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Cermec, il biodigestore da 23,4 milioni di euro inizia a prendere corpo

Ciacci: «Siamo soddisfatti del percorso di progressiva conversione impiantistica verso l’economia circolare»



Da un impianto di trattamento meccanico biologico (Tmb) per i rifiuti indifferenziati a un polo industriale votato all’economia circolare, con al centro un biodigestore anaerobico in grado di valorizzare la frazione organica dei rifiuti differenziata dai cittadini: è questo il cuore del Piano industriale elaborato da Cermec – società interamente pubblica, partecipata dai Comuni di Massa e Carrara – che è entrato adesso in una nuova fase grazie alla pubblicazione di un bando di gara europeo per la progettazione definitiva, da 430mila euro come base d’asta.

«Siamo soddisfatti del percorso di progressiva conversione impiantistica di Cermec verso l’economia circolare – commenta Alessio Ciacci, amministratore unico della società – Desidero ringraziare tutti gli enti coinvolti in questo percorso e grazie ai quali stiamo costruendo questa nuova grande opera ambientale, utile al territorio, ai lavoratori e alla cittadinanza. Un ringraziamento ai soci in primis, i Comuni di Massa e di Carrara, a Retiambiente, all’Ato costa, alla Regione Toscana. La continua e proficua collaborazione tra tutti gli enti sarà fondamentale per conseguire quanto prima questo importante obiettivo».

L’organico è infatti di gran lunga la frazione più pesante della differenziata, tanto che in Toscana rappresenta il 40% dei rifiuti urbani raccolti: si tratta di circa 150 kg procapite/anno di Forsu, una quota destinata a crescere insieme alla raccolta differenziata (oggi al 60%), eppure già oggi siamo in difficoltà a gestirla perché sul territorio mancano gli impianti adeguati a valorizzarla.

Il cosiddetto “turismo dei rifiuti” impatta su molte frazioni – come l’indifferenziato – ma per quanto riguarda in particolare l’organico l’Arpat segnala criticità molto accentuate: circa il 10% di quanto raccogliamo sul territorio con la raccolta differenziata viene spedito altrove, per carenza d’impianti adeguati di prossimità. Un dato che secondo il Ref ricerche comporta uno sbilancio pari a 201.410 tonnellate l’anno.

Per colmare questo gap, Cermec – con un piano industriale illustrato per la prima volta un anno fa – prevede la realizzazione di un biodigestore anaerobico in grado di produrre energia da fonte rinnovabile (biogas e biometano) oltre a compost impiegabile anche in agricoltura biologica, miscelando adeguatamente il materiale organico in uscita dai processi di biodigestione e con sfalci e potature del verde.

Come spiegano dalla società «gli impianti di digestione anaerobica saranno in grado di trattare circa 60.000 tonnellate all’anno di rifiuti biodegradabili, è prevista l’introduzione delle tecnologia “a biocelle” per il compostaggio e la realizzazione di una linea per il trattamento dei fanghi da depurazione civile, per circa 15.000 t/anno; il tutto per un costo finale stimato di circa 23,4 milioni di euro».

L’incarico messo a gara prevede sia la progettazione sia tutti gli atti necessari a sottoporre il nuovo piano al vaglio della Regione toscana e di tutti gli enti a vario titolo competenti; per passare allo step successivo (esecutivo e affidamento opere), Cermec dovrà infatti prima ottenere le necessarie autorizzazioni (valutazione di impatto ambientale, revisione dell’Aia, Autorizzazione unica regionale.

Intanto negli uffici di via Longobarda si continua a lavorare sugli adempimenti della nuova Aia rilasciata lo scorso 16 giugno, con l’affidamento di alcune opere che ridurranno fin da subito alcuni impatti ambientali – come gli odori – così come la progettazione dei lavori per il completamento delle messe in sicurezza e bonifiche di terreni e falda: con il decreto dirigenziale n. 13635 del 4 agosto, infatti, è stato approvato il progetto di Bonifica dei suoli e sono state autorizzate le attività di Messa in sicurezza di rifiuti residui al di sotto degli edifici delle fosse di conferimento: verrà dunque realizzato un sistema di pompaggio delle acque di falda e di loro trattamento (Taf) che – dopo un periodo di verifica della funzionalità – potrà essere integrato nel più ampio progetto di bonifica della falda apuana.

fonte: www.greenreport.it


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Economia circolare, da Scapigliato 4 milioni di euro per il via alla “Fabbrica dei materiali”

Giari: «Quattro anni fa abbiamo presentato un ambizioso progetto strategico che traghettasse Scapigliato da discarica a innovativo polo industriale, per garantire la trasformazione del rifiuto in risorsa. Oggi passiamo dalle parole ai fatti»











Con un investimento da quasi 4 milioni di euro inizia la messa a terra della “Fabbrica dei materiali” di Scapigliato, un tassello cardine del progetto avanzato dalla società – al 100% del Comune di Rosignano Marittimo – per rendere marginali i conferimenti di rifiuti in discarica favorendo il recupero di materia e di energia. Sarà la società Tonello energie (un player di riferimento nel settore ambientale, con sede nella provincia di Vicenza) ad occuparsi del completo revamping dell’impianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb) già presente nel polo di Scapigliato, al cuore del primo lotto della “Fabbrica dei materiali”.

«Quattro anni fa abbiamo presentato un grande e ambizioso progetto strategico che traghettasse Scapigliato da discarica a moderno e innovativo polo industriale, per garantire la trasformazione del rifiuto in risorsa, creando sviluppo, occupazione e un forte alleggerimento dell’impatto ambientale. Oggi – commenta Alessandro Giari, presidente e ad di Scapigliato (nella foto durante la firma del contratto con Tonello energie, ndr) – passiamo dalle parole ai fatti. Questa è la prima colonna della Fabbrica del futuro, a cui seguiranno nei prossimi mesi ed anni opere ben più importanti».

La Fabbrica del futuro rappresenta il percorso di risalita della gerarchia Ue per la gestione dei rifiuti intrapreso da Scapigliato, approvato con Autorizzazione integrata ambientale da parte della Regione nel 2019: all’interno di questo percorso entro il 2030 termineranno i conferimenti nella discarica più grande della Toscana, per dare spazio a forme di recupero dei rifiuti.

È in questo contesto che il nuovo Tmb verrà realizzato con le migliori tecnologie disponibili (Bat), che miglioreranno notevolmente gli aspetti ambientali – con la lavorazione in totale aspirazione dell’aria si elimineranno le potenziali maleodoranze – mentre al contempo la potenziata capacità di separazione e selezione del rifiuto garantirà una più elevata capacità di avvio a riciclo. Con le soluzioni robotiche che saranno sviluppate in corso d’opera, il Tmb diviene di fatto il primo lotto della “Fabbrica dei materiali”.

Ad oggi il Tmb di Scapigliato gestisce circa 45mila ton/anno di rifiuti urbani indifferenziati provenienti dalle nostre case, che qui vengono sottoposti a vagliatura meccanica per ottenere la separazione in sopravaglio (frazione secca) e sottovaglio (frazione organica). Grazie all’investimento stanziato per la Fabbrica del futuro il Tmb, una volta concluso il revamping, potrà trattare oltre 80mila ton/anno di rifiuti aumentando il rendimento di recupero dell’impianto – ovvero il rapporto tra la quantità complessiva di materiali selezionati avviati ad impianti di recupero e la quantità totale di rifiuti in ingresso – e anche l’efficienza con cui vengono selezionati meccanicamente i diversi materiali di cui sono composti gli scarti.

«Finalmente, dopo molte tribolazioni dovute alla situazione sanitaria che stiamo vivendo – sottolinea l’ing. Stefano Soncini, manager di esperienza internazionale nel settore delle costruzioni che per tre anni accompagnerà lo sviluppo degli investimenti di Scapigliato – siamo riusciti a dare avvio ad uno degli importanti progetti previsti nel programma di sviluppo della società che consentiranno di collocare il sito di Scapigliato fra i più moderni e tecnologicamente avanzati siti di trasformazione dei rifiuti a livello nazionale. Entro la prossima primavera confidiamo di dare inizio anche agli altri importanti progetti impiantistici e subito dopo daremo avvio agli interventi di natura paesaggistica finalizzati alla modellazione dell’area e alle piantumazioni, opere che costituiscono il naturale completamento di un grande progetto di trasformazione dell’intero sito di Scapigliato confermando che la società, oltre alla tecnologia, riserva grande attenzione alla sostenibilità ambientale e all’inserimento paesaggistico nel territorio».

fonte: www.greenreport.it


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Rifiuti, arera: "sistema nazionale frammentato"

In Italia il sistema rifiuti è frammentato e disomogeneo, con notevoli differenze in termini di costi di trattamento e qualità del servizio. Lo scrive Arera nella relazione 2020.

















fonte: www.ricicla.tv

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Rifiuti, i Tmb di Colari in manutenzione: si rischia l'emergenza. Gli impianti ci sono, manca la discarica

Le risposte degli operatori che gestiscono gli impianti del Lazio parlano chiaro: più rifiuti da Roma se aumentano disponibilità del termovalorizzatore di Acea e della discarica di Colle Fagiolara
















L'emergenza rifiuti bussa di nuovo alla porta. Da fine maggio i due impianti di Trattamento meccanico biologico (Tmb) di Malagrotta, di proprietà del Colari ma gestiti dal commissario Pier Luigi Palumbo a seguito di un'interdittiva antimafia, accoglieranno 500 tonnellate di immondizia in meno al giorno. Manutenzioni straordinarie necessarie alle strutture ne ridurranno la capacità di smaltimento fino a settembre. Alternative? E' il solito macro problema: Roma non è autonoma nella gestione del ciclo. E al primo intoppo, deve appoggiarsi a impianti terzi. 

Dove portare i rifiuti di Roma

La regione Lazio ha scritto una lettera a fine aprile per verificare le disponibilità al trattamento da parte di impianti analoghi presenti nel Lazio. Parliamo però, lo ricordiamo, di Tmb per la lavorazione di rifiuti indifferenziati e produzione di frazione secca e scarti organici, che poi devono trovare uno sbocco finale in discarica. Qui sta l'empasse. Rida Ambiente, gestore dell'impianto di Aprilia, Saf srl, del Tmb di Frosinone, e Porcarelli srl del tritovagliatore di Rocca Cencia, potrebbero accogliere tra le 100 e le 150 tonnellate al giorno in più. Ma il condizionale è d'obbligo, come evidente dalle risposte arrivate dalle singole società, che RomaToday ha potuto visionare. Tutto dipende da quanti rifiuti trattati si potranno poi trasferire, per l'ultima fase di smaltimento, nella discarica di Colle Fagiolara gestita da Lazio Ambiente e nel termovalorizzatore di Acea a San Vittore nel Lazio. Che ancora non hanno risposto su eventuali disponibilità. 

Allarme Rocca Cencia: "Vasche piene"

Intanto si stringono i denti per le 200 tonnellate che già gli impianti di Malagrotta, da Pasqua, non prendono più. Sono destinati alle vasche del Tmb Ama di Rocca Cencia (rientrato in funzione dopo l'incendio di marzocarico al massimo. "L'amministrazione aveva garantito un'attenzione particolare all'impianto per scongiurare il rischio incendi" attacca Natale Di Cola, segretario regionale Fp Cgil. "In generale il quadro è critico, senza soluzioni si rischia l'ennesima emergenza". Il tutto si aggiunge alle criticità ordinarie più volte denunciate dagli stessi lavoratori di Ama: l'assenza di mezzi e personale, con circa 25-30 autisti al giorno che restano fermi. Da qui i giri che saltano e i cassonetti strapieni. 

Ama senza vertici e "Campidoglio immobile"

Senza dimenticare le difficoltà di Ama, ancora senza bilancio 2017 (appeso alla partita dei 18 milioni di crediti che il Campidoglio non vuole riconoscere alla partecipata) e senza Consiglio di amministrazione dall'addio dell'ex ad Lorenzo Bagnacani. "La Regione ha sempre garantito collaborazione e sostegno al Comune di Roma per superare le ripetute emergenze sui rifiuti, ma dal Campidoglio solo immobilismo" attacca l'assessore all'Ambiente della giunta Zingaretti, Massimiliano Valeriani. "Silenzio dell'Amministrazione Raggi sul Tmb Salario e su nuovi impianti di trattamento e smaltimento. Nessun assessore all'Ambiente, nessun vertice Ama, nessuna seria strategia per la corretta gestione dei rifiuti di Roma".


Già, l'azienda di via Capitan Bavastro si tiene in piedi a stento, tra conti da approvare e vertici da nominare. Ma intanto i cambi promessi nella macrostruttura dall'amministratore ad interim Massimo Bagatti, non senza malumori che serpeggiano tra gli uffici, sono quasi realtà: Marcello Bronzetti, dirigente di lungo, lunghissimo, corso, al capo del Personale e l'ingegner Emanuele Lategano, vicino all'ex assessora Paola Muraro, allontanato dall'allora presidente Stefano Bina, pronto a guidare la sezione impianti. 

fonte: https://www.romatoday.it

Regione Liguria orienta la chiusura del ciclo dei rifiuti con la produzione di CSS combustibile, il GCR Liguria: “Conseguenze ambientali ed economiche negative”




















Nella  delibera n. 6 del 27.7.2017 del “Comitato d’Ambito per il ciclo dei rifiuti” di Regione Liguria, si legge: “… Orientare le scelte del Piano [d’Ambito] relative alla dotazione impiantistica e alla localizzazione delle infrastrutture, coerenti con l’opzione del piano Regionale basata sulla chiusura del ciclo con la produzione di CSS combustibile…” e ancora: “Occorre garantire comunque il completamento del panorama degli impianti TMB [Trattamento Meccanico Biologico] finalizzato ad ottenere la disponibilità di una componente secca valorizzabile energeticamente in impianti di gestione rifiuti”.
Non solo.
Con la delibera n. 1077 del 5/12/2016 , la Giunta Regionale affida  “lo studio di soluzioni gestionali e tecniche sull’utilizzo e la gestione del CSS” al Consorzio Ecocarbon.

Che cosa fa il Consorzio Ecocarbon? Qual è la sua mission?
Dando un’occhiata al sito, alla voce “Le motivazioni alla base del Consorzio Ecocarbon”, si legge: “SVILUPPO DI NUOVI MODELLI DI BUSINESS. Ridurre la dipendenza dai combustibili fossili mediante l’utilizzo di biomasse provenienti dai rifiuti solidi urbani; di materiali derivanti dalla selezione e/o dall’avvio a recupero di prodotti ad alto contenuto energetico, plastiche, ciabattato, etc.”.


 

Riassumendo: la Regione affida le considerazioni sul CSS a un organismo che, da statuto, è privato e ha come unico scopo quello di “sviluppare e promuovere e valorizzare l’utilizzo di prodotti e materiali di cui all’articolo 1 (cioè il CSS)”, naturalmente facendo l’interesse dei suoi soci che sono proprio i produttori e gli utilizzatori dello stesso CSS: “E’ costituito un consorzio denominato “ECOCARBON” –  tra i produttori e utilizzatori di S.R.F. (Solid Recovered Fuel), ovvero C.S.S. (Combustibile Solido Secondario) e/o di Combustibile derivato da materie seconde – sottoprodotti – residui di lavorazione”.
E ancora, all’articolo 3: “Partecipano al consorzio: i produttori di materiali idonei alla trasformazione in combustibili alternativi, i trasformatori e preparatori di materiali atti alla produzione di combustibile alternativo, gli utilizzatori di combustibili alternativi”.

Preoccupa questo conflitto d’interessi, tant’è che il Coordinamento Gestione Corretta Rifiuti Liguria (GCR) ha organizzato, la settimana scorsa, un convegno a Palazzo Ducale proprio per aprire un dibattito sul tema del CSS come “end of waste” e sulle scelte di Regione Liguria.
Un dibattito importante, visto che la procedura di VAS (Valutazione Ambientale Strategica) dei Piani d’Area Provinciale-Metropolitana per la gestione del ciclo dei rifiuti è ancora apertala Conferenza istruttoria è convocata per il 31/10/2017, e il GCR è interlocutore ufficiale della Consulta dei Rifiuti.
Come dire: non tutto è perduto!

Ma che cosa è il CSS? E, soprattutto, sappiamo con certezza quali materiali ci finiscono dentro?
Con l’acronimo CSS si indica il Combustibile Solido Secondario ottenuto da rifiuti urbani non pericolosi.
Tuttavia il Decreto Ministeriale n. 22 del 2013, che dovrebbe disciplinare i criteri per cui il CSS cessa di essere un rifiuto, prevede una deroga pericolosa per cui “i rifiuti non altrimenti specificati (codice 99) sono esclusi dalla produzione di CSS salvo diversa autorizzazione della autorità competente (cioè Regioni e Comuni, N.d.A.)”.

Ascoltiamo Federico Valerio, chimico ambientale del Comitato Scientifico Zero Waste Italy, mentre illustra la composizione del CSS e le problematiche legate al suo utilizzo nelle cementerie.





Abbiamo detto che la procedura di VAS è ancora in corso.  Sarebbe dunque possibile un’integrazione istruttoria che valutasse anche l’impatto sulla salute, come previsto dalla riforma della legge regionale sulla VAS, nonostante i piani d’area abbiano già iniziato il loro percorso?
Sentiamo Marco Grondacci, giurista ambientale, che ci chiarisce gli aspetti giuridici.






Infine, diamo un occhio ai parametri economici con Enzo Favoino, ricercatore della Scuola Agraria del Parco di Monza e coordinatore scientifico Zero Waste Europe, che durante il suo intervento ha tenuto a precisare più volte: “Più ancora delle valutazioni economiche, quello che mi sta a cuore è la flessibilità di sistema. Perché noi nel 2014 abbiamo già, in Italia, province al 78/80 % di raccolta differenziata ma, mantenendo il sistema flessibile, intanto a Treviso sono già arrivati all’85%”.



fonte: http://www.fivedabliu.it

Formia: Una domanda sugli impianti di TMB













A Formia ricicliamo il 70% dei nostri rifiuti. In particolare, intercettiamo più del 90% della frazione biodegradabile, umido e sfalci compresi. Una domanda sorge spontanea: ma per quale motivo dobbiamo utilizzare gli impianti di TMB per la frazione secca? Direte: ma che sono gli impianti di TMB? Sono delle piattaforme dove i rifiuti indifferenziati vengono trattati per togliere la frazione biodegradabile ed evitare che venga buttata in discarica.
Ma se i nostri rifiuti non riciclabili, come testimoniano le analisi e l'evidenza dei numeri, non hanno più un rifiuto organico rilevante, a che pro utilizzarli? Se fossimo in Toscana, in Lombardia, in Piemonte e in altri luoghi dove la differenziata è minore della nostra, potremmo accedere direttamente agli inceneritori o alle discariche per la parte non riciclabile. Invece il passaggio "obbligato" ai TMB ci costa 300mila euro in più l'anno e ogni anno cresce. Nati come interventi di riduzione del danno, gli impianti di TMB sono diventati le nuove discariche, i nuovi colli di bottiglia dove si creano le emergenze rifiuti e, a volte, si ricattano le comunità. Nel Lazio non è un caso che siano quasi tutti di proprietà privata. Io credo che chi è virtuoso e dimostra di fare a pieno il suo dovere ambientale, dai TMB non ci debba passare più. Altrimenti non si parli di servizio, ma di dazio.


Claudio Marciano
Assessore Comunale presso Comune di Formia


Rifiuti dalla Sicilia a Torino: intervista a Beniamino Ginatempo (Zero Waste)

Dopo il dibattito che si è aperto a Torino sul possibile trasferimento di rifiuti dalla Sicilia all'inceneritore del Gerbido, abbiamo intervistato Beniamino Ginatempo (Zero Waste Sicilia): "Il trasferimento non è una soluzione. Se anche ciò avvenisse, caricando i rifiuti sulle navi, fra quindici giorni o un mese si riproporrebbe il problema"
Immagine: Rifiuti dalla Sicilia a Torino: intervista a Beniamino Ginatempo (Zero Waste)
Quali problematiche hanno provocato questa situazione? I rifiuti arriverebbero da un luogo in particolare?
Derivano da una pessima organizzazione della gestione dei rifiuti in Sicilia. Quest’annosa situazione si è poi aggravata negli ultimi tempi con l’atteggiamento tenuto dalla Regione.
In Sicilia ormai tutte le discariche sono sature. La raccolta differenziata è molto bassa e non si sono realizzati gli impianti di trattamento necessari. Le discariche, in particolare, hanno operato in un contesto di illegalità in quanto non sono mai stati realizzati gli impianti di Trattamento Meccanico-Biologico obbligatori per legge, come indicato dalle direttive europee in materia di rifiuti. L’assessore regionale Marino, della prima giunta Crocetta, tentò di imporre alle discariche di dotarsi degli impianti di TMB ma fu mandato via. I padroni delle discariche (quasi tutte private) non vollero adeguarsi. Ed essendo molto influenti hanno fatto in modo che si arrivasse a questa situazione.
Oggi le discariche sono tutte aperte in deroga e i pochi impianti di trattamento sono insufficienti. In parallelo, il presidente Crocetta ha fatto un’ordinanza imponendo un tetto massimo di conferito in discarica che è molto più basso della produzione dei rifiuti. Di conseguenza nelle grandi città, ma anche nei centri medio-piccoli, non potendo conferire la spazzatura, questa rimane per strada.
L’esportazione rimane quindi l’unica soluzione se si vuole adottare un provvedimento emergenziale?
Ma non è una soluzione. Se anche ciò avvenisse, caricando i rifiuti sulle navi, fra quindici giorni o un mese si riproporrebbe il problema. È una situazione che non può essere risolta in questa maniera. A qualche impianto di incenerimento, probabilmente, farà piacere ricevere rifiuti da bruciare. Ma è immorale dal nostro punto di vista, quello di Zero Waste Sicilia. I rifiuti bruciati andranno a produrre diossine e nanopolveri da un’altra parte.
Zero Waste è da sempre contraria allo smaltimento. La nostra non è una filosofia. È una tecnica, che suggerisce di recuperare il massimo possibile da tutte le materie prime ancora presenti nei rifiuti. In un contesto europeo, con scarse disponibilità di risorse, il recupero dei materiali diventa la strada obbligata.
Vista la situazione siciliana, allora, quali sono secondo lei le misure da adottare, tenendo conto anche delle tempistiche stringenti?
Come prima cosa lo sblocco delle procedure per la realizzazione degli impianti di compostaggio e l'incentivazione del compostaggio domestico e di comunità. In Sicilia, da sempre, la burocrazia è stata utilizzata per sfavorire la realizzazione di buone pratiche, mantendo inalterata la situazione. Occorre, quindi, procedere con la costruzione degli impianti di Trattamento Meccanico-Biologico necessari al fabbisogno regionale favorendo il riciclo dei materiali in modo da recuperare tutto il possibile dai rifiuti. C’è lo chiede l’Europa: dobbiamo ridurre al minimo il rifiuto secco indifferenziato.
Non quindi si può pensare di gestire l’emergenza con i trasferimenti. La quantità di rifiuti che Crocetta pensa di inviare a Torino, inoltre, è una parte molto residuale rispetto alla quantità di rifiuti presente in strada. E poi, occorre tenere conto dei costi: chi pagherebbe il trasferimento e lo smaltimento? Meglio realizzare depositi temporanei e obbligare, con procedura d’urgenza, la costruzione degli impianti di TMB da parte dei proprietari delle discariche.

Infine, la produzione e l'incenerimento di combustibile da rifiuti proposta dal governo e recepita dalla giunta Crocetta anch'essa non è una soluzione all'emergenza, visto che per costruire un inceneritore ci vogliono almeno 3 o 4 anni e comunque non ci sono gli impianti per produrre il combustibile. Invece, dopo il TMB si potrà continuare il recupero di materie prime seconde, realizzando le cosiddette "Fabbriche dei materiali".

fonte: www.ecodallecitta.it

NO CSS, PIU' RACCOLTA DIFFERENZIATA DI QUALITA'

Il Coordinamento Regionale Umbria Rifiuti Zero (CRURZ) apprezza la recente decisione della giunta regionale di anticipare il raggiungimento degli obiettivi della raccolta differenziata. Tuttavia esprime preoccupazione che nell’adeguamento del piano regionale gestione rifiuti si preveda di trasformare gli impianti di selezione e trattamento meccanico biologico già esistenti in Umbria in impianti di produzione di CSS (Combustibile Solido Secondario) invece di aggiornarli per renderli in grado di recuperare ulteriore materia da riciclare e diminuire così la nostra bolletta dei rifiuti che ora è tra le più care d'Italia. La scelta di puntare alla produzione di CSS è in contrasto con la necessità di massimizzare il recupero di materia e di portare la Raccolta Differenziata a percentuali maggiori dell'85%, percentuali già raggiunte dalle più virtuose realtà italiane. Solo così infatti è possibile minimizzare il ricorso alle discariche e nel contempo rispettare le indicazioni europee per una economia circolare. Quindi auspichiamo una più radicale e partecipata revisione del piano regionale rifiuti anche alla luce delle interdittive antimafia che hanno colpito alcuni dei principali gestori umbri.

--
Coordinamento Regionale Umbria Rifiuti Zero


http://rifiutizeroumbria.blogspot.it/


Ass.“Un’altra Gubbio” - AzioneCivile Umbria - Circolo culturale “Primo Maggio” - Comitato Belladanza,Città di Castello - Comitato Deruta 26 Settembre - Comitato Inceneritorizero,Umbria - Comitato NO INCENERITORI,Tr - Comitato Rifiuti Zero Spoleto - Ecologicpoint, Tr - Ideazioni Civiche,Pg - Medici per l’Ambiente Italia,Umbria - Movimento Difesa del Cittadino,Pg - Movimento 5 Stelle - Orvieto Civica - Osservatorio Borgo Giglione - WWF Perugia

A Parma andrà l’80 per cento dei rifiuti “reggiani”

A breve l’approvazione in Regione: a Gavassa nascerà un centro per la selezione della plastica e della carta

REGGIO EMILIA. Doveva essere approvato a fine 2015. Ma è slittato a gennaio, quando la giunta di viale Aldo Moro tornerà a riunirsi per l’approvazione del nuovo Piano regionale di gestione dei rifiuti, che comporterà una rivoluzione anche per la nostra provincia, dando di fatto il via alla realizzazione del piano d’ambito approvato lo scorso 17 dicembre dall’assemblea dei sindaci.
In fase di discussione, prima della sua approvazione, nel piano regionale restano infatti da limare le posizioni delle province di Parma, Piacenza e Ravenna in relazione al ruolo, alle funzioni e ai tempi di un’eventuale chiusura dei rispettivi inceneritori.
Nel Polo ambientale integrato di Parma, secondo quanto prevede attualmente il piano, verrebbe smaltito e trattato nel 2016 e 2017 infatti l’80% dei rifiuti indifferenziati provenienti da Reggio, confluendo nell’inceneritore di Uguzzolo dopo un primo trattamento meccanico che si svolgerà direttamente sempre a Parma.
Il restante 20%, invece, sarebbe destinato a Novellara. Una situazione che non va del tutto giù ai parmigiani, nell’ambito di un percorso che, di fatto, comporterebbe l’uscita di scena definitiva del Tm di Gavassa dal circuito della gestione pubblica dei rifiuti, restando un progetto a trazione esclusivamente privata.
Da ipotetica sede di un termovalorizzatore alla fine degli anni 90 quando già si ipotizzava il “pensionamento” del vecchio forno inceneritore di Cavazzoli, l’area di Gavassa era stata poi prescelta per ospitare un impianto per il trattamento meccanico-biologico (Tmb) poi diventato di semplice trattamento meccanico.
Ora si cambia ancora. Nella programmazione provinciale del 2011, l’impianto (allora Tmb) era stato considerato necessario per ridurre al minimo i rifiuti reggiani non differenziati da smaltire e avviarne una componente a recupero, anche nell’ottica di un’autosufficienza territoriale: un’attività di cui ora il futuro Tm non dovrà più occuparsi, trasformando radicalmente la sua funzione.
L’area di Gavassa - costata sin qui a Iren qualcosa come 7 milioni di euro - diventerà infatti un polo per la selezione e l’avvio a recupero dei materiali da riciclare, lavorando fuori dalla programmazione provinciale a supporto dell’attività di raccolta differenziata. Carta e plastica di qualità, in particolare, da avviare nel mercato del riciclo da parte del gestore che vincerà la prossima gara. Proprio la raccolta differenziata è l’altra grande sfida del 2016, già annunciata in passato anche dall’amministrazione comunale.
In questi cinque anni, in tutto il territorio reggiano si è passati dal 58 al 65% di raccolta differenziata, con un’estensione del porta a porta di indifferenziato ed umido arrivato fino a 250 mila persone, chiudendo così un inceneritore e una discarica. Il nuovo piano d'ambito, approvato lo scorso 17 dicembre, ha però fissato un nuovo obiettivo per il 2020: il 73% di differenziata e la riduzione del 40% del residuo a smaltimento.
Un obiettivo che si intende conseguire principalmente estendendo il porta a porta a tutta la città di Reggio (dove l’obiettivo è passare dagli attuali 65 mila cittadini che ne usufruiscono a tutti i 170 mila residenti serviti
dalla raccolta domiciliare) e ai Comuni della collina (che contano oltre 100 mila abitanti). Numeri che consentiranno di arrivare anche alla graduale chiusura della discarica di Novellara, gestendo in tal modo i flussi del rifiuto residuo su scala regionale.

fonte: http://gazzettadireggio.gelocal.it