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Il Green Deal Europeo e gli impatti sul settore marittimo



Il Green Deal Europeo nasce dal desiderio dell’Unione Europea di rendere, finalmente, operativa la volontà espressa in vari contesti di ridurre le emissioni dei gas serra alla base del riscaldamento globale.

Il tema è stato affrontato con un certo impegno a livello globale per la prima volta durante la Conferenza sull’Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNCED), informalmente conosciuta come “Summit della Terra”, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992. Il trattato siglato in quell’occasione, noto anche come “Accordi di Rio”, non poneva limiti obbligatori per le emissioni di gas serra alle singole nazioni, rimandando ad ulteriori atti (denominati “protocolli”) la possibilità di definire dei limiti per la sua produzione.

Agli accordi di Rio sono seguiti: il protocollo di Kyoto, pubblicato nel dicembre 1997 nella omonima città giapponese da più di 180 Paesi ed entrato in vigore in febbraio 2005; l’accordo sul clima noto come “Accordi di Parigi” firmato nel dicembre 2015 da 195 paesi di tutto il mondo ed entrato in vigore in novembre 2016. È solo a partire dagli “Accordi di Parigi” che si è cercato di responsabilizzare ogni singolo Paese del mondo sulla necessità di fare di più e meglio per ridurre le emissioni di gas serra: mantenere l’aumento di temperatura globale inferiore ai 2 gradi centigradi, e compiere sforzi per mantenerlo entro 1,5 gradi.

Per rispettare questo limite l’Unione Europea, con la pubblicazione dell’Energy Roadmap 2050 nel dicembre 2011 da parte della Commissione Europea, si è impegnata a ridurre le emissioni di gas serra dell’80%-95% entro il 2050, rispetto ai livelli del 1990, ed a rispettare obiettivi intermedi per il 2030 e il 2040.

Il “Green Deal Europeo” è l’insieme di iniziative politiche proposte dalla Commissione Europea per tradurre in azioni concrete quanto previsto per fare dell’Europa il primo continente a impatto climatico zero: non tratta solo di emergenza climatica, ma prende in considerazione tutti i settori dell’economia, in particolare i trasporti, l’energia, l’agricoltura, l’edilizia e settori industriali quali l’acciaio, il cemento, i prodotti tessili e le sostanze chimiche. Per realizzare gli obiettivi sono previsti investimenti notevoli, fino a 260 miliardi di Euro annui aggiuntivi, per supportare azioni in tutti i settori dell’economia tra cui: investire in tecnologie rispettose dell’ambiente; sostenere l’industria nell’innovazione; introdurre forme di trasporto privato e pubblico più pulite, più economiche e più sane; decarbonizzare il settore energetico; garantire una maggiore efficienza energetica degli edifici; collaborare con i partner internazionali per migliorare gli standard ambientali mondiali.

Nel 2014 il Consiglio Europeo ha stabilito gli obiettivi parziali dell’Unione Europea in materia di clima per il 2030: una riduzione delle emissioni del 40% rispetto ai livelli del 1990. Nel primo discorso sullo stato dell’Unione, il presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen ha proposto di portare la riduzione delle emissioni almeno al 55% entro il 2030.

Gli impatti sul settore marittimo di quanto stabilito a livello europeo in materia ambientale si rendono evidenti se si pensa che il trasporto per via navigabile movimenta quasi il 90% di tutto il commercio internazionale: solo nell’Unione Europea più del 75% dei volumi da e verso paesi esteri transita via mare. Nel 2018, 139 milioni di tonnellate di CO2 sono state emesse dalle navi che visitano i porti europei: queste rappresentano circa il 13% delle emissioni totali dei trasporti dell’Unione Europea. A livello globale, il trasporto marittimo emette oltre un miliardo di tonnellate di CO2, che rappresenta il 2-3% delle emissioni totali di gas serra: se il trasporto marittimo fosse uno Stato, sarebbe il sesto più grande emettitore di gas serra al mondo.

Se non venisse adottata alcuna azione per contenere le emissioni, si prevede che queste aumenterebbero tra il 20% e il 120% entro il 2050, trainate dalla crescita economica e dal conseguente aumento della domanda di trasporto di merci e persone, impedendo di raggiungere gli obiettivi posti dalla Commissione Europea.

Le emissioni di gas serra prodotte dalle navi non erano incluse nell’accordo di Parigi del 2015 sul clima. Nel 2018, l’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO), l’organismo delle Nazioni Unite che regola il trasporto marittimo internazionale, ha adottato una prima strategia sui gas serra per la spedizione internazionale cercando di ridurne le emissioni e di eliminarle gradualmente “il prima possibile in questo secolo”, definendo obiettivi meno stringenti rispetto a quelli che si prefigge il Green Deal Europeo: il settore navale è definito “hard-to-abate” (difficile da abbattere) perché il processo di decarbonizzazione prevede ingenti investimenti e tempi lunghi di adozione da parte degli operatori che hanno diverse unità operative da dover adeguare.

Per accelerare il processo di decarbonizzazione e lo sviluppo di navi a zero emissioni, il Parlamento Europeo ha proposto misure per abbandonare l’uso di olio combustibile pesante e per deliberare investimenti urgenti nella ricerca di nuove tecnologie con attenzione all’innovazione, alla digitalizzazione e all’adattamento di porti e navi. Ecco alcune azioni concrete:
Supportare l’innovazione nella ricerca di nuove sorgenti energetiche e carburanti alternativi per le navi: sono in corso diverse iniziative per valutare combustibili “verdi” come Gas Naturale Liquido (LNG) ed Idrogeno. Al momento le tecnologie per la loro adozione a bordo nave non risultano ancora mature, né sono disponibili infrastrutture a terra che garantiscano il rifornimento delle navi in banchina. Il meccanismo degli IPCEI (Important Projects of Common European Interest) promosso dalla Commissione Europea mette a disposizione dei fondi per supportare la ricerca applicata e le risorse per l’industrializzazione di queste tecnologie.
Sostenere la diffusione dell’approvvigionamento energetico nei porti: ad oggi, quando una nave rimane in banchina deve mantenere i motori diesel accesi per garantire la produzione di energia elettrica necessaria ai servizi a bordo (si pensi alla parte alberghiera di una nave da crociera). Il piano Next Generation EU prevede dei finanziamenti per l’elettrificazione dei porti, noto come “Cold Ironing”, per fare in modo che le navi possano spegnere i motori quando sono in banchina.
Indurre gli operatori del settore ad adottare soluzioni “verdi”: il 16 settembre 2020, il Parlamento Europeo ha adottato emendamenti che impongono alle compagnie di navigazione di ridurre su base lineare le loro emissioni medie annue di CO2 relative al trasporto, per tutte le loro navi, di almeno il 40% entro il 2030, con sanzioni in caso di non conformità.

Tenendo conto che la vita media di una nave si aggira intorno ai 30 anni e che sono necessari dai 3 ai 5 anni per la sua progettazione e realizzazione, le unità che vengono studiate oggi saranno quelle che dovranno garantire gli obiettivi di sostenibilità ambientale previsti non solo al 2030 ma soprattutto al 2050: ecco perché così tanti sforzi profusi a partire dal 2021.

La strada da percorrere per realizzare gli obiettivi che si è posta l’Unione Europea risulta ancora lunga, soprattutto nella definizione delle modalità esecutive: basti pensare che ancora oggi non sono chiare le normative di riferimento per i rifornimenti in banchina dei combustibili alternativi. Nonostante questo, la direzione è sicuramente tracciata: la Commissione Europea sta mettendo a disposizione tutti gli strumenti di propria competenza per agevolare questo importante cambiamento e, soprattutto, rendere economicamente profittevole per gli operatori del settore l’adozione delle tematiche ambientali.

Il futuro del business marittimo è sempre più “verde”.

fonte: www.rinnovabili.it



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Traporto marittimo, approvato il decreto anti-emissioni






















Nuove sanzioni per chi sfora i limiti di CO2 nell'ambito del trasporto marittimo internazionale. Il fine del decreto, recentemente approvato, è di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra in tutti i settori dell'economia, senza eccezioni per il trasporto via mare.
Emissioni di anidride carbonica e trasporto marittimo: nuove sanzioni per chi sfora i limiti. Durante il Consiglio dei Ministri di venerdì 19 luglio 2019, il Governo ha approvato in esame definitivo il decreto legislativo che riporta la "Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui al regolamento (UE) 2015/757 concernente il monitoraggio, la comunicazione e la verifica delle emissioni di anidride carbonica generate dal trasporto marittimo". Le firme sul provvedimento, che darà attuazione al Regolamento UE in materia, sono dei ministri per gli Affari europei, della Giustizia e dell’Ambiente.
Il fine è lampante: ridurre le emissioni di gas a effetto serra in tutti i settori dell’economia, senza eccezioni per il trasporto via mare“È necessario” ha dichiarato il ministro Costa “che tutti i settori dell'economia, compreso il settore del trasporto marittimo internazionale, concorrano alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. Con questo provvedimento andiamo in questa direzione. Il contributo di tutti è fondamentale nella battaglia globale per il clima”.
Il decreto si inserisce in un sistema che, sulla base dell'emergenza climatica globale, intende punire il mancato rispetto degli obblighi di monitoraggio e comunicazione delle emissioni.


In particolare, il testo calcola la sanzione pecuniaria amministrativa a seconda della gravità della condotta illecita: l'inadempienza totale o parziale degli obblighi di monitoraggio, la mancata predisposizione e trasmissione del piano di monitoraggio,  il mancato rispetto degli obblighi di verifica periodica e di modifica del piano stesso costituiranno oggetto di sanzioni differenti in termini quantitativi. 
L'attività di vigilanza e di accertamento sarà esercitata dal Corpo delle Capitanerie di porto - Guardia Costiera, che dipende funzionalmente dal Ministero dell’Ambiente. L’irrogazione delle sanzioni spetterà, invece, al Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE e per il supporto nella gestione delle attività di progetto del Protocollo di Kyoto, quale autorità nazionale competente.
I proventi delle sanzioni saranno riassegnati al Ministero dell’Ambiente per il finanziamento delle misure di riduzione delle emissioni, in un circolo virtuoso -si spera- quanto più possibile efficiente nella lotta al surriscaldamento globale.

fonte: https://www.nonsoloambiente.it

Water Go Round, il traghetto passeggeri a idrogeno

A San Francisco sono in corso i lavori per terminarlo entro il 2019. Il traghetto a idrogeno servirà i turisti della baia della città, ma non inquinerà come le altre imbarcazioni.














L’idrogeno e la tecnologia a celle a combustibile trovano sempre più applicazioni per la produzione di energia a zero emissioni in diversi campi. Si va dal settore dell’automotive con vetture come Toyota Mirai fino a quello marittimo con il primo catamarano a idrogeno e, notizia recente, la costruzione di un traghetto negli Stati Uniti, a San Francisco, uno dei primi al mondo per il trasporto passeggeri.












Water Go Round trasporterà i turisti nella baia di San Francisco

Il progetto è stato reso possibile dalla partnership tra la Golden Gate Zero Emission Marine, fornitore di sistemi energia pulita e silenziosa per i mezzi del mare, e il California Air Resources Board, che ha il compito di trovare soluzioni per proteggere dagli effetti nocivi dell’inquinamento atmosferico e di sviluppare programmi e azioni per combattere il cambiamento climatico. Il traghetto è stato soprannominato Water Go Round e sarà terminato, secondo le previsioni, prima della fine del 2019 per poi servire da mezzo di trasporto turistico nella baia di San Francisco, sotto la gestione della compagnia Red & White, convinta che, dopo questo progetto pilota, i traghetti a idrogeno si diffonderanno rapidamente.







Una velocità di 22 nodi e una capienza di 84 passeggeri

Water GO Round avrà l’aspetto di un catamarano a due eliche in alluminio con un’elica su ogni scafo e sarà lungo 70 piedi (circa 21 metri). Avrà un serbatoio di idrogeno che garantirà due giorni di autonomia e sarà dotato anche di una batteria a 100 kWh, da utilizzare come back up e come plus di energia. Potrà raggiungere una velocità massima di 22 nodi e trasportare fino a 84 passeggeri.







fonte: www.lifegate.it

E-ferry, il traghetto elettrico a zero emissioni

Il traghetto collega l’isola di Aeroe nella parte danese del Mar Baltico alla terraferma. Grazie al suo parco batterie farà risparmiare all’isola 2000 tonnellate di CO2




















Un traghetto elettrico a zero emissioni che darà una scossa in tema di decarbonizzazione del trasporto marittimo. Si chiama E-ferry ed è il nuovo progetto supportato dall’iniziativa europea H2020 pensato per passeggeri, automobili, camion e merci e capace di percorrere distanze lunghe. Il tragitto per il momento è pensato per i collegamenti a medio raggio da Soeby-Fynshav(10,7 miglia nautiche) e Soeby-Faaborg (9,6 miglia nautiche) nella parte danese del Mar Baltico, capace di collegare l’isola di Aeroe alla terraferma. Questo mezzo di trasporto ridurrà le emissioni annuali dell’isola di Aeroe di circa 2000 tonnellate di CO2. Il traghetto green combina un design innovativo ed efficiente dal punto di vista energetico, con attrezzature leggere, materiali all’avanguardia, sistemi di ricarica automatizzati e ad alta potenza, valida alternativa ai traghetti alimentati a combustibili fossili. L’E-ferry è infatti dotato del parco batterie più grande mai installato su una nave: la potenza massima di ricarica del pacco batterie di E-ferry e la sua connessione di ricarica a terra raggiungeranno i 4 MW.
Tra i vantaggi del traghetto green c’è la riduzione dei costi operativi per l’operatore e una riduzione del tempo di viaggio per i passeggeri se paragonato a quello del traghetto diesel che è ora operativo sull’isola. L’imbarcazione E-ferry sarà in grado di coprire distanze di oltre 20 miglia marine fra una ricarica e l’altra. In confronto, i traghetti elettrici attuali come il norvegese Ampere coprono solo circa 3 miglia marine. Il progetto guarda lontano: si punta infatti ad arrivare a 10 esemplati di E-Ferry in tutta Europa entro il 2020 e a 100 entro il 2030, con un risparmio fra le 10 e le 30 000 tonnellate di CO2 all’anno entro il 2020 e fra le 100 e le 300 000 entro il 2030. Secondo una report dell’Organizzazione marittima internazionale, l’industria marittima internazionale è responsabile dell’emissione di circa 1000 milioni di tonnellate di CO2 all’anno che corrispondono a circa il 2,5 % delle emissioni globali di gas a effetto serra. L’E-Ferry potrebbe dunque portare un grande contributo all’ambiente.

fonte: www.rinnovabili.it

Dall’Olanda le prime navi elettriche alimentate a rinnovabili
















Un’altra frontiera del trasporto sostenibile sta per essere infranta. La prossima estate potrebbero salpare dai porti di Anversa, Amsterdam e Rotterdam le prime navi elettriche portacontainer.
Le caratteristiche che saltano all’occhio sono due: zero emissioni e zero equipaggio. Le navi, prodotte dalla ditta olandese Port Liner, sono progettate per passare sotto i ponti che si trovano sulle rotte interne di Belgio e Paesi Bassi. Questa nuova strategia mira a ridurre notevolmente l’utilizzo di mezzi di terra, in particolare non saranno più necessari 23 mila camion con motori diesel per il trasporto delle merci. Non avendo bisogno di una tradizionale sala macchine, potranno sfruttare fino all’8% di spazio in più.
Le navi elettriche che stanno per solcare le acque olandesi vengono soprannominate le “Tesla dei canali“. I motori elettrici saranno azionati grazie a batterie da 7 metri, caricate a terra da Eneco, azienda che fornisce energia prodotta da fonti rinnovabili. Anche se in un primo periodo vi sarà del personale a bordo per ogni evenienza, dopo la fase di prova le portacontainer dovrebbero muoversi senza bisogno di equipaggio.

 

L’innovazione nel settore è stata possibile grazie a 7 milioni di euro di sussidi europei e fondi aggiuntivi messi a disposizione dai porti coinvolti. La Port Liner crede di poter produrre circa 500 chiatte all’anno, per rivoluzionare il settore del trasporto merci. In teoria, i motori elettrici e le batterie potrebbero anche essere montati su barche già esistenti.
Dal prossimo agosto, intanto, saranno operative cinque chiatte lunghe 52 metri e larghe 6,7, in grado di trasportare 24 container da 7 metri per un peso massimo di 425 tonnellate. L’autonomia è di 15 ore  in navigazione. Più avanti la flotta verrà implementata da altre sei imbarcazioni lunghe 110 metri, che trasportano 270 container. Queste navi elettriche più grandi avranno batterie capaci di fornire 35 ore di guida autonoma.
Grazie all’alimentazione da fonti rinnovabili, il loro utilizzo potrebbe portare un risparmio di CO2 stimato in 18 mila tonnellate all’anno. Secondo le ultime statistiche di Eurostat, il 74,9% delle merci nell’UE si muove su strada, il 18,4% sulle ferrovie e solo il 6,7% lungo le vie navigabili interne.

fonte: www.rinnovabili.it

Uno dei posti più inquinati al mondo? La nave da crociera

Il bilancio ecologico di questi mostri sull’acqua è devastante. A parte i livelli consumi di energia di ciascuna nave, è la qualità delle emissioni a preoccupare. Tutte le compagnie utilizzano ancora olio combustibile pesante. Una classifica delle navi più inquinanti, tra cui quelle di Costa, MSC e Royal Caribbean.



















Contrariamente a quanto viene scritto dalle compagnie navali, l'inquinamento causato dalle navi da crociera è elevatissimo.
Si tratta di una delle attività umane a maggior impatto ambientale: città vere e proprie particolamente energivore, che si muovono sui nostri mari, che peraltro crescono sempre di più in dimensioni, e che usano il peggior combustibile disponibile e senza accorgimenti o filtri.
Un’associazione tedesca, NABU (Sindacato per la natura e la biodiversità), ha pubblicato la classifica delle navi da crociera 2017 (vedi sotto, clicca per ingrandire), che dimostra come siano ancora veramente molto scarsi i progressi compiuti dalle compagnie nella riduzione dell'inquinamento atmosferico.
L’associazione Cittadini per l’Aria, che collabora con NABU nell’ambito del progetto “Facciamo respirare il Mediterraneo”, ha presentato per l’Italia i risultati di questa analisi.
Si evidenzia come tutti gli operatori utilizzino ancora olio combustibile pesante per alimentare le loro navi, un prodotto di scarto della raffinazione, vietato su terraferma in moltissime parti del mondo. È combustibile sporco e solforoso che emette fumi tossici durante la combustione.
Una nave da crociera di medie dimensioni brucia fino a 150 tonnellate di carburante al giorno, emettendo un numero di particelle paragonabile a un milione di automobili. Ad esempio una di queste imbarcazioni con i motori al massimo consuma circa 250 mila litri di carburante al giorno. Le emissioni dei motori diesel come quelli impiegati sulle navi da crociera sono classificate cancerogene dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.




















Le compagnie Hapag-Lloyd e TUI condividono la posizione più elevata in classifica grazie all'installazione di catalizzatori per gli ossidi di azoto; un piccolo ma importante passo verso navi meno inquinanti.
Ma sono le compagnie leader del settore, come Costa, MSC e Royal Caribbean, che producono il maggior inquinamento e rischiano di provocare gravi danni alla salute alle persone che vivono nelle città di porto, lavorano o vanno in vacanza su queste navi.
Il CEO di NABU, Leif Miller ha dichiarato: “L'attenzione del settore verso l'ambiente rimane scarsa. La mancanza di interventi da parte di Costa, MSC e Royal Caribbean per migliorare le prestazioni ambientali della loro attività mette a rischio i loro stessi clienti, i residenti delle città di porto e il clima. Siamo anche delusi dal greenwashing messo in atto da AIDA Cruises (compagnia crocieristica che fa parte del gruppo anglo-americano Carnival Corporation, ndr). Non sono riusciti mantenere la loro promessa di investire in filtri per il particolato per l’intera flotta".
“Purtroppo il disprezzo del settore crociere per la salute dei suoi clienti e dei cittadini portuali - sottolinea Anna Gerometta presidente di Cittadini per l’aria - è evidenziato dal fatto che, come riferisce NABU, nessuna delle compagnie di crociera ha risposto al semplice questionario stilato e inviato loro per accertare i progressi ambientali in questo settore mentre CLIA, l'Associazione internazionale dell'industria crocieristica, ha risposto con un commento vago affermando di aver preso in seria considerazione il problema. A riprova, purtroppo, di un atteggiamento di rifiuto del dialogo e scarsa trasparenza”.
Dietmar Oeliger, responsabile della politica dei trasporti di NABU fa notare che “l'anno scorso il settore aveva fatto sapere che 23 navi avrebbero installato filtri per il particolato carbonioso (black carbon), mentre risulta che neppure un singolo filtro sta attualmente funzionando".
Cittadini per l’Aria, che ha da poco lanciato il concorso fotografico #UNMAREDIFUMO per contribuire a visualizzare il problema delle emissioni nel Mediterraneo e nelle città di porto italiane e che si concluderà il prossimo 30 settembre, è preoccupata per la scarsa ambizione ambientale di questo settore che ha fra i suoi principali componenti tante compagnie italiane.
“Migliorare drasticamente le prestazioni ambientali delle navi deve diventare un obiettivo prioritario per il nostro paese, per la salute dei cittadini e la competitività internazionale di questo settore industriale - conclude Anna Gerometta - Basti riflettere sul fatto che a Civitavecchia è stato stimato un incremento del 51% del rischio di morte per malattie neurologiche e del 31% per tumore al polmone fra la popolazione residente entro i 500 metri dal perimetro dal porto per comprendere quanto grave sia il problema nel nostro paese, costellato da città di porto di importanza primaria in Europa” (ricerca del Dipartimento di Epidemiologia SSR Lazio).
Le emissioni di queste navi causano diverse gravi malattie polmonari, cardiovascolari e danni al sistema neurologico. Recenti misurazioni dell'inquinamento a bordo delle navi da crociera hanno poi dimostrato i potenziali pericoli a cui sono esposti i passeggeri.
Troupe televisive europee hanno registrato (vedi reportage), a bordo delle navi, magari a prendere il sole, livelli di particolato ultrafine fino a 200 volte superiori a quello presente nell’aria pulita, e sono stati registrati anche valori superiori a quasi 400 volte.
Cittadini per l’Aria chiede un divieto generale di utilizzo di olio combustibile pesante, il passaggio a carburanti più puliti e norme che impongano l'installazione di filtri di particolato e catalizzatori SCR su tutte le navi.
Il comune di Civitavecchia ha scritto al Presidente del Consiglio, chiedendogli di attivarsi per l’istituzione di una zona ECA (Emissions Control Area) nel Mediterraneo e ha invitato tutti i sindaci delle città portuali italiane a fare altrettanto.
Magari prima di fare una crociera, facciamo una seria riflessione su tutto questo.

fonte:http://www.qualenergia.it