Visualizzazione post con etichetta #Pil. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta #Pil. Mostra tutti i post
Il tabù della decrescita
L’obiettivo di aumentare il Pil è incompatibile con la lotta ai cambiamenti climatici. Lo ha detto Giorgio Parisi, ma non ha avuto
Labels:
#AccordiClimaParigi,
#Ambiente,
#Cambiamento,
#CatastrofeClimatica,
#Clima,
#COP26,
#Decrescita,
#Greenwashing,
#Nobel,
#Pil,
#RiscaldamentoGlobale
Il diseducatore globale

Foto tratta dal Floker di European Central Bank
Una parte dei processi di devastazione dell’ambiente provocati dai cambiamenti climatici sono ormai irreversibili. Lo dicono anche i governi, adesso. Tutti però lo sapevano da almeno quarant’anni e hanno fatto orecchie da mercante. Perché mercanti sono: i governi, le imprese, i finanziatori e tutti i divulgatori – più o meno scientifici – al loro servizio, che portano gigantesche responsabilità sulle falsità e la diseducazione che hanno fatto prosperare per decenni. Oggi in Europa, con la progressiva eclissi di Merkel e Macron, il principale rappresentante di questo obnubilamento di carattere quasi psichiatrico dell’intelligenza, che consiste nel nascondere la testa di fronte al disastro immanente, è Mario Draghi. Il suo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, accoppiato agli altri fiumi di denaro che il governo ha deciso di spendere per “non lasciare indietro” nessuno degli aventi causa nella spartizione dei fondi europei, ha dimostrato di non voler deviare di una virgola da una visione che mette il PIL al primo posto. Tanto per ammettere che il pianeta brucia e che, per salvarlo, bisognerebbe fare scelte prima impensabili (e dunque ogni minuto è prezioso per poterlo spiegare al mondo intero) che fretta c’è?
L’IPCC, il gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici, scrive...
Labels:
#Ambiente,
#Cambiamento,
#Clima,
#Crescita,
#CrisiClimatica,
#CrisiEcosistemica,
#Degrado,
#Devastazione,
#Governi,
#GretaThunberg,
#Ipcc,
#PianetaTerra,
#Pil,
#PNRR,
#RapportoIpcc
Salvare la biodiversità significa salvare l’economia. Lo dice uno degli studi più importanti mai condotti sul tema
Includere la natura nel calcolo del pil, retribuire gli stati che tutelano gli ecosistemi. A proporlo è l’analisi sull’economia della biodiversità voluta dal governo britannico
In tutto il mondo il numero di insetti è in drammatico declino, con un tasso di estinzione otto volte più rapido di quello dei vertebrati © Sean Gallup/Getty Images
Non esiste prosperità economica senza un equilibrio con la natura
“Una crescita economica davvero sostenibile significa riconoscere che la nostra prosperità nel lungo termine fa perno sulla capacità di trovare un equilibrio tra la nostra domanda di beni e servizi naturali e la capacità da parte della natura di offrirli. Significa anche tener pienamente conto di qualsiasi impatto derivante dalle nostre interazioni con la natura, a ogni livello della società. La Covid-19 ci ha mostrato cosa può accadere quando non lo facciamo”, dichiara Partha Dasgupta tramite una nota.
Era giunto a conclusioni simili la Piattaforma intergovernativa scientifico-politica sulla biodiversità e gli ecosistemi (Ipbes), organismo intergovernativo indipendente accreditato dalle Nazioni Unite. Nel suo Global assessment pubblicato nel 2019 aveva infatti messo nero su bianco che “la biosfera, da cui dipende l’umanità nel suo insieme, subisce alterazioni di dimensioni inaudite”. E “il declino della biodiversità procede a ritmi più rapidi di quelli raggiunti in qualsiasi altra epoca della storia umana”. Qualche esempio? La degradazione del suolo ha ridotto la produttività del 23 per cento dei terreni. La scomparsa degli insetti impollinatori, compromettendo la produzione agricola, potrebbe tradursi in perdite monetarie annue comprese tra i 235 e i 577 miliardi di dollari. Circa un milione di specie animali e vegetali rischia l’estinzione.
Le proposte concrete per un’economia della biodiversità
Oltre a scattare una fotografia dell’allarmante situazione in cui ci troviamo, il report sull’economia della biodiversità suggerisce alcune soluzioni.
Per soddisfare le esigenze di una popolazione globale in crescita senza forzare i limiti del nostro Pianeta, innanzitutto, bisogna tutelare il capitale naturale – per esempio stabilendo altre aree protette o investendo nelle cosiddette nature-based solutions, soluzioni basate sulla natura – e cercare di riparare i danni fatti finora. “Nell’ambito dei pacchetti di stimoli fiscali a seguito della Covid-19, gli investimenti nel capitale naturale hanno il potenziale per assicurare un ritorno in tempi rapidi”, si legge nello studio.
“Una crescita economica davvero sostenibile significa riconoscere che la nostra prosperità nel lungo termine fa perno sulla capacità di trovare un equilibrio tra la nostra domanda di beni e servizi naturali e la capacità da parte della natura di offrirli. Significa anche tener pienamente conto di qualsiasi impatto derivante dalle nostre interazioni con la natura, a ogni livello della società. La Covid-19 ci ha mostrato cosa può accadere quando non lo facciamo”, dichiara Partha Dasgupta tramite una nota.
Era giunto a conclusioni simili la Piattaforma intergovernativa scientifico-politica sulla biodiversità e gli ecosistemi (Ipbes), organismo intergovernativo indipendente accreditato dalle Nazioni Unite. Nel suo Global assessment pubblicato nel 2019 aveva infatti messo nero su bianco che “la biosfera, da cui dipende l’umanità nel suo insieme, subisce alterazioni di dimensioni inaudite”. E “il declino della biodiversità procede a ritmi più rapidi di quelli raggiunti in qualsiasi altra epoca della storia umana”. Qualche esempio? La degradazione del suolo ha ridotto la produttività del 23 per cento dei terreni. La scomparsa degli insetti impollinatori, compromettendo la produzione agricola, potrebbe tradursi in perdite monetarie annue comprese tra i 235 e i 577 miliardi di dollari. Circa un milione di specie animali e vegetali rischia l’estinzione.
Le proposte concrete per un’economia della biodiversità
Oltre a scattare una fotografia dell’allarmante situazione in cui ci troviamo, il report sull’economia della biodiversità suggerisce alcune soluzioni.
Per soddisfare le esigenze di una popolazione globale in crescita senza forzare i limiti del nostro Pianeta, innanzitutto, bisogna tutelare il capitale naturale – per esempio stabilendo altre aree protette o investendo nelle cosiddette nature-based solutions, soluzioni basate sulla natura – e cercare di riparare i danni fatti finora. “Nell’ambito dei pacchetti di stimoli fiscali a seguito della Covid-19, gli investimenti nel capitale naturale hanno il potenziale per assicurare un ritorno in tempi rapidi”, si legge nello studio.
L’analisi entra anche nel merito di una questione ampiamente dibattuta: qual è la metrica più affidabile per misurare la crescita economica? Il pil è utile, sostiene lo studio, ma troppo lacunoso. Se gli stati vogliono dotarsi degli strumenti giusti per delineare le proprie politiche economiche, devono introdurre anche le risorse della natura nei loro sistemi contabili.
Infine bisogna ricucire una frattura. Quella per cui le comunità locali custodiscono conoscenze preziose sugli ecosistemi, ma a tenere le redini dei processi decisionali sono le autorità nazionali e internazionali, oppure le filiere produttive dell’industria. Quando gli ecosistemi sono entro i confini nazionali, come nel caso delle foreste tropicali, gli stati devono essere retribuiti perché li custodiscono per il bene di tutti. Quando invece ricadono in zone extraterritoriali, come nel caso degli oceani, bisogna imporre tariffe per il loro sfruttamento commerciale (che va proibito nelle zone troppo delicate a livello ambientale). Cambiamenti rilevanti, sottolinea lo studio, che diventano possibili solo se alla base c’è un profondo ripensamento del nostro sistema educativo e finanziario.
fonte: www.lifegate.it
#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897. Grazie!
=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria
È arrivato il momento di abbandonare il mito della crescita verde – MDF presenta la traduzione italiana di Decoupling Debunked
Il Mito Della Crescita Verde
Perché non è possibile disaccoppiare la crescita economica dalla crescita dell’impatto ambientale: prove e argomentazioni.
È con piacere che vi presentiamo la traduzione italiana del report “Decoupling debunked – Evidence and arguments against green growth as a sole strategy for sustainability” curata dai volontari del Movimento per Decrescita Felice e pubblicata oggi, in accordo con gli autori del documento originale.
SCARICA QUI IL REPORT IN ITALIANO
Lo studio è stato pubblicato in lingua inglese l’8 Luglio 2019 dall’European Environmental Bureau (EEB), una rete di oltre 143 organizzazioni con sede in più di 30 paesi, e si prefigge il dichiarato scopo di rispondere a quella che -a nostro parere- rappresenta la più importante domanda da porci oggi: “È possibile godere dei benefici della crescita economica e raggiungere allo stesso tempo la sostenibilità ambientale?”. Infatti nell’ultimo decennio, la crescita verde è stata chiaramente la narrazione politicamente dominante: le agende di ONU, Unione Europea e di molti paesi si sono basate sull’assunto che il disaccoppiamento dell’impatto ambientale dal PIL possa permettere in futuro una crescita economica infinita.
Attraverso una revisione sistematica della letteratura scientifica empirica e teorica, gli autori di questo report arrivano alla conclusione “prepotentemente chiara e deludente: non solo non ci sono prove empiriche per supportare l’esistenza di un disaccoppiamento della crescita economica dall’impatto ambientale, di un’entità anche solo prossima a quella necessaria ad affrontare il collasso ambientale, ma anche, e questo forse è ancora più importante, sembra improbabile che questo disaccoppiamento possa avvenire in futuro.”
Dato che anche noi, come gli autori, riteniamo che sia “urgente considerare le conseguenze di questi risultati nella definizione delle politiche”, abbiamo voluto tradurre e diffondere questo report che ci è sembrato allo stesso tempo chiaro nella trattazione quanto di elevata qualità nell’elaborazione scientifica.
La sfida globale per i popoli del mondo è quella di tentare insieme di perseguire lo scenario di mitigazione proposto dall’IPCC di +1.5°C e di attuare gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile; appare chiaro che l’unica soluzione ragionevole sia quella di “allontanarsi dunque per cautela dal perseguimento continuo della crescita economica nei paesi ad alti livelli di consumo. Più precisamente, le strategie politiche esistenti dirette all’incremento dell’efficienza dovranno essere completate dalla ricerca della sufficienza, cioè dalla diretta riduzione della produzione economica in molti settori, e dalla parallela riduzione dei consumi, il che permetterà insieme un’alta qualità di vita all’interno dei limiti ecologici del pianeta.”
Vi invitiamo dunque a scaricare, leggere e diffondere il più possibile questo documento, che in italiano abbiamo deciso di intitolare “Il Mito Della Crescita Verde – Perché non è possibile disaccoppiare la crescita economica dalla crescita dell’impatto ambientale: prove e argomentazioni”.
È stato per noi un piacere e un onore portare a termine questo progetto e contribuire al dibattito su di una tematica per noi centrale e di vitale importanza.
Questo rappresenta solo il primo passo verso una auto-formazione collettiva necessaria all’elaborazione di un immaginario nuovo.
SCARICA QUI IL REPORT IN ITALIANO
Per avere informazioni o organizzare eventi a riguardo non esitate a contattarci.
Ringraziamo qui pubblicamente coloro che hanno attivamente prestato servizio volontario alla traduzione di quest’opera:
- Traduzione:
- Marco Sacco (MDF Venezia),
- Ludovica Kirschner (MDF Venezia),
- Michel Cardito (MDF Brescia),
- Karl Krähmer (MDF Torino)
- Impaginazione:
- Elena Tioli (Responsabile Comunicazione MDF)
- Revisione:
- Ludovica Kirschner (MDF Venezia),
- Silvio Cristiano (Esterno)
Ringraziamo inoltre e gli autori e gli scienziati che hanno contribuito con il loro pensiero e il loro lavoro alla stesura del report originale.
Vi lasciamo infine con il messaggio di speranza contenuto negli ultimi capoversi del report, con l’augurio che questo possa raggiungere più persone possibile:
“Negli ultimi due decenni, i movimenti nel nord del mondo (città in transizione, decrescita, ecovillaggi, città lente, economie sociali e di solidarietà, economie per il bene comune) hanno iniziato a organizzarsi attorno al concetto di sufficienza, e potrebbero ispirare un approccio politico trasversale. Quello che dicono è che “di più non è sempre meglio” e che in un mondo in emergenza climatica, abbastanza può essere abbondanza. Come sostenuto da molti di questi attori, la scelta della sufficienza non è una scelta di sacrificio, disoccupazione, crescente disuguaglianza, povertà e riduzione dello Stato sociale. E’ invece la scelta di un’economia equa, che rimanga all’interno delle capacità di carico della biosfera o, come è stata definita nel 7° programma di azione ambientale dell’UE, “vivere bene entro i limiti ecologici del pianeta”. Ascoltando queste opzioni alternative, dovremmo riformulare del tutto il dibattito: ciò che dobbiamo disaccoppiare non è la crescita economica dalle pressioni ambientali ma la prosperità e la “bella vita” dalla crescita economica.
Questo lavoro evidenzia la necessità di una nuova cassetta degli attrezzi concettuale per influenzare le politiche ambientali. In questa prospettiva, sembra urgente che i responsabili politici prestino maggiore attenzione e sostengano le diverse alternative alla crescita verde già esistenti. Trarre insegnamenti dalla diversità delle persone e delle cornici teoriche che in questo momento sono impegnate nell’immaginare e attuare modi di vita alternativi è un modo promettente per risolvere ciò che percepiamo come una crisi dell’immaginazione politica. Il successo di tale iniziativa è importante, perché c’è in gioco a dir poco il futuro dei nostri figli e nipoti, per non dire dell’intera civiltà umana in quanto tale.”
Il Direttivo, i soci e le socie del Movimento per la Decrescita Felice
fonte: http://www.decrescitafelice.it
Iscriviti a:
Post (Atom)