Imballaggi in plastica, il nuovo Cac è davvero efficace per promuoverne la riciclabilità?

L’Associazione Comuni Virtuosi ACV interviene sul nuovo sistema di diversificazione contributiva per gli imballaggi in plastica e si interroga sulla sua efficacia in relazione agli obiettivi dichiarati. Gli imballaggi non sono tutti uguali perché sono le caratteristiche progettuali a determinarne un maggiore o minore impatto ambientale. Se una bottiglia in PET trasparente è facilmente riciclabile quando viene rivestita con etichette integrali o resa opaca le cose si complicano.
Serve una maggiore responsabilizzazione del mondo industriale sul fine vita dei propri prodotti.

























COMUNICATO STAMPA
Ad oggi il contributo ambientale che ogni imballaggio immesso al consumo paga ai consorzi Conai (CAC -Contributo Ambientale Conai) viene determinato in base a un valore unico per ogni materiale con cui è realizzato e al suo peso. Per rispondere a diverse sollecitazioni pervenute negli anni al sistema consortile da parte di diversi soggetti aziendali, istituzionali e ambientalisti di agganciare il valore del contributo ambientale all’impatto economico e ambientale degli imballaggi, il Conai ha presentato un progetto di diversificazione contributiva per gli imballaggi in plastica che entrerà in vigore nel gennaio del 2018, dopo un periodo di test.
Il progetto ci spiega il Conai è stato pensato per incentivare l’uso di imballaggi maggiormente selezionabili e riciclabili, collegando il livello contributivo all’impatto ambientale delle fasi di fine vita/nuova vita a cominciare dagli imballaggi in plastica, il materiale più complesso per la varietà delle tipologie e per le tecnologie di selezione e di riciclo; il tutto in linea con le previsioni del pacchetto europeo in via di definizione per l’Economia circolare.
Nelle intenzioni del Conai il progetto dovrebbe offrire una soluzione “alla proliferazione avvenuta negli ultimi anni, di differenti tipologie di imballaggi in plastica che, per garantire prestazioni migliori ed allungare la vita utile del prodotto, causano crescenti complessità gestionali con un aggravio di costi per il sistema consortile nella fase post consumo”.
Il sistema è stato sviluppato da un gruppo di lavoro formato da esponenti del Conai tra produttori ed utilizzatori di imballaggi che ha suddiviso le 60 tipologie di imballaggi analizzati in tre categorie.
La categoria che godrà della maggiore agevolazione comprende gli imballaggi industriali da circuito CEI Commercio e Industria (fascia A); a seguire, con un’agevolazione inferiore 
rispetto agli industriali, c’è la categoria degli imballaggi da circuito domestico come i flaconi e le bottiglie (fascia B). Infine abbiamo la categoria che comprende tutte le restanti tipologie di imballaggio del circuito domestico (fascia C) che non godrà di alcuna agevolazione poiché costituita ” da imballaggi che presentano maggiori difficoltà nella gestione del fine vita”. 


















Una prima analisi
Le categorie sono state formate sulla base di criteri come la minore o maggiore riciclabilità e selezionabilità e altre logiche come quella del flusso prevalente, per le quali rimandiamo all’analisi completa pubblicata qui. Questi criteri, a nostro parere, si intrecciano e combinano nel processo di valutazione in modalità e ordine di priorità poco chiare rispetto agli obiettivi dichiarati del progetto. Per meglio chiarire con un esempio: se l’obiettivo è quello di stimolare la produzione di imballaggi riciclabili (in modo che diventino la maggioranza per tutte le tipologie) l’indice di selezionabilità è un indicatore che assume un suo significato solamente se avviene il riciclo, altrimenti un processo di selezione rappresenta solamente un costo evitabile.
Applicabilità e efficacia della leva economica
La prima cosa che ci si aspetterebbe da un progetto così presentato è che premi economicamente con un CAC minore gli imballaggi sostenibili e disincentivi, con un CAC maggiore quegli imballaggi che, indipendente dalla categoria di attribuzione, non possono venire riciclati qui ed ora.
Invece, ad una primissima analisi si scopre che l’impianto del sistema di diversificazione, in nome di una semplificazione applicativa per le aziende, non entra nel merito delle caratteristiche dei singoli imballaggi, come se la composizione chimica nel suo insieme di additivi e coloranti piuttosto che forma e dimensioni di un imballaggio non avesse un diretto impatto sul riciclo. Avviene pertanto che un’intera categoria eterogenea ( fatta sia di imballaggi riciclabili che non) venga assoggettata a una delle 3 fasce contributive che verranno presto rese note.
Entrando nel merito di alcuni esempi riferiti alle due categorie di imballaggi del circuito domestico risulta evidente quanto sia impossibile applicare una leva fiscale che spinga i produttori verso una maggiore sostenibilità del packaging per come il sistema è stato concepito. Se nel caso della della fascia B i produttori possono decidere se progettare un flacone o una bottiglia riciclabile o meno (anche se l’incentivo non esiste) nel caso della fascia C le cose sono un po’più complicate.



















Dato per scontato che chi utilizza imballaggi flessibili sia in plastica sia in poliaccoppiato, vassoietti o vaschette (ad es. per formaggi o insaccati) non può utilizzare bottiglie e flaconi, il problema della bassissima riciclabilità della categoria di fascia C non è solamente di natura tecnica, ma soprattutto di sostenibilità economica. I polimeri in cui vengono realizzati questi imballaggi sono diversi e di conseguenza, ciascun polimero non raggiunge nella fase post consumo le quantità sufficienti per realizzare economie di scala: dalla fase di raccolta a quelle di selezione, riciclo e come sbocchi per quanto riciclato.
Se il progetto risponde alla logica di fare pagare un CAC più elevato a quella parte di imballaggi in fascia C che mediamente costa di più in termini di impatto economico e ambientale, la diversificazione contributiva potrebbe, giustamente, rispondere alla necessità di apportare maggiori risorse al sistema di gestione post consumo. In tal caso dovrebbe esserci un programma basato su questo maggiore gettito mirato a cambiare l’attuale scenario del flusso di plastiche che attualmente crea disvalore economico, e in particolar modo per i comuni. Se l’obiettivo della raccolta differenziata è il riciclo quello è l’obiettivo verso cui tutti dobbiamo tendere rimuovendo le attuali barriere che possono impedire il perseguimento dei target di riciclo del pacchetto Economia Circolare. Nel progetto per ora non si trova traccia di una pianificazione in tal senso.
Alcune soluzioni per rendere più circolare l’economia delle plastiche le sta promuovendo il programma The New Plastics Economy NPE della Ellen McArthur Foundation per l’Economia Circolare che sta lavorando alla creazione di un protocollo globale di riferimento per l’industria del packaging in plastica. Con il suo piano di azione The NPE: Catalysing Action basato su proposte concrete nell’ambito di tre strategie: Riprogettazione (sia degli imballaggi che dei sistemi post consumo), Riuso e Riciclo. Multinazionali come Unilever, P&G, Danone, L’Oreal e altre hanno aderito al piano focalizzando soprattutto il riciclo. Tuttavia per un vero disaccoppiamento tra crescita economica e consumo di risorse, accanto al riciclo, va attuato un consistente passaggio a sistemi di riuso (anche per gli imballaggi) e di condivisione di beni. Resta sempre attuale l’appello lanciato all’industria con l’iniziativa Meno Rifiuti Più Risorse.
Il Conai – osserva Bengasi Battisti Presidente dell’Associazione Comuni Virtuosi – ha deciso che anche con l’introduzione del nuovo sistema le entrate derivanti dal CAC restino allineate a quelle del precedente sistema, perché eventuali aumenti o diminuzioni del suo valore avvengono esclusivamente in funzione dell’equilibrio di bilancio di uno specifico consorzio. Questa impostazione ( che non prevede una reale leva fiscale e probabilmente tutto rimarrà come prima o quasi) ha rivelato una divergenza di fondo che esiste tra la nostra associazione e il sistema consortile. Noi riteniamo che il CAC debba essere lo strumento finanziario a sostegno dei costi generati a fine vita dagli imballaggi in ottemperanza del principio della responsabilità estesa del produttore. Il valore del CAC deve essere fissato anche in relazione ai reali costi complessivi sostenuti per l’avvio a riciclo dai comuni e per finanziare progetti concreti che portino al perseguimento degli obiettivi di effettivo riciclo che i comuni condividono con il Conai. Serve inoltre instaurare una collaborazione attiva con il comparto del riciclo, che inspiegabilmente non pare essere stato coinvolto nello sviluppo del sistema.


fonte: http://comunivirtuosi.org