Dalla Svezia l’appello degli economisti a «rivedere la saggezza economica tradizionale»
«La crescita del Pil non è fine a sé stessa e la sostenibilità ambientale è un requisito, non un’opzione»
Dietro ai primi vagiti di questo nuovo anno s’intravede un’unica
certezza: l’incertezza. Agli albori della crisi finanziaria che ancora
intrappola l’Europa, rivolgendosi agli accademici della London school of economics la regina Elisabetta II chiese
perché nessuno degli economisti si fosse accorto in tempo
dell’imminente crack globale. I campanelli d’allarme in realtà furono
molti ma vennero ignorati, come lo sono ancora oggi. Otto anni non sono
bastati ad elaborare lo shock, e per il mondo occidentale non è stata
una festa: lo stesso Regno Unito sta abbandonando l’Ue, i populisti
avanzano in tutta Europa e Oltreoceano hanno già conquistato la
presidenza Usa con Donald Trump.
Nessuno avrebbe potuto prevedere un simile decorso degli eventi, e
oggi ci troviamo con l’impellente necessità di trovare una nuova e
affidabile bussola per navigare in queste acque inesplorate. Dove
puntare? Ancora una volta un segnale arriva da Stoccolma. La capitale
svedese nel 1972 ospitò la prima Conferenza delle Nazioni Unite sulla
protezione dell’ambiente naturale, e la conseguente Dichiarazione di Stoccolma pose le basi politiche di ciò che oggi chiamiamo sviluppo sostenibile.
In questi tempi incerti, l’Agenzia svedese per lo sviluppo
internazionale (Sida) – un ente governativo che lavora per conto del
Parlamento e del governo svedesi – ha chiamato a raccolta
13 dei migliori economisti del mondo, tra cui spiccano 4 ex
capo-economisti della Banca mondiale (Francois Bourguignon, Kaushik
Basu, il premio Nobel Joseph Stiglitz e Justin Lin, nella foto a destra). Come spiegano in questi giorni gli stessi autori su Project syndicate, la domanda di fondo che è stata rivolta loro è molto semplice: «È tempo di rivedere la saggezza economica tradizionale?».
La risposta è sì, ed è declinata in 8 punti fondamentali all’interno di una nuova “Dichiarazione di Stoccolma”, la Stockholm Statement – Towards a consensus on the principles of policymaking for the contemporary world.
Il documento spazia dalla necessità di «bilanciare mercato, Stato e
comunità» a quella di «curare l’impatto della tecnologia globale e della
disuguaglianza», fino a ricordare che «norme sociali e mentalità» sono
aspetti non più trascurabili nel delineare un nuovo approccio allo
sviluppo. Soprattutto, pone sul podio delle priorità tre punti
fondamentali.
Primo: «La crescita del Pil non è fine a sé stessa». La crescita
economica, spiegano i 4 economisti-capo della Banca mondiale, è utile
finché «fornisce le risorse necessarie per sostenere diverse dimensioni
del benessere umano: l’occupazione, il consumo sostenibile, l’alloggio,
la salute, l’istruzione e la sicurezza». Secondo: «Lo sviluppo deve
essere inclusivo». In un mondo dove le disuguaglianze stanno già
crescendo oltre i livelli di guardia, dovrebbe essere chiaro che quella
“teoria del gocciolamento (trickle-down)” non funziona; non
basta spingere la crescita economica per i ceti più abbienti sperando
che arrivi a riguardare l’intera società. «Piuttosto che aspettare che
sia la marea dello sviluppo a innalzare tutte le barche – sottolineano
gli economisti – i politici devono garantire che nessuno sia lasciato
indietro».
Terzo: «La sostenibilità ambientale è un requisito, non un’opzione».
Come evidenziano gli economisti, a «livello nazionale la crescita del
reddito che avviene a scapito di danni ambientali è insostenibile, e
quindi inaccettabile. A livello globale, il cambiamento climatico è una
minaccia per salute, mezzi di sussistenza, e habitat. E imperativo che
la mitigazione dei cambiamenti climatici e le politiche di adattamento
siano parte integrante della politica di sviluppo, non un addendum, sia a livello nazionale e internazionale».
Com’è evidente l’impatto zero dell’attività umana sull’ambiente non
esiste, ma la ricerca di uno sviluppo che incroci al contempo la
sostenibilità ambientale con quella economica e sociale è determinante.
Una strategia che richiede sforzi sul fronte nazionale come su quello
internazionale, e che non può più essere elusa. È presente oggi nel
mondo un approccio politico che sia in grado di tenere insieme tutte
queste dimensioni? Forse non è un caso che la Stockholm Statement arrivi ancora una volta dalla Svezia, patria della socialdemocrazia.
fonte: http://www.greenreport.it