Viaggio nella provincia assediata dalle discariche

















Il traffico comincia di buon’ora. Traffico pesante. “Alle sei, le sette del mattino ci sono file di camion in coda per raggiungere le discariche”, dice Luigi Rosa, che vive a Vighizzolo, frazione di Montichiari, piccolo comune a sudest di Brescia, 23mila abitanti e 21 discariche di rifiuti. Cinque impianti attivi, altrettanti dismessi e undici vecchi siti illegali: in pochi chilometri quadrati sono accumulati più di 12 milioni di metri cubi di rifiuti industriali, ceneri e fanghi di depurazione, lastre di eternit, materiali di scarto d’ogni sorta. Roba che va sotto il nome di rifiuti speciali, pericolosi e non.
“Vediamo arrivare fino a 250 camion al giorno diretti a cave e discariche”, continua Rosa, uno dei volti più noti dei comitati che si battono contro le discariche. Siamo al centro della brughiera di Montichiari, una piana ondulata e verde punteggiata da collinette e da buchi. Le colline a ben vedere sono montagnole squadrate, parallelepipedi coperti d’erba o magari da teloni verdastri: tutti siti ormai colmi. Poi ci sono i buchi, cioè le discariche attive. A pochissima distanza dalla frazione Vighizzolo, in un comprensorio di due chilometri per tre, c’è la massima concentrazione.
Ecco le due discariche della Valseco, di cui una in attività, con quasi tre milioni di metri cubi di rifiuti pericolosi. Più in là il buco della Ecoeternit, una vecchia cava di ghiaia pavimentata con l’argilla, autorizzata a raccogliere quasi un milione di metri cubi di cemento-amianto. Dietro ci sono la collina della Pulimetal e i suoi due milioni di metri cubi di rifiuti pericolosi e tossico-nocivi ora ricoperti d’erba, con i camini di sfiato a distanze regolari. Sul lato opposto, una successione di camion si dirige verso la discarica Edilquattro del gruppo Bernardelli, dove si trovano quasi 900mila metri cubi di rifiuti. Accanto alla Ecoeternit c’è la Gedit, anche questa attiva, con un milione di metri cubi di rifiuti pericolosi, inclusi fanghi e liquami. E ancora: l’enorme buco dell’ennesima cava dismessa, acquistata dalla ditta Padana green, che ha chiesto l’autorizzazione per farne una discarica per oltre un milione di metri cubi di rifiuti pericolosi e non, amianto incluso. Una accanto all’altra, colline e voragini, milioni di metri cubi di rifiuti in sei chilometri quadrati.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rosa è tra i fondatori di Sos terra Montichiari, comitato nato nel marzo 2010 contro il progetto di costruire proprio qui un impianto per incenerire l’amianto. “Era troppo”, racconta, “abbiamo cominciato a protestare. Alla fine siamo riusciti a evitare l’inceneritore, ma intanto ci siamo resi conto di cosa c’era qui, quante discariche ci avevano già costruito sotto il naso”. Ricorda che quando era ragazzo, qui era un susseguirsi di frutteti e campi di grano, e d’estate veniva a raccogliere le pesche: intorno ci sono ancora diverse cascine.
A Vighizzolo gli animi sono ormai esasperati. “Spesso sentiamo zaffate maleodoranti”, spiega, in cui si mescolano odore di marcio e di bitume: gli abitanti lo denunciano da tempo, anche se è difficile misurare gli odori. È in questa piccola frazione di duemila abitanti che lo scorso 17 ottobre gli alunni della scuola elementare sono finiti all’ospedale.
Quel mattino l’odore era più forte del solito e i bambini non riuscivano a respirare, così le maestre hanno chiamato il 118; molti sono stati ricoverati, alcuni trattenuti fino al giorno dopo. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La Cava Kalos usata per l’estrazione di ghiaia a Casalunga Vighizzolo, frazione di Montichiari, maggio 2017. 
 



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La discarica Pulimetal contiene circa 2,21 milioni di metri cubi di rifiuti speciali. Vighizzolo, frazione di Montichiari, maggio 2017
 
La discarica Gedit contiene 960mila metri cubi di rifiuti pericolosi. Levate, Vighizzolo, frazione di Montichiari, maggio 2017. 
 
 
 
Un casale abbandonato vicino alla discarica Cava Verde. Rò, Montichiari, maggio 2017
 
fonte: https://www.internazionale.it