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Cermec, il biodigestore da 23,4 milioni di euro inizia a prendere corpo

Ciacci: «Siamo soddisfatti del percorso di progressiva conversione impiantistica verso l’economia circolare»



Da un impianto di trattamento meccanico biologico (Tmb) per i rifiuti indifferenziati a un polo industriale votato all’economia circolare, con al centro un biodigestore anaerobico in grado di valorizzare la frazione organica dei rifiuti differenziata dai cittadini: è questo il cuore del Piano industriale elaborato da Cermec – società interamente pubblica, partecipata dai Comuni di Massa e Carrara – che è entrato adesso in una nuova fase grazie alla pubblicazione di un bando di gara europeo per la progettazione definitiva, da 430mila euro come base d’asta.

«Siamo soddisfatti del percorso di progressiva conversione impiantistica di Cermec verso l’economia circolare – commenta Alessio Ciacci, amministratore unico della società – Desidero ringraziare tutti gli enti coinvolti in questo percorso e grazie ai quali stiamo costruendo questa nuova grande opera ambientale, utile al territorio, ai lavoratori e alla cittadinanza. Un ringraziamento ai soci in primis, i Comuni di Massa e di Carrara, a Retiambiente, all’Ato costa, alla Regione Toscana. La continua e proficua collaborazione tra tutti gli enti sarà fondamentale per conseguire quanto prima questo importante obiettivo».

L’organico è infatti di gran lunga la frazione più pesante della differenziata, tanto che in Toscana rappresenta il 40% dei rifiuti urbani raccolti: si tratta di circa 150 kg procapite/anno di Forsu, una quota destinata a crescere insieme alla raccolta differenziata (oggi al 60%), eppure già oggi siamo in difficoltà a gestirla perché sul territorio mancano gli impianti adeguati a valorizzarla.

Il cosiddetto “turismo dei rifiuti” impatta su molte frazioni – come l’indifferenziato – ma per quanto riguarda in particolare l’organico l’Arpat segnala criticità molto accentuate: circa il 10% di quanto raccogliamo sul territorio con la raccolta differenziata viene spedito altrove, per carenza d’impianti adeguati di prossimità. Un dato che secondo il Ref ricerche comporta uno sbilancio pari a 201.410 tonnellate l’anno.

Per colmare questo gap, Cermec – con un piano industriale illustrato per la prima volta un anno fa – prevede la realizzazione di un biodigestore anaerobico in grado di produrre energia da fonte rinnovabile (biogas e biometano) oltre a compost impiegabile anche in agricoltura biologica, miscelando adeguatamente il materiale organico in uscita dai processi di biodigestione e con sfalci e potature del verde.

Come spiegano dalla società «gli impianti di digestione anaerobica saranno in grado di trattare circa 60.000 tonnellate all’anno di rifiuti biodegradabili, è prevista l’introduzione delle tecnologia “a biocelle” per il compostaggio e la realizzazione di una linea per il trattamento dei fanghi da depurazione civile, per circa 15.000 t/anno; il tutto per un costo finale stimato di circa 23,4 milioni di euro».

L’incarico messo a gara prevede sia la progettazione sia tutti gli atti necessari a sottoporre il nuovo piano al vaglio della Regione toscana e di tutti gli enti a vario titolo competenti; per passare allo step successivo (esecutivo e affidamento opere), Cermec dovrà infatti prima ottenere le necessarie autorizzazioni (valutazione di impatto ambientale, revisione dell’Aia, Autorizzazione unica regionale.

Intanto negli uffici di via Longobarda si continua a lavorare sugli adempimenti della nuova Aia rilasciata lo scorso 16 giugno, con l’affidamento di alcune opere che ridurranno fin da subito alcuni impatti ambientali – come gli odori – così come la progettazione dei lavori per il completamento delle messe in sicurezza e bonifiche di terreni e falda: con il decreto dirigenziale n. 13635 del 4 agosto, infatti, è stato approvato il progetto di Bonifica dei suoli e sono state autorizzate le attività di Messa in sicurezza di rifiuti residui al di sotto degli edifici delle fosse di conferimento: verrà dunque realizzato un sistema di pompaggio delle acque di falda e di loro trattamento (Taf) che – dopo un periodo di verifica della funzionalità – potrà essere integrato nel più ampio progetto di bonifica della falda apuana.

fonte: www.greenreport.it


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Biogas da rifiuti agroalimentari, norma UNI in consultazione















La futura norma è indirizzata ai gestori di impianti di biogas e biometano, con lo scopo di elaborare un documento di riferimento per prodotti ottenuti dal trattamento di rifiuti agricoli e alimentari destinati agli impianti a biodigestione anaerobica.

Il Progetto UNI1608494, dal titolo "Classificazione e specifiche dei prodotti organici ottenuti dal trattamento e recupero di rifiuti agricoli, alimentari e agro-alimentari destinati agli impianti di biodigestione anaerobica", è in consultazione pubblica preliminare a partire dall'11 settembre 2020.

La futura norma nasce dall'esigenza di elaborare un documento di riferimento a livello nazionale per prodotti organici ottenuti dal trattamento e recupero di rifiuti agricoli, alimentari e agro-alimentari (individuati da specifici codici EER) destinati, a seguito di una loro miscelazione per l’'ottenimento di un prodotto con caratteristiche costanti ed omogenee, all'utilizzo in impianti a digestione anaerobica per la produzione di biogas.

Il suo obiettivo è quello di fornire dei principi univoci e chiari per classificare i prodotti e per definirne le caratteristiche per il loro impiego come biomasse per gli impianti a biogas. La norma si rivolge a una molteplicità di realtà industriali che nel complesso gestiscono a livello nazionale un flusso di rifiuti agro-alimentari pari circa a 6 milioni di tonnellate/anno.

Inoltre, si vuole favorire l'’uso di matrici nobili al posto di colture agricole dedicate (come ad esempio mais, triticale, ecc.) e il recupero e la valorizzazione a fini energetici di rifiuti alimentari, per lo più confezionati, derivanti dalle aziende che ad oggi non trovano una facile collocazione.

La consultazione si chiude il 29 settembre 2020. I soggetti interessati possono inviare i propri commenti nella sezione "Inchieste pubbliche preliminari" del sito UNI.
Riferimenti

Banca dati UNI - Inchiesta preliminare

Gli incentivi e le agevolazioni per il biometano introdotti dal Dm 2 marzo 2018
in Nextville (Incentivi e bandi)



fonte: www.nextville.it


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Homebiogas 2.0: il biogas fatto in casa















Homebiogas 2.0 è il nome di una apparecchiatura autonoma per la produzione di biogas ad uso di cucina, realizzato dall'azienda statunitense Kickstarter.
Si tratta di un digestore di rifiuti organici, abbastanza piccolo da trovar spazio nel giardino di una casa di campagna e che produce fino a 700 litri di gas al giorno, per un totale di 4,4 kWh di energia prodotta (equivalenti a 15,4 mega Joule).

Il gas può essere utilizzato per la cottura dei cibi attraverso una normale cucina a gas, a cui occorre cambiare semplicemente gli ugelli. Come sottoprodotto, il digestore produce circa 12 litri al giorno di percolato da usarsi come liquido fertilizzante.

Homebiogas è costituito da due comparti: uno è il digestore vero e proprio, un altro è il contenitore per il biogas. Occupa circa 2 metri quadrati e si monta in un'ora. Una volta assemblato, basta inserire i rifiuti organici (scarti vegetali e deiezioni animali) e un'attivatore dei processi di digestione anaerobica. Al resto pensano i batteri. Il biogas prodotto arriva alla cucina a una pressione di circa 10 millibar.
L'unico fattore critico è la temperatura: Homebiogas 2.0 infatti dà il meglio di sé in climi caldi, con temperature mediamente superiori ai 20°C.
Kickstarter è una piccola azienda statunitense che ha iniziato nel 2014 le prime installazioni con HomeBiogas 1.0. Le consegne del modello Homebiogas 2.0, il cui prezzo è fissato a 790 dollari (circa 680 euro), avverranno all'inizio del 2018.




fonte: http://www.nextville.it

Scapigliato, da discarica a «fabbrica del futuro». Il progetto spiegato da Alessandro Giari

Insieme agli investimenti attesa anche nuova occupazione: fino a 40-50 posti di lavoro in più a Rosignano Marittimo

















Scapigliato rappresenta già oggi la discarica più grande della Toscana, un tassello strategico dunque per la gestione dei rifiuti sul territorio. Come migliorarlo?
«Oggi abbiamo una discarica dove ogni anno vengono smaltite 460mila tonnellate di rifiuti, per circa il 20% di derivazione urbana e per il rimanente speciali non pericolosi; una ripartizione che rispecchia in gran parte la produzione toscana, fatta per 2,25 milioni di tonnellate/anno di rifiuti urbani e per quasi 10 milioni di tonnellate/anno di rifiuti speciali. Di fronte a questi numeri si capisce che la buona gestione dei rifiuti speciali riveste un ruolo determinante, non solo sotto il profilo ambientale ma anche per favorire o meno la competitività delle aziende sul territorio: quando non vi sono impianti di prossimità, i rifiuti speciali prodotti dalle attività economiche locali devono essere spediti altrove, con costi – di trasporto e ambientali – crescenti.
Detto ciò, partiamo dalla necessità di guardare alle discariche con una logica di tendenziale superamento. Da ormai più di un anno abbiamo imboccato la progettualità per trasformare – progressivamente ma con una certa celerità – Scapigliato in un impianto di selezione, trasformazione, recupero e potenziale re-immissione sul mercato del rifiuto come nuovo prodotto. La base per lo sviluppo di una nuova economia, circolare».
A che punto è questa trasformazione?
«Quest’anno avremo un’accelerazione, entro la fine del mese presenteremo formalmente l’intero progetto alla Regione facendo partire l’iter autorizzativo, sia per quanto riguarda la Valutazione d’impatto ambientale (Via) sia per l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia)».
Con quali obiettivi?
«In primo luogo vogliamo realizzare un biodigestore anaerobico per ricavare biometano dalla Forsu (Frazione organica dei rifiuti solidi urbani); in una prima fase realizzeremo un impianto da 45mila tonnellate/anno che arriveranno poi in un secondo step a 90mila, ottimizzando la struttura. Confidiamo che in un anno possa chiudersi il processo autorizzativo, in modo da far partire i lavori per il biodigestore da 45mila tonnellate all’inizio del 2018. Lavori che in 18 mesi – arrivando dunque a metà 2019 – dovrebbero poter chiudere questo primo step. Ad oggi il fabbisogno di trattamento di Forsu pianificato nell’ambito dei 100 comuni che costituiscono l’Ato Toscana Costa supera le 200mila tonnellate, ma – impianti di compostaggio tradizionali a parte – non vi sono sul territorio impianti moderni, in grado di trasformare i rifiuti organici in energia e biometano come sarà in grado di fare Scapigliato; non a caso parallelamente sta sorgendo un altro impianto, con tempistiche e capacità di conferimento simili al nostro, progettato da Geofor a Pontedera».
Con il biodigestore come cambierà il profilo di Scapigliato?
«Con il biodigestore da Scapigliato arriva e arriverà sempre più energia, calore, compost, CO2. Già oggi produciamo compost ed energia elettrica: attraverso 250 pozzi utili alla captazione del biogas da discarica abbiamo prodotto l’anno scorso energia per circa 25 milioni di KWh, equivalente al fabbisogno residenziale di un Comune come Rosignano Marittimo. Per il biometano che sarà prodotto dal biodigestore di Scapigliato realizzeremo un impianto di distribuzione a valle – nelle immediate vicinanze, a 150 metri di distanza dall’impianto –, in modo da poter fornire direttamente biometano di qualità ai veicoli che vorranno approvvigionar visi a condizioni vantaggiose: energia a chilometro zero per il territorio. La parte eccedente del biometano la immetteremo nella rete Snam, che passa a pochi centinaia di metri dall’impianto in adiacenza all’autostrada».
Ci saranno anche delle ricadute occupazionali per Rosignano?
«Guardando complessivamente a tutto l’investimento industriale previsto, stimiamo un aumento dell’occupazione (tra diretta e indiretta) pari a 40-50 addetti in fase di realizzazione, che per un 50% rimarranno anche a regime».
E l’attività della discarica come cambierà?
«Vogliamo che i conferimenti diminuiscano anno per anno. Al 2021 arriveremo a una diminuzione di oltre il 20% rispetto al 2015, quando i conferimenti di rifiuti ammontavano a 480mila tonnellate. Già nel 2016 siamo scesi a 430mila, quest’anno saranno 410mila; nel 2021 ci attesteremo attorno alle 360-370mila tonnellate. Ovvero, un calo complessivo di circa 100mila tonnellate. Nel contempo, lo sviluppo degli investimenti previsti ci renderà in grado di diversificare l’attività di Scapigliato: non vogliamo diminuire il quantitativo di rifiuti in ingresso, a calare saranno quelli destinati alla discarica. Lo scopo è quello di aumentare il recupero e la trasformazione del rifiuto in nuovo prodotto: questo è l’obiettivo strategico».
Si tratta di uno scopo che una realtà aziendale come la vostra può perseguire in autonomia?
«La nostra è solo una parte di un percorso più ampio. Possiamo essere tutti molto bravi nella trasformazione del rifiuto – e del resto in Italia, come testimoniano i dati, siamo degli ottimi recuperatori –, ma se poi non siamo in grado di generare percorsi per la valorizzazione economica di questi materiali, inserendoli in nuovi processi produttivi, il problema rimane: limitarci a riempire piazzali di materie riciclate non basta, andare oltre è un passaggio fondamentale su cui tutti dobbiamo concentrarci.
Perché questo obiettivo strategico sia realizzabile dobbiamo lavorare su due fronti. Uno è quello della modalità di conferimento: più un rifiuto è integro più è recuperabile. Il secondo aspetto è quello di far sì che tali percorsi di conferimento siano finalizzati a veri e propri progetti di economia circolare; se infatti i prodotti riciclati non sono realizzati con un design e una qualità del prodotto attraenti per il mercato non può competere con i prodotti realizzati con materiale vergine. E l’anello dell’economia circolare non si chiude».
Come pensate di contribuire per progredire su questi fronti?
«Per quanto riguarda le modalità di conferimento, già oggi Rea Impianti possiede a Cecina un impianto di selezione e recupero materiale (dalle plastiche al legno, dai Raee agli ingombranti, etc) con un potenziale di 24mila tonnellate, ad oggi impiegato solo per 13mila. Nei prossimi 2-3 anni vogliamo utilizzarlo al pieno delle possibilità, anche come meccanismo propedeutico alla realizzazione di un nuovo grande impianto di selezione da circa 200mila tonnellate qui a Scapigliato – presente nel progetto complessivo per il Polo, anche se non è inserito nel pacchetto che formalmente presenteremo a fine mese alla Regione – la cui configurazione dal punto di vista tecnologico è interamente subordinata a ciò che riusciremo a definire in termini di valutazione di mercato e strategica nel prossimo anno e mezzo»».
Perché un nuovo impianto di selezione?
«Procediamo nell’ottica di continuare la diminuzione progressiva dei rifiuti da conferire in discarica anche oltre il 2021, sia per quanto riguarda la frazione residua di Rsu che già oggi è in ingresso a Scapigliato, sia soprattutto per quanto riguarda i rifiuti speciali non pericolosi. Oggi arriva a Scapigliato materiale che è quasi impossibile poter recuperare: le trasformazioni che vengono effettuate dai soggetti intermedi – presenti con abbondanza – tra chi produce e chi smaltisce fanno sì che questo materiale non abbia più le caratteristiche per divenire poi nuovo prodotto, in quanto contaminato o triturato in modo poco efficiente».
E per quanto riguarda i progressi sull’altro fronte, quello che contempla la necessità di migliorare qualità e design dei prodotti riciclati?
«Stiamo investendo risorse importanti per rendere possibile la realizzazione – a Scapigliato – di un Centro di cooperazione regionale per lo sviluppo di un’economia circolare. A questo proposito insieme al Comune di Rosignano Marittimo abbiamo fatto un accordo con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, il Cnr, l’Anci Toscana, la Cispel Toscana e la Camera di Commercio della Maremma e del Tirreno. Il Centro partirà nei prossimi mesi, presumibilmente con un primo laboratorio proposto e progettato dal professor Paolo Dario per il disassemblaggio di rifiuti “complessi”: in concreto, robot che coadiuvati dall’operatore umano siano in grado di realizzare un’operazione opposta a quella che già avviene per l’assemblaggio dei prodotti, nelle grandi case automobilistiche come in molte altre industrie. Lì abbiamo robot che montano, che costruiscono; qui ne avremo in grado di scomporre le diverse tipologie di materiali che compongono un sistema complesso, che sia una un’automobile o una moto o un frigorifero. Un’operazione cioè meno grossolana del disassemblaggio così come viene fatto oggi, magari tramite una pressa o sistemi di fusione.
Noi con quest’operazione ci preoccupiamo di mettere a punto una filiera che a Scapigliato diminuisca i conferimenti di rifiuti in discarica, aumenti il livello di selezione e recupero del materiale, e infine favorisca la sua reimmissione sul mercato. Quest’ultimo punto non lo facciamo solo per Rea Impianti e Rit, naturalmente; sosteniamo dei costi non banali per favorire la nascita e la crescita di una piattaforma che sia in grado di dare una mano a tutto il sistema, sperimentando soluzioni valide per l’economia di tutta la Regione».
fonte: www.greenreport.it

Bio2energy trasforma i rifiuti in ricchezza energetica

Presentato a Viareggio il progetto “Bio2Energy”, finanziato dalla Regione Toscana. A partire da fanghi e FORSU produrrà biocarburanti, elettricità e fertilizzanti













Bioidrogeno, biometano, energia elettrica e fertilizzanti: tutti prodotti da un unico impianto usando come materia prima fanghi e rifiuti organici provenienti della raccolta domestica. In una sola parola Bio2energy. E’ questo infatti il nome del nuovo progetto finanziato dalla Regione Toscana e dedicato a Viareggio. Ideato da Sea Risorse S.p.A. e DIEF-UNIFI (Dipartimento di Ingegneria Industriale Università degli Studi di Firenze) e portato avanti con Publiambiente, Cavalzani Inox, ICCOM-CNR e PIN, Bio2Energy realizzerà un codigestore anaerobico nell’area dell’impianto di depurazione idrica del comune toscano.

Primo impianto del suo genere per la Regione, a regime il codigestore permetterà di migliorare la gestione dei rifiuti, tagliando i consumi stessi del depuratore e producendo energia pulita e fertilizzanti “rinnovabili”. Il progetto richiederà due anni di lavori e un investimento di circa 3 milioni di euro, di cui oltre 1,5 milioni finanziato attraverso il bando FAR FAS, che incentiva la collaborazione tra imprese (grandi e Pmi) e sistema della ricerca su progetti di innovazione e competitività.

L’obiettivo è creare un sistema efficiente e controllato, che garantisca molteplici benefici. Il macchinario produrrà, a partire a partire da fanghi e frazione organica dei rifiuti (FORSU), biogas e digestato. Dal primo si otterrà bioidrogeno, biometano ed elettricità da immettere in rete, mentre dal secondo – ricco carbonio, azoto e altri nutrienti – un sostituto naturale fertilizzanti chimici convenzionali. “Bio2Energy è il primo progetto a livello internazionale che esporta a scala preindustriale il trattamento di rifiuti organici e la conseguente produzione di biocombustibili utilizzando gli impianti già esistenti dell’area del depuratore di Viareggio (Lucca)”, spiega la Regione Toscana in una nota stampa.  “Il progetto prevede una time line di 2 anni all’interno della quale si collocano diverse fasi: dopo l’avvio dell’iter di gestione del progetto sperimentale con l’implementazione delle attrezzature e l’allestimento del pilota presso l’Università di Firenze (UNIFI/PIN), prende il via la prima fase dei lavori che è in scala pilota, e che precede la scala pre-industriale collocata nel sito del codigestore di Viareggio”. La produzione di bioidrogeno e biometano sarà monitorata in entrambe le fasi, per ottimizzarla. È prevista una disseminazione dei risultati al fine di definire le condizioni ottimali di produzione anche sotto forma di linee guida, per rendere replicabile il progetto in altri siti.

fonte: www.rinnovabili.it

Foligno, biodigestore decisamente indigesto

Il presidente del Wwf, Sauro Presenzini, accusa: «La proporzione e divisione dei profitti prevede che la polpa vada al privato, mentre l’osso ai cittadini»
http://www.umbriaon.it/2015/wp-content/uploads/2015/03/Palazzo-comunale-Foligno.jpg 
di Sauro Presenzini
Presidente Wwf Perugia
Un volantinaggio tardivo e imbarazzato di “controinformazione”, è stato effettuato su incarico di ATI 3 nelle stesse zone ove il WWF e gli altri comitati spontanei contro la costruzione del biodigestore sono riusciti a coinvolgere ed informare una folla di 400 persone a Sterpete in una prima assemblea.
Un volantino urticante che a giudizio del WWF è un maldestro tentativo di sviare l’attenzione dalla macroscopica falla (posta in essere da Ati 3 prima di altri, ma anche Comune di Foligno, Vus e Asja impianti Spa) riguardante la mancata informazione, coinvolgimento, contraddittorio tra le opposte tesi.
Informazione rivolta a favore dei cittadini per renderli compiutamente partecipi e consapevoli dei rischi, su un argomento articolato e complesso, che di certo non può limitarsi a pubblicare il bando di gare sull’albo pretorio o a rendere pubblici gli avvisi sui siti istituzionali degli Enti.
Infatti dei 400 convenuti a mia domanda specifica – quanti di loro avessero avuto notizia dell’imminente costruzione del biodigestore e sapessero di cosa si trattasse – non una sola mano è stata alzata dai presenti!!!
Il WWF ha ora intenzione di invitare/informare tutti i consiglieri comunali dei 22 comuni dell’Ati 3 ad una riunione specifica informativa a loro specificamente dedicata, per renderli consapevoli di cosa abbia comportato e comporterà il loro voto/adesione ad un impianto che comporta non solo rischi, disvalori e incognite, ma che diventa mera speculazione economica a favore quasi esclusivamente di un privato.
La proporzione e divisione dei profitti prevede con ogni probabilità che la polpa vada al privato, mentre l’osso rimanga ai cittadini, che si accolleranno comunque tutte le ricadute negative e i rischi.
Un impianto enormemente sovradimensionato e previsto non solo a Foligno, che richiamerà rifiuti da fuori regione con oltre 20.000 camion/anno in entrata e uscita dall’impianto trasformando Foligno e tutta l’Umbria nella più grossa pattumiera dell’Italia centrale.
Un’altro clamoroso autogol di ATI 3, è quando afferma che a settembre farà delle assemblee pubbliche per informare la cittadinanza, ma quando tutto è deciso, il sito autorizzato le licenze a costruire rilasciate, a cosa serve un’informazione inutile e tardiva che assume il sapore amaro della classica presa in giro, ove il cittadino nulla potrà decidere o modificare? Ma non è la sola nota stonata.
Poi un’ingenuità marchiana di ATI 3 laddove afferma e contesta che il biodigestore non è un’industria insalubre di I° classe perché nel D.M. del 1994 nello specifico elenco,… non c’è scritto biodigestore!
Magari questo deriva dal fatto che nel 1994 nemmeno si sapeva cosa fosse un biodigestore? Basta però scorrere l’elenco B allegato e al punto 100 ed ecco apparire come industrie insalubri, quegli opifici che trattano/ lavorano rifiuti solidi e liquami, e vicino a questi impianti non si fanno inalazioni o cure idroponiche.

fonte: www.umbriaon.it

 

Bufera sul biodigestore di Casone, l'Ati3: "Campagna di falsità del Wwf"

L’Ente di piazza Spada replica alle accuse lanciate nelle scorse settimane dall'associazione ambientalista e dal M5s di Foligno. Intanto venerdì i tre comitati del “no” incontreranno i cittadini 
 
Un impianto più moderno, più sicuro da un punto di vista ambientale e più economico per i cittadini di Foligno e dei Comuni dell’Ati3. È così che viene presentato il biodigestore che dovrebbe vedere la luce a Casone, nel territorio folignate, laddove oggi sorge l’impianto di compostaggio da rifiuti organici autorizzato dalla Regione Umbria nel 1994. A descriverlo è lo stesso Ati3 che, dopo settimane di proteste portate avanti dal Wwf e dal Movimento 5 stelle di Foligno, prende la parola per dire la sua. “È considerato quanto di più corretto ed ecologico a livello europeo per le politiche del recupero dei rifiuti e la produzione di energie rinnovabili” si legge nella nota, nella quale viene anche sottolineato come l’impianto deputato alla produzione di biometano abbia ottenuto il sostegno sia di palazzo Donini che delle ventidue amministrazioni interessate, che “lo hanno deliberato – sottolineano - dopo una partecipazione nei consigli comunali e con i cittadini, delle associazioni dei consumatori e di primarie organizzazioni ambientaliste”. Per i vertici dell’Ati3, quella messa in piedi dal Wwf e dai pentastellati folignati, è una “campagna diffamatoria di allarmismi e di menzogne”. Negano infatti da piazza Spada che il nuovo impianto porterà all’aumento di traffico verso Casone annunciato dal Wwf, così come rispediscono al mittente le dichiarazioni relative alla pericolosità del biodigestore, ma non solo. “Il Movimento 5 stelle – proseguono dall'Ati3 – ha proposto il compostaggio domestico dei rifiuti organici senza nessun controllo delle autorità ambientali e con emissioni casa per casa capaci di produrre batteri in grado di mettere a serio rischio la salute dei bambini, in primis di quelli folignati”. L’invito rivolto alla popolazione è dunque quello “a vigilare e diffidare della campagna avviata da soggetti che dovrebbero difendere l’ambiente e contrastare interessi privati e che invece cercano di carpire la buona fede dei cittadini per tutt’altri fini”. Altro fronte su cui intervengono dall’Ati3 è quello del risparmio che comporterebbe conferire i rifiuti organici nel biodigestore di prossima realizzazione a Casone. Il costo sarebbe infatti di 70 euro a tonnellata, “mediamente – dicono – di 30 euro in meno rispetto alle cifre sostenute, ad esempio, dai cittadini dell’area ternana-orvietana”. L’Ente di piazza Spada annuncia poi il ricorso alla magistratura per quello che definiscono “un invito dal sapore calunniatorio”. “Il prossimo mese di settembre – si legge in chiusure della nota - ogni cittadino sarà completamente informato con i dati ufficiali”. Intanto il prossimo venerdì 19 alle 21 - come anticipato dal presidente del Wwf Perugia, Sauro Presenzini, sul suo profilo Facebook – nella frazione folignate di Sterpete si terrà un’assemblea pubblica promossa dai comitati Ina Casa/Sassovivo e Legalità e salute di Sant’Eraclio e dal Comitato spontaneo volontario “No biodigestore a Casone”.  

fonte: www.rgunotizie.it