati dalle autorità sanitarie della zona di Taranto, il contenuto di diossina e Pcb come sommatoria nelle cozze allevate nel primo seno del Mar Piccolo è pari a 16,618 picogrammi per grammo di prodotto fresco (pg/gr), rispetto al limite di leggefissato a 6,5 pg/gr dal Regolamento Ue 1259/2011.

Numeri altissimi, soprattutto se confrontati con quelli rilevati un anno fa (giugno 2017) quando si era registrata una concentrazione di 14,881 pg/gr, e di due anni fa (giugno 2016) quando i dati si attestavano ai 11,453 pg/gr. Spiega Luciano Manna dell’associazione eco-pacifista PeaceLink:
I dati della Asl di Taranto aggiornati al 2018 ci consegnano valori preoccupanti con risultati più elevati rispetto a quelli storici rilevati dopo il 2011. I risultati delle analisi relativi ai mesi del 2018 sono più elevati del triennio 2015/2017 se compariamo i dati di ogni mese in relazione a quelli degli stessi mesi del triennio scorso. Questo è un chiaro risultato frutto del bio-accumulo di diossine e pcb che in questi anni ha interessato l’eco-sistema dove vengono allevati i mitili di Taranto: nel Mar Grande e nel Mar Piccolo.


Sempre secondo PeaceLink, vi sarebbero tutti i presupposti per far scattare un’allerta sanitaria sulle cozze, con il primo seno del Mar Piccolo che “va completamente sgomberato” e sottoposto a bonifica immediata, accusa l’associazione.
fonte: http://www.greenstyle.it

Cementir, l’accusa della procura: “Ceneri contaminate nella produzione di cemento”


Ceneri contaminate e pericolose vendute alla Cementir e finite nel ciclo produttivo, quindi nel cemento. È durissima l’accusa della procura di Lecce nei confronti della centrale Enel di Cerano (Brindisi) della Cementir e anche dell’Ilva di Taranto: venivano ceduti al cementificio anche lotti di “loppa d’altoforno”. Nessuno smaltimento speciale come previsto dalla legge ma “riutilizzo“ per la realizzazione di cemento. E così, un costo di produzione diventava un ricavo.  

Una tegola che si abbatte sull’apparato produttivo di Taranto e Brindisi già messo sotto accusa da decenni per le emissioni inquinanti. Questa volta si apre un nuovo capitolo frutto di un’indagine nata ben 5 anni fa.  

Sono 31 le persone indagate per traffico illecito di rifiuti e attività di gestione di rifiuti non autorizzata. Alle tre società sono contestati anche illeciti amministrativi mentre nei confronti dell’Enel è stato disposto anche il sequestro di depositi, titoli, crediti, immobili per più di 523 milioni di euro. Questo sarebbe infatti l’illecito guadagno dell’Enel dovuto allo smaltimento degli scarti di produzione nel cemento. La procura ha predisposto anche il sequestro della centrale, così come della Cementir stessa e della zona loppa d’altoforno e nastri trasportatori dell’Ilva, ma la produzione non si è fermata: «L’uso è consentito - viene scritto nell’ordinanza – per permettere all’azienda di mettersi in regola».  

«I nostri procedimenti sono sempre stati corretti», scrive in una nota l’Enel. «I provvedimenti relativi alla centrale di Enel Produzione riguardano l’uso delle ceneri nell’ambito di processi produttivi secondari», hanno spiegato.  

Ma in conferenza stampa il procuratore di Lecce Leonardo Leone de Castri ha rincarato la dose: «Secondo la nostra ricostruzione accusatoria e quello che emerge dalle intercettazioni, i dirigenti Enel sapevano della circostanza» che le ceneri inviate alla Cementir per la produzione di cemento non erano in regola. «Lo sapevano documentalmente - ha aggiunto - anche perchè l’impianto preposto allo stoccaggio delle ceneri pericolose «c’era, e la cosa secondo noi più grave è che non venisse utilizzato. Ovvero, c’era già tutto quanto fosse possibile per far bene la propria attività in sicurezza e questo non è stato fatto. Per Enel la convenienza stava proprio di «eliminare la procedura di eliminazione del rifiuto». 

L’inchiesta si chiama Araba Fenice, un nome che evoca rinascita dalle proprie ceneri. E proprio come l’essere mitologico, gli scarti della lavorazione della centrale a carbone e dell’acciaieria tornavano a nuova vita. Ma purtroppo l’economia circolare non c’entra: se le ipotesi della procura fossero confermate allora ci troveremmo di fronte a un disastro ambientale. “Nessun danno per la salute”, ha detto il procuratore. Ma ulteriori indagini sapranno dirci se il cemento così prodotto avrà veleni finiti nella filiera dell’edilizia. 

Inquietante un passaggio dell’ordinanza: in base alla perizia effettuata da un consulente della Procura, le materie prime acquistate dall’Ilva e utilizzate da Cementir c’erano scarti di scaglie di ghisa, materiale lapideo, profilati ferrosi, pietrisco e loppa di sopravaglio che «ne inficiano la capacità di impiego allo stato tal quale nell’ambito del ciclo produttivo del cemento». Con quali conseguenze per quel cemento prodotto? E dove è finito quel materiale? Potrebbero emergere problemi di sicurezza? La Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo di rifiuti promette nuove indagini mentre l’utilizzo delle scorie delle attività industriali nei cementifici così come previsto da una legge del 2015, è contestato da tempo, dai Verdi come dal MoVimento 5 Stelle. In particolare la norma che prevede l’utilizzo delle scorie di acciaieria dell’Ilva di Taranto sotto le strade, nelle massicciate ferroviarie e nei recuperi ambientali senza effettuare test su inquinanti. «Grazie a questa norma – denuncia il coordinatore dei Verdi Angelo Bonelli – molti processi sono a rischio e molte indagini possono essere indebolite». 

fonte: http://www.lastampa.it









Beleolico, il primo parco eolico off-shore del Mediterraneo




 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sarà installato nei pressi del porto di Taranto e entrerà in funzione nell'autunno del 2018. Un progetto ambizioso che prevede l'installazione di dieci turbine, ciascuna con una potenza di 3 MW.
Non solo, dunque, il primo parco eolico in mare del Mediterraneo ma anche il primo per l'Italia. Il progetto, già in fase di costruzione, sarà realizzato da Belenergia tramite la controllata Beleolico srl e prevede l'installazione di 10 turbine, con un'altezza mozzo di 100 metri. Le turbine saranno localizzate in due gruppi: il primo gruppo di 4 sarà installato lungo le banchine del porto di Taranto, mentre le altre 6 saranno distribuite alla fine del molo.

Con una potenza di 30 MWe, si prevede che il parco produrrà 80 GWh all'anno, tanta energia quanta ne occorerebbe per alimentare i consumi annui di 9.000 abitazioni, consentendo di evitare l'emissione di 40.000 tonnellate di C02 ogni anno. I costi di costruzione, invece, sono stimati in circa 63 milioni di euro.
Il progetto si è aggiudicato tutto il contigente di potenza incentivabile previsto dal Dm 23 giugno 2016 per l'eolico off-shore e messo all'asta dal GSE nell'agosto del 2016. Unico progetto in gara, Beleolico si è aggiudicato gli unici 30 MW disponibili con un ribasso sulla base d'asta del 2%: avrà una remunerazione di 161,6 euro/MWh, contro i 165 da cui partiva l'asta.
Belenergia prevede la messa in servizio del parco nell'autunno del 2018.
Riferimenti

Dm Sviluppo economico 23 giugno 2016 - Disciplina degli incentivi all'energia prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico
in Nextville (Osservatorio di normativa energetica)


Incentivi FER 2016 (Dm 23 giugno 2016)
in Nextville (Incentivi e bandi)


Beleolico
dal sito di Belenergia





fonte: http://www.nextville.it

La fine dello sviluppo che molti rifiutano

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Bisogna riconoscerlo, sin dalle origini il rapporto tra la sinistra e l’ambiente (e poi l’ambientalismo) non è stato facile. E forse in modo particolare nel nostro Paese. Un conflitto per così dire fondativo ha contrapposto il lavoro alla natura, l’umana operosità alle ragioni del mondo vivente, il movimento operaio agli equilibri degli habitat naturali. E per ragioni che hanno a che fare innanzi tutto con la dottrina. A partire da Marx. È vero, egli dichiara, sin dal Primo libro del Capitale:
«Il lavoro è prima di tutto un processo fra uomo e natura, un processo nel quale l’uomo, attraverso la propria attività procura, regola e controlla il suo scambio materiale con la natura».
Scambio materiale o organico, il famoso Stoffwechsel. Un riconoscimento importante del ruolo della natura, nella produzione della ricchezza. Ma tale visione rimane confinata sullo sfondo, perché nel pensiero di Marx ha poi il sopravvento la teoria del valore-lavoro. È la scoperta di Adam Smith (peraltro non del tutto sua) secondo cui il lavoro è la fonte di ogni valore: «l’originaria moneta d’acquisto con cui si pagano tutte le cose», come scrive nella Inquiry sulla ricchezza delle nazioni. A cui Marx aggiungerà il disvelamento rivoluzionario della creazione del plusvalore, l’origine dell’accumulazione della ricchezza in poche mani, fondata sullo sfruttamento operaio, e la riproduzione del capitalismo e della società divisa in classi.
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Ma questa scoperta, che orienterà le lotte di tutti i movimenti di ispirazione marxista, e del movimento operaio in generale, dimenticherà le ragioni della natura. La centralità del lavoro e dei suoi interessi prevarranno su quelle del mondo vivente in cui questo pur si svolge. Non voglio ridurre il pensiero di Marx, capace ancora oggi di illuminarci, al marxismo. Questo è ovvio, le dottrine finiscono colo vivere di vita propria. Ma è importante osservare che tale curvatura così esclusivamente antropocentrica del marxismo diventerà ancora più rigida e dottrinaria nella sua trasmigrazione nella Russia preindustriale della Rivoluzione bolscevica. Esso diventerà, inevitabilmente una “teoria dello sviluppo industriale” dal punto di vista operaio. Non per niente Lenin poté definire il comunismo come « l potere sovietico più l’elettrificazione di tutto il paese». Che cosa poteva importare del territorio, delle foreste, delle acque dei fiumi, dei grandi laghi della Russia di fronte alla necessità di costruire una nuova società attraverso l’espansione dell’industria? L’uomo nuovo sovietico era un lavoratore-titano che plasmava a sua immagine il mondo intorno a sé. Non ci dovremmo perciò stupire se in Unione Sovietica – come ha ricordato lo storico John MacNeil – nella seconda metà del ‘900 furono utilizzate piccole bombe atomiche per sventrare montagne e aprire miniere. In Cina da decenni vanno costruendo il comunismo provocando catastrofi ambientali.
Neppure miglior fortuna ha avuto il mondo naturale nel pensiero rivoluzionario italiano. Nel nostro teorico più grande, Gramsci, non c’è posto per le sorti della natura. Anche in lui il processo storico è pensato secondo la curvatura dello sviluppo industriale, leva dell’umana emancipazione. In uno dei suoi Quaderni più anticipatori, Americanismo e fordismo, di fronte all’organizzazione tayloristica del lavoro Gramsci ha uno sguardo di sconcertante provvidenzialità teleologica. «La storia dell’industrialismo – scrive – è sempre stata (e lo diventa oggi in una forma più accentuata e rigorosa) una continua lotta contro l’elemento “animalità” dell’uomo, un progresso ininterrotto, spesso doloroso e sanguinoso, di soggiogamento degli istinti (naturali, cioé animaleschi e primitivi) a sempre nuove, più complesse e rigide norme e abitudini di ordine, di esattezza, di precisione che rendano possibili le forme sempre più complesse di vita collettiva che sono la conseguenza necessaria dello sviluppo dell’industrialismo».
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D’altra parte l’Italia, Penisola di antichissima antropizzazione non ha una tradizione culturale favorevole allo sviluppo di una narrazione naturistica dell’umana vicenda. Dominata da mille città, che hanno assoggettato per millenni i loro contadi, non poteva certo generare élites sensibili ai problemi degli equilibri degli habitat, se non per fini di sfruttamento economico. Come è accaduto con le bonifiche. L’avvento delle società industriali – la fase storica a partire dalla quale è legittimo e non anacronistico aspettarsi sensibilità ambientale – non produce in Italia le reazioni protoambientalistiche che si verificano ad esempio negli Usa. Qui nell’Ottocento sterminati lembi di wilderness, di natura incontaminata apparvero minacciati dallo sviluppo industriale. In Germania i piccoli villaggi circondati da boschi – modello prevalente degli insediamenti umani in quel paese– furono sconvolti in pochi decenni alla fine dell’Ottocento, generando una vasta opposizione destinata a grande influenza sul pensiero politico ed ecologico tedesco. E non meno cura per il mondo naturale creò, per contrasto, la rivoluzione industriale nelle élites inglesi, a partire da quel secolo. Niente di tutto questo in Italia, che arriva tardi all’industrializzazione Uno sviluppo concentrato peraltro, nel Triangolo Milano-Torino-Genova, in gran parte manifatturiero e perciò di limitato impatto ambientale. Si comprende allora come sia potuto accadere che nel corso del Novecento è sorto accanto al fragile gioiello di Venezia, il Petrolchimico di Porto Marghera; in uno dei siti più incantevoli del Belpaese, a Bagnoli, l’Italsider, e poi l’Ilva nei due mari di Taranto, i vari stabilimenti petrolchimici a Brindisi, Gela, Priolo, ecc. cioé in località marittime con habitat delicati e ad alta vocazione turistica. E non stupisce, peraltro, che in un paese afflitto da disoccupazione endemica, le posizioni ambientaliste siano state minoritarie nel Pci e nel sindacato.
Solo dopo Cernobyl, non solo il ceto politico, ma anche gli italiani scoprono la fragilità della natura in quanto minacciata dall’inquinamento. E solo negli ultimi decenni, l’ambientalismo è diventato di massa – con le lotte contro gli inceneritori, le discariche, le centrali a carbone, ecc. – allorché le popolazioni hanno scoperto, tramite i danni prodotti dall’inquinamento alla salute, quella natura insuperabile che è in ognuno di noi. La natura è stata scoperta nel corpo vulnerabile degli uomini. È stata la malattia a mandare gambe all’aria il vecchio storicismo antropocentirico. Grandi masse di cittadini hanno scoperto che la storia ha cambiato il suo corso e la crescita economica non genera di per sé benessere e progresso. Il nuovo ambientalismo italiano oggi parla un linguaggio che non è più “sviluppista”, scopre il valore storico dei territori, della natura antropizzata e trasformata in paesaggio e bellezza, e il ceto politico.


Piero Bevilacqua
Fonte: http://comune-info.net

“Ci siamo e ce la facciamo”: lo spot tv dei cittadini per la differenziata a Taranto



Parlare di Raccolta differenziata a Taranto può far sorridere. Sicuramente, viste le molte altre problematiche ambientali che affliggono questa terra. È chiaro che questa sarà un’altra sfida, come le molte altre, che la città dovrà affrontare per aver un ambiente un po’ più ospitale per tutte quelle persone che ogni giorno la vivono.
Il progetto “Ideazione, progettazione, realizzazione e gestione di un piano di comunicazione integrata sulla raccolta differenziata” iniziato a fine agosto e alle battute finali si può considerarlo come un piccolo traguardo raggiunto verso l’obiettivo, chiaramente restano molti chilometri per arrivare alla vetta ma non si dice che chi ben inizia è a metà dell’opera? Allora ci siamo.
Campagna di comunicazione quella per la città di Taranto che non solo ha fornito informazioni ai cittadini su come separare correttamente i rifiuti, ma che ha puntato al loro coinvolgimento attivo in un progetto comune di gestione del territorio assieme all’amministrazione pubblica e alla municipalizzata che gestisce i rifiuti, la AMIU Taranto.
Scopo del progetto è stato quello di chiedere alla popolazione di diventare protagonista della campagna di comunicazione attraverso la partecipazione ad un casting e a un contest musicaleNel corso di questa giornata sono stati selezionati i volti di alcuni tarantini diventati veri interpreti di questa iniziativa: testimonial per i propri concittadini, hanno prestato la propria immagine per inserzioni pubblicitarie, manifesti e uno spot televisivo che ha visto come colonna sonora la band vincitrice del contest musicale (i SettAttivi).
Il video dello spot

A seguito di questa prima fase di individuazione dei testimonial le attività sono proseguite attraverso la vera e propria campagna di sensibilizzazione ed informazione dell’avvio del nuovo servizio di raccolta differenziata “porta a porta”.
Si è cercato di sensibilizzazione e informazione i cittadini su più livelli e con diversi mezzi come ad esempio la realizzazione di infopoint ed incontri pubblici oltre all’affissione di manifesti, distribuzione di locandine, pubblicazione di inserzioni pubblicitarie sui quotidiani locali e programmazione sulle emittenti televisive.
 “Ci siamo e (ce) la facciamo” – Facciamo la raccolta differenziata per una Taranto più pulita! è lo slogan adottato per comunicare il nuovo avvio della raccolta differenziata “porta a porta”. Che la raccolta differenziata entri nel quotidiano di tutti i tarantini: è questo il messaggio che si è voluto sostenere anche attraverso la partecipazione attiva della popolazione, creando così un senso di identità e appartenenza all’interno dei quartieri oggetto dell’intervento.
Il video del backstage

Grazie l’aiuto di tutte le persone che si sono rese disponibili a partecipare alle attività previste, lo slogan “Ci siamo e ce la facciamo” ha preso concretamente il volto dei tarantini: testimonial locali che hanno contribuito a diffondere questo messaggio in tutta la città.
Anche le iniziative più radicate nel territorio, che si tratti nord o sud, sono sempre iniziate in punta di piedi per poi diventare quello che sono attualmente, come nel caso di Taranto la campagna che si sta concludendo anche se breve è solo l’inizio…. i primi mattoni sono stati posizionati speriamo possano diventare una solida base per una nuova visione della città.


fonte: www.envi.info


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Taranto, parte la bonifica delle scorie


Un Dpcm sblocca la bonifica della Cemerad, una discarica con rifiuti radioattivi a Statte, alle porte di Taranto e a circa 15 chilometri dall’Ilva, abbandonata da molti anni e in condizioni di evidente pericolo. Il decreto è stato firmato dalla presidenza del Consiglio ed ora attende la registrazione della Corte dei Conti. Senza quest’intervento e senza il reperimento dei fondi necessari, 10 milioni, avvenuto in precedenza, la bonifica della Cemerad sarebbe rimasta al palo per chissà quanto altro tempo ancora. «Valuterò il Dpcm e passerò alla fase operativa – dichiara il commissario per la bonifica dell’area di Taranto, Vera Corbelli –. Che necessariamente dovrà essere accelerata per mettere in sicurezza il sito. Cemerad è infatti una delle criticità ambientali dell’area di Taranto».
Il Dpcm definisce la procedura da seguire per l’intervento nella Cemerad, mentre le risorse provengono dal budget messo a disposizione della bonifica di Taranto con l’accordo di giugno 2012 poi recepito dalla legge 171 dello stesso anno. Inizialmente gli interventi individuati riguardavano cinque scuole del rione Tamburi di Taranto – le più vicine all’Ilva e quindi le più esposte all’inquinamento –, l’area industriale di Statte e il Mar Piccolo di Taranto. Cento milioni la previsione di spesa complessiva. Dal plafond sono stati in seguito «stornati» 10 milioni e messi a disposizione della Cemerad.
Nata nel 1984, la Cemerad ha operato sino al 2000, anno della chiusura, nella raccolta dei rifiuti radioattivi provenienti da applicazioni mediche e industriali. Nel 2005 la società è stata dichiarata fallita. Le strutture, in seguito sequestrate, sono state affidate in custodia giudiziaria al Comune di Statte. Secondo l’ultima informativa resa alla Camera dal ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, nel sito sono stoccati 16.724 fusti, di cui 3.334 contengono sostanze radioattive mentre 13.380 sono considerati decaduti. Già nell’aprile 2012 un sopralluogo dell’Ispra ha messo in luce il degrado dell’area e l’abbandono dei rifiuti. Tuttavia si deve attendere la fine del 2014 e l’inizio di quest’anno per registrare qualche passo avanti. A dicembre scorso, infatti, nell’area Cemerad ha compiuto un sopralluogo una delegazione della commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti guidata dal presidente Alessandro Bratti. Lo stesso Bratti, a gennaio scorso, ha poi scritto al premier Matteo Renzi, denunciando una «situazione serissima», e descrivendo «le condizioni oggettive del deposito, inadeguato strutturalmente a contenere rifiuti speciali e privo di efficaci difese». Si è quindi arrivati a marzo, con la legge 20 sull’Ilva e su Taranto, che assegna alla bonifica della Cemerad un fondo di 10 milioni. Rimozione dei rifiuti, successiva caratterizzazione e smaltimento in un sito idoneo: questo l’intervento che sarà fatto. Che è poi uno di quelli previsti dal Comune di Statte con una previsione di spesa di circa 9 milioni di euro. Gli altri interventi ipotizzati dal Comune nel recente passato si sono rivelati praticabili.

fonte: www.ilsole24ore.com

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