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CETA, al via il comitato segreto sui pesticidi - Chiediamo trasparenza al Parlamento

La Campagna Stop TTIP/Stop CETA pubblica documento interno dell'UE con l’agenda dei lavori e lancia un appello: “La prossima settimana a Ottawa i nostri diritti saranno messi in discussione da un comitato tecnico non trasparente. I nuovi parlamentari intervengano subito"













ROMA, 21 marzo 2018 – Negare o autorizzare l'utilizzo di alcuni fungicidi, rimettere in discussione i veti nazionali sul glifosato, armonizzare le regole che consentono di importare o esportare alimenti tra Canada e Unione Europea. E il tutto senza il controllo dei Parlamenti, diretta espressione delle cittadine e dei cittadini europei. Accadrà tra pochi giorni, il 26 e il 27 marzo a Ottawa, quando si terrà la prima riunione del Comitato congiunto sulle misure sanitarie e fitosanitarie creato dal CETA, l'accordo di libero scambio concluso tra Unione Europea e Canada e in via di ratifica nei Parlamenti degli Stati membri, Italia compresa. Un comitato composto da rappresentanti della Commissione Europea, del Governo canadese, delle imprese e degli enti regolatori, senza alcuna traccia di organismi eletti.
Per denunciare la scarsa trasparenza di questi meccanismi, la campagna StopTTIP/StopCETA pubblica un documento ad accesso ristretto (“Limided”) trapelato dagli uffici della DG Sante della Commissione UE, che reca l’agenda del meeting a porte chiuse in programma lunedì e martedì prossimo.
Tra i temi all'ordine del giorno ve ne sono molti di stretto interesse per i cittadini e per i produttori agricoli, che però verranno trattati in segreto e fuori dal controllo diretto dei Parlamenti o della società civile. I tecnici europei e canadesi, insieme ai rappresentanti del settore privato, si scambieranno informazioni sulle nuove leggi che riguardano la salute animale e delle piante, così come sulle ispezioni e sui controlli. Discuteranno anche di linee guida che determineranno l’equivalenza tra prodotti europei e nordamericani, così come dell’impatto sulle importazioni causato dai limiti per le sostanze chimiche. All’ordine del giorno c’è poi il mancato rinnovo da parte dell’UE per i prodotti contenenti Picoxystrobin, un fungicida considerato altamente rischioso per animali terrestri e acquatici. Non basta: verranno prese in esame le differenze tra le misure europee sul glifosato e quelle nazionale. Dopo il rinnovo dell’autorizzazione per altri 5 anni da parte della Commissione Europea, infatti, alcuni Paesi hanno deciso, entro i loro confini, di varare norme più stringenti per l’uso di questo diserbante, accusato di essere probabilmente cancerogeno per l’uomo. Regole più dure, in definitiva, sono viste come un problema per il libero commercio, anche se tutelano consumatori ed ecosistemi. Toccherà al comitato tecnico capire come superare l’ostacolo del principio di precauzione. Stesso discorso per il commercio di animali vivi e carni, con la richiesta dei nordamericani di semplificare la certificazione dei loro prodotti.
"Il rischio che abbiamo preannunciato in questi anni di mobilitazione alla fine si realizza", sottolinea Monica Di Sisto, portavoce della Campagna italiana StopTTIP/StopCETA, piattaforma che coordina più di 200 organizzazioni nazionali e 50 comitati locali. Il CETA, nonostante si sia riusciti a fermarne finora la ratifica almeno in Italia grazie a una potente campagna di pressione insieme a organizzazioni come Coldiretti, CGIL , Arci, Arcs, Ari, Assobotteghe, Attac, CGIL, Fairwatch, Greenpeace, Legambiente, Movimento Consumatori, Navdanya International, Slowfood, Terra! e Transform, comincia ad attivare le sue commissioni tecniche inaccessibili a cittadini e eletti. 
“In una di esse, convocata a Ottawa il 26 marzo, si comincia a discutere della modifica di standard e regolamentazioni che difendono i nostri diritti a spese del commercio”, prosegue Di Sisto. “Come si può  leggere chiaramente dal documento ottenuto dalla Campagna StopTTIP/StopCETA, si delega a un gruppo di presunti portatori di interessi ed esperti, scelti non si sa come, il confronto su come armonizzare, abbassare, cancellare standard e regole inerenti la qualità dei prodotti alimentari o l'utilizzo di sostanze chimiche come i fungicidi. Un'ulteriore deriva che allontana le scelte più delicate e impattanti dagli occhi scomodi dei cittadini, nonostante siano proprio questi ultimi a subirne le eventuali conseguenze”.
Per questo, la Campagna Stop TTIP/Stop CETA lancia due richieste urgenti:
·         la prima ai parlamentari europei più impegnati, perché convochino la Commissione UE in audizione chiedendo spiegazioni sui contenuti di questo incontro e la piena trasparenza degli argomenti trattati;
·         la seconda ai neoeletti parlamentari italiani, che prenderanno posto nelle Camere rinnovate il 23 di marzo. Molti di loro hanno firmato il decalogo "#NoCETA - #Nontratto", per la costituzione di un gruppo interparlamentare Stop CETA. Ora esercitino il diritto al controllo in nome e per conto degli italiani, chiedendo conto al Governo ancora in carica e al Ministero dell'Agricoltura di quali indicazioni, richieste ed eventuali veti si è fatto interprete davanti alla Commissione Europea.
Che il loro intervento sia improrogabile lo dimostra il capitolo sui pesticidi dell'ultimo rapporto "Il CETA minaccia gli stati membri dell'UE", pubblicato pochi giorni fa dal centro di studi legali ambientali europeo CIEL (Center for International Environmental Law). Secondo lo studio*, infatti, l'applicazione dell'accordo porterà a una progressiva fluidificazione degli scambi commerciali in agricoltura, attraverso l'armonizzazione o la cancellazione di regole, molte delle quali a protezione dei consumatori e dell'ambiente. Uno scenario che, senza un controllo diretto da parte degli organismi eletti, rischia di diventare realtà. 
Contro questa marginalizzazione dal processo decisionale e contro i rischi del CETA si sono schierate gran parte delle forze politiche che entreranno in Parlamento il 23 marzo. La richiesta di una loro immediata attivazione viene anche da tanti territori. Come in Friuli, dove il giorno dell’insediamento, alle 15,30, in via Savorgnana è prevista una mobilitazione del Comitato StopTTIP/StopCETA, organizzata insieme a Coldiretti.

Monica Di Sisto 


MORIA DELLE API: STUDIO SHOCK DIMOSTRA CHE A PROVOCARLA SONO (ANCHE) I COMUNI FUNGICIDI

Moria delle api. E se lo spopolamento degli alveari, ma anche il declino dei bombi e degli insetti impollinatori in genere, dipendessero (anche) dall’uso smodato di fungicidi?


















È l’allarmante scoperta che arriva dagli Stati Uniti, dove gli esperti puntano il dito contro i più comuni fungicidi, in particolare contro il clorotalonil. Il modo in cui i fungicidi uccidano le api è ancora in fase di studio, ma gli studi fanno credere con molta probabilità che essi rendano ancora più aggressivo il parassita “nosema”, mortale per le api, o aggraveranno in ogni caso la tossicità di altri pesticidi.
Non si frena, dunque, il diffuso declino delle api e di altri impollinatori, estremamente preoccupante perché sono loro a fertilizzare circa il 75% di tutte le colture alimentari, con la metà delle impollinazioni effettuate da specie selvatiche. Pesticidi, distruzione dell'habitat, malattie e cambiamenti climatici sono tutti implicati nella moria delle api, ma sono state fatte relativamente poche ricerche sulla complessa questione dei fattori che causano il maggior danno.

Lo studio

Ora, la nuova ricerca pubblicata su Proceedings of the Royal Society ha analizzato – tramite metodi statistici di machine learning – il ruolo di 24 diversi fattori di possibile declino di quattro specie di bombi, rintracciati in 284 siti in 40 stati degli States. Questi includevano, tra gli altri, anche tipo di habitat, popolazione umana e uso di pesticidi.
Quel che è emerso è che in particolare il clorotalonil, il fungicida più utilizzato negli Stati Uniti (ma anche nel Regno Unito, dove è stato usato su 4,5 milioni di ettari di terreno solo nel 2016 - Fonte), era più fortemente legato al nosema, mentre l’uso generale di fungicidi era il miglior viatico di perdite di bombi.
Sono decisamente sorpreso – dichiara Scott McArt della Cornell University – perché i fungicidi finora sono stati praticamente trascurati”.
Eppure, alcuni studi dimostrano che i fungicidi possono rendere il nosema ancora più dannoso per le api, probabilmente uccidendo i microbi benefici dell’intestino.

Il modo in cui gli esseri umani gestiscono il paesaggio sta mettendo a repentaglio la vita delle api e mentre pare si stiano facendo progressi verso un divieto totale di pesticidi – come gli insetticidi neonicotinoidi –, anche un fungicida molto comune potrebbe anche essere causa di declino delle api selvatiche. Servono quindi nuovi urgenti nuovi studi”, dice Matt Shardlow della associazione Buglife.
Pesticidi, fungicidi e più che ne ha più ne metta insomma. Oramai prove su prove dimostrano il grave danno alle api causato dai neonicotinoidi, mentre una nuova ricerca mostra che la combinazione di neonicotinoidi e la riduzione delle scorte alimentari riducono la sopravvivenza delle api del 50%.
Un altro studio mostra che i neonicotinoidi riducono la sopravvivenza delle regine dei bombi e il tempo necessario per fissare il loro nido, il che probabilmente danneggerà la sopravvivenza a lungo termine della colonia.
La Commissione europea dovrebbe votare il divieto totale dei neonicotinoidi nei campi, che sono una serie minaccia anche per altre creature, proprio in questi primi mesi del 2018.
fonte: www.greenme.it

Scoperto un nuovo nemico delle api, la moria non si ferma













Non c'è pace per le api. Non solo i pesticidi e gli antibiotici ne minacciano la vita. Una nuova ricerca ha mostrato che anche i fungicidi utilizzati nei mandorleti sono molto pericolosi per questi preziosi insetti.
La nuova minaccia si chiama iprodione. Se usato da solo o in combinazione con altri fungicidi comuni, questa sostanza porta ad una significativa riduzione di 10 giorni del tasso di sopravvivenza di api (Apis mellifera).
Tutto ciò che vediamo in natura dipende, in qualche modo, da esse: sono essenziali per la riproduzione della maggior parte delle specie vegetali e, di conseguenza, per gli animali che ne traggono nutrimento. Il 75% delle colture del mondo dipendono dall'impollinazione. In altre parole: senza api non c'è vita.
Tuttavia, la loro esistenza è gravemente minacciata. Questi piccoli insetti stanno morendo a un ritmo del 30% annuo. Le cause sono svariate, dai cambiamenti climatici ai pesticidi. A queste si aggiunge un nuovo nemico: un fungicida la cui missione era di porre fine ai funghi che attaccano i mandorli ma che ha finito per diventare pericoloso per questo piccolo e prezioso animale.

Juliana Rangel e i colleghi del Dipartimento di Entomologia della Texas University, hanno testato gli effetti di fungicidi sulle api mellifere monitorando le differenze rispetto alle api non esposte a queste sostanze.

I risultati hanno mostrato un aumento significativo del tasso di mortalità tra le api esposte ai fungicidi rispetto alle altre. Gli insetti esposti alla concentrazione consigliata di iprodione morivano infatti a un tasso doppio o triplo entro 10 giorni. L'effetto era ancora più forte quando l'iprodione è stato combinato con altri fungicidi.

Non si conosce ancora da cosa derivi l'effeto negativo dei fungicidi sulle api.
“I nostri risultati possono contribuire a incoraggiare nuovi dibattiti sui trattamenti e cercare di trovare modi diversi per i trattamenti” ha detto Adrian Fisher II, autore principale dello studio.

Cosa possiamo fare per salvare le api?

Per proteggere questi insetti preziosi, dobbiamo prima di tutto conoscere ciò che può danneggiarle. Ad esempio, si possono evitare pesticidi ed erbicidi. O ancora preferire prodotti biologici e locali, per contribuire a ridurre l'uso di pesticidi. Nel nostro piccolo possiamo anche piantare alcuni fiori, che ne favoriscono la diffusione

fonte: www.greenme.it