L’Italia deve fare molto di più per eliminare i sussidi alle fonti fossili

Diverse organizzazioni no-profit hanno monitorato i progressi compiuti dai paesi del G7 per cancellare il sostegno a carbone, gas e petrolio entro il 2025, pochi finora. Almeno cento miliardi di dollari l’anno continuano a essere destinati ai combustibili “sporchi”, tra esenzioni fiscali e finanziamenti pubblici.



















Sono almeno 100 miliardi di dollari i sussidi che le economie più “forti” del mondo (quelle del G7) continuano a elargire ai combustibili fossili, in una contraddizione sempre più palese con la promessa di eliminarli del tutto entro il 2025 e con l’obiettivo di combattere i cambiamenti climatici.
A rimarcare la distanza tra il “dire” e il “fare” per quanto riguarda l’abbandono delle fonti energetiche più inquinanti, con una posizione ancora troppo conservativa per l’Italia, è il documento pubblicato da diverse organizzazioni non governative, G7 fossil fuel subsidy scorecard, vedi la tabella seguente con la classifica delle sette nazioni.









Gli autori dello studio hanno monitorato il progresso dei paesi in varie categorie: quanto sono trasparenti nel comunicare i dati finanziari sul sostegno alle risorse fossili, quali impegni hanno annunciato finora contro il supporto a carbone, gas e petrolio, se hanno già iniziato a diminuire, e di quanto, i sussidi destinati all’estrazione, produzione e utilizzo delle fonti “sporche”.
È bene chiarire che è molto complesso stimare l’esatto ammontare di tali sussidi (vedi anche QualEnergia.it).
Nei cento miliardi/anno lo studio include sia le esenzioni fiscali (fiscal support) che i finanziamenti pubblici (public finance) nei diversi settori, dai trasporti all’industria, passando per il residenziale, l’agricoltura e così via.
In Italia, evidenzia il documento, resta molto elevato il sostegno fiscale per l’utilizzo di gasolio nei trasporti, tanto da far scivolare il nostro paese in quinta posizione nella classifica complessiva, dietro Francia, Germania, Canada e Gran Bretagna.
La Francia ha meritato il punteggio totale migliore tra i membri del G7, grazie soprattutto a due recenti iniziative: riallineare gradualmente la tassazione benzina/diesel e bloccare i permessi per l’esplorazione di nuovi giacimenti di gas e petrolio sul territorio nazionale (vedi QualEnergia.it).
Tornando al nostro paese (scheda completa allegata in basso), la graduatoria stilata delle organizzazioni no-profit, tra cui Oil Change International (OCI) e International Institute for Sustainable Development (IISD), ha premiato la completa assenza di sussidi rivolti all’estrazione di carbone a livello globale.
Ricordiamo, poi, che la Strategia energetica nazionale prevede di chiudere definitivamente tutti gli impianti termoelettrici che ancora utilizzano questa fonte entro il 2025.
L’Italia, si legge poi nel documento, è “relativamente trasparente” nel diffondere le informazioni sul supporto finanziario ai carburanti fossili, da quando il ministero per l’Ambiente ha cominciato a pubblicare il catalogo sui sussidi dannosi, che secondo le stime per il 2016 erano pari a circa 11,5 miliardi di euro.
Risultati certamente peggiori, invece, sono stati attribuiti alla nostra economia per le eccessive esenzioni fiscali che favoriscono l’impiego di prodotti petroliferi, di cui beneficiano, ad esempio, le società dell’autotrasporto e le compagnie aeree.
Inoltre, l’Italia continua a supportare in vario modo la produzione di energia elettrica con le fonti tradizionali, compreso il carbone, tramite misure fiscali e prestiti/garanzie a progetti fossili, su cui investono imprese italiane in diverse parti del mondo.
In contrasto, quindi, con le più recenti campagne che puntano a cancellare gli investimenti nelle risorse energetiche più inquinanti, coinvolgendo un numero crescente di banche e assicurazioni e testando un nuovo metodo, sviluppato dalla task-force sulla trasparenza finanziaria istituita dal G20 (TCFD, Task Force on Climate-related Financial Disclosures), per aiutare le società pubbliche/private a individuare i rischi legati ai portafogli molto esposti su carbone, gas e petrolio.
Nel “contratto di governo M5S-Lega”, ricordiamo, manca qualsiasi riferimento alla fiscalità ambientale da sempre caldeggiata dal Movimento 5 Stelle, che dovrebbe prevedere, ad esempio, misure per collegare il livello di tassazione (e quindi anche delle accise sui carburanti) alle emissioni inquinanti dei veicoli.
Tra l’altro, l’idea contenuta nel contratto  di “eliminare le componenti anacronistiche delle accise sulla benzina” (vedi tutti i dettagli su QualEnergia.it), in realtà, andrebbe nella direzione opposta alle iniziative raccomandate dallo Scorecard per tagliare progressivamente i sussidi alle fonti fossili.
Ricordiamo, infine, che Bruxelles ha appena proposto un pacchetto legislativo per promuovere gli investimenti “sostenibili” con particolare riferimento alle fonti rinnovabili e all’efficienza energetica, dando seguito al piano d’azione per la finanza “verde” presentato lo scorso marzo.
fonte: www.qualenergia.it