#SbloccaItalia, 12 nuovi inceneritori strategici in Italia: quale sarà l’impatto sull’ambiente?

12 inceneritori

Lo Sblocca Italia ha reso “strategici” 12 nuovi inceneritori da costruire sul territorio nazionale, che mirerebbero a bruciare 2 milioni di tonnellate di rifiuti aggiuntivi in un anno (circa il 30 per cento di più degli attuali). Con questa mossa il Governo accelera i tempi, evitando la procedura di Valutazione ambientale strategica (VAS).
La decisione sembra effettivamente studiata per sottrarre gli inceneritori alla Vas, che comporterebbe un’analisi molto più approfondita, e che esporrebbe il progetto alle osservazioni di associazioni, cittadini ed enti locali, come le Regioni, che in questo modo non potranno opporsi, ma dovranno limitarsi a decidere gli spazi dove costruire gli impianti.
Il Governo minimizza, ma quale sarà l’impatto sull’ambiente? L’abbiamo chiesto ad alcune associazioni di categoria.
OTTIMISTI
inceneritori sì
Elisabetta Perrotta, Direttore FISE Assoambiente:
Gli inceneritori costituiscono una tipologia di trattamento ben consolidata a livello mondiale, e in particolare in Europa, dove se ne registrano almeno 448 per rifiuti urbani, diffusi nei paesi membri dell’Unione europea, Islanda e Norvegia (Fonte: European Topic Centre, 2014).
Il loro ruolo è altrettanto ben definito e riconosciuto anche nell’ambito della Circular economy: tali impianti, oltre a recuperare parte del contenuto energetico di rifiuti che non sarebbero riciclabili, (producendo energia elettrica e termica evitando il ricorso a combustibili fossili), consentono di evitare che tali rifiuti siano smaltiti in discarica, che rappresenta l’ultimo gradino della gerarchia dei rifiuti stabilita dalla direttiva quadro 2008/98/CE ed è fonte di maggiori impatti ambientali.
Questa tipologia di trattamento è oggetto di precise e rigorose norme europee che ne regolano gli aspetti autorizzativi, tecnici, gestionali e di controllo delle emissioni. In particolare, uno dei Centri di ricerca della Commissione europea ha definito, da oltre un decennio, le BAT (Best Available Techniques), che costituiscono a livello europeo il riferimento (tenuto debitamente aggiornato) per stabilire le condizioni autorizzative in modo da prevenire e ridurre gli impatti nell’ambiente di tali impianti.  
Alla luce del contesto normativo-tecnico richiamato (già molto più rigoroso e severo rispetto ad altre attività industriali, riscaldamento civile e traffico), bisogna aggiungere che il futuro impatto dei nuovi impianti  di incenerimento individuati dal Ministero dell’Ambiente saranno anche oggetto anche di attente valutazioni, condivise da tutte le autorità competenti nel corso dell’iter autorizzativo.
L’impatto ambientale che si auspica possa derivare da tale valutazione è l’uscita dalle continue e ripetute fasi emergenziali che il nostro Paese sta affrontando ormai da troppi anni, attraverso la realizzazione di un contesto di gestione integrata efficiente e sostenibile che veda in primo piano la prevenzione e il recupero di materia e poi la possibilità di recuperare anche il potenziale energetico dei rifiuti.
PESSIMISTI
inceneritori no
Dante Caserta, Vicepresidente WWF Italia:
L’incenerimento non costituisce la soluzione del problema “rifiuti” che, al contrario, va affrontato mettendo in atto politiche tese alla riduzione alla fonte e al riciclo delle materie che compongono i rifiuti. Nel caso dell’incenerimento, inoltre, non possono essere trascurati gli effetti negativi su ambiente e salute umana attestati da numerosi studi scientifici indipendenti. E lo stesso concetto di recupero energetico dall’incenerimento va contestato, atteso che l’energia recuperata bruciando è minore di quella necessaria per produrre nuovamente i prodotti bruciati.
La proposta di realizzare 12 nuovi inceneritori in Italia parte poi da presupposti infondati perché si basa su un calcolo del fabbisogno impiantistico errato. Innanzitutto è sbagliato assumere come base di calcolo il raggiungimento del 65% della raccolta differenziata, senza considerare che questo è un obiettivo minimo e non massimo e che in sede comunitaria si stanno proponendo obiettivi di riciclo di carta e plastica (circa l’80% dei materiali con valore calorifico utili per il “recupero energetico”) più alti di quelli oggi previsti.
Peraltro, l’andamento della produzione di rifiuti solidi urbani è in calo da anni e le politiche comunitarie vogliono che questo trend diventi un obiettivo anche in periodi di crescita economica mediante l’attuazione di programmi di prevenzione dei rifiuti: definire un fabbisogno impiantistico nazionale di inceneritori che non tenga conto di tali trend significa ammettere che l’Italia intende violare le disposizioni comunitarie sulla prevenzione.
Secondo i dati forniti da ISPRA, poi, la capacità impiantistica esistente di impianti di incenerimento per rifiuti urbani e assimilati è di circa 7,2 milioni di tonnellate (senza considerare le quantità che potrebbero trovare spazio in altri impianti assimilabili già esistenti).
Considerata la composizione merceologica dei rifiuti prodotti in Italia, le frazioni combustibili presenti nei rifiuti solidi urbani e assimilati (carta, cartone, legno, plastica e tessili) ammontano a 11,8 milioni di tonnellate (dati 2013).
Se per le frazioni carta, cartone, legno e plastica è obbligatorio raggiungere il 50% di riciclo o di preparazione per il riutilizzo entro il 2020, la disponibilità reale si abbassa a circa 5,1 milioni di tonnellate annue, ben al di sotto della capacità impiantistica esistente.
Invece di imporre la costruzione di 12 nuovi inutili inceneritori, quindi, secondo il WWF si dovrebbe:
1. Definire piani regionali di gestione del ciclo dei rifiuti che puntino decisamente a riduzione, riuso e riciclo dei materiali, conseguendo e superando al più presto su scala nazionale la  soglia del 65% di raccolta differenziata (obiettivo che andava conseguito entro il 2012);
2. Aggiornare il Programma nazionale di prevenzione, individuando un regime di responsabilità estesa del produttore con obiettivi di riciclo nei settori della plastica non da imballaggio, del tessile, della carta grafica e della carta per uso igienico, e fissando obiettivi di riduzione della produzione dei rifiuti e con l’obbligo della cauzione rispetto ai prodotti di plastica;
3. Definire l’assetto dell’equilibrio geografico che contempli la possibilità di procedere all’adattamento di impianti già esistenti di coincenerimento o di incenerimento di speciali, disponendo in compensazione la chiusura di impianti già esistenti nelle regioni con disponibilità in eccesso.
Agostino Di Ciaula, Comitato Scientifico Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE) Italia:
La previsione di realizzare nuovi impianti di incenerimento va in direzione contraria rispetto alle principali direttive europee, che anche nel recente “pacchetto per l’economia circolare” indicano la necessità di una “drastica limitazione dell’incenerimento con o senza recupero di energia entro il 2020” e persino “incoraggiano gli Stati Membri ad introdurre disincentivi economici per lo smaltimento in discarica e per l’incenerimento”.
Gli indirizzi europei trovano razionale, oltre che nella necessità di procedere a recuperare materia invece di trasformarla in scorie tossiche da smaltire in discariche speciali con elevati costi economici e ambientali, anche nelle numerose e crescenti evidenze scientifiche sulla nocività delle emissioni degli inceneritori per i residenti nei territori limitrofi.
Oltre alla corposa letteratura internazionale, in continua crescita, abbiamo oggi a disposizione anche autorevoli studi nazionali (per citarne solo alcuni: Moniter, ERAS Lazio, studi ARPA sull’inceneritore di Vercelli e Cosmari nelle Marche, un recentissimo studio sull’inceneritore di San Zeno) che continuano a confermare le negatività degli impatti ambientali e sanitari degli impianti di incenerimento anche di nuova generazione, e lo stato di discriminazione ambientale e sanitaria delle comunità costrette ad ospitare questi impianti.
Inoltre, l’elevato numero di impianti previsti con l’applicazione dell’articolo 35 dello Sblocca Italia contribuirebbe ad un incremento rilevante di emissioni di gas serra, procedendo in direzione contraria persino agli impegni COP21.
Secondo la normativa nazionale vigente (D.Lgs. 152/2006) l’obiettivo finale della gestione dei rifiuti deve essere quello di favorire la tutela della salute umana e dell’ambiente. Questo obiettivo può raggiungersi solo mediante una completa esclusione dell’incenerimento sotto qualunque forma, oltre che con un progressivo abbandono dei conferimenti in discarica (anche di ceneri tossiche).
In parallelo è necessario orientarsi verso modelli sostenibili che prevedono la riduzione della produzione dei rifiuti, il recupero di materia in tutte le forme che gli sviluppi tecnologici delle tecnologie “a freddo” oggi consentono e lo sviluppo dell’economia circolare, anche in considerazione delle rilevanti opportunità occupazionali che questo genererebbe.  


fonte: www.greenbiz.it