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OsservatorioBorgoGiglione: i Furbetti

 




















fonte: osservatorioborgogiglione.it


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Come produrre idrogeno dai rifiuti alimentari in poche mosse

Il metodo, messo a punto dagli scienziati della Purdue University, prevede la macinazione degli scarti e l’utilizzo di un bioreattore con lieviti per creare idrogeno in circa 18-24 ore





Gli italiani buttano in media 800 grammi di cibo a testa ogni settimana, per un valore complessivo di quasi 12 miliardi di euro persi a livelli nazionale ogni anno. Ridurre questi scarti richiede a monte una attenta gestione delle risorse. Allo stesso tempo necessita, a valle, di strumenti che possano ridurne l’impatto ambientale, trasformando eventuali sprechi in nuove opportunità. Uno di questi è al centro delle attenzioni della Purdue University, nell’Indiana, Stati Uniti. Qui, infatti, un gruppo di scienziati ha migliorato in maniera sostanziale la produzione di idrogeno dai rifiuti alimentari.

Fino a ieri questa modalità di generazione del vettore energetico impiegava la degradazione batterica, un processo lento e legato a complesse pre-elaborazioni fisiche, chimiche o biologiche della biomassa.

Per semplificare i passaggi e accelerare la generazione di idrogeno dai rifiuti alimentari, gli scienziati dell’ateneo statunitense hanno sostituito i batteri con i lieviti. Una modifica apparentemente piccola che ha permesso però al team di ridurre al minimo le fasi di pre-elaborazione del materiale di scarto.

“Volevamo creare un processo semplice per trasformare tutti gli sprechi alimentari in una fonte di energia pulita”, ha spiegato Robert Kramer, professore di energia e ambiente della NiSource Charitable Foundation e professore di fisica alla Purdue University Northwest. “Il nostro sistema in pratica consente a un utente di prelevare i rifiuti alimentari, macinarli, posizionarli in un reattore e utilizzare il nostro processo per creare idrogeno in circa 18-24 ore. È molto più veloce degli altri metodi impiegati sino a oggi”.

Kramer, che è anche direttore del Purdue Northwest Energy Efficiency and Reliability Center, ha convalidato la tecnologia utilizzando una varietà di ceppi di lievito. I primi test permettono di stimare un miglioramento dell’efficienza produttiva processo nell’ordine del 20-25 per cento rispetto al metodo che sfrutta la fermentazione batterica.

Secondo i ricercatori il nuovo procedimento potrebbe essere facilmente integrato con la tecnologia solare termica per creare una fonte di energia autonoma. Kramer ha anche sottolineato come il metodo Purdue non comporti alcun rischio di esplosione per l’idrogeno prodotto.

fonte: www.rinnovabili.it

Un bioreattore per smaltire rifiuti e creare energia. Mistero ecologico a Mazara


Ndr: articolo del luglio 2013 ma sempre valido per l'informazione

Cominciano a tenere gli occhi ben aperti a Mazara del Vallo, dove è entrato nel vivo l’iter per la costruzione di un bioreattore per il trattamento dei rifiuti in località San Nicola.
Giovedì al Comune ci sarà la conferenza di servizi e intanto si cerca di capire bene di cosa si tratta. Quando si parla di rifiuti e nuovi insediamenti di trattamento dell’immondizia ogni città si mobilità e cerca di capire meglio cosa succede.
C’è da dire, infatti, che le informazioni finora fornite dal Comune non sono molte. E proprio su questo fronte diversi cittadini storcono il naso.
In sostanza a Mazara si vorrebbe realizzare un centro di trattamento dei rifiuti solidi urbani con una nuova tecnologia in grado di produrre energia alternativa. Si tratterebbe di un bioreattore con tecnologia Best. Il progetto è della Società Unità di Misura s.r.l. (UDM) di Milano che , in collaborazione con la Società di ingegneria Montana S.p.A., ha trovato alcune aree dove far sorgere la struttura, in zona San Nicola. Questo bioreattore dovrebbe trasformare i rifiuti in energia pulita. L’impianto quindi dovrebbe smaltire rifiuti organici, inorganici, sfabbricidi, amianto, e rifiuti biogreadabili gestiti attraverso la cosiddetta “bioreazione”. Inoltre lo stabilimento potrà accogliere anche i rifiuti speciali
Il progetto della ditta milanese si baserebbe sulla capacità di accelerare i processi naturali di bioreazione senza generare criticità ambientali azzerando gli impatti che sono classici di un impianto di discarica tradizionale. Ogni costruzione del genere ha le sue promesse, quelle di sempre: azzerare l’impatto ambientale delle consuete discariche, risparmio sulle tariffe, posti di lavoro, migliore gestione del sistema della raccolta rifiuti. A novembre l’azienda ha stipulato con il comune di Mazara un protocollo d’intesa, della durata di otto anni. Il protocollo è sottoscritto appunto dall’amministrazione comunale guidata dal sindaco Nicola Cristaldi, sentiti gli esperti del Sindaco (l’ingegner Nicolò Sardo e Avvocato Francesco Muscolino) e costituirebbe soltanto un atto propedeutico alla stipula della convenzione tra il Comune di Mazara del Vallo e la Società Unità di Misura s.r.l. (UDM). Nel protocollo, oltre alle caratteristiche dell’impianto viene anche specificato che la società proporrà un contributo, “quale misura compensativa dell’impatto ambientale e territoriale commisurato alla quantità di rifiuti effettivamente gestiti dall’impianto”. Contributo che sarà di 0,75 centesimi a tonnellata di rifiuto inerte depositato, e 6 euro a tonnellata di rifiuti speciali e urbani. La quantità massima di rifiuti che, secondo il protocollo, potrà essere smaltita nell’impianto è di 20 tonnellate l’anno.Sul sito della Montana Spa viene descritto il progetto del bioreattore.

L’impianto è ubicato all’interno di una più vasta piattaforma polifunzionale per il trattamento di tutte le tipologie di rifiuti (inerti, urbani e speciali, pericolosi e non pericolosi).
Il sito, una ex cava esaurita di più di 20 ettari, si trova in un contesto socio-territoriale dove il tema dei rifiuti è sempre più sentito a causa di una carente struttura impiantistica, una raccolta differenziata che stenta a partire e la disponibilità sempre più ridotta di luoghi idonei ad accettare discariche.
Il sistema di trattamento BEST® consiste nella biodegradazione accelerata dei rifiuti con medio/alta percentuale di sostanza organica, all’interno di una vasca (il cui contenitore è del tutto simile a quello di una discarica tradizionale) suddivisa in n.8 “celle di bioreazione”. La potenzialità complessiva dell’impianto è di circa un milione di metri cubi, mentre ciascuna cella ospiterà mediamente 125.000 mc; il tempo medio di coltivazione delle singole celle è pari a 1 anno.
Oltre a tutte le strutture e agli impianti propri delle discariche tradizionali, il bioreattore BEST® è dotato di sistemi di ricircolo del percolato (che garantiscono le perfette condizioni di umidità dei rifiuti, il principale parametro di controllo dei processi degradativi), di sistemi che ottimizzano la captazione e l’estrazione del biogas prodotto in quantità massive ed è soggetto a specifiche operazioni gestionali e di sistemi di monitoraggio dei processi, studiati per definire con esattezza il momento in cui il materiale organico contenuto nel rifiuto sarà completamente degradato.
La fasi principali del sistema di trattamento BEST® saranno le seguenti:
- Pretrattamento dei rifiuti in ingresso tramite triturazione grossolana, finalizzato all'omogeneizzazione degli stessi.
- Abbancamento dei rifiuti e realizzazione dei sistemi di ricircolo del percolato e di recupero del biogas; ciascuna cella sarà sigillata con una copertura provvisoria di isolamento con l’atmosfera al fine di permettere l’istaurarsi delle condizioni anaerobiche necessarie per la biodegradazione e per la produzione di biogas inviato ad un impianto di valorizzazione energetica.
- Coltivazione sequenziale di tutte le celle per le quali saranno ripetute tutte le operazioni descritte in precedenza.
- Stabilizzazione definitiva dei rifiuti di ciascuna cella con insufflazione di aria calda; rimozione della copertura provvisoria, al fine di permettere le operazioni di landfill mining, ovvero l’escavazione della materia residuale e la successiva separazione delle varie frazioni riciclabili che saranno re-immesse nei processi produttivi. In tale fase, le celle del bioreattore si comporteranno come vere e proprie “miniere artificiali”.
- Riutilizzo delle celle a seguito del completo svuotamento fino all’instaurazione di un processo ciclico di interramento, svuotamento e trattamento/recupero.
I principali vantaggi del sistema sono:
- tempi molto ridotti di degradazione e di completa stabilizzazione del rifiuti (pochi anni),
- riduzione della pericolosità residuale dei rifiuti,
- riduzione dell’impatto ambientale complessivo ed in particolare degli impatti sull’atmosfera e sulla fauna aviaria tipica delle discariche per urbani,
- aumento del potenziale di conversione dei rifiuti ad energia,
- recupero di volumetria utile per nuovi rifiuti,
- recupero dei materiali riciclabili e ciclicità del processo.
Ma, dicevamo, sono in molti che vogliono vederci chiaro. Sia Legambiente che Rifiuti Zero stanno tenendo sotto esame quello che succede e lo studio di fattibilità dell’opera non resa pubblica ma ottenuta attraverso la procedura dell’accesso agli atti. Inoltre i cittadini sembrano molto perplessi, e un alone di mistero avvolge questa vicenda. Intanto altri Bioreattori sono stati costruiti per l’Italia e uno ha riscosso molte polemiche e mobilitazioni per l’impatto ambientale che poteva arrecatre. Come al Comune di Lacchiatella, dove la mobilitazione dura dal 2005.

fonte: http://www.gorent.it

BIOREATTORE, GLI AFFARI DEVONO ANDARE AVANTI !

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La Regione ha prorogato fino al 31 ottobre il conferimento dei rifiuti organici-umidi alla discarica di Borgogiglione. La Det. Dir. n. 4452 del 31/05/2016 autorizza per altri 5 mesi lo smaltimento dell’umido nelle cosiddette “celle bioreattore”. La richiesta iniziale, avanzata dal gestore TSA s.p.a. già nel settembre scorso, era stata in unprimo tempo negata, dietro valutazione critica di ARPA sui risultati di questa sperimentazione. Il 2 febbraio, invece, preso atto della minaccia di “interruzione del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti con gravi conseguenze ambientali e igienico-sanitarie”, la Regione fa marcia indietro e delibera la prosecuzione temporanea del bioreattore FINO E NON OLTRE IL 31 MAGGIO 2016. Scadenza, come detto, ora prorogata. Sempre col ricatto di un’incombente emergenza rifiuti e per la sudditanza ormai evidente dei nostri amministratori nei confronti delle aziende, anche in questo tempo di indagini e di interdittive antimafia. Il Gestore potrà «riprofilare» la parte di discarica dedicata alle nuove celle e provare a superare le ulteriori verifiche e possibili contestazioni dell’ARPA. Noi temiamo un ampliamento silenzioso della volumetria utile…
Perché nessuno si impegna, in alternativa, a un serio piano di prevenzione dell’organico e compostaggio? Una soluzione semplice ed economica, sollecitata anche da un recenteDecreto del Governo, che può fra l’altro contribuire a ridurre i timori dei cittadini per i ripetutisuperamenti dei livelli soglia di alcuni inquinanti e relativo rischio ambientale-sanitario.
Che cosa sono le celle “bioreattore”?
Il Progetto per l’ampliamento della discarica di Borgogiglione prevedeva due forme diverse digestione: una tradizionale per i rifiuti indifferenziati e poi un’area confinata da gestire conmodalità sperimentale “bioreattore” per i rifiuti organici-umidi, biodegradabili. Questi ultimi (la FORSU vagliata nell’impianto di Perugia PonteRio, gli scarti dell’impianto di compostaggio di Pietramelina e fanghi di depurazione – ogni anno intorno al 40% del totale – sono collocati in apposite celle (circa 18.000 mc. ciascuna), e sottoposti a processi di stabilizzazione rapida, con degradazione anaerobica e elevata produzione di metano da sfruttare energeticamente. Nelle celle viene re-iniettato il percolato di discarica per assicurare l’umidità necessaria alla biodegradazione dei rifiuti.
La sperimentazione del “bioreattore” è andata avanti fino al completamento del primo gradone (10 celle), pur con i rilievi critici di ARPA ad ogni monitoraggio. In particolare, nella relazione del dicembre scorso l’ARPA lamentava l’insufficienza dei dati forniti dal Gestore e concludeva che “la forte variabilità dei valori di IRD (indice respirazione dinamico, ovvero distabilizzazione) all’interno delle stesse celle e la mancanza di tempi certi dal termine della coltivazione delle celle al collaudo delle stesse sembrano indicare che il Gestore allo stato attuale non sia in grado di controllare in maniera completa il processo di bio-stabilizzazione”. “In riferimento agli altri benefici previsti dalla discarica bioreattore, ovvero maggiori rese di biogas, benefici sul percolato e ottimizzazione della gestione delle volumetrie, il Gestore non ha fornito informazioni e dati certi che permettano una valutazione degli effettivi benefici…”
Quali danni ambientali comporta il bioreattore ?
I nostri amministratori ripetono ad ogni piè sospinto che “lo smaltimento in discarica dei rifiuti deve essere il più possibile limitato, rappresentando una perdita di risorse e una fontepotenzialmente significativa di contaminazione e inquinamento dell’ambiente”.
Ma non vogliono dire di NO ai buoni affari garantiti dalle discariche, e alle aziende partecipate dagli stessi Comuni.
È sempre l’ARPA, nella citata relazione di dicembre, a ricordare gli obblighi di legge sulla riduzione dei rifiuti in discarica, in particolare dei rifiuti biodegradabili. Gestire parte della discarica in modalità bioreattore per estrarre gas dai rifiuti organici umidi è una scelta non più sostenibile, così come non più sostenibile è portare in discarica centinaia
di migliaia di tonnellate di rifiuti, urbani e speciali, “non pericolosi” solo di nome! Critici sono i Medici per l’Ambiente (ISDE), che hanno da poco pubblicato un Parere ufficiale sui rischi per la salute degli esposti. Ma contrari a questa miope e abnorme gestione della frazione organica dei rifiuti sono anche i maggiori esperti di discipline ambientali, preoccupati del futuro del nostro Pianeta. Tutti sanno, infatti, che c’è un’alternativa a portata di mano, cioè il compostaggio, che può portare alla diminuzione delle emissioni di gas serra, all’incremento della fertilità dei suoli e al contrasto dell’erosione e della desertificazione, oltre che alla tutela dei corpi idrici.
Quali sono i vantaggi sbandierati?
Evidentemente, perseverare in questa scelta diabolica comporta dei vantaggi per i nostri amministratori, occhi bendati e mani legate…
I cittadini si lamentano per le bollette salate, niente affatto ridotte dalla Raccolta Differenziata, eppure un impianto di smaltimento assicura al Gestore bilanci floridi con poca fatica, specie nel caso di Borgogiglione che combina più funzioni: discarica tradizionale + impianto a biomasse e produzione di elettricità. Risparmio sulle spese di stabilizzazione dell’umido, che avviene direttamente in discarica. Risparmio per il ricircolo del percolato, che normalmente va smaltito in impianti dedicati. Ricavi ottenuti dalla produzione di energia elettrica, grazie al metano dai rifiuti. E che dire sui vantaggi di poter prolungare la volumetria utile e la vita della discarica, sfruttando l’addensamento dei rifiuti organici pur con qualche problema di stabilizzazione?…
L’Osservatorio Borgogiglione contesta da tempo la mancanza di trasparenza nella gestione della discarica e si augura che presto si conoscano anche gli esiti delle indagini della Magistratura e delle ispezioni agli impianti, avviate l’autunno scorso.
La Det. Dir. n° 4452 del 31/05/2016 con oggetto: società T.S.A. S.p.A. – Discarica per rifiuti non pericolosi di Borgogiglione, Comune di Magione. Autorizzazione Integrata Ambientale D.D. provinciale n. 83/2012 e s.m.i. – Proroga termine D.D. regionale n. 565/2016 prosecuzione gestione temporanea bioreattore – del Servizio Autorizzazioni ambientali – Regione Umbria, non è stata resa pubblica sul B.U.R

fonte: http://osservatorioborgogiglione.it

Borgogiglione: i nostri amministratori tutti presi dal gioco del cerino!

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Alle spalle dei cittadini esposti e di tutti i poveri contribuenti…
La Giunta Regionale, con Determinazione Dirigenziale n.565 del 02/02/2016, prende atto del rischio di interruzione del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti con gravi conseguenze ambientali e igienico-sanitarie [sic!] e autorizza la prosecuzione temporanea della gestione in modalità bioreattore [celle riservate per i rifiuti organici, che producono gas ed energia] della discarica di Borgogiglione.
Fino e non oltre il 31 maggio 2016.
Ricordiamo che in precedenza (12/01/2016) la stessa Giunta aveva comunicato l’impossibilità di rinnovare l’autorizzazione al bioreattore, sulla base di un parere critico fornito dall’ARPA.
La discarica serve i 24 Comuni dell’Ambito territoriale 2 (Perugino – Assisano – Trasimeno – Tuderte), ma in questo periodo di difficoltà impiantistica anche l’ATI1 e in misura minore l’ATI3.
L’ARPA viene incaricata di monitorare i risultati, in particolare l’attività relativa alla nuova 11a cella, controllando tutti gli aspetti della gestione oltre che le matrici ambientali, attivando tutte le procedure al fine di garantire la massima salvaguardia dell’ambiente.
Il Gestore della discarica potrà utilizzare le volumetrie residue come bacino tradizionale per lo smaltimento della frazione secca.
In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l’Autorità competente, secondo la gravità delle infrazioni, procederà ai sensi di legge fino alla chiusura dell’impianto.
Per inciso
Leggiamo in Determina, il 1° febbraio la società gestore TSA spa ha trasmesso la “relazione di sintesi delle indagini preliminari svolte per accertamento superamento della concentrazione soglia di contaminazione per il parametro FLORURI in corrispondenza del pozzo piezometrico P4”, rassicurando che il fenomeno riscontrato presso il pozzo piezometrico P4 è da ritenersi probabilmente isolato, circoscritto e potrebbe essere anche dovuto a cause di origine naturale… L’evento verificatosi non è in alcun modo riconducibile alla gestione delle celle bioreattore

http://osservatorioborgogiglione.it