Negli oltre 15mila punti vendita e supermercati
associati acquistano 60 milioni di persone ogni settimana. Ma con quali
prodotti verranno sostituite?
Dopo l’iniziativa di Unicoop Firenze sui prodotti in plastica monouso è l’intero comparto di Federdistribuzione – con oltre 15mila punti vendita
sparsi lungo lo Stivale e un parco clienti da 60 milioni di persone
alla settimana – a prendere posizione in merito: «Elimineremo le
stoviglie in plastica monouso dai nostri punti vendita ben prima che
entri in vigore la legge», dichiara il presidente Claudio Gradara
facendo riferimento alla direttiva Ue approvata a marzo,
che pone restrizioni sul mercato delle plastiche monouso entro il 2021
ma che è ancora in attesa di essere adottata all’interno
dell’ordinamento normativo italiano.
«Con le imprese associate abbiamo preso un impegno preciso –
dettaglia Gradara – Dal 1° luglio di quest’anno affiancheremo ai
prodotti in plastica monouso altri prodotti in materiale riciclabile (ma
anche gli attuali imballaggi in plastica monouso sono avviabili a
riciclo, ndr) e compostabile, offrendo una concreta alternativa
ai clienti, ed entro il termine massimo del 30 giugno 2020 tutte le
stoviglie in plastica monouso usciranno definitivamente dai nostri
scaffali. Non escludo che alcune aziende possano anticipare questi
tempi».
Si tratta di un impegno importante e di ampio impatto sulla filiera
della distribuzione organizzata italiana, ma non è ancora chiaro se e
come le plastiche tradizionali monouso verranno sostituite con altri
prodotti monouso in altri materiali. Come noto infatti la direttiva introduce
nuovi e più sfidanti obblighi per l’avvio a riciclo di alcuni prodotti
in plastica, per il maggior impiego di plastica riciclata, e proibisce
l’immissione al consumo di alcune categorie di beni monouso come posate,
piatti, cannucce, agitatori per bevande e bastoncini per palloncini.
L’obiettivo dichiarato è quello di porre un freno all’inquinamento provocato dai rifiuti marini – in larga parte composti da materiali plastici –
che ormai affollano i nostri mari, ma per raggiungere il target non è
sufficiente sostituire i prodotti in plastica tradizionale monouso con,
ad esempio, gli stessi prodotti in bioplastica compostabile; un punto
sul quale si è espressa chiaramente anche l’industria di settore. «Le
bioplastiche – ha sottolineato nei giorni scorsi Marco Versari, presidente di Assobioplastiche
– sono prodotti che forniscono soluzioni a specifici problemi, pensati
per essere gestiti nel circuito del compostaggio industriale. Non sono
la soluzione all’abbandono dei prodotti in mare o in altri ambienti, e
nessuno ha mai tentato di accreditarle come tali».
Ciò non toglie che, quando possibile, sostituire la plastica
tradizionale con quella biodegradabile permette di fare a meno di una
risorsa non rinnovabile come il petrolio, oltre a ridurre gli impatti
ambientali in caso di dispersione dei rifiuti nell’ambiente, ma per
affrontare il problema alla radice occorre ridurre i beni monouso – di
qualsiasi tipo – immessi sul mercato a favore di quelli durevoli, e
soprattutto evitare che i rifiuti vengano dispersi nell’ambiente. Al
contrario occorre conferirli negli appositi contenitori, in modo che una
volta differenziati possano essere avviati a riciclo attraverso
impianti industriali dedicati (la cui presenza sul territorio è dunque
imprescindibile) e diventare infine nuovi prodotti da re-immettere sul
mercato, anziché spazzatura galleggiante nei nostri mari.
fonte: www.greenreport.it