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È il turismo il principale responsabile dei rifiuti marini che finiscono sulle spiagge delle isole del Mediterraneo

Il turismo produce l'80% dei rifiuti marini che si accumulano sulle spiagge delle isole del Mediterraneo in estate. La pandemia di Cobvid-19 è un'opportunità per ripensare il modello del turismo sostenibile




Lo studio “The generation of marine litter in Mediterranean island beaches as an effect of tourism and its mitigation”, pubblicato su Scientific Reports da Michaël Grelaud e Patrizia Zivieri dell’Institut de Ciència i Tecnologia Ambientals de la Universitat Autònoma de Barcelona (ICTA-UAB), mette in guardia sull’impatto che l’attuale modello turistico nelle isole del Mediterraneo ha sullo spiaggiamento di rifiuti marini e raccomanda di sfruttare la crisi del Covid.19 per ripensare a un nuovo modello di turismo più sostenibile.

Lo studio di mostra che «L’uso ricreativo delle spiagge delle isole del Mediterraneo durante l’estate è responsabile fino all’80% dei rifiuti marini che si accumulano su quelle spiagge e genera enormi quantità di microplastiche attraverso la frammentazione di grandi prodotti in plastic».

Lo studio internazionale ha analizzato negli ultimi 4 anni gli effetti dei rifiuti generati dal turismo su 24 spiagge, da siti remoti a siti altamente turistici, di 8 isole del Mediterraneo (Maiorca, Sicilia, Rab, Malta, Creta, Mykonos, Rodi e Cipro). All’ICTA-UAB ricordano che «I rifiuti marini, comprese le microplastiche, possono essere definiti come qualsiasi materiale solido persistente, prodotto o lavorato scartato, smaltito o abbandonato nell’ambiente marino e costiero. Derivano dall’attività umana e possono essere trovati in tutti gli oceani e i mari del mondo».

Grelaud sottolineano che «Questo problema ambientale sta minacciando la buona salute degli ecosistemi marini e può portare alla perdita di biodiversità. Può avere anche enormi impatti economici per le comunità costiere che dipendono dai servizi ecosistemici aumentando la spesa per la pulizia delle spiagge, la salute pubblica o lo smaltimento dei rifiuti».

La regione del Mediterraneo accoglie ogni anno circa un terzo del turismo mondiale ed è particolarmente colpita dall’inquinamento ambientale legato a questa industria che, come dicono spesso gli esperti, insieme a quella estrattiva è l’unica che “mangia” sé stessa. L’attrattività delle isole del Mediterraneo fa sì che la loro popolazione si moltiplichi fino a 20 volte durante l’alta stagione. I ricercatori evidenziano che «Si tratta di una sfida per i comuni costieri, che dipendono da questo settore ma devono adeguarsi e far fronte all’aumento dei rifiuti prodotti, anche sulle spiagge, dall’afflusso stagionale di turisti. Si prevede infatti che il turismo costiero sia una delle principali fonti di rifiuti marini terrestri».

Durante la bassa e alta stagione turistica del 2017, il team di ricerca ha condotto 147 indagini sui rifiuti marini nelle 8 isole e i risultati di mostrano che la stragrande maggioranza dei rifiuti raccolti sono di plastica, visto che rappresentano oltre il 94% dei rifiuti marini.

Dallo studio è emerso che, durante l’estate, sulle frequentatissime spiagge turistiche si accumulano in media 330 rifiuti per 1.000 m2 al giorno, 5,7 volte in più rispetto alla bassa stagione e che oltre il 65% della quantità di rifiuti marini che si accumulano sulle spiagge più frequentate dai turisti e costituito da mozziconi di sigarette, cannucce, lattine e alter tipologie di imballaggi usa e getta. I ricercatori avvertono che «Questo può aumentare fino all’80% se vengono incluse le microplastiche di grandi dimensioni. Come suggerito dai risultati: durante l’estate, gli articoli in plastica lasciati sulla spiaggia subiranno una frammentazione per gli effetti combinati dell’irraggiamento solare e dell’attrito con la sabbia, accelerati dall’elevato volume dei visitatori». Un fenomeno osservato in tutte le isole del Mediterraneo,

Nel 2019, e dopo l’attuazione di campagne di sensibilizzazione dei cittadini, c’è stata una diminuzione di oltre il 50% dei rifiuti associati alla frequentazione delle spiagge da parte dei turisti.

La Zivieri conclude: «Questi risultati molto incoraggianti beneficiano probabilmente della crescente attenzione dell’opinione pubblica verso l’inquinamento da plastica negli oceani o verso le misure adottate dalla Commissione europea per ridurre i rifiuti marini, come la direttiva sulla plastica monouso. Inoltre ci ricordano che il confinamento da Covid-19 e la relativa riduzione drastica e temporanea del turismo ci offre un’opportunità per ripensare l’importanza fondamentale del turismo sostenibile per garantire un futuro sano per l’ambiente e, quindi, anche per le persone».

fonte: www.greenreport.it

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Transizione energetica nelle isole: un progetto fornisce assitenza tecnica e finanziaria

Con il progetto NESOI la Commissione europea finanzia 60 iniziative per la transizione energetica delle isole. Sono 2400 le isole, incluse tutte quelle italiane, che possono partecipare alla selezione presentando le proprie iniziative entro fine settembre.



Si chiama NESOI, dal nome di una divinità dell’antica Grecia e acronimo di New Energy Solutions Optimised for Islands, ed è il progetto europeo finanziato per oltre 10 milioni di euro nell’ambito del programma Horizon2020.

Sinloc, Sistema Iniziative Locali, è capofila del consorzio europeo che, nell’arco di 4 anni, supporterà l’ideazione e l’attuazione di progetti per le energie rinnovabili, l’efficienza energetica, le reti elettriche avanzate e le infrastrutture energetiche.

In rapporto alla terraferma il costo dell’energia consumata sulle isole è dieci volte superiore ma, nonostante il grande potenziale, solo un limitato numero di isole europee sviluppa e replica con successo investimenti in progetti di transizione energetica. Raggiungere la diffusione su larga scala richiede un alto livello di innovazione organizzativa, tecnica e finanziaria di cui spesso le amministrazioni locali non dispongono.

NESOI European Island Facility mira a colmare questa mancanza e Sinloc mette a disposizione sia le sue competenze economiche e finanziarie sia l’esperienza nella gestione e nella facilitazione dell’accesso ai Fondi e agli strumenti finanziari europei e di mercato.

Attraverso il decentramento e l’efficientamento dei sistemi energetici delle isole il progetto intende mobilitare oltre 100 milioni di euro di investimenti, 440 GWh di nuova produzione e 160.000 kt di emissioni di CO2 evitate.

Sono 60 le proposte che saranno selezionate e ciascuna potrà ricevere fino a 120.000 euro, il 50% in consulenza tecnica e progettuale diretta e il 50% in denaro che potrà essere investito dalle Pubbliche amministrazioni per l’attivazione di competenze locali.

A Andrea Martinez, vicedirettore generale di Sinloc, abbiamo chiesto di spiegarci in cosa NESOI si distingue dalle tante iniziative europee che nel tempo hanno riguardato le isole. Ma vediamo prima in cosa consiste e a che punto è il progetto.

L’indagine conoscitiva e la mappatura delle iniziative di transizione energetica

La prima fase del progetto intende raccogliere indicazioni utili sulla presenza, le caratteristiche, il livello di maturità dei progetti di transizione energetica previsti dalle attività pianificatorie e mappare le iniziative in corso nelle isole europee.

Allo scopo è stato predisposto un questionario che potrà essere compilato dalle Pubbliche Amministrazioni e dai proponenti privati fino alla fine del mese di settembre.

Il questionario rappresenta il primo canale di comunicazione di NESOI con i potenziali beneficiari. La sua compilazione richiede 15/20 minuti, ed è diviso in due sezioni: la prima ha lo scopo di inquadrare lo stato energetico dell’isola, una sorta di diagnosi energetica del territorio, mentre la seconda sezione riguarda la descrizione di progetti specifici.

La Piattaforma di supporto

NESOI metterà a disposizione una Piattaforma di supporto per l’assistenza tecnica nella fase preliminare di strutturazione e sviluppo delle iniziative oltre a uno sportello unico per le isole, dove poter trovare idee e strumenti organizzativi, tecnici e finanziari utili lungo tutta la catena del valore di un progetto.

Organizzerà, infine, due bandi di selezione per supportare progetti con diversi livelli di maturità, da quelli nelle prime fasi di sviluppo, che richiedono attività di assistenza tecnica ed economica di alto livello, fino ai più avanzati, che necessitano di specifiche consulenze in ambito tecnico, legale e finanziario.

I criteri di selezione e i tempi del progetto

Tutte le isole italiane possono partecipare, avendo dimensioni idonee rispetto ai parametri fissati. Potranno essere finanziati più progetti afferenti ad una stessa isola purché non siano l’esito dello spezzettamento di un unico progetto. Sono infine ammissibili progetti di privati che siano corredati di una lettera di supporto dell’Autorità locale.

Ogni progetto deve essere correlato all’ambito energetico (produzione, riqualificazione, sistemi di accumulo, reti, calore, mobilità, monitoraggio e gestione, pianificazione energetica, auditing, ecc.) e avere una dimensione minima e un impatto in almeno due settori: risparmio energetico, riduzione delle emissioni, mitigazione della povertà, miglioramento delle condizioni ambientali, ecc.

Sarà data la precedenza a progetti con largo impatto, replicabilità e moltiplicazione di valore rispetto al finanziamento ricevuto.

Dalla chiusura della survey (30 settembre 2020) e fino al mese di aprile 2021 saranno valutate e selezionate le proposte, avviata la fase di assistenza tecnica e firmati i contratti per l’attivazione dei progetti.

I primi 30 progetti saranno avviati entro il mese di aprile 2021 e i restanti 30 entro i 12 mesi successivi.

Abbiamo chiesto al vicedirettore Andrea Martinez qual è il valore aggiunto di NESOI European Island Facility per le isole?

Sono tre le opportunità che il progetto aiuta a cogliere. Un’opportunità tecnologica, perché aiuterà le isole ad adottare il meglio della tecnologia disponibile a livello globale. Una opportunità normativa, per una pronta adozione delle norme volte a favorire la transizione energetica in Europa e un’opportunità finanziaria, grazie al contributo economico e consulenziale le isole potranno infatti trasformare le loro iniziative in progetti e cogliere le tante possibilità di finanziamento in un momento in cui tanti capitali pubblici e privati sono alla ricerca di investimenti sostenibili.

In cosa NESOI si distingue dai precedenti progetti europei destinati alle isole?

NESOI non punta a fare innovazione tecnologica, ma ad usare ciò che c’è e a sistematizzare gli interventi focalizzandosi sul progetto di transizione energetica delle isole. Non ci sono preferenze per una tecnologia o un’altra e si cercherà di attingere a tutte le fonti finanziarie disponibili anche in un’ottica di massimizzazione della leva finanziaria sulle risorse pubbliche esistenti. La nostra esperienza nella strutturazione di investimenti affiancando soggetti pubblici è stata la carta vincente che ci ha permesso di diventare capofila del progetto. NESOI lavorerà in stretto coordinamento con la DG Energia della Commissione Europea perché insieme al progetto European City facility, che prevede di raggiungere oltre 8mila città e comunità in tutta Europa, costituisce uno degli strumenti principali per accelerare l’attuazione del New Green Deal.

Su quali basi garantite la replicabilità dei 60 progetti per arrivare a 100 milioni di euro di investimento sulle isole?

Sinloc è una società di investimenti e advisory con rilevante esperienza in più di 500 progetti infrastrutturali di interesse locale, molti dei quali afferenti a transizione energetica e sostenibilità. Tutte le attività che andremo a realizzare traggono spunto e metodo dalla nostra competenza, maturata nella concreta gestione e strutturazione dei progetti. Tra questi, l’attivazione di numerosi progetti ELENA, European Local Energy Assistence, nelle principali città italiane come Milano, Venezia, Bergamo, Padova, Rovigo, ci porta a saper valutare attentamente la relazione tra la dimensione dell’assistenza tecnica che possiamo dare e le taglie medie dei progetti. Nel caso di Elena il fattore di moltiplicazione era circa 40, considerando la complessità e la frammentazione delle isole ci siamo attestati su un moltiplicatore di circa 17 sui 6,2 milioni di euro di assistenza tecnica fornita.

Ricordiamo che il consorzio NESOI è costituito da 10 aziende qualificate ed esperte da 9 Paesi europei: SINLOC – Sistema Iniziative Locali, R2M Solution, RINA Consulting, ZABALA Innovation Consulting, Fundacion CIRCE Centro de Investigacion de Recursos y Consumos Energeticos, Centre for Research and Technology Hellas, E.ON Solutions, Deloitte Advisory, WOLF THEISS e Hellenic Association for Energy Economics, sotto la direzione esecutiva dell’INEA – Innovation and Networks Executive Agency.

Documentazione:
Webinar di presentazione del progetto e slides
Brochure di presentazione del progetto (pdf in italiano)


fonte: www.qualenergia.it


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Rinnovabili: Isola di Lifou 100% green grazie a sistemi di accumulo

La combinazione di sistemi di accumulo e fonti rinnovabili porterà a soddisfare con sole fonti rinnovabili il fabbisogno energetico dell'isola di Lifou.



La combinazione di energie rinnovabili e sistemi di accumulo permetterà di alimentare in maniera 100% sostenibile l’isola di Lifou, in Nuova Caledonia. L’annuncio è stato dato dalla ENGIE EPS, che ha fornito un impianto di stoccaggio da 5 MWh all’interno del progetto “Lifou 100% Renewable Energy by 2020”. Un piano articolato in tre fasi, che prenderà vita entro il prossimo anno.

Il progetto punta a soddisfare il 100% del fabbisogno energetico di Lifou utilizzando fonti rinnovabili. Un traguardo fissato al 2020 e giunto alla seconda fase, quello dell’inaugurazione del sistema di accumulo. L’unità verrà collegata agli impianti eolici e solari già avviati, la cui installazione ha contraddistinto il precedente passo, e a quelli che verranno attivati nell’ultima parte del piano.

Grazie al sistema di accumulo sarà possibile stabilizzare la fornitura energetica da eolico e fotovoltaico, rendendo più costante e sicura la loro integrazione alla rete energetica. Ha commentato Carlalberto Guglielminotti, amministratore delegato ENGIE EPS:


Siamo orgogliosi di aver fornito a ENGIE una soluzione di accumulo all’avanguardia, ulteriore dimostrazione dell’enorme potenziale della nostra tecnologia all’interno del gruppo ENGIE. Il sistema fornito a Lifou fa leva sull’esperienza maturata da ENGIE EPS nella progettazione, fornitura e gestione di microreti sulle isole di tutto il mondo e rappresenta un modello per raggiungere livelli eccezionali di penetrazione delle energie rinnovabili, garantendo al contempo qualità e affidabilità di livello mondiale.

La capacità di 5 MWh di cui è dotato l’impianto di accumulo consentirà di alimentare Lifou per diverse ore al giorno e di immagazzinare l’energia prodotta in eccesso, al fine di immetterla in rete in caso di necessità. Tra i risultati che verranno ottenuti, una volta a pieno regime, anche quello di consentire lo stop all’utilizzo di generatori diesel.

fonte: www.greenstyle.it

Isole sostenibili: 32 realtà hanno iniziato la green revolution

Viaggio nei territori che hanno inaugurato la transizione ecologica: dalla piccola Tokelau, che oggi rischia di scomparire per l’aumento del livello del mare, alla danese Samso, completamente rinnovabile dal 2007





Per portare a termine con successo la transizione ecologica è necessario iniziare in piccolo, creare un modello funzionante e scalabile e quindi replicarlo in grande. Per questo motivo i migliori “terreni di coltura” dove fra crescere la green revolution sono le isole: sistemi unici in cui spesso la dipendenza dal continente pesa sia sul fronte energetico, che su quello idrico e dei rifiuti. In Italia abbiamo 32 isole minori abitate e non interconnesse alla rete nazionale che stanno cercando di acquisire la propria indipendenza adottando modelli sostenibili per l’approvvigionamento di energia pulita e acqua, per la gestione dei rifiuti e per una mobilità a emissioni zero. Qui esistono tutte le condizioni per valorizzare al massimo le tecnologie permetterebbero di chiudere i cicli delle risorse energetiche, idriche e dei materiali.

Tuttavia, allo stato attuale – come spiega Legambiente nel suo rapporto Isole Sostenibili (pdf) – in gran parte di questi territori sono ancora le navi a garantire che lo status quo. “Navi che portano il gasolio da bruciare nelle vecchie centrali elettriche e navi che portano acqua. Navi che ripartono portando via rifiuti di ogni tipo, in larga parte indifferenziati”.


Per questo motivo l’associazione ambientale guardare ad altre 32 realtà nel Mondo che stanno dimostrando come sia possibile cambiare e divenire modelli a livello mondiale nell’uso intelligente delle risorse locali. Trentadue isole sostenibili, dall’Atlantico al Pacifico, dal nord al sud del pianeta, che hanno scelto di puntare a un futuro al 100% rinnovabile ed ecofriendly, e in cui i risultati sono stati raggiunti valorizzando le potenzialità locali e coinvolgendo i residenti. Nella lista fanno capolino le scozzesi Orkney Islands, Eigg, Muck e Gigha, e le danesi Samso e Bornholm, accanto a Pellworm (Germania), Bonaire (Paesi Bassi), Aruba (Paesi Bassi), Tilos (Grecia), El Hierro (Spagna). Ma anche la portoghese Graciosa, Capo Verde, La Réunion (Francia), Mauritius, Mahé Island (Seychelles), Green Island nelle Filippine, Sumba (Indonesia), Cook Islands (Fiji), Lakeba, Kadavu e Rotuma (Fiji), Beqa Island (Fiji), Tokelau (Nuova Zelanda), Funafuti e Vaitupu (Tuvalu), Vava’u (Tonga), King Island (Australia), Ta’u (Samoa americane), Upolu (Samoa), Kodiak (USA), Virgin Islands (USA), Hawaii (USA), Repubblica Dominicana e Guadalupa.

Isole sostenibili, le buone pratiche da replicare

Green Island: situata tra il Mar Cinese Meridionale e il Mare di Sulu, l’isola ha solo 375 abitanti ma fino a 2 anni fa solo il 70% poteva contare su un rifornimento energetico stabile. Oggi il vecchio impianto diesel è stato rimpiazzato un sistema ibrido eolico, fotovoltaico e bioenergie (i gusci di noce di cocco) che soddisfa tutti i consumi. E le famiglie oggi pagano l’elettricità pulita, la metà di quanto pagavano prima il diesel.


Tokelau: è costituito da tre atolli madreporici situati nell’oceano Pacifico del Sud e rappresenta uno degli ecosistemi più vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico (il punto più alto è solo 5 metri sul livello del mare e rischia di essere sommerso dall’acqua in pochi anni). Qua olio di cocco prodotto localmente e fotovoltaico forniscono il 150% del fabbisogno elettrico, gestito sapientemente da oltre 1300 batterie. La maggior parte del lavoro di installazione dei pannelli solari è stato eseguito da manodopera locale, e la compagnia che ha fornito la tecnologia ha erogato corsi di formazione per rendere gli abitanti indipendenti anche nella manutenzione e nelle piccole riparazioni.


Aruba: il punto forte dell’isola olandese, situata nel Mar dei Caraibi, è il vasto programma di sostenibilità avviato. Con 110mila abitanti e oltre 1,5 milioni di turisti l’anno, il territorio ha adottato misure di razionalizzazione del consumo idrico, coperto quasi esclusivamente da impianti di desalinizzazione, buone pratiche sul riciclo e sul riuso per le strutture ricettive e progetti intelligenti come l’Aruba Reef Care Project, per la pulizia e la rimozione di rifiuti da spiagge e acque tramite il coinvolgimento attivo di cittadini e turisti. L’isola soddisfa buona parte del suo fabbisogno elettrico grazie a 56,4 MW eolici.


Orkney Islands: L’arcipelago delle Orcadi a nord della costa settentrionale della Gran Bretagna e comprende 70 isole, di cui solo 20 sono abitate. Oltre a due grandi impianti eolici, il territorio produce energia tramite micro turbine di comunità e pannelli solari domestici. Una rete di teleriscaldamento converte l’energia elettrica prodotta in eccesso in calore per il riscaldamento delle abitazioni e dell’acqua.


Samso: Situata nel Mar Baltico, l’isola è 100% rinnovabile sul lato dei consumi elettrici dal 2007, mentre sul fronte termico una centrale alimenta a paglia, pompe di calore e collettori solari forniscono il 75% del fabbisogno. Il sistema di trasporto locale, compresi i mezzi agricoli, è alimentato da biocarburanti prodotti localmente.


fonte: www.rinnovabili.it