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Mascherine negli oceani: 450 anni per decomporsi

Le mascherine negli oceani richiederanno 450 anni per decomporsi: i cittadini appaiono troppo disinteressati al corretto smaltimento.



Le mascherine finite negli oceani potrebbero richiedere addirittura 450 anni per decomporsi completamente. È questa la preoccupazione espressa da numerosi gruppi ambientalisti del Regno Unito, in particolare da Waste Free Oceans. Senza un intervento di contenzione immediato, e una maggiore sensibilizzazione dei cittadini, il mare rischia di soffocare a causa della plastica.

La pandemia da coronavirus ha reso evidente l’utilità dei dispositivi di protezione monouso: le mascherine rappresentano infatti degli alleati irrinunciabili per ridurre la possibilità di contagio. Allo stesso tempo, devono però essere smaltite correttamente per evitare gravissimi danni ambientali.

Mascherine e ambiente: troppo disinteresse

Mentre sull’uso diffuso delle mascherine le autorità sono riuscite a convincere un numero sufficiente di cittadini, così non è stato per lo smaltimento. La gran parte delle persone sembra incline ad abbandonare mascherine e guanti dove capita, del tutto ignara – o forse disinteressata – alle sorti dell’ambiente. Eppure questi dispositivi vengono trasportati dal vento e dalle correnti nei corsi d’acqua, giungono nel mare e uccidono la flora e la fauna locale. Le tartarughe le ingoiano, ad esempio, scambiandole per prede come le meduse. Gli uccelli marini vi rimangono impigliati, altri soffocano poiché strangolati dalle cordicelle. E non è tutto, poiché le mascherine rilasciano nel tempo microplastiche di difficile eliminazione.

Diversi gruppi di volontariato britannici, impegnati nella pulizia delle spiagge, hanno confermato come il tasso di dispositivi trascinati dalle onde sia velocemente aumentato nelle ultime settimane. Tanto che le operazioni di pulizia e raccolta faticano a stare al passo con l’incredibile quantità di dispositivi non smaltiti correttamente. Si stima che oggi siano circa 194 miliardi le mascherine che vengono prodotte e utilizzare ogni mese nel mondo, solo una piccola parte finisce correttamente negli impianti di raccolta, recupero e smaltimento.

Così come spiega Waste Free Oceans, il PPE di cui sono fatte le mascherine non può essere riciclato, poiché considerato rifiuto contaminato per ragioni mediche. Per questo motivo è ancora più urgente procedere al corretto smaltimento, affinché possa essere raccolto e stoccato in luoghi sicuri, il più lontano possibile dai corsi d’acqua.

Fonte: SkyNews


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Raccolta differenziata: 40% rifiuti riciclabili va in discarica

Circa il 40% dei rifiuti riciclabili finisce in discarica, compromettendo la raccolta differenziata in Italia: i numeri dello studio voluto da DS Smith.



Circa il 40% dei rifiuti riciclabili finisce invece in discarica. A fornire alcuni dati in merito alla raccolta differenziata in Italia è uno studio della One Poll, svolto per conto della DS Smith. In molti quelli che lamentano assenza di informazioni o indicazioni poco chiare.

Alta la percentuale degli italiani incerti su quali siano gli imballaggi e i prodotti che possono essere riciclati. Il 73% secondo lo studio. Arriva al 40% la quota di coloro che hanno ammesso di aver gettato rifiuti riciclabili nell’indifferenziata. Un comportamento che porta, a causa del mancato recupero dei materiali, a un danno di circa 390 milioni di euro all’anno.

L’assenza di informazioni dettagliate (secondo il 54% degli intervistati) in merito al riciclo delle confezioni o la totale assenza di indicazioni (40%) sono alla base di comportamenti scorretti. In alcuni casi orientati alla “prudenza”, ovvero al mancato conferimento nella raccolta differenziata per timore di inserire un rifiuto non riciclabile.

Il 65,5% dichiara di gettare rifiuti nell’indifferenziata quando incerto sul da farsi, mentre circa il 36% lo fa in maniera più sporadica. Oltre alla mancata indicazione sull’etichetta (indicata nel 45% dei casi), a pesare è anche la composizione multimateriale di alcuni imballaggi (33%). Incerto anche il comportamento in caso di contaminazione con altri tipi di rifiuti (23%). Il “riciclo prudente” impedisce il riciclo, sostiene DS Smith, di circa 9,1 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno.

Dal lato opporto il 17,8% degli italiani conferisce nella raccolta differenziata rifiuti sui quali è in dubbio. Il 46% ha dichiarato di averlo fatto almeno una volta. La volontà di riciclare il rifiuto ha pesato per il 41%, seguita dalla disattenzione (33%) e dalla mancanza di informazioni (29%). Il 60% ha ammesso di conferire rifiuti con residui di cibo o bevande, compromettendo l’avvio a riciclo.


Raccolta differenziata: le 5 indicazioni di DS Smith

Al fine di migliorare le cose DS Smith ha lanciato, in collaborazione con la Ellen MacArthur Foundation, alcune regole per il Design Circolare. L’obiettivo è quello di aiutare le imprese a progettare imballaggi conferibili più facilie da conferire per i cittadini. 

Ha dichiarato Stefano Rossi, Packaging CEO di DS Smith:

C’è un innegabile desiderio di contribuire alla salvaguardia dell’ambiente da parte dei consumatori, anche attraverso il riciclo. Il problema è che ancora oggi molti imballaggi non sono riciclabili, le persone sono spesso confuse su cosa possa essere effettivamente avviato a seconda vita.

Abbiamo deciso di stilare i nostri principi di Design Circolare per contribuire alla soluzione di questo problema, aiutando le imprese a intercettare i bisogni dei consumatori. Con questi principi possiamo creare imballaggi adatti all’economia circolare, favorendo il riciclo ed eliminando sprechi e inquinamento. Inoltre, rendiamo più chiara l’informazione sugli imballaggi per aiutare i consumatori a riciclare sempre di più.

Questi i 5 punti chiave indicati da DS Smith per sostenere una corretta raccolta differenziata:

  • Proteggere i prodotti e i marchi – Innanzitutto, l’imballaggio deve saper proteggere adeguatamente il proprio prodotto, evitando impatti a livello economico e ambientale derivanti dallo spreco;

  • Ottimizzare l’utilizzo dei materiali – Ottimizzare dimensioni e peso dell’imballaggio permette di ridurre i rifiuti e di salvaguardare risorse naturali;

  • Pensare all’efficienza lungo la catena di fornitura – Un buon Imballaggio deve essere efficiente, ed essere ad esempio adeguato ottimizzando la logistica;
  • Riciclare e riutilizzare materiali – Un modo per eliminare gli sprechi è mantenere in vita il più a lungo possibile i materiali utilizzati, riciclandoli in maniera facile e veloce (14 giorni);
  • Continuare a lavorare sulla ricerca – Dobbiamo continuamente evolvere gli imballaggi pensandoli sempre più in chiave di economia circolare.


fonte: www.greenstyle.it

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