Tornare alle buone pratiche di riuso: la campagna di Zero Waste Europe

La campagna #GETBACK chiede che

i sistemi di riuso vengano incrementati e armonizzati in tutta Europa per aumentarne l’efficienza e l’accessibilità. Il report a sostegno dell’iniziativa svela le categorie di prodotti più adatte alla transizione dal monouso al riutilizzabile


Con l’estate alle porte che ci mette di fronte al problema del littering in quasi tutti gli ambienti naturali e tra le discussioni sulla gestione dei rifiuti che si fanno sempre più accese, la transizione verso sistemi di imballaggio riutilizzabili assume un ruolo sempre più centrale. Ma per abbandonare un sistema lineare e aprire in maniera concreta al riutilizzo degli imballaggi, così che diventino la norma, è necessario prima di tutto che quel sistema sia efficiente, accessibile e alla portata di tutti.

La campagna #GETBACK, lanciata da Zero Waste Europe, chiede che i sistemi di riuso vengano incrementati e armonizzati in tutta Europa attraverso una struttura organizzativa ben progettata e che vengano messe in atto le giuste politiche e infrastrutture a supporto.
Tornare al riuso: l’appello di Zero Waste Europe

“Così come non si possono far viaggiare i treni sulle strade, non si può far funzionare il riutilizzo in un sistema progettato per il monouso”. È con questa frase che l’ONG ambientalista sintetizza la necessità di un cambio di passo incisivo.

Zero Waste Europe sottolinea che, finora, le misure adottate per affrontare il problema dei rifiuti di imballaggio si sono concentrate per lo più sul riciclo e sono fallite, con la maggior parte dei rifiuti esportati fuori dall’Europa o destinati ad applicazioni di scarso valore. Ad oggi, lo smaltimento in discarica e l’incenerimento sono ancora gli approcci dominanti per la gestione dei rifiuti di imballaggio e i tassi di abbandono di rifiuti e di dispersione ambientale della plastica rimangono molto alti. La campagna che, forse non a caso strizza l’occhio alla celebre canzone dei Beatles, propone allora un ritorno al passato ma con metodologie ben precise e strutturate.

“È ora – scrivono in una nota – di tornare alle buone pratiche di riutilizzo che hanno preceduto il boom della plastica monouso e di garantire un uso sostenibile e circolare delle nostre risorse. Non solo il riutilizzo si colloca più in alto nella gerarchia dei rifiuti rispetto al riciclo degli imballaggi monouso, ma diversi studi dimostrano anche che, in alcune situazioni, gli imballaggi riutilizzabili sono molto più performanti di quelli monouso dal punto di vista ambientale ed economico e apportano anche benefici sanitari e sociali”.

A metà del 2022, la Commissione europea presenterà la sua proposta di direttiva sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (PPWD): un’occasione per attuare una legislazione ambiziosa che dia priorità al riutilizzo rispetto al riciclo, in linea con la gerarchia dei rifiuti, così da allontanarsi dagli imballaggi monouso.

I risultati dello studio

Il report #GetBack: Making Europe transition to reusable packaging a sostegno della campagna mira a fornire le prove necessarie, da un punto di vista quantitativo e qualitativo, per determinare le categorie di prodotti più adatte alla transizione degli imballaggi dalle opzioni monouso a quelle riutilizzabili. Lo studio prende in esame venti tipi di imballaggio, analizza le categorie con il più alto impatto ambientale e quelle con il maggior potenziale per diventare riutilizzabili: quel che viene fuori è un’interessante fotografia del mercato del packaging in Europa, in particolare Paesi Bassi, Belgio, Germania, Francia e Spagna, nel 2019.

Dal punto di vista dei materiali, l’attuale legislazione europea pone attenzione alla riduzione dell’inquinamento da plastica ma, come emerge dallo studio, ci sono altri materiali che hanno un forte impatto ambientale, anche quando vengono raccolti e riciclati e non sono oggetto dell’agenda della prevenzione o del riutilizzo: tra questi, ad esempio, gli imballaggi alimentari multistrato, come il cartone rivestito di plastica o alluminio, che implicano l’esistenza di infrastrutture di gestione dei rifiuti attrezzate per trattare questi prodotti, cosa che è improbabile che poi si verifichi nella pratica.

Per quel che riguarda le categorie di imballaggio, i settori delle bevande (in particolare birra, vino, bibite gassate e acqua), del cibo da asporto e di packaging per l’e-commerce hanno il potenziale per aumentare le proprie percentuali di riutilizzo nei prossimi anni e dovrebbero dunque, secondo Zero Waste Europe, essere presi in seria considerazione come obiettivi per l’azione legislativa.

Attualmente esistono sistemi e progetti pilota più o meno sviluppati nella maggior parte di queste categorie di prodotti e sembra che molti Stati membri dell’Ue e le autorità locali stiano iniziando ad intervenire per fornire tali quadri giuridici e incentivi economici. Tuttavia, sarebbe molto più efficace, soprattutto per i Paesi europei in ritardo, se per la prossima revisione della Direttiva sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio l’Ue includesse le definizioni, gli obiettivi e gli incentivi necessari a fornire una certezza giuridica alle categorie di imballaggi citati per avviare il ritorno verso gli imballaggi riutilizzabili.

In particolare, vi sono alcuni parametri su cui intervenire per regolamentare la transizione. Prima di tutto è necessario fissare degli obiettivi di riutilizzo specifici per settore o per tipo di imballaggio e definire i requisiti e linee guida per sistemi di raccolta ben gestiti.
Incentivi economici

Secondo il report si potrebbe arrivare ad una riduzione del 50% (per unità) della quantità di imballaggi monouso per le bevande, per il settore degli alimenti e delle bevande da asporto entro il 2030.

In questo hanno un ruolo fondamentale gli incentivi economici: i regimi a responsabilità estesa del produttore (Extended Producer Responsibility, EPR) dovrebbero far sì che si dedichi almeno il 10% del budget alla promozione dei materiali riutilizzabili e al finanziamento delle infrastrutture di riutilizzo. D’altra parte, su ogni imballaggio monouso si dovrebbe pagare una tassa minima di 10 centesimi per unità.

Punti di raccolta

Si dovrebbe poi sostenere l’implementazione di sistemi di deposito-restituzione e ricarica-riutilizzo: gli Stati membri dovrebbero essere incoraggiati a implementare i sistemi di restituzione della cauzione, i Deposit Return System (DRS) al di là degli imballaggi per bevande, e ad incorporare il riutilizzo/riempimento nel sistema, quando possibile.

Ma sostenere le alternative di riutilizzo implica anche che ogni ristorante, bar o negozio che venda cibo o bevande a portar via metta a disposizione alternative ricaricabili agli imballaggi monouso. Inoltre, rivenditori di prodotti freschi, bevande e prodotti per la pulizia dovrebbero accettare che i consumatori portino i propri contenitori, con imballaggi lavati accuratamente naturalmente.

A questo proposito, in Italia è in corso un censimento nazionale dei centri del riuso e/o riparazione a cura di Danilo Boni, con l’aiuto tecnico informatico di Maurizio Bertinelli, e con il supporto del Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori e della rete di Zero Waste Italy. Il censimento, che riguarda i centri del riuso (comunali, intercomunali, privati) ma anche le diverse esperienze di centri di riparazione, è ancora in corso [qui il modulo].

Cura del design per la durabilità dei contenitori per il riuso

Esistono in commercio tantissimi tipi di contenitori per il riuso, basti pensare alla semplice borraccia: si trovano in plastica, vetro, alluminio o bambù. Ma al di là delle singole preferenze e al netto dell’impatto ambientale che ogni singolo oggetto che possediamo produce, quel che conta è che l’oggetto in questione garantisca il maggior numero di utilizzi possibile, assicurando al contempo una piacevole esperienza di consumo. Non bisogna neanche trascurare lo smaltimento della stessa: la borraccia non avrà vita eterna, magari si romperà e sarà necessario pensare al suo fine vita, e allora è importante che possa essere rigenerata o ricondizionata e facilmente riciclata; e in questo gioca un ruolo centrale il design.

Tornare indietro per andare avanti

Un altro aspetto fondamentale è la cosiddetta logistica inversa (reverse logistic). Tra le attività di logistica inversa rientrano il ritiro e la riconsegna dei contenitori, la gestione delle scorte e del monitoraggio e tracciamento del sistema.

A questo punto, in particolare per i sistemi che riguardano le stoviglie, avviene un passaggio fondamentale: quello del lavaggio. Come sappiamo, la pandemia sembra aver decelerato tutta una serie di pratiche volte alla sostenibilità, dai mezzi pubblici, ai servizi e beni in sharing e non in ultimo l’abbandono dell’uso e getta, esacerbato dai presidi medici necessari. Per quel che concerne il riuso, l’igiene quindi, già un tassello fondamentale nell’avvicinare i più scettici a questa pratica, deve essere impeccabile: garantire un lavaggio ed una sanificazione adeguata è diventato ora più che mai indispensabile.

Infine, la gestione dei rifiuti non è, come sappiamo, solo un problema tecnologico ma anche e soprattutto di organizzazione: dunque informare e formare i cittadini è fondamentale per chiudere il cerchio e condividere appieno una cultura del riuso in grado di tornare sui nostri passi, per andare avanti.

economiacircolare.com


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