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Gli Obiettivi dell’Agenda 2030 visti da vicino

“Agenda 2030. Un viaggio attraverso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”, analizza in modo puntuale gli SDGs per aiutare a comprendere i diversi temi relativi alla sostenibilità ambientale, economica e sociale




Agenda 2030. Un viaggio attraverso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile è il libro nato dalla collaborazione tra ASviS-Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile e Santa Chiara Lab dell’Università di Siena. I 17 capitoli del volume corrispondono ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, un programma d’azione per le persone, il Pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU.

La pubblicazione è nata nell’ambito di un progetto comune di Educazione allo Sviluppo Sostenibile con l’obiettivo di offrire un percorso di apprendimento tematico sui diversi temi relativi alla sostenibilità ambientale, economica e sociale di cui ciascun Goal è espressione.

Agenda 2030. Un viaggio attraverso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile contiene 25 contributi realizzati da 42 autori e autrici, in cui sono raccolti analisi e spunti di riflessione sui 17 SDGs. La pubblicazione intende fornire uno strumento di supporto a percorsi formativi sui vari temi dello sviluppo sostenibile in un’ottica di multidisciplinarità e di interconnessione tra i diversi argomenti affrontati. Il volume contiene anche riferimenti agli impatti della pandemia da Covid-19 che possono aver condizionato il raggiungimento dell’Agenda 2030.

Nel volume si parla di disuguaglianze e povertà, approfondite nell’ottica dell’equità e della giustizia sociale; sono approfonditi i temi inerenti a una sana alimentazione e nutrizione e alle buone pratiche di agricoltura sostenibile; sono analizzate le interazioni tra economia, felicità e benessere; si spiega, infine, il valore di un’istruzione di qualità e del raggiungimento della parità di genere ai fini dello sviluppo sostenibile.

Il testo esplora anche le tematiche relative alla sostenibilità delle risorse idriche, energetiche ed economiche; indaga gli aspetti caratterizzanti il fenomeno della mobilità e dell’immigrazione, delle disuguaglianze e della decrescita; evidenzia il ruolo rilevante ricoperto dalle imprese nel conseguimento della sostenibilità e nella promozione di modelli di produzione e consumo sostenibili; esamina il legame tra sostenibilità e sviluppo dei centri urbani; affronta il problema delle microplastiche e l’inquinamento dei fondali oceanici; illustra l’applicazione di soluzioni ecocompatibili grazie all’innovazione tecnologica; presenta i fondamenti biofisici e giuridici della sostenibilità, sottolineando infine l’importanza delle partnership globali per un’efficace attuazione dell’Agenda 2030.

Il rettore dell’Università di Siena, Francesco Frati, sottolinea il fatto che la sostenibilità è una delle direttrici strategiche dell’Università da oltre dieci anni. «La pubblicazione sarà sicuramente un utile supporto al nostro impegno per la formazione degli studenti sul tema, un impegno testimoniato da oltre 60 insegnamenti in 25 corsi di laurea di 12 diversi dipartimenti, oltre che da quattro corsi di laurea magistrale interamente dedicati alla sostenibilità in diversi ambiti. Inoltre l’Ateneo organizza, secondo un approccio transdisciplinare, il Corso sulla Sostenibilità, rivolto non solo a tutta la comunità accademica ma anche a partecipanti esterni, che nel 2017 è stato premiato come best practice degli atenei della RUS-Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile».

Gli fa eco Angelo Riccaboni, Presidente di Santa Chiara Lab – Università di Siena: «Promuovere una cultura della sostenibilità soprattutto nell’attuale fase di ripresa post pandemia richiede un impegno concreto per sensibilizzare, educare e formare giovani e adulti sulle sfide dello sviluppo sostenibile. A meno di dieci anni dalla realizzazione dell’Agenda 2030, l’acquisizione di adeguate conoscenze e competenze nell’ambito della sostenibilità riveste un ruolo più che mai decisivo per promuovere una partecipazione attiva, a livello globale, verso uno sviluppo equo, inclusivo e realmente sostenibile».

La pubblicazione è disponibile in versione digitale sulle pagine del sito ASviS (https://bit.ly/3hV3CTn) e del sito Santa Chiara Lab – Università di Siena (https://bit.ly/3xTh5QQ) dove è possibile consultarlo e scaricarlo gratuitamente.

fonte: www.rinnovabili.it


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Sviluppo sostenibile, Giovannini: “PNRR è strumento, non soluzione”



“Il Programma nazionale di ripresa e resilienza è uno strumento prezioso per accelerare la ripartenza sostenibile ma non è la soluzione a tutti i nostri problemi”. Lo dichiara il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini





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ASviS: proposte per il nuovo piano di ripartenza e resilienza - PNRR

Lo studio dell’ASviS valuta, alla luce dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, il Piano Nazionale Ripartenza e Resilienza, proposta dal precedente Governo e avanza proposte che potranno essere tenute in considerazione anche nell'attuale fase di revisione del Piano, per indirizzare tutte le risorse in un’ottica di sviluppo sostenibile




L’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) ha predisposto un suo documento di valutazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) elaborato dal precedente Governo (Governo Conte), in data 12 gennaio 2021, mostrandosi molto critica rispetto a quanto proposto. Ora sappiamo che questo documento è oggetto di nuova valutazione e rielaborazione ma può essere utile ricordare la posizione dell’Alleanza in merito alla transizione verde, tema di particolare attenzione per le Agenzie Ambientali, come la nostra.

A tale proposito, AsviS ricordava che nel PNRR e nella Legge di Bilancio mancava una visione strategica e dei progetti in grado di rispondere alle sfide climatiche con il livello di ambizione richiesto dall’Accordo di Parigi ed in linea con i nuovi target europei. Risultavano altresì assenti i temi fondamentali della tutela e ricostituzione del capitale naturale italiano, della biodiversità e dell’adattamento ai cambiamenti climatici. Non risultavano inoltre presenti misure che indichino obiettivi concreti e misurabili per l’implementazione del sistema delle Aree Protette e i progetti di ripristino degli ecosistemi naturali, la tutela delle risorse idriche e iniziative concrete in difesa del mare e di protezione dall’inquinamento.

Risultava poi assente una concreta attenzione allo sviluppo delle indispensabili conoscenze scientifiche per affrontare le sfide ambientali e al nesso con l’interesse primario di proteggere prosperità economica, benessere e sicurezza sociale.

L'ASviS consigliava di proiettarsi al 2030 seguendo le indicazioni della nuova Strategia europea per la biodiversità, ripristinando gli ecosistemi degradati al 2030 in una misura almeno del 30%, per dare concretezza all’obiettivo di “progredire verso un modello di crescita rigenerativa che restituisce al Pianeta più di quanto prende”, recentemente proposto dalla Commissione europea.

Un punto di criticità importante, secondo ASviS, riguardava le azioni per il clima, dove parevano privilegiati i vecchi progetti, destinando fondi insufficienti alla transizione. Questo è particolarmente evidente per le fonti di energia rinnovabili, ormai in stasi da cinque anni, e per le emissioni climalteranti, per le quali il Piano non sembra in grado di indirizzare investimenti adeguati verso la decarbonizzazione di industria, edilizia e trasporti.

Positive, invece, le misure per incentivare la mobilità elettrica pur in assenza di un piano generale per i trasporti e la logistica di riferimento per pianificare la mobilità sostenibile e la decarbonizzazione del settore dei trasporti.

Infine nel PNRR risultava assente anche una strategia per la decarbonizzazione del patrimonio edilizio e un piano per Taranto.

Speriamo che nella nuova elaborazione del PNRR, i suggerimenti proposti dall’Alleanza nel suo documento “Il piano nazionale di resistenza e resilienza, la legge di bilancio 2021 e lo sviluppo sostenibile. Esame dei provvedimenti e situazione dell'Italia rispetto ai 17 obiettivi dell'Agenda 2030“ siano tenuti in considerazione e possano contribuire alla presentazione di un piano in grado di innescare il cambiamento di cui abbiamo bisogno, auspicato anche a livello europeo.

Scarica "Il piano nazionale di resistenza e resilienza, la legge di bilancio 2021 e lo sviluppo sostenibile. Esame dei provvedimenti e situazione dell'Italia rispetto ai 17 obiettivi dell'Agenda 2030" proposto da ASviS

Guarda l'evento organizzato da ASviS il 9 marzo 2021

fonte: www.arpat.toscana.it


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Green deal? No politica industriale verde, no party

Non basta fissare obiettivi climatici, per quanto ambiziosi, se a questi non s’accompagna una rivoluzione manifatturiera in grado di portare lavoro e benefici socio-economici alla collettività

Senza una politica industriale, non può esserci alcun Green deal. È quanto sostiene lo studio “A green industrial policy for Europe” pubblicato dal Brussels european and global economic laboratory, ovvero Bruegel, un think tank politico economico internazionale con sede a Bruxelles. Ma perché? La tesi è più che condivisibile: “Le politiche energetiche e climatiche, da sole, non sono sufficienti per raggiungere la neutralità climatica fissata entro il 2050”.

Il punto, in buona sostanza, è che se gli interventi contro la crisi climatica si riducono a sole indicazioni normative in campo ambientale, anche stringenti, non si andrà mai da nessuna parte. I benefici, secondo Bruegel, devono essere anche economici e per la collettività. Serve che la transazione dalle fonti fossile a quelle a minor impatto ambientale porti posti di lavoro, benessere, in poche parole a un miglioramento complessivo della qualità della vita. E per far questo serve una politica industriale verde, che al momento di fatto non esiste.

Un Green deal di successo, come evidenzia l’ASviS (l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) nell’analisi del documento, “dovrà favorire importanti cambiamenti nella struttura economica europea, comprese le transizioni dai combustibili fossili alle energie rinnovabili, e dal diesel alle auto elettriche. Un cambiamento ampio e radicale per le nostre economie, oltre che un’importante trasformazione socioeconomica. Con il Green deal l’Ue riconosce che le politiche energetiche e climatiche da sole non sono sufficienti per perseguire la neutralità climatica. Ad esempio, una strategia basata solo sull’aumento del prezzo del carbone rimarrebbe sterile, soprattutto se fosse accompagnata da una rivolta popolare come si è verificato in Francia con il movimento dei gilets gialli. Solo una politica più ampia, che comprenda aspetti economici, industriali, fiscali, del lavoro, dell’innovazione e della politica sociale, può affrontare una sfida così importante”.

Ed ecco la proposta, almeno a grandi linee, dentro però a un’oggettiva difficoltà di trovare un punto di caduta: “La politica industriale verde deve conciliare gli obiettivi di decarbonizzazione con il benessere sociale. La mitigazione del cambiamento climatico diventa vincolante per il raggiungimento dell’obiettivo del benessere sociale.Una combinazione di obiettivi difficile da raggiungere contemporaneamente, soprattutto quando sono in conflitto, quando sono necessari dei compromessi e quando è necessario introdurre dei costi nel momento in cui uno degli obiettivi non viene raggiunto. Inoltre, continua il blueprint, la politica industriale verde necessita di un coordinamento più ampio con la politica climatica e con le altre politiche industriali”.

Come? Per Bruegel serve una forte coesione tra il pubblico e il privato: “È fondamentale sviluppare un solido quadro normativo accompagnato dall’applicazione della politica di concorrenza, che garantisca l’accesso a un mercato Ue unico e competitivo, con standard ambientali comuni. Per sviluppare una politica industriale verde di successo, l’Ue deve lavorare a stretto contatto con il settore privato. I partenariati pubblico-privato non riguardano solo il cofinanziamento di iniziative, ma anche la garanzia di accesso a competenze, conoscenze e informazioni. L’Unione europea dovrebbe essere più coraggiosa nel promuovere l’innovazione verde; questo richiede un’assunzione di rischi significativa da parte delle istituzioni pubbliche e l’accettazione del fatto che ci saranno fallimenti”.

Gli esempi positivi non mancano, e in particolare è di interesse anche per noi ciò che stanno facendo in Germania: il suo programma di transizione energetica, che si chiama Energiewende, ha introdotto un sistema di tariffe feed-in per promuovere l’energia rinnovabile. Le tariffe feed-in sono uno degli strumenti più comuni della politica sui cambiamenti climatici. Garantiscono ai produttori di elettricità rinnovabile un prezzo fisso superiore al prezzo di mercato. In genere, vengono utilizzate per promuovere la diffusione dell’energia solare ed eolica, riducendo l’incertezza commerciale attraverso l’individuazione di prezzi fissi nel lungo termine.

Un buon esempio, ma che per Bruegel è assolutamente insufficiente: tra il 1990 e il 2010, la Germania ha registrato performance più debole del settore della produzione di pannelli solari a causa della forte concorrenza cinese e alla mancanza di una politica industriale accomodante. Per questo se “l’obiettivo è la creazione di un’industria competitiva nazionale (…) è fondamentale sostenere anche la ricerca e lo sviluppo nel settore manifatturiero locale”. Un problema che storicamente attanaglia, e con maggiore intensità, anche il nostro Paese – dal fotovoltaico all’auto elettrica.

L’Europa, conclude il documento, è caratterizzata da una moltitudine di iniziative di politica industriale verde, intraprese a livello regionale e nazionale, ma è lontana dall’avere una vera e propria politica industriale verde coordinata a livello europeo. Non solo, “il nostro continente produce meno del 10% delle emissioni globali di gas serra (…)” e “per fare davvero la differenza in termini di protezione del clima, il Green deal deve guardare alle relazioni con i Paesi in via di sviluppo”.

fonte: www.greenreport.it

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Resilienza, sostenibilità e riforme, la via italiana al Piano per il Recovery fund

L’Asvis apre il festival dello Sviluppo sostenibile; per il portavoce Enrico Giovannini bisogna essere coerenti con le politiche nazionali. La vicepresidente della commissione Ambiente alla Camera Rossella Muroni: “Facciamo un ministero ad hoc come sintesi delle politiche necessarie al Paese. Mi piacerebbe che in Italia ci fosse un patriottismo verde”.





Il Piano italiano per il Recovery fund dovrà essere un intreccio di resilienza e sostenibilità, insieme con le riforme. E’ questa la richiesta del portavoce dell’Asvis (l’Alleanza italiana per lo Sviluppo sostenibile) Enrico Giovannini che ha alzato il sipario sul Festival dello Sviluppo sostenibile; lo slogan di questa quarta edizione è ‘Sostenibilità. E’ ora di agire’, e come le altre durerà 17 giorni, cioè come il numero degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

“L’impostazione che lega resilienza e sostenibilità, come definita dall’Agenda 2030 e dalle recenti linee programmatiche dell’Unione europea, deve essere recepita nel Piano che il governo sta preparando – ha osservato l’ex ministro – ma pensare che la trasformazione del nostro Paese possa essere realizzata usando solo le risorse del Next generation Eu sarebbe un errore. E’ indispensabile che il Piano nazionale sia coerente con le politiche finanziate con fondi nazionali”. Per esempio, “tagliare le emissioni di gas climalteranti del 55% rispetto al 1990 entro il 2030 richiederà forti investimenti e i 77 miliardi del fondo Next generation Eu che dovranno essere destinati alla lotta alla crisi climatica non saranno sufficienti. Obiettivi strategici approvati dalle istituzioni europee nel 2019, Semestre europeo, Piani nazionali integrati energia e clima, Foresight strategico, Next generation Eu, Piani nazionali di ripresa e resilienza sono i tasselli costruiti negli ultimi dodici mesi per far fare all’Unione e agli Stati membri un salto di proporzioni storiche verso lo sviluppo sostenibile e per rispondere alle sfide del XXI secolo”.

“In questo Paese ci sono delle enormi potenzialità – ha detto la vicepresidente della commissione Ambiente alla Camera Rossella Muroni, – abbiamo bisogno di formazione e informazione ma soprattutto abbiamo bisogno di molto coraggio, perché è proprio il caso di dire che ‘è ora di agire’. Spesso la politica ondeggia ed è titubante. Ma su questi temi non si può tentennare. Non ce lo possiamo più permettere. Quello che dobbiamo cercare di fare è rendere socialmente desiderabile questo cambiamento, come diceva Alex Langer. Dovremmo fare delle autostrade di rinnovabili, e invece ancora ci troviamo a parlare di stoccaggio di CO2 e nucleare pulito. E come dire, se il Fondo d’investimento BlackRock, una delle più importanti società a livello mondiale, punta sulla sostenibilità non significa che sono diventati dei pericolosi ecologisti; ma vuol dire che ha fiutato il futuro. Mentre il nostro Paese continua a ondeggiare. La lotta ai cambiamenti climatici, al dissesto idrogeologico non sono limiti ma sono un orizzonte di sviluppo; così come la trasparenza e la partecipazione del territorio sono elementi di successo per le aziende. Questo Paese deve credere nello sviluppo sostenibile, e deve farlo iniziando a investirci con le risorse necessarie”.

“L’Italia deve stare all’interno di un contesto internazionale – ha messo in evidenza Muroni – e naturalmente poi molto va fatto a livello locale. Perché la sostenibilità ambientale nel momento in cui diventa pratica territoriale non ha colore politico. La trasversalità dovrebbe metterci al riparo. Mi piacerebbe che si sviluppasse in Italia un patriottismo verde. E’ per questo che serve maggiore trasversalità; per esempio una cabina di regia con ministero dell’Economia, ministero dell’Ambiente, ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e ministero dello Sviluppo economico. E perché non fare di questa soluzione una sintesi: penso infatti che questo Paese avrebbe bisogno di un ministero dello Sviluppo sostenibile. E’ necessario riorganizzare il pensiero in maniera trasversale”.

Secondo l’Asvis “il Piano nazionale di ripresa e resilienza è l’occasione non solo per definire politiche coerenti nella direzione della sostenibilità economica, sociale e ambientale, ma anche per dotarsi di istituzioni in grado di programmare il futuro del Paese a lungo termine. Le risorse del Next generation Eu, insieme agli altri fondi europei e nazionali costituiscono un’opportunità senza precedenti, da non sprecare ma per realizzare questa sinergia è indispensabile uno sforzo istituzionale anch’esso senza precedenti, che coinvolga lo Stato, le Regioni e gli enti locali, le forze economiche e sociali, e tutta la società, compresi i giovani”.

fonte: www.rinnovabili.it


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L'Europa e l'Agenda 2030

AsviS analizza gli obiettivi di sviluppo sostenibile in Europa: molti migliorano ma si registrano peggioramenti su ecosistemi terrestri e cooperazione internazionale



L’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) ha elaborato alcuni indicatori compositi per misurare il posizionamento dell’Unione europea e dei singoli Stati membri rispetto ai 17 Obiettivi dell’Agenda 2030.

Dall’analisi di questi indicatori emerge che tra il 2010 e il 2017 nove obiettivi (salute, educazione, parità di genere, energia, occupazione, città, produzione e consumo, cambiamento climatico ed ecosistema marino) mostrano un miglioramento mentre ecosistemi terrestri e cooperazione internazionale registrano un peggioramento. Resta invariata la situazione per altri cinque obiettivi: povertà, fame, infrastrutture, disuguaglianze, pace e giustizia.

Per l’obiettivo acqua pulita e servizi igienico-sanitari non è stato possibile creare un indicatore composito per mancanza di dati.

Per quanto riguarda il confronto tra 2016 e 2017, ovvero gli ultimi due anni di osservazione, le tendenze sono diverse:
migliorano gli obiettivi 1, 2, 3, 4, 5, 8, 10, 11, 14 e 16,
stabili gli obiettivi 7, 9, 12, 13 e 17,
peggiora l’obiettivo 15.

Per gran parte degli obiettivi, si registrano situazioni molto diverse tra gli Stati membri.

Un’analisi degli obiettivi più propriamente ambientali ci mostra questo quadro:
l'obiettivo 7 (Assicurare l’accesso all'energia pulita, a buon mercato e sostenibile per tutti) mostra la più bassa variabilità tra i paesi, con il Portogallo con il valore più alto, solo 15,9 punti in più rispetto alla Polonia, il paese con il punteggio più basso. L'Italia è in quarta posizione, con un valore ben al di sopra della media europea;
per l'obiettivo 11 (Rendere le città e le comunità sicure, inclusive, resistenti e sostenibili), la distanza tra il primo posto (Irlanda) e l’ultimo (Romania) è di 34 punti. La performance dell'Italia è inferiore alla media europea;
l'obiettivo 12 (Garantire modelli di consumo e produzione sostenibili) è quello che mostra le maggiori disparità territoriali. Il divario tra Olanda ed Estonia, primo e ultimo classificato, è di quasi 45 punti. L'Italia è al secondo posto;
nell'obiettivo 13 (Fare un’azione urgente per combattere il cambiamento climatico e il suo impatto), Malta è al primo posto e il Lussemburgo ultimo, con un divario di 36 punti. L'Italia è tra le prime posizioni;
per l'obiettivo 14 (Salvaguardare gli oceani, i mari e le risorse marine per un loro sviluppo sostenibile), i Paesi Bassi sono i migliori, con 34 punti di vantaggio sulla Svezia, il paese con il punteggio più basso. L’Italia ha registrato una performance inferiore alla media;
per l'obiettivo 15 (Proteggere, ristabilire e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, la gestione sostenibile delle foreste, combattere la desertificazione, fermare e rovesciare la degradazione del territorio e arrestare la perdita della biodiversità), la Slovenia è in testa alla classifica, con un indicatore composito che è 33,7 punti maggiore della Polonia, il paese con il punteggio più basso. L'Italia è al di sopra della media europea.

Per approfondimenti leggi il Rapporto ASviS “The European Union and the Sustainable Development Goals”

fonte: http://www.arpat.toscana.it


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Sviluppo sostenibile, Asvis: segnali positivi, ma «ora si tratta di passare dalle parole ai fatti»

Il nuovo Governo e Commissione Ue hanno portato un cambiamento incoraggiante negli orientamenti politici, che rimane però tutto da concretizzare. Nel mentre rimangono «evidenti i ritardi in settori cruciali per la transizione verso un modello che sia sostenibile»




Gli ultimi mesi hanno prodotto un cambiamento positivo per la sostenibilità, in Italia come in Europa, almeno sul piano degli annunci e degli orientamenti politici: l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS), ovvero la più grande rete della società civile mai costituita nel nostro Paese, osserva che «il nuovo Governo ha introdotto la sostenibilità nell’agenda politica e le linee programmatiche includono alcune proposte avanzate proprio dall’ASviS», e anche il programma della nuova Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen «costituisce un “salto quantico” rispetto alle titubanze» dell’era Juncker. Si tratta di un giudizio diametralmente opposto rispetto a quello arrivato dall’ASviS l’anno scorso, ma è evidente che coi soli annunci si andrà poco lontano: «Ora si tratta di passare dalle parole ai fatti», scandisce il portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini.

«L’Italia deve fare la sua parte e prepararsi adeguatamente, così da poter beneficiare delle risorse che l’Unione europea investirà nella direzione della sostenibilità. È per questo – sottolinea Giovannini – che chiediamo con urgenza una legge annuale per lo sviluppo sostenibile, politiche integrate e azioni concrete a partire dalla prossima legge di Bilancio», dove tra i ddl collegati è atteso quello sul Green new deal. Anche perché dal rapporto annuale dell’ASviS presentato oggi a Roma emergono ancora «evidenti ritardi in settori cruciali per la transizione verso un modello che sia sostenibile sul piano economico, sociale e ambientale, e fortissime restano le disuguaglianze, comprese quelle territoriali. L’Italia resta quindi lontana dal sentiero scelto nel 2015, quando si è impegnata ad attuare l’Agenda 2030 e l’Accordo di Parigi per la lotta al cambiamento climatico».

Più nel dettaglio, nel suo percorso verso i 17 obiettivi dell’Agenda Onu si segnalano tra il 2016 e il 2017 (dove ad oggi si fermano i dati messi in fila dall’ASvis) miglioramenti nei due terzi dei casi (1, 2, 3, 4, 5, 8, 10, 11, 14 e 16), una sostanziale stabilità per cinque (7, 9, 12, 13 e 17) e un peggioramento per uno (15). Sembra un quadro tutto sommato positivo, che nasconde in realtà uno stallo su alcuni dei target più determinanti, come la lotta alla povertà o la diffusione dell’energia pulita.

Nel biennio 2016-2017 la povertà assoluta e quella relativa registrano entrambe il valore più alto di tutta la serie storica osservata (rispettivamente, 8,4% e 15,6% della popolazione), e tra gli individui in assoluto più colpiti ci sono i giovani: non solo l’Italia ha la quota di Neet (ragazzi che non lavorano, non studiano, non sono inseriti in un percorso di formazione) più alta dell’Ue, ma nella fascia 18-34 anni ci sono 1 milione e 112mila poveri assoluti, il valore più elevato dal 2005. Per questo da una parte l’ASviS ritiene «ormai indispensabile la creazione di una task force trasversale e interministeriale per definire un piano nazionale per l’occupazione giovanile in tempi stretti», e dall’altra chiede di rendere il reddito di cittadinanza «uno strumento effettivamente universale, coprendo la totalità della popolazione in povertà assoluta. L’erogazione del sussidio – precisa poi l’Alleanza – va accompagnata da un’adeguata offerta di servizi per l’avviamento al lavoro», cosa che ad oggi ancora non c’è.

Guardando invece all’energia pulita si nota che l’Obiettivo 7 indicato nell’Agenda Onu vede in Italia «una flessione negativa a partire dal 2014», causata dalla «riduzione della produzione di energia da fonti rinnovabili, che dopo aver raggiunto il suo valore massimo nel 2014, diminuisce di sei punti percentuali negli ultimi quattro anni». Un trend che non si è interrotto neanche nell’ultimo anno.

Per migliorare, su questi e tutti gli altri 15 fronti aperti lungo l’Agenda Onu, il rapporto ASviS è prodigo di consigli che possono ormai trovare sostegno in ampie fette della cittadinanza: «È importante segnalare in crescente impegno della società civile, delle imprese e del mondo della finanza, anche in Italia – conclude Giovanni – Lo sviluppo sostenibile si sta affermando sempre di più come paradigma per guidare le imprese nel trasformare i rischi in opportunità. Da parte sua, la società italiana, anche grazie all’impegno dei giovani, ha ormai preso coscienza dei problemi che abbiamo di fronte e domanda interventi urgenti, che operino una ‘giusta’ transizione ecologica, realizzata proteggendo i più deboli e riducendo le disuguaglianze». A difettare è ancora oggi il ruolo dello Stato, che deve indirizzare e declinare in modo concreto questa transizione, destinata altrimenti a rimanere al livello degli annunci.

fonte: www.greenreport.it

ASviS: al via la terza edizione del Festival dello sviluppo sostenibile














Il Festival dello sviluppo sostenibile, che si svolge in tutta Italia per ben 17 giorni, tanti quanti sono gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 sottoscritta da 193 paesi nel 2015, torna a coinvolgere imprese, società civile, istituzioni e cittadini proprio nel momento in cui l'interesse per il futuro del pianeta e dei sistemi economici e sociali raggiunge livelli mai visti finora, al punto che quasi l'85% degli italiani risulta a favore di politiche per lo sviluppo sostenibile (fonte: Fondazione Unipolis).
Il Festival 2019 sottolinea l'urgenza di un impegno forte, generale e condiviso, per cambiare il modello di sviluppo e produrre quella transizione necessaria per garantire la sostenibilità economica, sociale, ambientale e istituzionale e quindi un futuro di benessere a questa e alle nuove generazioni. E per fare questo l'ASviS, che con le oltre 200 organizzazioni aderenti è la più grande rete della società civile mai creta in Italia, chiama tutti a partecipare attivamente al Festival, in un momento cruciale per il futuro dell'Unione Europea
.Lotta al cambiamento climatico e transizione energetica, innovazione tecnologica e futuro del lavoro, lotta alla povertà e alle disuguaglianze, salute e sicurezza alimentare, educazione e formazione continua, cooperazione internazionale, infrastrutture e mobilità sostenibile, dialogo interreligioso e futuro dell'Europa, protezione dell'ambiente e sviluppo economico
Il Festival 2019 affronta le grandi sfide per l'Italia di oggi e di domani che sono al centro del dibattito culturale e politico, coinvolgendo i cittadini e, in particolare, i giovani.
Il claim del Festival 2019 "Mettiamo mano al nostro futuro" chiama tutti all'azione individuale e collettiva, dal mondo economico e imprenditoriale a quello della politica e delle istituzioni, dalle scuole alle università, dai cittadini agli operatori della cultura e dell'informazione.
 Dal 21 maggio al 6 giugno in tutto il Paese si terranno centinaia di eventi (convegni, seminari, workshop, mostre, spettacoli, eventi sportivi, presentazioni di libri, documentari ecc.) collegati agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Tutte le informazioni sono disponibili su: www.festivalsvilupposostenibile.it,  


fonte: https://www.greencity.it

Obiettivi di sviluppo sostenibile





















Nel 2015 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità che prevede 17 Obiettivi (Sustainable Development Goals, SDGs) per un totale di 169 ‘target’. Tutti i Paesi firmatari, tra cui l’Italia, si sono impegnati a raggiungere entro il 2030 questi traguardi che riguardano tutti gli individui e che interessano questioni importanti per lo sviluppo, dalla pace alla salute, dall’ambiente all’istruzione.
A livello europeo l’Eurostat monitora costantemente e valuta i progressi compiuti dall’Unione europea rispetto ai 17 obiettivi, pubblicando ogni anno uno specifico report; Eurostat propone anche una gamma di materiali complementari, tra cui
  • una breve brochure che fornisce una sintesi visiva dei principali risultati del rapporto di monitoraggio;
  • Esempio Italia nel portale SDGs & meuna pubblicazione digitale (SDGs & me) che aiuta il lettore a confrontare il proprio paese con gli altri (a fianco un esempio relativo all'obiettivo 15);
  • una serie di articoli specificisui singoli obiettivi;
  • una sezione del sito Web di Eurostat dedicata agli obiettivi di sviluppo sostenibile. 
Come si può vedere dall'infografica sotto riportata, l'UE ha compiuto progressi verso la maggior parte dei 17 obiettivi negli ultimi cinque anni. L’avanzamento per alcuni obiettivi è stato più rapido che per altri. I progressi più importanti sono stati fatti nel SDG 3 Salute e benessere, seguito dal 4 Istruzione di qualità e dal 7 Energia pulita e accessibile.
Progressi dell’UE verso i 17 SDG (ultimi 5 anni)Per altri otto SDG si sono compiuti miglioramenti moderati nel corso degli ultimi cinque anni: 11 Città e comunità sostenibili, 12 Consumo e produzione responsabili, 5 Parità di genere, 8 Lavoro dignitoso e crescita economica, 17 Partnership per gli obiettivi, 1 Sconfiggere la povertà e, in misura minore, 15 Vita sulla terra e 2 Sconfiggere la fame.
L’obiettivo 9 Imprese, innovazione e infrastrutture è caratterizzato da un numero uguale di sviluppi positivi e negativi degli indicatori. Basandosi sugli indicatori selezionati, l'UE sembra essersi allontanata dagli obiettivi di sviluppo sostenibile per l’SDG 10 Ridurre le disuguaglianze, a causa del continuo aumento delle disparità di reddito all'interno degli Stati membri. Per gli obiettivi 6 Acqua pulita e servizi igienico-sanitari, 13 Lotta contro il cambiamento climatico, 14 Vita sott'acqua e 16 Pace, giustizia e istituzioni solide non possono essere calcolate le tendenze a causa di dati insufficienti negli ultimi cinque anni.
In Italia a monitorare tutti gli anni la posizione del nostro paese nel raggiungimento dei 17 obiettivi - attraverso l’analisi di una serie di indicatori - ci pensa l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (AsviS).
Nel suo ultimo Rapporto, AsviS osserva come l’Italia, tra il 2010 e il 2016, sia peggiorata in cinque obiettivi di sviluppo sostenibile: 1, 8, 10, 11 e 15.
Obiettivi che peggiorano - Italia
Per altri quattro la situazione è rimasta invariata: 6, 7, 14 e 16. Migliorano, invece, gli obiettivi 2, 3, 4, 5, 9, 12, 13 e 17.
Oltre a fotografare la situazione italiana, il Rapporto 2018 analizza per la prima volta l’evoluzione delle regioni italiane rispetto al raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda 2030.
Ma come è possibile attuare e lavorare per il raggiungimento di questi obiettivi a livello locale? Numerose in questo senso sono le iniziative che si stanno mettendo in piedi, tra cui il progetto Change the Power – (Em)Power to Change, realizzato nell’ambito del programma EuropeAid/DEAR, finanziato dall’Unione Europea e di cui è partner anche l'Italia.
Obiettivo generale del progetto è infatti quello di sostenere le autorità locali nell’attuazione degli SDGs e favorire i cambiamenti nel comportamento dei singoli cittadini, attraverso l’educazione e la sensibilizzazione allo sviluppo sostenibile. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) si basano infatti sulla partecipazione e responsabilità locali, attraverso quindi anche l’impegno e il coinvolgimento effettivo dei cittadini.
Le attività di questo progetto si concentrano principalmente sugli SDG 11, 12, 13 e 17, tuttavia lo spirito degli SDGs è quello di funzionare nel suo complesso e raggiungere un obiettivo può essere considerato un successo solo se anche gli altri vengono raggiunti.
Per approndimenti sul tema visita anche il sito dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
fonte: http://www.arpat.toscana.it