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Eolico offshore in Italia: 900 MW al 2030 sono troppo pochi

ANEV, AIEE e FREE hanno fatto il punto sugli scenari nazionali connessi allo sviluppo dell’eolico in mare, chiedendo una maggiore ambizione per il futuro a medio termine.



Le turbine galleggianti hanno riacceso le speranze eoliche di tanti paesi fino ai ieri tagliati fuori dalla tradizione tecnologia offshore. Tra questi c’è anche l’Italia i cui alti fondali hanno fino ad oggi rallentato lo sviluppo delle wind farm in mare. Anche se, ad essere onesti non è stata la tecnologia il più grande ostacolo all’eolico offshore in Italia. Dei noti e delle soluzioni in cui si muove oggi il comparto si è parlato in occasione del webinar organizzato stamane dalle associazioni ANEV, AIEE e FREE; un appuntamento dedicato agli aspetti economici e tecnici connessi allo sviluppo dell’eolico offshore in Italia tra potenzialità e problemi pratici.

Come ricordato da Simone Togni, Presidente del ANEV, l’attuale transizione ecologica rende oggi necessario il ricorso all’energia del vento “in tutte le sue applicazioni”. “L’eolico offshore ha un buon potenziale nel mediterraneo e in Italia – ha spiegato Togni – anche grazie alle nuove tecnologie flottanti. Ma per far sì che il settore possa portare tutti i suoi benefici, è necessario attuare una transizione burocratica […] intervenendo con opere di velocizzazione e semplificazione sia rispetto all’iter autorizzativo, sia riguardo alla connessione alla rete. Il settore eolico offshore italiano è pronto a portare in Italia i benefici connessi a tale tecnologia innovativa, nel rispetto dei protocolli e delle regole più rigorose di tutela e salvaguardia dell’ambiente, del paesaggio e della fauna marina”.

“Il PNIEC indica come obiettivo al 2030 la realizzazione di 900 MW di eolico offshore” ha dichiarato Carlo Di Primio, Presidente di AIEE. “Per un Paese con alcune migliaia di km di costa non sono certamente numeri importanti […] Certamente, rispetto a paesi come la Gran Bretagna, l’Olanda o altri paesi che si affacciano sui mari nordici l’Italia non può vantare le stesse potenzialità. È importante però che cerchi di trarre anche da questa tecnologia il massimo contributo ottenibile per lo sviluppo dell’energia rinnovabile e dell’economia green”.

“Il tema dell’eolico offshore è importante sia per il percorso di decarbonizzazone dell’Italia che è in netto ritardo sugli obiettivi Ue, sia per un discorso di nuove filiere industriali” afferma Livio de Santoli, Presidente del Coordinamento FREE. “E’ necessaria, in questo quadro una revisione urgente e spedita del PNIEC che deve essere coordinato con il PNRR”. Secondo de Santoli, il nuovo Piano dovrebbe moltiplicare di un fattore 2,5 i 10 GW installati ora e di questi 6 GW saranno off-shore. “Con gli ottomila chilometri che possediamo e con le nostre tipologie marine non possiamo copiare il Nord Europa ma dobbiamo sviluppare una filiera industriale autonoma” con “aerogeneratori off-shore specifici per la realtà del Mediterraneo. Oltre ciò per sviluppare una filiera italiana è necessario affrontare la questione delle autorizzazioni, perché l’innovazione nel settore delle rinnovabili è rapida e se ci si mettono due o tre anni solo per l’iter autorizzativo l’installazione di tecnologie obsolete è una certezza”.

fonte: www.rinnovabili.it


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CEN: abrogare le norme che ostacolano l'economia circolare

Circular Economy Network, la rete creata da FSS e da 14 imprese e associazioni di imprese, chiede che vengano abrogate le norme che ostacolano la trasformazione, dopo idoneo trattamento, di un rifiuto in materia riutilizzabile






Il CEN-Circular Economy Network, la rete creata dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e da 14 imprese e associazioni di imprese, chiede che nello strumento legislativo di semplificazione annunciato dal governo vengano abrogate le norme che ostacolano la trasformazione, dopo idoneo trattamento, di un rifiuto in materia riutilizzabile, rispettando così la direttiva europea. Lo si legge in una nota diffusa dall’organizzazione stessa.

Nella legge 2 novembre 2019 n. 128, di conversione con modifiche del Decreto Legge 3 settembre 2019 n. 101 che regola la trasformazione dei rifiuti in nuova materia, infatti, sono state inserite delle norme, in materia di controlli, che rendono macchinoso e incerto il processo che è alla base dell’economia circolare. L’articolo 14 bis consente alle Regioni, nei casi non regolati a livello europeo o con decreto ministeriale nazionale, di autorizzare caso per caso la cessazione della qualifica di rifiuto, applicando sia le condizioni sia i criteri dettagliati stabiliti dalle direttive europee in materia. Queste autorizzazioni caso per caso sono necessarie per non fermare importanti e innovative attività di riciclo, visti i tempi lunghi diversi anni dei decreti ministeriali End of waste. Nei commi dal 3 bis al 3 sexies però - avverte il CEN - si aggiunge un ulteriore regime speciale di controlli, tanto farraginosi quanto inutili, che portano a una procedura complessa, non prevista dalla Direttiva europea in materia né da altri Stati europei, creando così incertezza sull’efficacia delle autorizzazioni rilasciate dalle Regioni e scoraggiando nuovi investimenti.

"È una contraddizione rispetto allo spirito e al testo delle direttive europee e alle intenzioni manifestate dal governo in tema di economia circolare”, dichiara Edo Ronchi, presidente del CEN. “In questo modo si fa un passo avanti e due indietro, rischiando di paralizzare un settore indispensabile per il rilancio dell’economia italiana. C’è inoltre la concreta possibilità di aprire conflitti tra il sistema ISPRA - ARPA e le Regioni, poiché si attribuisce a un organo tecnico-strumentale la possibilità di contestare una decisione politico -amministrativa delle Regioni e di proporne l’annullamento al Ministero dell’Ambiente”.

”Se si vuole favorire la ripartenza e lo sviluppo dell’economia circolare, uno dei punti di forza tradizionali del sistema Italia - aggiunge Ronchi - occorre agire eliminando le incertezze e le cavillosità che frenano lo sviluppo della green e della circular economy. Chiediamo quindi che nello strumento di semplificazione burocratica previsto vengano abrogati i commi dal 3 bis al 3 sexies dell’articolo 14 bis della legge 2 novembre 2019, n.128: siamo l’unico Paese a imporre un regime di doppio controllo. La fase di rilancio auspicata ha bisogno di norme chiare e di un sostegno ad attività che migliorano la bilancia commerciale del Paese, creano occupazione e consentono di recuperare risorse strategiche”.

Hanno aderito alla proposta 33 organizzazioni di impresa: Circular Economy Network, Conai, Ecodom, Cobat, Ecopneus, Federbeton, Aitec, Angam, Assorem, Assocarta, Federazione Carta E Grafica, Cdcraee, Assovetro, Associazione Firi, Legacoop Produzione E Servizi, Assorimap, Assolombarda, Cna, Conoe, Aira, Coreve, Utilitalia, Consorzio Carpi, Assofermet, Cdcnpa, Coldiretti, Consorzio Ricrea, Conip, Fise Unicircular, Fise Assoambiente, Confcooperative, Remedia, Greentire


fonte: https://www.e-gazette.it/


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