Al limite dovrebbero andare «solo ed
esclusivamente» agli impianti più performanti. Per il riciclo, però, non
c’è un neanche un euro
«I processi di termovalorizzazione possono svolgere un ruolo nella
transizione a un’economia circolare a condizione che la gerarchia dei
rifiuti dell’Ue funga da principio guida e che le scelte fatte non
ostacolino il raggiungimento di livelli più elevati di prevenzione,
riutilizzo e riciclaggio». Queste, in sintesi, sono le conclusioni
offerte dalla Commissione europea sul tema, e inserite nella comunicazione Il ruolo della termovalorizzazione nell’economia circolare,
offrendo un contributo concreto per razionalizzare (anche) il dibattito
italiano – generalmente sclerotico quando si tratta di bruciare o meno
rifiuti.
Nel nostro Paese si fronteggiano in genere due opposte tifoserie – gli inceneritoristi da una parte, i no-inc
dall’altra –, dimenticando che al recupero di energia da rifiuti la
gerarchia europea ha già affidato da tempo un ruolo ben preciso.
All’interno di una corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti, la
termovalorizzazione compare dopo il riciclo e prima della discarica. Non tutti i Paesi europei hanno dato ascolto a questo precetto in ugual misura.
Guardando ai soli rifiuti urbani,
nell’Ue a 28 la quantità procapite avviata a incenerimento risulta
essere in media 127 kg, sintesi tra gli 1 kg (nel 2014) di Slovenia e
Croazia ai 412 della Danimarca, i 251 dei Paesi Bassi o i 215 della
Germania. L’Italia, con 97 kg/procapite, offre un modesto contributo al
calcolo complessivo. Ciò non stupisce: un recente studio dell’Agenzia europea dell’ambiente
mostra che tra 2010 e 2014 la capacità di incenerimento nei 28 paesi
dell’Unione europea (più Svizzera e Norvegia) è cresciuta del 6%
arrivando a 81 milioni di tonnellate, localizzata però per tre quarti in
Germania, Francia, Paesi Bassi, Svezia, Italia e Regno Unito; le zone
meridionali e orientali dell’Unione europea sono praticamente prive di
capacità di incenerimento dedicate e dipendono fortemente dalle
discariche, valutazione ancora in parte vera anche per il nostro Paese.
Come migliorare?
Sulla comunicazione Il ruolo della termovalorizzazione nell’economia circolare, elaborata a inizio anno, si è espressa nei giorni scorsi la commissione Ambiente del Senato, che si è espressa sul documento con delibera favorevole, aggiungendo però importanti osservazioni.
Intanto, è bene precisare che non si parla di soli
termovalorizzatori: la comunicazione in esame prende infatti «in
considerazione i principali processi di termovalorizzazione, quali il
co-incenerimento dei rifiuti in impianti di combustione soprattutto per
la produzione di cemento e calce, l’incenerimento di rifiuti in impianti
dedicati, la digestione anaerobica di rifiuti biodegradabili, la
produzione di combustibili solidi, liquidi o gassosi ricavati dai
rifiuti, nonché altri processi, compreso l’incenerimento indiretto a
seguito di pirolisi o gassificazione».
Da una parte la comunicazione Ue focalizza la necessità di sviluppare
l’attenzione su processi di gestione “finali” quanto più efficienti
possibile, osserva il Senato, ad esempio «la digestione anaerobica dei
rifiuti biodegradabili che lo stesso Ispra invita a considerare come
parte delle politiche di riciclo, invece che di smaltimento laddove
produca digestato (modello preferibile nella scala di priorità
individuate dalla Unione europea)». C’è poi da considerare che le
tecniche di termovalorizzazione non sono tutte uguali, e si stima «che
la quantità di energia recuperata dai rifiuti potrebbe aumentare fino al
30%, evidenziando il considerevole potenziale di miglioramento
dell’efficienza energetica». In ogni caso, di recupero energetico e
termovalorizzatori non è ad oggi possibile pensare di fare a meno: è
indispensabile però dare loro il giusto valore.
È dunque positivo, da questo punto di vista, che la commissione
Ambiente del Senato abbia messo nel mirino gli incentivi che ancora oggi
vengono garantiti ai termovalorizzatori, definiti «indebiti». «Il ruolo
dell’incenerimento dei rifiuti, che attualmente costituisce l’opzione
prevalente della termovalorizzazione, va riconsiderato – osservano
infatti i senatori – sia in termini di incentivi ancora indebitamente
presenti in Italia, sia in termini di limite temporale al loro utilizzo
impiantistico senza revamping». Eppure, a poche righe di
distanza, gli stessi senatori convengono che al limite gli incentivi
dovrebbero andare «solo ed esclusivamente» a quei termovalorizzatori che
raggiungono «determinate performance sia energetiche sia di riduzione
delle emissioni nocive».
Come questo possa conciliarsi con un quadro normativo che – ancora oggi – in Italia non prevede nessun incentivo al riciclo, nonostante le pdl anche recentemente avanzate, non è dato però sapere.
fonte: www.greenreport.it