Sebbene non siano stati pochi a negarla, e qualcuno in modo
spudorato quanto irresponsabile ancora lo fa, la tendenziale
estremizzazione delle condizioni climatiche è nota da tempo. Dobbiamo
aspettarci che proseguirà ancora per decenni. L’attenzione politica è
concentrata sulla “mitigazione” dei cambiamenti, e dunque sulle
politiche di riduzione delle emissioni di gas serra, ma l’inerzia del
sistema climatico ci ricorda periodicamente che una parte dei danni sono
già in atto e dunque inevitabili. Il direttore di Greenpeace Italia
spiega perciò che il fattore climatico non va considerato come un
potenziale disastro in arrivo ma un problema reale da affrontare nella
gestione ordinaria nei diversi settori
Se sul tema dei cambiamenti climatici abbiamo assistito di recente a
una drammatizzazione politica dal G7 di Taormina in poi, con un
isolamento delle posizioni negazioniste di Trump e la ripresa di una
iniziativa politica europea sostenuta in modo molto attivo anche dal
governo italiano, la traduzione in pratica di questa linea tarda a farsi
vedere.
Lo scorso 12 giugno è stata presentata la proposta di
Strategia Energetica Nazionale – ancora troppo timida sulle rinnovabili e
troppo fondata sul gas naturale – mentre il Paese è alle prese con
l’ennesima siccità. Che ci ricorda che il clima sta comunque cambiando e
che dobbiamo muoverci più in fretta: sia per ridurre le emissioni di
gas serra sul piano internazionale al fine di evitare le conseguenze più
catastrofiche dei cambiamenti climatici; sul piano nazionale per adattarci a una situazione climatica comunque in peggioramento, ed essere coscienti che una parte dei danni saranno inevitabili.
Infatti,
la tendenziale estremizzazione delle condizioni climatiche è nota da
tempo e dobbiamo aspettarci che proseguirà ancora per decadi. Se
l’attenzione politica è giustamente concentrata sulla “mitigazione” dei
cambiamenti climatici, e dunque sulle politiche di riduzione delle
emissioni di gas serra, l’inerzia del sistema climatico ci ricorda
periodicamente che una parte dei danni sono in atto e inevitabili. E che
dunque vanno prese comunque
misure di adattamento e il rischio climatico va incorporato nella
gestione ordinaria nei diversi settori: viviamo in un clima che sta
mutando e dobbiamo prenderne atto.
La
diminuzione delle precipitazioni estive è evidente in tutta l’Europa
meridionale – l’incendio in Portogallo è un esempio delle conseguenze di
siccità prolungate – e tende invece ad aumentare nell’Europa
settentrionale. In questo contesto, l’Italia
è entrata in una vera e propria crisi idrica, con una disponibilità
d’acqua che nel nord Italia è praticamente dimezzata rispetto allo
stesso periodo dello scorso anno, con punte più
pronunciate in Emilia Romagna che registra una disponibilità inferiore
del 70% rispetto allo scorso anno. E questo accade all’interno di una
tendenza molto pronunciata alla progressiva scomparsa dei ghiacciai
alpini e la riduzione delle riserve d’acqua.
Le onde di calore –
con i rischi di aumento della mortalità tra anziani e persone malate –
presentano anche in Italia una tendenza crescente in gran parte dovuta
al cambiamento climatico.
Di
fronte a questo scenario dovremmo mettere in campo politiche attive in
tutti i settori, dall’agricoltura ai sistemi energetici, dalla gestione
delle foreste a quella delle emergenze sanitarie. Le alterazioni dei
cicli idrogeologici – siccità prolungate in estate e fenomeni
alluvionali in inverno – richiederebbero capacità di pianificazione e di
gestione di cui si vede ancora ben poca traccia.
Cosa
dovrebbe fare di fronte a questa situazione ormai strutturale la
politica? Oltre ad essere più coerente nella Strategia Energetica –
nella quale manca del tutto un obiettivo di decarbonizzazione al 2050,
cui evidentemente non si crede – bisogna agire con maggiore incisività
nelle strategie di adattamento. In un quadro in cui la siccità estiva è più frequente, la gestione degli utilizzi dell’acqua va ripensata e rapidamente.
Abbiamo
già assistito al conflitto tra usi agricoli ed energetici – le centrali
a combustibili fossili richiedono molta acqua – e questo tema tenderà a
ripetersi. Bisogna intervenire
sia accelerando la fuoriuscita dalle produzioni fossili ma anche
modificando le pratiche agricole di fronte alla nuova situazione di
carenza d’acqua estiva.
Un
Piano d’azione contro la siccità era previsto dalla Convenzione sulla
desertificazione ma, a parte una delibera Cipe del lontano 1999 (!),
poco o nulla è stato fatto successivamente. La legge 152
del 2006 prevedeva l’istituzione delle autorità di distretto –
stabilite ma non ancora operative – cui sono demandati i piani di
vulnerabilità che dunque ancora non ci sono. Così come non esiste ancora un sistema di allerta per la siccità.
Un
governo del Paese dovrebbe mettere in cima alle priorità politiche la
difesa del territorio e l’adattamento nei vari settori alle nuove
condizioni climatiche ed essere più coerente nella propria strategia
energetica. Viviamo in un clima più caldo ed estremo, bisogna prenderne
atto in modo più coerente e lungimirante.
Giuseppe Onufrio
Direttore di Greenpeace Italia
fonte: http://comune-info.net