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In Siberia oltre alla neve scendono dal cielo le microplastiche

 

Neve e microplastiche dai cieli della Siberia: un gruppo di ricerca della Tomsk State University (Russia) ha riferito di aver trovato neve inquinata da microplastiche che poi si scioglie e si infiltra nel terreno. Le indagini sulla portata della minaccia per l’ambiente (l’ennesima) sono in corso.

Gli scienziati hanno raccolto campioni di neve da 20 diverse regioni della Siberia, dalle montagne dell’Altai all’Artico, e i loro risultati preliminari confermerebbero come le fibre di plastica trasportate dall’aria si stiano infiltrando nella neve anche in zone molto remote della natura. Anche se la concentrazione più alta è stata rilevata vicino alle strade, dove vengono registrate in grandi quantità microparticelle di pneumatici per automobili.

Lo studio è partito raccogliendo e analizzando l’acqua piovana e la neve nelle vicinanze di Tomsk nell’autunno del 2020, quindi si sono effettuati campionamenti di neve su larga scala tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo perché durante questo periodo il manto nevoso è più spesso. Il percorso di rilevamento ha incluso punti in diverse regioni dal Gorno Altai (Biysk, Belokurikha) all’Artico (distretto di Tazovsky) e in ogni punto i campioni sono stati prelevati tre volte per l’elaborazione statistica dei dati.

I primi risultati dell’analisi delle precipitazioni atmosferiche raccolte vicino a Tomsk hanno mostrato come queste contenessero soprattutto fibre, mentre frammenti di forma irregolare e microsfere sono stati trovati in quantità minori. Ciò è dovuto al basso peso delle particelle, che facilita il loro spostamento da parte delle masse d’aria.

“Le persone usano la plastica da oltre un secolo e mezzo – spiega Yulia Frank, che sta partecipando alle ricerche – I polimeri sintetici non si degradano in modo efficiente e molti Paesi non sono ancora attrezzati per la raccolta e l’utilizzo mirato di questo materiale, quindi si accumulano nell’ambiente sempre più microplastiche prodotte dalla sua degradazione. È noto che una quantità significativa di microplastiche finisce nell’acqua dolce e nei sistemi marini e anche la nostra ricerca lo conferma”.

Purtroppo infatti questo è davvero l’ennesimo studio che mette in guardia il mondo dall’utilizzo massivo della plastiche, che comportano la dispersione nell’ambiente di frammenti minuscoli (generalmente più piccoli di un millimetro fino a quelli di livello micrometrico). Un recente studio ha calcolato come si siano depositate (irrimediabilmente) 14 milioni di tonnellate di microplastiche sul fondo dell’oceano.





L’inquinamento è ormai alle stelle e passa nella catena alimentare: la presenza di microplastica è stata documentata infatti in organismi marini appartenenti a specie diverse e anche con differenti abitudini alimentari. Tutti, nessuno escluso, avevano in qualche modo ingerito i minuscoli e dannosi frammenti di plastica, dalle specie planctoniche agli invertebrati, fino ai predatori.

Viste le loro piccole dimensioni, le microplastiche vengono ingerite anche attraverso la filtrazione o mangiando le prede. E finiscono quindi sulle nostre tavole, ricche di specie provenienti dalle acque.



©Reuters

Mari e oceani sono dunque talmente pieni di microplastiche che, purtroppo, ci si poteva attendere di vederle “tornare” anche dal cielo, essendo ormai parte del ciclo dell’acqua.


“È chiaro che non sono solo i fiumi e i mari a far circolare le microplastiche in tutto il mondo, ma anche il suolo, le creature viventi e persino l’atmosfera”, commenta a Reuters la Frank.

Il prossimo passo sarà valutare la concentrazione di microparticelle sintetiche nella precipitazione solida e liquida. E si temono risultati preoccupanti (di nuovo).

Fonti di riferimento: Tomsk State University / Reuters

fonte: www.greenme.it


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38 gradi in Siberia: l’umanità farà la fine della rana bollita?

Chi si occupa di ambiente normalmente conosce la storiella della rana che, messa in una pentola inizialmente fredda e fatta cuocere, non si accorge dei mutamenti lenti di temperatura e quando la situazione si fa drammatica, è così indebolita e incapace di reagire che finisce bollita. Mai esempio è stato più calzante per l’umanità, che si comporta come la rana bollita.



Chi si occupa di ambiente normalmente conosce la storiella della rana che, messa in una pentola inizialmente fredda e fatta cuocere, non si accorge dei mutamenti lenti di temperatura e quando la situazione si fa drammatica, è così indebolita e incapace di reagire che finisce bollita. Mai esempio è stato più calzante per l’umanità, che si comporta come la rana bollita.

Assistiamo a vere emergenze e disastri climatici che dovrebbero farci schizzare immediatamente fuori dalla pentola e invece, rigorosamente minuti di mascherine e ben disinfettati, ce ne rimaniamo immobili.

In Siberia, all’interno del circolo polare artico, si sono toccate in questi giorni temperature di 38 gradi: la sola notizia dovrebbe terrorizzarci, altro che coronavirus... E invece la notizia passa in centesimo piano, a noi mica interessano queste sciocchezzuole per ambientalisti...

Così, dopo le ventimila tonnellate di gasolio sversate nel fiume Ambarnaya della stessa Siberia e gli incendi apocalittici dello scorso anno, si profila una situazione che definire drammatica è un eufemismo. Ricordo tempo fa un giornalista italiano, invitato costantemente alla televisione, affermare che se nella sua città del nord fosse aumentata la temperatura, lui se ne sarebbe strafregato; anzi, per lui era persino meglio, avrebbe fatto un po’ più caldo.

Così l’umanità, che dà spazio e voce a gente simile e che non sta facendo praticamente nulla per fermare la vera catastrofe, si avvia verso la bollitura assicurata.

Infatti assisteremo a reazioni a catena di dimensioni che vanno al di là di ogni immaginazione e che anno dopo anno saranno sempre più devastanti. Aspettarsi che chi detiene il potere economico e politico cambi di sua spontanea iniziativa, e intervenga con decisione, non è più nemmeno una pia illusione, è fantascienza. Questi soggetti, con tanto di media prezzolati e inginocchiati senza il servizio dei quali non potrebbero operare così efficacemente, faranno finta di fare qualcosa, si tingeranno di verde, faranno proclami altisonanti ma sanno perfettamente che invertire la rotta significa perdere potere e soldi e questo non lo accetteranno mai; piuttosto rimarranno incollati alle poltrone e abbracciati alle casseforti mentre colano a picco ma di sicuro non molleranno la presa.

Il sistema di crescita e rapina è infatti ormai alla deriva in lotta costante con natura e persone per cercare di sopravvivere ad ogni costo. Per far rimanere acceso qualche lumicino di speranza, non rimane che costruire delle società Arche che portino almeno in salvo chi si sarà preparato per tempo. Bisogna costruire un sistema completamente nuovo che renda il vecchio non solo obsoleto, per parafrasare il grande Richard Buckminster Fuller, ma anche sgradevole e poco attraente. Chi difatti può desiderare una società realizzata da criminali suicidi in continua lotta fra loro per spartirsi le ultime briciole del pianeta Terra in fiamme? E’ quindi necessario riabitare e fare rinascere territori abbandonati o comunque fuori da grandi centri, ove applicare il più possibile sistemi di autosufficienza energetica e alimentare, costruendo una economia e società alternative, non basata sulla impossibile crescita infinita su di un pianeta dalle risorse finite ma sulla salvaguardia di persone e ambiente. Lavorare poi tutti e lavorare meno, privilegiando lavori etici e ambientalmente compatibili. Ridurre gli sprechi in tutti i campi, aiutarsi e cooperare piuttosto che competere, laddove non c’è nessun vincitore ma solo perdenti. Impossibile? Utopia? E’ la sola realistica e fattibile strada da percorrere se non si vuole rimanere in balia di criminali e vedere il pianeta collassare, rigorosamente proiettato con qualità eccellente sui nostri telefonini di ultimissima generazione. Uniamo forze e capacità per costruire l’alternativa, basta chiacchiere, basta bizantinismi, inutili e sterili dibattiti sul nulla, basta anche delle ormai inutili passeggiate per le strade o interventi a convegni internazionali chiedendo di agire a chi non lo farà mai. E’ ora di mobilitarsi in prima persona, aspettare e delegare la propria vita e le proprie scelte partorisce solo mostri.

Paolo Ermani

fonte: https://www.ilcambiamento.it



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