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Basta NOx: per salvarci la vita dobbiamo cambiare mobilità

Per ridurre l’inquinamento atmosferico e tutelare la salute, servono trasporti sostenibili per noi e per l’ambiente. Parola dell’epidemiologa Carla Ancona.




Uno dei pochissimi effetti positivi innescati dal lockdown a causa della pandemia da coronavirus è stato il calo, soprattutto in pianura Padana, di molti inquinanti atmosferici tra cui i temibili NOx, gli ossidi di azoto, prodotti dalla combustione dei motori di autoveicoli e camion. Sigla che comprende genericamente sia l’ossido di azoto, NO, che il biossido di azoto, NO2. Quest’ultimo, gas bruno di odore acre e pungente è il più pericoloso per la salute umana, altamente irritante per il nostro apparato respiratorio. Tanto che altera le funzioni polmonari, innescando bronchiti croniche, asma ed enfisema polmonare.

Secondo i dati rilevati dalle agenzie regionali per l’ambiente, con il fermo della mobilità le percentuali di presenza nell’aria di NOx sono scese del 40 per cento. Un dato importante per la salute pubblica. Insieme al particolato fine, già cancerogeno secondo lo Iarc, e all’ozono troposferico, il biossido di azoto (NO2), infatti, è responsabile della mortalità precoce, ogni anno, di almeno 76.200 persone in Italia.

Ecco, quindi, come il blocco della mobilità si è rivelato un insperato sollievo per i polmoni di chi vive in aree cronicamente inquinate come la Lombardia, funestata, forse non a caso, anche dal coronavirus. “Le immagini satellitari dei mesi scorsi hanno anticipato una realtà più complessa, su cui agiscono anche i fattori metereologici. Ma un dato è certo: il crollo del traffico veicolare ha fatto diminuire la presenza di NOx nell’aria- sottolinea a LifeGate Carla Ancona, epidemiologa ambientale del Dipartimento di epidemiologia della regione Lazio. Valori che sono tornati a risalire con la riapertura, durante il mese di maggio, come le immagini del satellite Copernicus hanno già rivelato.
Senza traffico crolla la presenza di NOx nell’aria

I risultati della recentissima analisi Life PrepAir sulla qualità dell’aria nel bacino padano nelle settimane di emergenza coronavirus, lo confermano ampiamente. Secondo i dati forniti dalle Arpa di Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia, la diminuzione dei flussi di traffico automobilistico e commerciale ha fatto scendere del 30-40 per cento gli ossidi di azoto (NOx) e tra il 7 ed il 14 per cento il PM10.

“In quest’ultimo caso, bisogna ricordare – precisa Carla Ancona- che le riduzioni della circolazione degli automezzi sono state controbilanciate dalle emissioni dovute invece ai riscaldamenti”. Le sole emissioni che non si sono ridotte sono quelle dell’ammoniaca proveniente dalle attività agricole intensive e zootecniche, che non hanno subito variazioni durante il lockdown.





















































                                                                                                  












Effetti delle misure di contenimento del Covid-19 sui principali settori emissivi nel bacino padano © Life Prepair.
Se l’aria è malata aumentano patologie acute tra bambini e anziani

Intanto però, sottolinea Carla Ancona, “studi nazionali e internazionali sugli effetti a breve termine come il progetto EpiAir, o a lungo termine, come il progetto Escape, dicono che di inquinamento atmosferico si muore, non abbiamo bisogno di altre evidenze scientifiche. Nell’immediato, respirare aria inquinata, in corrispondenza dell’aumento di traffico stradale, porta ad un picco di accessi al pronto soccorso”. Tra i più colpiti, ribadisce l’esperta, troviamo i soggetti più fragili: i bambini con attacchi d’asma e gli anziani con l’aggravamento delle patologie respiratore. E tra gli effetti messi in relazione ai picchi di inquinamento, anche l’infarto acuto del miocardio.

E nel lungo termine le ricadute sono ancora più gravi. “Gli studi sull’esposizione di biossido di azoto, anche sulla popolazione romana hanno quantificato l’aumento di mortalità naturale, di patologie a carico dell’apparato cardio-respiratorio e tumori”, ribadisce l’epidemiologia. Che fare, quindi, ora, nella fase post-covid? Stando ai dati forniti dal rapporto Life-PreAir, nella sola Milano e in pianura Padana la riduzione della circolazione dei veicoli nel mese di marzo 2020 ha raggiunto l’80 per cento per le auto ed il 50-60 per cento dei mezzi commerciali e pesanti. Ma ora tutto, per le esigenze sociali ed economiche è tornato come prima.



Impatto delle misure di contenimento del Covid-19 sulle emissioni di PM10 e NOx nel bacino padano © Life Prepair


Si muore, sostengono gli epidemiologi

“Certo è un momento complesso, aggravato dall’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 ma, proprio per questo non possiamo fare altro che cambiare il nostro sistema di mobilità” sottolinea Ancona. Come già nei mesi scorsi epidemiologi quali Fabrizio Bianchi e Francesco Forastiere avevano denunciato a LifeGate, occorre agire in questo senso per limitare altri danni alla salute pubblica.

“Partiamo pure dalle biciclette che possano essere usate su piste ciclabili sicure”, spiega l’epidemiologa. Fino alle auto ibride o elettriche, a basse emissioni, specie nelle grandi città. “O anche riprendere a spostarci a piedi, nelle brevi distanze. A Roma il 50 per cento degli spostamenti in auto avviene nell’arco di 5 km”. Come ha documentato uno studio epidemiologico sull’area romana, l’inquinamento atmosferico può avere anche altre conseguenze gravi, sempre sui più piccoli: le elevate concentrazioni di NOx da traffico stradale hanno ricadute sui disturbi cognitivi dei bambini. 








































L’inquinamento atmosferico ha gravi impatti sulla salute. © WHO
Bisogna cambiare sistema di mobilità: lo dice anche il gruppo di ricerca del Gse

Intanto, lo scorso maggio il gruppo di Ricerca sul sistema energetico del Gse, la società a totale partecipazione pubblica del ministero dello Sviluppo economico sull’energia, ha cercato di quantificare gli effetti del lockdown sulla qualità dell’aria a Milano e in Lombardia. Anche i curatori del rapporto confermano che nelle settimane di maggiore restrizione si è potuta osservare, con il fermo degli automezzi, la drastica riduzione delle concentrazioni di NOx (NO2) pari almeno al 30 per cento; circa 20 μg per metro cubo. Senza ombra di dubbio, affermano gli esperti, “il miglioramento significativo della qualità dell’aria si ottiene a fronte di riduzioni molto significative delle emissioni stradali”. Per fare ciò occorre, quindi, “promuovere politiche di lavoro agile, facilitare l’accesso ai servizi, incentivando la digitalizzazione”. Favorendo gli spostamenti a piedi e in bicicletta, il car sharing e l’uso di mezzi pubblici. Così come un ulteriore beneficio deriverebbe dalla sostituzione delle auto attualmente in circolazione con veicoli a basso impatto ambientale.



Lo smog ha favorito il Covid-19? Parte lo studio Pulvirus

Intanto nelle regioni del bacino padano, dove maggiori sono stati gli effetti della pandemia, sempre in collaborazione con la rete del Progetto Europeo Life Prepair, è già all’opera un gruppo di ricerca che valuterà il discusso legame tra inquinamento atmosferico e pandemia. Si chiama Pulvirus ed è promosso da Istituto superiore di sanità, Ispra, Sistema nazionale protezione ambientale ed Enea. Focus dello studio sono le interazioni fisico-chimiche e biologiche tra polveri sottili e virus e gli effetti del lockdown sull’inquinamento atmosferico e sui gas serra.

fonte: https://www.lifegate.it




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Le correlazioni tra inquinamento atmosferico e Covid-19 spiegate dall’Università di Cambridge

«Con ogni probabilità gli elevati tassi di inquinamento in alcune regioni in Italia hanno contribuito ad accentuare il numero di morti, ma non bisogna dimenticare che gli studi non evidenziano gli esatti meccanismi che legano l’inquinamento al Covid-19. È necessaria maggiore ricerca»




La Medical research council (Mrc) Toxicology unit dell’Università di Cambridge ha pubblicato in via preliminare su MedRXiv uno studio volto a indagare i legami tra inquinamento atmosferico (misurato in termini di concentrazione di ozono a livello del suolo e NOx, in particolare biossido di azoto) e Covid-19 in Inghilterra. Una linea di ricerca che sta accumulando contributi da prestigiose università di tutto il mondo, ed è un bene perché il bisogno di ulteriori studi nel merito è alto: al momento la comunità scientifica non ha ancora maturato un ampio consenso sul tema, anche se gli indizi finora raccolti suggeriscono che l’inquinamento atmosferico peggiori gli impatti di Covid-19 sulla salute. Per capirne di più abbiamo contattato il ricercatore Marco Travaglio, tra gli autori della ricerca condotta all’Università di Cambridge.

Lo studio Links between air pollution and COVID-19 in England che ha condotto insieme al suo team all’Università di Cambridge ha rilevato che, in Inghilterra, un’elevata esposizione all’inquinamento atmosferico è associato a una più alta letalità di Covid-19. Pensa che una correlazione simile sia plausibile anche per il contesto italiano, dove le regioni più colpite dalla pandemia sono anche le più esposte all’inquinamento atmosferico?

«Sì, con ogni probabilità gli elevati tassi di inquinamento in alcune regioni in Italia hanno contribuito ad accentuare il numero di morti da Covid-19. Ci sono molteplici studi nella letterature scientifica cha attestano una correlazione tra livelli di inquinamento atmosferico e letalità di Covid-19. In Italia è stato dimostrato che le regioni maggiormente colpite da Covid-19 (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) sono tra le più inquinate in Europa, e lo stesso discorso è stato applicato ad altri contesti al di fuori dei confini nazionali. Ciononostante non bisogna dimenticare che gli studi sono correlativi e non evidenziano gli esatti meccanismi che legano l’inquinamento al Covid-19. Maggior ricerca è necessaria in questo settore per capire come l’infezione del virus possa essere aggravata dal contesto atmosferico a cui la popolazione è esposta».

Tra i vari fattori che incidono sulla letalità da Covid-19, quanto pensa sia rilevante l’esposizione a elevate concentrazioni di inquinamento atmosferico?

«Per quanto sia difficile esprimersi con esattezza basandosi su studi preliminari, ritengo che l’esposizione a elementi atmosferici inquinanti possa avere un peso considerevole sulla letalità da Covid-19. Nello studio prodotto da Harvard qualche settimana fa è stata osservato che alcune delle malattie che predispongono al Covid-19 coincidono con note patologie indotte da lunga esposizione ad agenti inquinanti. Questa osservazione è importante perché spiegherebbe un nesso causale tra inquinamento e Covid-19. Ciononostante, bisogna puntualizzare che in assenza di studi più dettagliati, è complesso raggiungere simili conclusioni. Per adesso, posso solo riconoscere che un’associazione esiste tra Covid-19 e l’inquinamento».

In Italia circa il 43% delle emissioni di NOx è attribuibile al traffico su strada, sebbene il suo contributo sia calato del 71% dal 1990, mentre negli ultimi trent’anni è in forte crescita (+36%) l’apporto del riscaldamento: sostituire la produzione di energia da fonti fossili con quella derivante da una fonte rinnovabile come la geotermia potrebbe contribuire a migliorare lo stato di salute delle popolazioni locali?

«Assolutamente. Come giustamente osservato, una delle maggiori fonti di NOx è la combustione di fonti fossili. Ciò significa che un aumento di energia derivante da questo processo non fa che aumentare i livelli di agenti inquinanti nell’aria. A prescindere dal Covid-19, è imperativo diminuire i livelli di emissione per proteggere la salute pubblica. Ovviamente se la nostra ipotesi si dimostra corretta e un nesso causale può essere stabilito tra inquinamento e Covid-19, mi auguro che questo possa portare a considerevoli cambiamenti nell’approccio dei vari governi alla tematica dell’inquinamento ed delle energie sostenibili. Forme di energia alternativa come la geotermia potrebbero rivelarsi fondamentali in futuro per salvaguardare non solo il pianeta ma la nostra salute».

Più in generale, l’origine della pandemia in corso sembra legata in profondità alla progressiva distruzione degli ecosistemi naturali, che espone il genere umano a un numero crescente di zoonosi: pensa sia una lettura corretta, dalla quale poter trarre una lezione?

«Sì, a mio avviso si tratta di una lettura corretta. Sta diventando sempre più evidente che la distruzione dell’ecosistema coincide con un maggiore contatto dell’uomo con varie specie animali. Questo facilita il fenomeno della zoonosi, laddove agenti patogeni vengono trasmessi da un organismo animale a quello umano. Non c’è da meravigliarsi considerato l’impatto che l’uomo ha avuto sui vari ecosistemi. Molte malattie epidemiche iniziano con zoonosi e, per quanto esista un sistema di sorveglianza delle zoonosi, gli eventi recenti legati al Covid-19 sono un triste esempio di come la nostra società non sia pronta a fronteggiare epidemie di tali dimensioni. È necessario agire velocemente ed investire risorse per lo sviluppo di vaccini contro queste malattie. La lezione da imparare da tutto questo è che gli ecosistemi vanno rispettati per evitare un aumento della trasmissione di agenti patogeni da forme di vita selvatiche a esseri umani».

fonte: www.greenreport.it


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Smog: ha vinto la lobby delle automobili!

smog Milano

Il 03 febbraio 2016, il Parlamento Europeo, chiamato su raccomandazione della Commissione ambiente a porre il veto sulla decisione con cui il 28 ottobre 2015 il Comitato Tecnico sui Veicoli a Motore  (TCMV) ha  più che raddoppiato il livello di NOx ammissibile per i diesel Euro 6 fino al 2020 e elevati poi del 50%, non ha raggiunto la maggioranza necessaria a rigettare la decisione del TCMV ed i livelli NOx per i veicoli Diesel sono stati in pratica stravolti.
Lo scenario che si disegna dopo questa mattina evidenzia la gravissima responsabilità del nostro governo che in sede Europea – nell’ambito TCMV - aveva proposto un innalzamento ancora superiore[1] dei limiti e che recentemente ha fatto pressioni sui nostri parlamentari perché non ponessero il veto alla decisione la cui legittimità istituzionale era fra l’altro stata esclusa da un autorevole parere.
In base all’Environmental Performance Index pubblicato pochi giorni fa dall’Università di Yale l’Italia è al 167 posto su 180 paesi al mondo per il livello di esposizione della popolazione all’NO2. L’NO2 nelle nostre città deriva in grandissima proporzione dalle emissioni NOx dei veicoli diesel che inoltre, combinandosi con i composti organici volatili, contribuisce alla formazione del PM2.5 e dell’ozono.
L’NO2 è un gas che provoca gravi danni alle membrane cellulari a seguito dell’ossidazione di proteine e lipidi (stress ossidativo) e riacutizza le malattie infiammatorie croniche delle vie respiratorie, quali bronchite cronica e asma, riduce la funzionalità polmonare, ed è fortemente indiziato di provocare danni all’apparato cardio-vascolare inducendo patologie ischemiche del miocardio, scompenso cardiaco e aritmie cardiache. Infine, ma non ultimo, un recentissimo ed importante studio italiano [1] riconduce all’esposizione del feto all’NO2 in gravidanza una riduzione significativa dello sviluppo cognitivo dei bambino. 
Queste sono le misure strutturali che ci si deve attendere dal governo di un paese che ha il peggior numero di morti premature in Europa da inquinamento atmosferico e 23000 anno circa solo per l’esposizione all’NO2. Inutile che i nostri Ministri facciano annunci di buone intenzioni di politiche interne – già esse ormai poco credibili per il reiterato inadempimento – se le politiche europee dell’Italia che davvero governano i cambiamenti strutturali vengono abbandonate alle bramosie di quella o quell’altra lobby”.
Non si azzardi d’ora in poi il nostro Governo a difendersi nella procedura Europea di infrazione in corso per violazione dei limiti sull’NO2 in corso lamentando che le emissioni di NOx dei diesel sono fuori controllo.
E’ ora che ognuno faccia il suo mestiere, con trasparenza e assunzione di responsabilità.
E la politica deve difendere i cittadini, non gli interessi di pochi.  Da quello che è accaduto oggi l’Italia, per il comportamento tenuto nella negoziazione dei test auto RDE ed il numero dei parlamentari convinti a non porre il veto, non può tirarsi fuori.
Cittadini per l’Aria Onlus chiede una riunione urgente sulle politiche dell’aria in Europa per l’Italia che, come dimostra la relazione  presentata oggi alla Commissione Ambiente della Camera  dal sottosegretario Gozi, non viene evidentemente considerata un tema degno di essere trattato con la necessaria attenzione e dedizione e che, al contrario, sono cruciali perché l’Italia esca dalla morsa dell’inquinamento atmosferico.
I prossimi mesi saranno importantissimi per le politiche dell’aria e il Governo Italiano può e deve dare una svolta. Nell’interesse dei cittadini che, non potendo scegliere l’aria che respirano, alla fine sono quelli che pagano il conto.

Ps: Segnaliamo che i dati della votazione di oggi sono pubblici
Questi i nomi dei parlamentari europei italiani che hanno votato contro il veto: GIOVANNI LA VIA, RAFFAELE FITTO, MARA BIZZOTTO, MARIO BORGHEZIO, GIANLUCA BUONANNO, LORENZO FONTANA, MATTEO SALVINI, LORENZO CESA, SALVATORE CICU, ALBERTO CIRIO, LARA COMI, HERBERT DORFMANN,  ELISABETTA GARDINI, FULVIO MARTUSCIELLO, BARBARA MATERA,  ALESSANDRA MUSSOLINI, ALDO PATRICIELLO, SALVO POGLIESE,  MASSIMILIANO SALINI,  ANTONIO TAJANI.
E questi si sono astenuti:  SIMONA BONAFE', CATERINA CHINNICI, SILVIA COSTA,  MICHELA GIUFFRIDA, LUIGI MORGANO.
[1] Si legge testualmente nelle conclusioni della nostra delegazione nel TCMV “per seguire un approccio bilanciato che tiene in conto le esigenze ambientali e di salute e salvaguarda i recenti investimenti Euro 6 sulla calibrazione del software occorre adottare un fattore di conformità non inferiore a 3 per il primo periodo. Con riferimento allo studio del JRC, ciò significherebbe che il 60 % dei test che oggi violano i limiti emissivi NOx rientrerebbero nel nuovo limite”.

Ritratto di Cittadini per l'aria
http://www.cittadiniperlaria.org