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Tanta economia circolare anche nei progetti europei LIFE

 

Quasi 1 miliardo di euro investito in oltre 200 progetti nel periodo 2014-2020, 1,3 miliardi stanziati per il periodo 2021-2027. Circa 700 i progetti sull’economia circolare

Un nuovo gruppo di città europee intraprende la strada della sostenibilità

Solo una città italiana in gara per il premio European Green Capital e due per quello European Green Leaf. Sinora, dal 2010, mai nessuna città italiana ha vinto uno dei due premi



Il nuovo ciclo di premi per le città verdi europee vede 30 città di tutta Europa concorrere per diventare i prossimi vincitori europei del Premio Capitale Verde Europea e del Premio Foglia Verde Europea.

16 città di 12 paesi hanno fatto domanda per il concorso European Green Capital 2023 (EGCA 2023), mentre 14 città di otto paesi hanno aderito al concorso European Green Leaf 2022 (EGLA 2022).

I vincitori saranno annunciati nel 2021 e riceveranno un fondo combinato di un milione di euro.

Le 16 città in competizione per il Premio Capitale Verde Europea 2023 sono: Belgrado, Serbia; Cagliari, Italia; Dublino, Irlanda; Gaziantep, Turchia; Danzica, Polonia; Helsingborg, Svezia; Smirne, Turchia; Košice, Slovacchia; Cracovia, Polonia; Logroño, Spagna; Rzeszów, Polonia; Skopje, Repubblica di Macedonia del Nord; Sofia, Bulgaria; Tallinn, Estonia; Varsavia, Polonia; e Zagabria, Croazia.

Le 14 città in competizione per il Premio Foglia Verde Europea 2022 sono: Arcos de Valdevez, Portogallo; Bistriţa, Romania; Elsinore, Danimarca; Frascati, Italia; Gavà, Spagna; Haskovo, Bulgaria; Las Rozas de Madrid, Spagna; Oliveira do Hospital, Portogallo; Petrinja, Croazia; Pleven, Bulgaria; Sisak, Croazia; Treviso, Italia; Valongo, Portogallo; e Winterswijk, Paesi Bassi.
La scelta delle città vincitrici

Un gruppo di dodici esperti indipendenti avvierà ora una valutazione tecnica di ciascuna candidatura per selezionare una rosa di città finaliste per entrambi i premi. Il panel valuterà le domande di Capitale Verde Europea sulla base di 12 indicatori ambientali. Una rosa di città finaliste sarà annunciata nella primavera del 2021 e le città selezionate saranno invitate a presentare ad una giuria internazionale, presieduta dalla Commissione europea.

Le città finaliste dell'EGCA 2023 presenteranno ciascuno un piano d'azione su come la loro città intende realizzare l'anno della Capitale Verde Europea, progetti/azioni che intende mettere in atto per migliorare la sostenibilità ambientale della città, nonché una strategia di comunicazione.

Per l'European Green Leaf Award, il gruppo di esperti valuterà le candidature sulla base di sei aree tematiche ambientali. Analogamente, nella primavera del 2021 sarà annunciata una rosa di città finaliste di EGLA 2022 per presentare le loro proposte alla Giuria internazionale.

I vincitori saranno annunciati in una cerimonia di premiazione nel 2021 a Lahti, in Finlandia, che è la Capitale Verde Europea per il 2021. La città vincitrice di EGCA 2023 riceverà 600.000 €, mentre fino a due città/città vincitrici di EGLA 2022 riceveranno 200.000 € ciascuna da utilizzare in progetti / azioni per migliorare la sostenibilità ambientale della città e raggiungere la visione di sostenibilità della città.
Il significato e i precedenti dei premi

Con più di due terzi della popolazione europea che vive in aree urbane, i premi Capitale Verde Europea e Foglia Verde Europeo mirano a riconoscere i risultati ambientali delle città e delle città che si battono per la sostenibilità urbana e l'eco-sostenibilità e ispirare gli altri ad intraprendere azioni positive per rendere le loro città adatte alla vita.

Vincere il Premio Capitale Verde Europea e il Premio Foglia Verde Europea è un sigillo di approvazione da parte della Commissione Europea e porta molti benefici: una maggiore copertura mediatica internazionale, un impulso all'orgoglio locale, una maggiore attenzione ai progetti ambientali e un aumento degli investimenti esteri. Tutte le città finaliste e vincitrici hanno inoltre accesso a una rete di finalisti precedenti e città vincitrici in cui condividono conoscenze su come superare le sfide principali.

Altre tredici città hanno vinto il Premio Capitale Verde Europea: Stoccolma (2010), Amburgo (2011), Vitoria-Gasteiz (2012), Nantes (2013), Copenaghen (2014), Bristol (2015), Lubiana (2016), Essen (2017), Nijmegen (2018), Oslo (2019), Lisbona (2020), Lahti (2021) e Grenoble (2022).

Dopo il successo del Premio Capitale Verde Europea, il Premio Foglia Verde Europeo è stato istituito nel 2015 per riconoscere gli sforzi e i risultati ambientali delle città più piccole con 20-99.999 abitanti. Lo stesso gruppo di 12 esperti valuta le candidature ricevute sulla base di sei aree tematiche ambientali e seleziona i finalisti.

Finora altre undici città hanno vinto un premio europeo Green Leaf: Mollèt del Valles, Spagna e Torres Vedras, Portogallo (2015); Galway, Irlanda (2017); Lovanio, Belgio e Växjö, Svezia (2018); Cornellà de Llobregat, Spagna, e Horst aan de Maas, Paesi Bassi (2019); Limerick, Irlanda e Mechelen, Belgio (2020); e Gabrovo, Bulgaria e Lappeenranta, Finlandia (2021).

fonte: www.arpat.toscana.it

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Buone pratiche, strumenti ed azioni pilota del progetto GRRinPort

Postazioni di raccolta degli oli vegetali usati prodotti sulle imbarcazioni, App per geolocalizzare le aree di raccolta dei rifiuti differenziati presso i moli e banchine dedicate al diporto a Cagliari, Livorno ed Ajaccio ed azioni pilota per lo sviluppo di metodi innovativi per il trattamento dei sedimenti portuali in un'ottica di economia circolare











Porti puliti e zero rifiuti sono gli obiettivi del progetto GRRinPORT per migliorare la qualità delle acque marine nei porti limitando l’impatto dell’attività portuale e del traffico marittimo sull’ambiente.

Il progetto, finanziato dal Programma Interreg Italia-Francia Marittimo 2014-2020, è arrivato alla seconda annualità ed insieme ai porti di Bastia e Cagliari il porto di Livorno è uno degli scenari pilota dove lo scorso 17 settembre 2020 si è svolta una iniziativa di sensibilizzazione e informazione nei confronti degli utenti portuali sulla corretta gestione degli oli vegetali usati.

L’evento è stato organizzato dalla collaborazione tra ISPRA - Centro Nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera, la climatologia marina e l'oceanografia operativa che ha sede a Livorno presso la Dogana d’Acqua, partner del progetto GRRinPort e il gruppo Azimut Benetti.


Durante l'iniziativa sono state consegnate agli equipaggi apposite taniche per contenere gli oli vegetali usati per alimenti prodotti sulle imbarcazioni che potranno essere conferiti a terra in un contenitore dedicato alla raccolta differenziata e lo stoccaggio di questi specifici oli vegetali.

Il contenitore, acquisito come le taniche nell'ambito del progetto GRRinPort, è stato ufficialmente consegnato da ISPRA al gruppo Azimut Benetti che si è reso disponibile a posizionarlo su una banchina, all'interno del cantiere, dove i grandi yatch sono ormeggiati per le operazioni di manutenzione e riparazione.

ll Direttore della divisione Lusven del gruppo Azimut Benetti, Riccardo Lari, ha precisato che il cantiere ha accolto molto favorevolmente questa proposta di ISPRA frutto del progetto GRRinPort, perchè è una buona pratica che può essere adottata anche dai grandi yatch dai 50 ai 100 metri che per settimane o mesi, specie in inverno, rimangono ormeggiati per lavori di manutenzione o riparazione con l'equipaggio che spesso rimane a bordo utilizzando la cucina; da qui l'importanza di un corretto smaltimento degli oli per alimenti, 
come avviene per le grandi navi ed i traghetti, evitando potenziali danni ambientali dovuti a pratiche di gestione degli oli non corrette.


 

Si auspica la diffusione di questa buona pratica, come avviene a terra per le utenze domestiche, anche per la diportistica ed alcuni porti turistici in Italia si sono già organizzati per fornire questo servizio.


La stazione di raccolta è stata posizionata all'interno del cantiere Azimut Benetti sulla banchina davanti agli yatch ed è costituita da due contenitori in polietilene ad alta densità, inseriti uno all’interno dell’altro; il contenitore esterno, di capacità pari a 800 L, funge da vasca di contenimento. Il contenitore interno, di capacità pari a 500 L, è dotato di bocca per il recupero dell'olio esausto, chiusa ermeticamente tramite un tappo a vite completo di apposita guarnizione di tenuta. Il sistema è dotato di un indicatore di livello, di sfiato e filtro anti-odore e di serratura con chiave cifrata.

La stazione è dotata di sistemi per evitare urti o ribaltamenti accidentali anche in caso di vento o piogge di forte intensità, e di pedana grigliata antiscivolo, per dare maggiore sicurezza all'utente durante il conferimento dell’olio esausto. Le taniche, di capacità pari a 1.6 L, sono dotate di griglia filtrante.

L'inquinamento delle acque, principale effetto negativo dell'attuale sistema di gestione dei rifiuti e reflui in ambito portuale, deriva anche dalla scarsa informazione e sensibilizzazione dei fruitori del porto, dalla carenza o assenza di infrastrutture di conferimento di rifiuti e reflui nei porti, ma anche dalla necessità per i fruitori di doversi adattare a regole e procedure diverse in ogni porto sia del nostro paese che in paesi diversi.

Per questo l'approccio di cooperazione transfrontaliera Italia- Francia messo in atto con questo progetto diventa importante ed eco-innovativo come hanno spiegato per ISPRA, partner del progetto GRRinPort, Andrea La Camera e Fabiano Pilato: "la finalità del progetto è anche quella di definire un set di buone pratiche per la gestione dei rifiuti e reflui nelle aree portuali e mettere insieme quelle procedure anche di "moral suasion" per sensibilizzare le utenze portuali e per agevolare i gestori delle aree portuali; buone pratiche che potranno essere estese a tutti i porti dell’area del Programma e, in prospettiva, a tutto il bacino del Mediterraneo per ottenere un riposizionamento delle strutture portuali in un contesto eco-sostenibile."

La buona pratica presentata a Livorno è già operativa nel porto di Cagliari e a breve in quello di Ajaccio e si colloca quindi tra gli obiettivi e gli strumenti del progetto dedicati allo 
sviluppo di strategie di gestione integrata e transfrontaliera dei rifiuti nei porti; tra questi la App GRRinPORT che permette di geolocalizzare le zone dei porti in cui i diportisti possono conferire i rifiuti prodotti a bordo della propria imbarcazione, sia quelli solidi urbani (carta e cartone, plastica, carta, vetro e alluminio), che quelli potenzialmente dannosi (quali spray, pile, ecc.) e di individuare gli spazi per conferire per batterie usate e filtri sporchi, oli minerali usati e anche le aree attrezzate per il conferimento delle acque reflue e di sentina.


  

In particolare come ha spiegato Daniela Spiga del Dipartimento ingegneria civile, ambientale e architettura – Università di Cagliari, nel secondo Webinar del Progetto GRRinPORT, tenutosi qualche giorno dopo l'evento di Livorno, illustrando gli obiettivi e le attività previste, per il Porto di Cagliari, la App segnalerà anche l'area attrezzata per l’aspirazione, trattamento e il convogliamento dei reflui prodotti dalle imbarcazioni da diporto; si tratta sostanzialmente di un innovativo sistema di aspirazione sottovuoto di acque nere e di un serbatoio di stoccaggio fuori terra in previsione del collettamento al sistema fognario.

Oltre a questa sono previste altre azioni pilota per migliorare nei porti la gestione dei reflui prodotti dal traffico marittimo e dall'attività portuale; è stato prodotto uno specifico Rapporto con le informazioni relative alla caratteristiche idrodinamiche e qualitative delle acque dei bacini portuali di Livorno, Cagliari e Bastia al fine di definire la qualità iniziale delle acque e di individuare eventuali condizioni di criticità sulla base dei dati pregressi disponibili.

Le informazioni raccolte sono servite nel mese di luglio 2020 per individuare nel porto di Cagliari l'area in cui verrà attuata l'azione pilota, con la simulazione di uno sversamento accidentale di inquinanti in mare in un'area attrezzata per l'utilizzo di panne in tessuto geotessile, ricavato da fibre naturali di lana a basso costo e ridotto impatto ambientale, per il contenimento e la rimozione di inquinanti rilasciati in mare. Verranno effettuati campionamenti dello stato acque prima e dopo l'applicazione delle panne geotessili per verificare il potenziale servizio che possono fornire rispetto alle classiche panne assorbenti utilizzate in caso di sversamento accidentale.

Isabella Pecorini (DESTEC - Università di Pisa) è intervenuta nel secondo Webinar per illustrare anche l'altro obiettivo del progetto dedicato allo sviluppo di strategie di gestione e trattamento dei sedimenti di dragaggio contaminati; in particolare il progetto GRRinPort sperimenta tre tecniche di trattamento dei sedimenti di dragaggio contaminati:
Lavaggio e separazione granulometrica (sediment washing, SW)
Trattamento elettrocinetico (EK)
Enhanced landfarming (EL)

La sperimentazione è stata allestita prima in laboratorio e poi in scala pilota, su 4 campioni con diverse caratteristiche chimico-fisiche e livelli di contaminazioni, prelevate dai fondali dei porti di Piombino e Livorno.

Le prove di soil washing del progetto GRRinPort sono svolte da ISPRA in collaborazione con UNIPI al fine di separare le differenti frazioni granulometriche presenti nei sedimenti (sabbia, limo, pelite). UNIPI svolgerà prove di elettrocinesi (peliti) e Landfarming (sabbie e limo) sui campioni pretrattati in soil washing.


Con l'ausilio di un video, Andrea La Camera e Fabiano Pilato (ISPRA - Sezione sperimentale per la valutazione del rischio ecologico marino costiere afferente al CN-COS, Livorno) hanno mostrato il funzionamento dell’impianto pilota di pretrattamento dei sedimenti di dragaggio contaminati prelevati dalla vasca di colmata del porto di Livorno istallata nell'area sperimentale di ISPRA a Livorno, autorizzato dalla Regione Toscana ai sensi dell'art. 211 del D.Lgs 152/06.

L'impianto pilota dopo la separazione dei sedimenti attraverso un vibrovaglio con maglie a 2 mm in diverse frazioni granulometriche (ghiaie, sabbie e peliti) ha lo scopo di "lavare" i sedimenti portuali con la tecnica del soil-washing concentrando gli inquinanti in volumi ristretti in modo da ridurre i costi di smaltimento in discarica del rifiuto e di riutilizzare le frazioni depurate per altri scopi in un'ottica di economia circolare, come ad esempio il riempimento delle due vasche di colmata che contribuiranno all'ambizioso progetto Darsena Europa nel porto di Livorno.

Presso il DESTEC- Università di Pisa è stato allestito il primo banco prova per effettuare le prove di elettrocinesi sui sedimenti marini prelevati dal porto di Piombino.

Una volta decontaminati i sedimenti possono essere riusati come materiali di recupero nei cantieri e nei manti stradali, piste ciclabili e dare quindi una possibilità di recupero della materia. Il risultato atteso, specialmente per le prove di elettrocinesi che sono ancora in corso, è quello di raggiungere livelli di decontaminazione dei metalli superiore al 90%.

fonte: http://www.arpat.toscana.it

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Controllo e riduzione dei rifiuti marini nell’Adriatico

E' partito il progetto MARLESS - MARine Litter cross-border awarenESS and innovation actions, che affronterà il problema dei rifiuti marini “marine litter” nell’Adriatico.





Si è svolto il 28 e 29 luglio il meeting online di avvio del progetto MARLESS – MARine Litter cross-border awarenESS and innovation actions, che affronterà il problema dei rifiuti marini “marine litter” nell’Adriatico, analizzando le cause ed individuando azioni operative per la gestione e riduzione di questa tipologia di rifiuti.

Tecnologie e approcci innovativi

I rifiuti marini sono costituiti per la maggior parte da plastica (75%) e molti provengono dalla terraferma. Nello sviluppo del progetto saranno utilizzate tecnologie e approcci innovativi e sostenibili per il controllo della marine litter coinvolgendo nell’attività rappresentanti del settore turistico e dell’acquacultura. Tra gli obiettivi la raccolta di 250.000 frammenti di microplastiche e 50 tonnellate di rifiuti marini attraverso l’utilizzo di seabin, droni, barriere fluviali ed azioni di “fishing for litter”. Il “seabin” è un apposito cestino che raccoglie i rifiuti che galleggiano in acqua e verrà utilizzato per la raccolta dei rifiuti nei porti. Droni acquatici saranno utilizzati per raccogliere plastiche di diametro superiore a 0.5 mm. Una parte dei rifiuti plastici raccolti sarà poi trattata in un apposito impianto per la trasformazione in combustibile.



Un focus sulle microplastiche

Un focus specifico del progetto sarà dedicato alle microplastiche che, a livello mondiale, ammontano a circa 3 milioni di tonnellate/anno su un totale di 11 milioni di tonnellate/anno di plastiche disperse in mare. I partner di progetto individueranno azioni mirate alla prevenzione e al monitoraggio in mare, con particolare attenzione in corrispondenza delle foci fluviali. Tra queste l’attivazione di una rete di 12 punti di monitoraggio delle microplastiche in mare.
I partner di progetto

MARLESS, finanziato nell’ambito del programma INTERREG Italy – Croatia, coinvolge 13 partner: sette italiani (ARPAV come lead partner, Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, Regione del Veneto, Università di Bologna, Fondazione Cetacea, Regione Emilia Romagna e Regione Puglia) e sei Croati (Ministero dell’Ambiente e dell’Energia, Agenzia di Sviluppo dell’area Dubrovnik-Neretva, Università di Dubrovnik, Istituto Ruder Boskovic, Regione dell’Istria e l’Agenzia per l’Energia Istriana).

Contrastare la marine litter: una strategia per l’Adriatico

ARPAV, in qualità di lead partner, si occuperà della gestione complessiva del progetto e del coordinamento delle attività, oltre a contribuire allo sviluppo di una strategia di monitoraggio condivisa fra le due sponde dell’Adriatico. Oggetto della strategia la marine litter nelle sue diverse forme: rifiuto spiaggiato, rifiuto in mare e microplastiche.
Il progetto durerà 30 mesi e si concluderà nel 2022.

fonte: https://www.snpambiente.it



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Qual è il peso e l’impatto dei cittadini nella transizione energetica

A monitorare le "Iniziative di Azione Collettiva" (CAIs) per la transizione energetica è un progetto europeo che vede partecipe anche l'Italia. Entro fine luglio si possono presentare le proprie iniziative.



















Hai lanciato una Iniziativa di Azione Collettiva per la transizione energetica? Vuoi partecipare ad un progetto che sta indagando sulle queste realtà?

Un progetto europeo, COMETS, sta mappando queste iniziative in sei paesi europei, compresa l’Italia. E fino alla fine di luglio potrai partecipare presentando la tua iniziativa (vedi più avanti).

Partiamo dalla spiegazione di cosa sono le Iniziative di Azione Collettiva (CAIs) per la transizione energetica: sono piani o progetti che, combinando diversi modelli organizzativi e di business, varie tecnologie e risorse in differenti contesti territoriali e socio-culturali, possono rafforzare il ruolo dei cittadini come parte attiva del sistema energetico producendo un impatto sociale, economico e ambientale

COMETS (Collective Action Models for the Energy Transition and Social Innovation) è, appunto, il progetto europeo che sta monitorando tali iniziative; è finanziato nell’ambito del programma Horizon 2020 con l’obiettivo di comprendere l’impatto delle Iniziative di Azioni Collettive (CAI) nella transizione energetica a livello locale, nazionale ed europeo.

Un webinar di presentazione è stata l’occasione per illustrare più compiutamente le premesse e gli obiettivi del progetto. COMETS è coordinato dall’Università di Torino e coinvolge 12 partner da 8 paesi europei. Il centro GREEN (Centro di Ricerca sulla geografia, le risorse naturali, l’ambiente, l’energia e le reti) dell’Università Bocconi è il partner italiano.

Problemi, opportunità e prospettive delle CAIs

Nel corso del webinar Alessandro Sciullo e Osmar Arobbio (Unito) hanno condiviso le premesse e gli obiettivi del progetto che si prefigge di sviluppare una solida conoscenza e comprensione dei processi di innovazione sociale promossi dalle CAIs.

Affinché tali iniziative possano prodursi è necessario che i cittadini siano motivati a partecipare, abbiano una quantità e qualità di informazioni che consenta loro di sviluppare una sensibilità rispetto al tema energetico e ambientale. Naturalmente servono competenze esperte e un adeguato supporto finanziario.

Questo, in estrema sintesi, è il presupposto di partenza del progetto, che ha l’ambizione di quantificare il contributo complessivo delle CAIs alla transizione energetica attraverso una indagine che coinvolga tutte le iniziative in corso nei sei paesi europei coinvolti (IT, ES, BE, NL, PL, EE).

Una successiva indagine qualitativa darà risposte circa le condizioni che rendono possibili tali iniziative e gli eventuali ostacoli nonché gli impatti ambientali, economici e sociali che possono produrre.

“La letteratura in materia ha già prodotto risultati in questo senso”, ha detto Arobbio, rilevando che “il contributo delle CAIs è ben poco sfruttato a causa della frammentazione delle iniziative: le CAI energetiche tendono infatti a svilupparsi separatamente le une dalle altre, senza sinergia con altre iniziative in settori differenti da quello energetico. Inoltre, ogni iniziativa è fortemente dipendente dal contesto e l’assenza di una strategia applicabile ovunque ne limita la replicabilità. Infine, si ritiene che ci sia molta ricerca sulle CAIs ma poca ricerca con esse”.

Il progetto, al suo secondo anno dei tre complessivi, sta entrando nella fase di indagine con lo scopo di capire quali sono i fattori determinanti per lo sviluppo delle Iniziative di Azione Collettiva nel settore energetico.

In particolare, quali le innovazioni sociali nel settore energetico sia in termini di prodotto che di processo. Chi promuove e partecipa in queste iniziative e perché; in che senso e misura le CAIs possono essere considerate innovazioni sociali. E, infine, quando possiamo dire che una CAI energetica ha successo, cioè sia sostenibile rispetto all’ambiente, all’economia e alla società.

Da questa ricognizione COMETS potrà proporre nel breve termine nuovi strumenti per aiutare le CAIs e i decisori locali coinvolgendoli nel progetto.

Nel medio-lungo termine sarà disponibile una Piattaforma di Supporto per nuove iniziative contenente un set di informazioni esaustivo, scenari, roadmaps e modelli oltre a un network di iniziative collettive.

Potranno beneficiarne le CAI esistenti e future, con nuove soluzioni per un ulteriore sviluppo, i cittadini, che acquisiranno consapevolezza sui vantaggi della partecipazione al mercato dell’energia, e i decisori politici locali ed europei, che avranno strumenti basati sull’evidenza a supporto della transizione energetica per lo sviluppo di un sistema energetico più decentralizzato, economico, sicuro, inclusivo e sostenibile.

I primi risultati dell’indagine

Dalle prime risposte ottenute (circa un centinaio che riguardano tutti i paesi coinvolti) emerge che alla base dello sviluppo delle iniziative c’è l’obiettivo di rendere più sostenibili i comportamenti dei cittadini e perseguire un modello di democrazia energetica in alternativa al sistema tradizionali delle fossili.

Veronica Lupi (Green Bocconi), che ha presentato i risultati, rileva che un forte interesse risiede anche nella possibilità di ottenere vantaggi economici per i cittadini e aumentare la generazione di energia a livello locale.

Prevale la collocazione delle iniziative nelle aree urbane, limitatamente ad un unico Comune, ma con poco margine rispetto ad iniziative in ambito rurale e che coinvolgono più comuni, come anche nella stessa regione.

Le CAIs sono state finanziate per la maggior parte dai cittadini oppure con contributi pubblici e sussidi, mentre una componente minore è stata finanziata da banche e crowdfunding.

Le motivazioni principali che incentivano la partecipazione dei cittadini membri sembrano essere il senso di appartenenza alla comunità e la possibilità di investire denaro in energia rinnovabile, insieme alla possibilità di avere un buon ritorno dell’investimento.

La maggior parte delle iniziative sono connesse con la generazione di energia, sia con impianti fotovoltaici che eolici. Quasi la metà delle CAIs offre anche servizi di consulenza sui servizi energetici.

In generale le CAIs sono attive a livello sociale con attività di lobbying, consigli di policy e attività sui media e canali social, supporto ad altri progetti locali e attenzione alla povertà energetica.

Non mancano gli ostacoli alla partecipazione dei cittadini. Tra questi emerge la mancanza di interesse alla transizione energetica e la non comprensione dei benefici che l’iniziativa potrebbe produrre.

Infine, trovare un supporto politico, capire le procedure amministrative, il difficile accesso alla finanza e al rispetto di norme e regolamenti vengono indicati tra i fattori che rendono difficile lo sviluppo e il mantenimento nel tempo delle iniziative. Pare poco o per nulla problematico competere con altre iniziative di azione collettiva, ma in misura maggiore con soggetti energetici strutturati.

Come partecipare all’indagine

Ai soggetti che vorranno partecipare all’indagine compilando il questionario entro la fine di luglio sarà chiesto di specificare il nome dell’iniziativa e come ha avuto origine, quale l’obiettivo che si vuole raggiungere e quale la governance e il livello di partecipazione dei cittadini, l’ambiente in cui opera l’iniziativa, sia a livello geografico che sociale e in riferimento ai partners dell’iniziativa. Il tempo di compilazione del questionario è di circa 25/30 minuti

Prossimi passi

Alla chiusura della survey, grazie all’analisi dei dati raccolti si potrà fare una valutazione delle performance delle CAIs nell’incentivare l’innovazione economica, ambientale e sociale, caratterizzare le varie tipologie di CAI ed effettuare comparazioni tra i paesi partecipanti.

Saranno infine selezionati 5 casi studio per paese che, nell’ottica della ricerca-azione, a partire dal mese di ottobre saranno visitati dal gruppo di ricerca. Da aprile 2021, infine, si costruiranno scenari e roadmaps e modelli.

Iniziative di Comunità energetiche in Italia

Chiara Candelise (Green Bocconi) ha introdotto alcuni casi di comunità energetiche distinguendo quelle della New Wave, cioè nate negli anni 2000, che si caratterizzano come aggregazioni di cittadini per lo sviluppo e investimenti in progetti di rinnovabili, basati sostanzialmente su modelli di business, da quelle storiche sviluppatesi intorno all’idroelettrico nelle zone alpine, e poi da quelle che Candelise definisce comunità tecniche, che si stanno diffondendo in Italia in vista del recepimento della direttiva europea sulle comunità energetiche.

Il caso della Comunità energetica del Pinerolese (tecnica), che è stato illustrato dal professor Angelo Tartaglia, e quelli di Energia Positiva e ènostra, che avevamo intervistato insieme a WeForGreen (modelli di business) rientrano nell’ampio spazio che QualEnergia.it ha dedicato alle esperienze e agli studi sulle Comunità energetiche.

Tra le comunità tecniche ricordiamo quelle sarde di Berchidda e Benetutti oltre all’esperienza di Serrenti, che ha tutte le caratteristiche per evolvere in comunità energetica.

Va evidenziato l’interesse del progetto COMETS riguardo gli ostacoli che possono impedire il pieno dispiegarsi delle iniziative volte a favorire la transizione energetica. Il tema era stato trattato in un interessante studio di Magnani, Osti e Carrosio a proposito della fiducia nella riqualificazione dei condomini e, quanto all’incertezza normativa, nel corso della presentazione del Rapporto Comunità Rinnovabili di Legambiente.

Infine, il tema della transizione energetica e della accettabilità sociale delle energie rinnovabili, cui le comunità energetiche dovrebbero porre rimedio, è stato affrontato in due interviste a Luca Tricarico e Natalia Magnani.
Il progetto COMETS
La piattaforma di supporto

fonte: www.qualenergia.it



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L’impatto dei rifiuti sulle tartarughe marine in un video di Ispra



















E’ il titolo di un documentario, realizzato da Ispra nell’ambito del progetto europeo INDICIT II, che è stato presentato fuori concorso, su uno schermo galleggiante in mare, al pre-festival di San Vito Lo Capo il 12 luglio.




INDICIT II (Implementation Of Indicators Of Marine Litter On Sea Turtles And Biota In Regional Sea Conventions And Marine Strategy Framework Directive Areas) è un progetto biennale (febbraio 2019 – febbraio 2021 finanziato dall’Unione europea e prosegue dal progetto INDICIT I che si è svolto dal 2017 al 2019. Il consorzio, composto da ricercatori di 12 partner in 8 paesi diversi (Francia, Grecia, Italia, Portogallo, Spagna, Tunisia, Turchia e Regno Unito), si impegna a sostenere l’attuazione della Strategia marina dell’UE e altre politiche ambientali internazionali volte a proteggere l’ambiente marino.
INDICIT II si concentra sul descrittore 10 della Strategia marina (“Marine litter”), che mira a mantenere o raggiungere il buono stato ambientale dell’ambiente marino entro il 2020 per quanto riguarda i rifiuti marini. L’obiettivo generale è quello di sviluppare una serie di strumenti standardizzati per monitorare gli impatti dei rifiuti sulla fauna marina come bioindicatori: “macro-llitter ingeriti dalle tartarughe marine (rifiuti>1 mm)”, “entanglementdella fauna marina ( tartarughe, mammiferi, uccelli) in detriti galleggianti” e “micro-litteringeriti da pesci / tartarughe marine (rifiuti<1mm) “.

Sempre nell’ambito del progetto INDICIT, è stato realizzato anche il primo video-tutorial (qui sopra) per l’analisi della plastica ingerita dalle tartarughe marine. Il protocollo scientifico, condiviso a livello Europeo e Mediterraneo, permetterà di rispondere ai requisiti stabiliti dalla Direttiva Quadro sulla Strategia Marina e dalla Convenzione di Barcellona. Grazie al tutorial, tutti i Paesi partecipanti utilizzeranno la stessa metodologia standardizzata per estrarre, catalogare ed analizzare i rifiuti ingeriti dalle tartarughe marine. Nel prossimo futuro questo permetterà di comparare i dati raccolti nelle diverse Nazioni.
fonte: http://www.snpambiente.it/

Imballaggi ecologici e traghetti elettrici: l’Europa punta sull’innovazione per un futuro sostenibile

Il Parlamento Europeo chiede di aumentare le risorse per la ricerca a 120 miliardi di euro, anche per promuovere innovazioni e soluzioni sostenibili. Dall’Italia alla Danimarca, ecco i progetti “green”













“Sostenere la visione di un’Europa più amica dell’innovazione”: questo l’obiettivo rilanciato dal presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, in occasione della conferenza di alto livello organizzata con la Commissione europea sulla ricerca e l'innovazione europea che si è svolta il 27 novembre a Bruxelles.
“Dal 1984 ad oggi abbiamo investito oltre 200 miliardi di euro, creando milioni di nuovi posti di lavoro e sostenuto una rete di ricercatori, Università e centri di ricerca di eccellenza assoluta”, ha continuato Tajani, ricordando che il Parlamento ha votato il 14 novembre una proposta per aumentare le risorse da 80 a 120 miliardi di euro.
Perché più innovazione e ricerca possono significare anche più sostenibilità: bisogna agire in fretta per trovare soluzioni che limitino l’aumento della temperatura globale ad +1,5° piuttosto che a +2°, come ha ricordato Daniela Jacob, dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change Report). “Viviamo in un mondo in cui il clima sta cambiando, condizionando gli stili di vita di ciascuno di noi. Lo scenario a +1,5 °C significa aumento dei mari di 10 cm inferiore rispetto a quello previsto nello scenario a +2°, con oltre 10 milioni di persone esposte a meno rischi. Significa la sopravvivenza delle barriere coralline, fondamentali per garantire ecosistemi sani”. Limitare il surriscaldamento globale ad 1,5° non è una sfida impossibile, ma “richiederà una transizione a tutti i livelli, a partire dallo stile di vita quotidiano di ciascuno di noi”.
Tanti i progressi necessari, dalle rinnovabili ai trasporti, dalla gestione dei rifiuti alla salvaguardia degli Oceani, come ribadito dall’europarlamentare Gesine Meissner (ALDE): “Ad Orizzonte 2050 si prevede che negli oceani ci sarà più plastica che pesci. I fondi per la ricerca e l’innovazione sono fondamentali anche per sensibilizzare i cittadini riguardo a queste problematiche”.
SOSTENIBILITÀ E RICERCA: I PROGETTI FINANZIATI DALL’EUROPA
Nel corso dei panel della conferenza “EU research and innovation in our daily life”, gli speaker hanno aggiornato la platea sui progetti di ricerca attivati grazie a fondi europei: a partire dall’italiano First2Run realizzato con la Novamont, che dimostra come colture oleaginose a basso input possano essere impiegate per estrarre oli vegetali da utilizzare per la produzione di bioplastiche, cosmetici, biolubrificanti, fertilizzanti.
Dalla Svezia arriva Trash-2-Cash che con i finanziamenti dell’UE ha lavorato per creare nuovi tessuti di alta qualità direttamente dai rifiuti pre-consumo e post-consumo, per offrire alle aziende di vari settori (moda, interni, automotive e altri beni di lusso) nuove opzioni di eco-fibra.
I ricercatori finlandesi del progetto Sulachange hanno creato un materiale di imballaggio ecologico, da utilizzare in alternativa alla plastica: si chiama Sulapac, ed è biodegradabile, a base di legno e adesivi naturali, può essere prodotto in serie in quantità industriali utilizzando metodi e sistemi impiegati oggi nella produzione di imballaggi di plastica, quindi senza costruire nuovi impianti.
Gensoric punta invece a far sì che l’Europa diventi un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio entro il 2050, abbattendo in particolare quelle che provengono dal riscaldamento: per questo ha sviluppato il sistema Willpower, il primo al mondo a produrre metanolo dalla CO2 atmosferica e dall’acqua, per di più senza utilizzo di materiali pericolosi o serbatoi ad alta pressione.
Tra i progetti più interessanti infine c’è e-ferry, direttamente dalla Danimarca, Paese che ha promesso di fermare i veicoli diesel e a benzina entro il 2030. Con e-ferry l’intento è quello di portare l’elettrico anche su acqua, realizzando traghetti “green” completamente elettrici che possano decarbonizzare il trasporto marittimo, tema molto caro ad una nazione che ha la necessità di collegare al territorio continentale oltre 400 isole. In particolare, l’isola danese di Aero, nel Mar Baltico, non essendo collegata alla terraferma da un ponte, dipende dai traghetti. “Da tempo stiamo lavorando per diventare un’isola al 100% neutra in termini di emissioni di carbonio: siamo a metà strada, avendo realizzato un’infrastruttura solare ed eolica completa.
Adesso vogliamo muoverci anche sul lato dei trasporti”, ha spiegato nel corso della conferenza Trine Heinemann , coordinatrice del progetto e-ferry. La tecnologia utilizzata ha permesso di sviluppare un prototipo, che potrebbe entrare in funzione nella primavera 2019, in grado di percorrere tragitti di 40 km: a livello locale, se si sostituissero i traghetti esistenti con quelli elettrici, ogni anno l’isola di Aero potrebbe ridurre le emissioni di Co2 di 2mila tonnellate, con tagli di 41mila kg di NOx. “Ogni abitante dell’isola di Aero potrebbe emettere il 4% in meno di gas effetto serra”. Pensando in grande, “solo in Europa ci sono più di 700 traghetti che coprono tragitti di 40 km: se li sostituissimo tutti con traghetti elettrici potremmo risparmiare 5 milioni di CO2 ogni anno”.
Per fare la differenza, però, serve restare uniti, è il monito che arriva dal Parlamento Europeo: solo la collaborazione tra Stati, Università e ricercatori può aiutarci a promuovere giorno dopo giorno una visione più sostenibile dell’Europa e del Mondo.
fonte: https://www.lastampa.it

Premio Nazionale Startup Economia Circolare















Il Circular Economy Network ha istituito un premio rivolto a tutte le startup italiane che sviluppano progetti e attività ispirate ai principi dell’economia circolare, costituite nel corso degli ultimi quattro anni e che operano nei settori indicati nel regolamento per il Premio. 
Modulo di partecipazione e regolamento: https://goo.gl/3SBvvH 

fonte: http://circulareconomynetwork.it

Toscana e Andalusia insieme per aumentare la raccolta dei rifiuti elettrici ed elettronici

Progetto Life Weee: messi a disposizione 1,8 milioni di euro per incrementare la raccolta differenziata degli apparecchi elettrici ed elettronici ed il recupero delle materie prime in essi contenute
























Toscana e Andalusia impegnate in un progetto europeo Life Weee (Waste Electrical and Electronic Equipment) per aumentare la raccolta dei rifiuti costituiti da apparecchi elettrici ed elettronici (AEE) ed incrementare, di conseguenza, anche il recupero di materie prime da vecchi smartphone, tv, computer, tablet ed altre apparecchiature informatiche ed elettroniche.
Nei prossimi 3 anni, grazie a questo progetto, aumenteranno i punti di raccolta e sarà predisposta una importante campagna di sensibilizzazione rivolta in particolare a cittadini ed imprese, che spesso smaltiscono in modo non corretto questa particolare tipologia di rifiuti, con due effetti negativi:
  • il primo è il rischio di danneggiare l’ambiente, questi rifiuti, infatti, contengono sostanze in grado di inquinare le risorse ambientali
  • il secondo riguarda la perdita di materie prime spesso facilmente riciclabili, in controtendenza rispetto ad un’economia che vogliamo sempre più circolare.
Il progetto Weee vede la collaborazione di Anci Toscana insieme alla Camera di Commercio di Firenze, la Camera di Commercio di Siviglia, i dipartimenti di Ingegneria Civile ed Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Firenze, la società delle Camere di Commercio Ecocerved e la Regione Toscana.
L’idea alla base del progetto nasce nel 2014 quando la Camera di Commercio di Firenze verifica che gli iscritti all’Albo gestori rifiuti con riferimento ai RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) sono poco numerosi, da qui i primi incontri con le imprese da cui emerge che, nella maggioranza dei casi, non vi è consapevolezza degli obblighi normativi previsti dalla normativa in materia di gestione dei RAEE.
Da allora la Camera di Commercio ha organizzato diversi incontri informativi e formativi che, nel tempo, hanno dato i loro risultati. Ancora tanto c’è da fare come dimostra la recente ricerca, realizzata sempre dalla Camera di Commercio di Firenze su un campione di 1275 imprese toscane, che mette in evidenza come ancora il 73,7% delle aziende non sia a conoscenza delle regole sullo smaltimento di vecchi prodotti elettrici ed elettronici e solo il 53,5% smaltisca negli appositi centri di raccolta queste apparecchiature.
Si registra comunque voglia di cambiamento, infatti il 67,5% delle imprese si dichiara disponibile a modificare le proprie abitudini soprattutto se il settore pubblico si impegnerà a ritirare, attraverso il gestore dei rifiuti urbani, i RAEE con maggiore semplicità e predisporrà punti di raccolta facili da raggiungere.
Le domande poste dalla Camera di Commercio nel suo questionario rivolto alle imprese hanno ricevuto risposte differenti a seconda della tipologia di impresa, se iscritta o meno all’albo dei gestori ambientali; quelle iscritte hanno mostrato, naturalmente, di essere più consapevoli ed attente alla tutela dell’ambiente mentre le altre si sono dimostrate particolarmente interessate all’aspetto legato alla riduzione dei costi.
Se questa è la situazione con riferimento alle aziende, cosa accade sul fronte dei singoli cittadini? Un’indagine Ipsos effettuata nel 2016 e commissionata da Ecodom e Cittadinanza attiva evidenzia che solo una quota (ancora marginale) di popolazione conosce i RAEE e la percezione sul grado di rischio di queste apparecchiature appare elevata anche tra chi non li conosce.
Migliorare è possibile, come dimostra l’esperienza andalusa, dove si è passati da una raccolta di Raee pari a 2 kg abitante anno nel 2014 a 4,5 kg abitante anno nel 2016 e per quest’anno le stime sono al rialzo, l’obiettivo, infatti, è raggiungere i 5 kg abitante anno. Questo successo è stato possibile prendendo a modello l’esperienza toscana, ora per progredire nei risultati è necessari uno stretto rapporto con i Comuni, un patto con le imprese ed i cittadini per uno smaltimento corretto di questi rifiuti
La Regione Toscana è all’avanguardia nel panorama nazionale per la gestione di questi rifiuti, come ha dimostrato la tappa del road show nazionale dedicato alla Gestione dei Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE), organizzato dal Centro di Coordinamento RAEE in collaborazione con la Direzione Ambiente della Regione Toscana.
Nell’anno 2016, in Toscana, gli Impianti autorizzati hanno trattato 16.235.501 kg di RAEE, di cui 14.968.293 kg provenienti da RAEE domestici e 1.267.208 kg da RAEE professionali. In particolare, ben 14.968.293 kg dei RAEE di origine domestica sono state trasportate dai Sistemi Collettivi associati al Centro di Coordinamento RAEE agli Impianti di trattamento sul territorio regionale, con una predominanza delle tipologie di rifiuti appartenenti al Raggruppamento 2 – Grandi Bianchi (7.875.246 kg), R1 – Freddo e Clima (4.054.144 kg) e R4 - Piccoli Elettrodomestici (3.065.137 kg).
RAEE di origine professionale trattati hanno riguardato apparecchiature dismesse appartenenti a tutte le categorie ad eccezione dei giocattoli e apparecchiature per lo sport e il tempo libero.
Positivo risulta anche l’andamento della raccolta in Regione Toscana riferito al periodo gennaio – agosto 2017,i RAEE raccolti sono stati 16.467.520 kg, in aumento del 6% circa rispetto al 2016. La raccolta di tutti i 5 raggruppamenti risulta in crescita, ad eccezione di R3 (Tv e Monitor), che registra un calo del 3,8%. Particolarmente positivo il risultato di R4 (Piccoli Elettrodomestici) e R5 (Sorgenti Luminose).
La provincia che ha raccolto il maggior quantitativo di RAEE nei primi 8 mesi del 2017 è Firenze con 4.891.803 Kg complessivi (+6,3% rispetto allo stesso periodo nel 2016), seguita da Lucca con 2.009.128 kg (+7% circa) e Pisa (+7,84%). Da segnalare il dato di Livorno, che registra il maggiore incremento percentuale a livello regionale rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+19,8%).
La situazione della nostra regione si presenta buona ma bisogna migliorarla, per fare questo è necessaria una mirata informazione alle imprese ed ai cittadini per fare conoscere non solo come smaltire correttamente questi particolari rifiuti ma soprattutto informarli sull’economia circolare con particolare attenzione al riutilizzo e all’allungamento della vita dei materiali, senza mai dimenticare che l’obiettivo principale è quello della riduzione dei rifiuti prima ancora del ri-uso e della riparazione.
Nel suo piano di gestione dei rifiuti, la Regione Toscana si è posta l’obiettivo di raggiungere il 70% di raccolta differenziata (RD) nel 2020, obiettivo molto ambizioso e di non facile raggiungimento, mentre per quanto riguarda i RAEE è previsto un recupero del 65% da calcolare in termini di peso rispetto all’immesso sul mercato, quindi l’impegno dovrà essere indirizzato su azioni in grado di
  • estendere la rete di raccolta di questa tipologia di rifiuti, portandoli a 5000
  • informare i cittadini e le imprese sulla modalità di raccolta
Tutto questo richiede un coinvolgimento dei comuni e delle 3 ATO (autorità territoriale ottimale) presenti sul territorio regionale, chiamate in particolare a gestire, oltre che incrementare, i centri di raccolta di prossimità o addirittura organizzare delle forme di raccolta porta a porta. Nell’ambito del progetto Weee è anche previsto di redarre delle linee guida rivolte ai comuni per dare indicazioni condivise su come migliorare la strategia di raccolta dei RAEE, magari anche introducendo degli incentivi per chi li smaltisce correttamente.

fonte: http://www.arpat.toscana.it

Urban Waste: la riduzione dei rifiuti urbani nella aree ad elevato flusso turistico



















Di turismo e produzione di rifiuti si è parlato nell’incontro del 26 ottobre 2017, presso la Regione Toscana, nell’ambito di uno dei primi incontri aperti del progetto europeo Urban Waste, che ha come obiettivo quello di individuare azioni per ridurre la quantità di rifiuti prodotti in aree ad elevato flusso turistico, come Firenze.
Il turismo di massa, infatti, produce forti impatti ambientali, tra questi anche l’enorme quantità di rifiuti, che necessariamente deve essere contenuta attraverso comportamenti virtuosi che tutti dobbiamo rispettare, turisti compresi.

tavolo di lavoro 

Il progetto Urban Waste si pone l’obiettivo di individuare misure specifiche in grado di incidere soprattutto sui comportamenti dei singoli, senza mai perdere di vista l’obiettivo generale che rimane quello di riciclare il più possibile la materia, superando il modello di economia basato sul compra, usa e getta.
Tra le misure per ridurre i rifiuti prodotti dai turisti troviamo:
  • doggy bag
  • prevenzione dello spreco di cibo ai buffet e ai ristoranti
  • compostaggio nei siti turistici
  • punti di raccolta per olii vegetali esausti
  • raccolta differenziata di rifiuti organici in hotel e ristoranti
  • promozione di accordi tra hotel e associazioni di beneficienza per iniziative di riuso
  • sostituzione di prodotto usa e getta negli alberghi
  • iniziative di riuso nei campeggi
  • campagna di comunicazione sul riuso attraverso mercati di scambio
  • differenziazione dei rifiuti nelle camere degli hotel
  • consulenti per il riciclaggio per siti turistici
  • contenitori per la raccolta differenziata nei luoghi turistici
  • promozione dell’uso di acqua di rete
  • istruzioni sulla raccolta differenziata in diverse lingue
  • distribuzione di piccole scatole e portacenere
  • linee guida per eco-eventi
  • dispositivi di monitoraggio per alimenti
  • WasteApp
Nel primo incontro sono stati costituiti 5 tavoli di lavoro, chiamati a fare una prima selezione tra le varie misure e scegliere 4/5 di queste, tenendo conto del criterio di fattibilità e di rilevanza per la città di Firenze.

intervento di una partecipante 

Lo spreco alimentare è tra i temi che riscuote più attenzione da parte dei partecipanti, che rappresentano una platea variegata in cui sono presenti le amministrazioni pubbliche e locali, gli imprenditori della ristorazione e accoglienza, i gestori locali, e non, di rifiuti urbani e da imballaggio, le scuole, l’associazionismo ed altri portatori d’interessi.
Le misure che i partecipanti ritengono più rilevanti e fattibili, quindi realizzabili in tempi brevi, interessano in particolare il settore della ristorazione e quello alberghiero:
  • doggy bag
  • uso dell’acqua di rete
  • set di misure volte alla riduzione dello spreco alimentare, es menù a porzioni ridotte
  • donazione di alimenti al settore no profit, da estendere anche a beni non alimentari (es coperte, lenzuoli ecc)
  • riduzione di imballaggi usa e getta nel settore alberghiero e raccolta differenziata nelle camere d’albergo
Nel prossimo incontro, previsto per novembre 2017, i tavoli focalizzeranno la loro attenzione sulle azioni necessarie per rendere applicabili le misure scelte.

fonte: http://www.arpat.toscana.it/